LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E IL SUO FUTURO

Il 10 giugno 2023 è morto in una prigione federale statunitense Ted Kaczinsky. Ci fa rabbia che dopo anni tra i boschi sia stato costretto a finire i suoi giorni in una cella. Al di là delle spettacolarizzazioni da tribuna social e dei feticismi di chi non sa stare senza idoli, vogliamo solo dire che il suo ricordo, i suoi scritti e le sue azioni resteranno vive a lungo nei cuori di chi si rivolta.

Qui il pdf di La società industriale e il suo futuro, T. Kaczynski.

TORINO: APPELLO ALLA PRESENZA SOLIDALE DAVANTI AL PALAZZO DI GIUSTIZIA

Lunedì 19 giugno, presso la Corte d’assise d’Appello di Torino, si terrà l’udienza per il ricalcolo delle condanne per gli anarchici Anna Beniamino e Alfredo Cospito, nell’ambito del processo “Scripta Manent”.

Per quanto la Corte Costituzionale abbia dato indicazioni sulla possibilità di considerare alcune  attenuanti in questo ricalcolo, Anna rischia ancora una sentenza a più di 20 anni e Alfredo l’ergastolo.  Fattore non secondario: la giudice che aveva accettato l’eccezione sollevata dalla difesa degli imputati di ricorrere ad una consulta della Corte Costituzionale (rivelando così magari una sua predisposizione a  recepire l’indicazione di tale organismo) nel frattempo è andata in pensione e non si può prevedere come il giudice che presiederà l’udienza intenda comportarsi.

Di questo processo abbiamo già detto molto, soprattutto grazie allo sciopero della fame di Alfredo e la  mobilitazione che questa sua iniziativa ha reso possibile. Innanzitutto abbiamo cercato di evidenziare  come questa operazione di criminalizzazione di alcune idee e pratiche dell’anarchismo possa rivelarsi in  prospettiva un pericoloso precedente per la persecuzione delle azioni conflittuali, da qualunque  componente sociale o politica queste vengano messe in atto.
Per farla breve: quando si procede per “strage contro l’incolumità dello Stato” per sanzionare azioni che  non hanno fatto morti, feriti e neppure danni materiali rilevanti, l’oggettiva dinamica messa in atto dallo  Stato è quella di un irrigidimento repressivo che supera non solo il buon senso ma le stesse consuetudini giudiziarie. Uno “stravolgimento” dei termini e delle conseguenze penali che, facile prevedere, a cascata riguarderà anche altre azioni simili o, in proporzione, anche fatti di portata “minore”.
Ma non è questo l’unico motivo per cui riteniamo sia importante una presenza solidale significativa per  l’udienza del 19 giugno. Due altre questioni vorremmo sollevare o ricordare per evidenziare l’importanza di questo appuntamento.
La prima è la constatazione che queste condanne non vengono dal nulla ma sono frutto anche del  disinteresse che, a parte alcune componenti anarchiche e comuniste, ha accompagnato l’andamento del processo “Scripta Manent”. Considerata da molti, anche in ambito antagonista, come l’ennesima  operazione che andava a colpire i soliti, ritenuti marginali, ambiti dell’anarchismo d’azione, la mancanza di un’attenzione diffusa e “trasversale” rispetto alle sorti dei/delle compagn* imputat* ha lasciato la  mano libera ai vari inquirenti per “andarci giù pesante”. Non è la prima volta che accade certo, ma  altrettanto certamente è una questione su cui riflettere perché in futuro non ci si debba ritrovare, a giochi ormai fatti, a sbalordirsi per la dismisura delle pene comminate. E perché, soprattutto non ci si ritrovi  con la consapevolezza che nulla o poco si è fatto per impedire che, a uomini e donne che hanno lottato,  le sbarre chiudessero l’orizzonte per decenni se non per tutta la vita.
La seconda questione che, a nostro avviso, motiva con forza la partecipazione a questo momento  solidale sta nella coerenza con quanto si è espresso mille volte durante la mobilitazione degli scorsi  mesi: non solo non avremmo mai lasciato soli gli/le compagn* che con lo sciopero della fame ci hanno  messo il loro (tantissimo), ma l’impegno collettivo a rompere il silenzio che avvolge il 41-bis, l’ergastolo ostativo, la persecuzione dei/delle rivoluzionari*, l’inasprimento repressivo generalizzato sarebbe andato
avanti al di là della specifica iniziativa dei/delle compagn* in sciopero.
Ora che si gioca una decisiva partita per il futuro di Alfredo e Anna, non possiamo relegare ai passati  mesi di forte mobilitazione la giusta tensione per contrastare la dinamica repressiva che vuole seppellirli in una cella e per continuare la lotta per una società senza oppressione né galera.

Il 19 giugno, dobbiamo esserci, in tant*,  fuori e dentro il Palazzo di Giustizia di Torino dalle 8.30!  Per chiudere ci sembra opportuno ricordare che il 19 giugno, ogni anno, ci si mobilita in molte zone del  globo per la Giornata Internazionale del Rivoluzionario Prigioniero, data che rinnova la solidarietà a  tutt* i/le militanti imprigionat* in memoria del massacro di quasi 300 prigionier* politic* compiuto nel  1986 dall’esercito nelle carceri peruviane.

Assemblea contro il 41-bis e l’ergastolo ostativo – Torino

TRENTO: DISCUSSIONE SULLA SENTENZA DI APPELLO DEL PROCESSO BRENNERO 2

Diffondiamo:

Le motivazioni della sentenza di appello del processo Brennero 2 (devastazione e saccheggio) dovrebbero arrivare entro il 15 giugno. Abbiamo pensato di trovarci tra imputati/e e solidali per affrontare collettivamente un attacco repressivo che coinvolge tanti compagni e compagne, discutendone sia dal punto di vista giudiziario che sul piano della solidarietà. Ci troviamo domenica 2 luglio alle 11 al terreno No Tav a Mattarello, vicino a Trento. Per informazioni scrivere a trochilidae@autistici.org

UDINE: SULLA SENTENZA DEL 1 GIUGNO

Riceviamo e diffondiamo

Giovedí 1° giugno si è chiusa, con sentenza di primo grado, una pagina della battuta repressiva che sta colpendo i compagni e le compagne dell’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste.

Quasi una battuta di caccia da parte della digos, che ha mostrato la sua faccia più propria e tetra di polizia politica, avvallata dalla procura e dai tribunali (della moderna inquisizione).
Una caccia alle streghe che ci ha portato in tribunale con svariate incriminazioni per istigazione a delinquere e diffamazione aggravata verso figure istituzionali delle carceri di Udine e Tolmezzo.
Da dove vengono queste incriminazioni?
Dall’aver pubblicamente dato solidarietà alle compagne e ai compagni inquisiti e incarcerati nell’ambito dell’operazione repressiva “Renata” e dall’aver fatto dichiarazioni di condivisione della giustezza dell’azione diretta contro gli apparati militari e le banche che li finanziano, le sedi di partiti politici razzisti e le istituzioni totali.
Dall’aver parlato in piazza e nella trasmissione radiofonica Zardins Magnetics delle storie di rivoluzionarie e rivoluzionari del recente passato, rivendicandole come parte importante della nostra storia di oppresse e oppressi che cercano di non piegarsi al dominio.
Dall’aver fatto da cassa di risonanza alle testimonianze dei prigionieri delle carceri di Udine e Tolmezzo e dall’aver fatto i nomi e i cognomi delle figure istituzionali responsabili della malasanità, della psichiatrizzazione dei detenuti, della malagestione della pandemia da covid 19.

La sentenza, che prevede la condanna ad un anno di reclusione per istigazione a delinquere per un compagno e la condanna per diffamazione aggravata per una compagna con una pena pecuniaria di 3000 euro, dimostra la volontà di digos, procura e tribunale di stroncare il più possibile le lotte contro il carcere e le istituzioni totali,
cercando di fare terra bruciata attorno a chi le pratica e di criminalizzare anche il solo fatto di pensare la possibilità dell’azione diretta contro lo Stato.

Una caccia alle streghe, sì, perché qui il vero crimine che andava individuato, accertato e represso esemplarmente è l’aver parlato-franco, denunciato pubblicamente, davanti a chiunque, in piazza, “categoricamente” (come ci ha fatto notare un compagno, katá-agorein significa letteralmente «sottoporre un discorso alla piazza»). Aver non solo solidarizzato ma catalizzato e promosso il moto di protesta tra il 2019 e il 2020 al carcere di Udine, da anni abbandonato al degrado e dimenticato da tutti. Sì, vogliamo la distruzione del carcere, la distruzione dell’estremismo inumano e repressivo che esso concretizza isolando e cancellando le identità di chi vi è rinchiuso. Parliamo franco, in una società che invece detta le regole e colpisce chi sgarra, una società che non si limita a censurare, ma che con la propria lingua impone la realtà inumana del capitale, una lingua che è imposta a chiunque dall’apparato scolastico e formativo come uno strumento per occultare il proprio sentire più autentico, il sapere intuitivo, ad esempio, che accanirsi su persone inermi non è normale. Questa lingua falsa che si parla nei tribunali e nelle articolazioni dello Stato democratico non si limita a censurare le parole autentiche (“aguzzino”, “intrallazzatrice”) ma indirizza chiunque a parlare, pensare e sentire come essa vuole, al posto di come noi vorremmo parlare, pensare e sentire, e lo fa tanto quanto più ci si abbandona inconsciamente ad essa.

Ancora due parole su questa vicenda, che ci insegna che il dominio non tollera che qualcuna o qualcuno esca dall’automatismo psicologico che porta alla “normale” rimozione di un passato di lotta rivoluzionaria in questo maledetto Paese, nel quale i movimenti antagonisti non riescono a liberarsi di un vasto retroterra di dissociazione e resa. In tempi di elogio del disimpegno, di smobilitazione, di rassegnazione per ogni ipotesi di rovesciamento dell’esistente, abbiamo testimoniato nel nostro piccolo una realtà ben diversa di pratiche e di azione diretta contro il dominio e il capitale, una realtà che non ha mai accettato di piegarsi ai loro compromessi, a nessun recupero democratico, e non accetta più di essere seppellita dall’oblio.
La conferma è giunta con il movimento, minoritario ma, anche qui in Friuli Venezia Giulia, consistente, che si è formato per la campagna di solidarietà con lo sciopero della fame di Alfredo Cospito contro ergastolo e 41 bis. Una campagna nella quale la critica al sistema carcerario è stata struttura portante, che si è accompagnata (nelle sue componenti migliori) a una critica più ampia e complessiva, comprendente la contrapposizione all’emergenzialismo permanente e alla minaccia di guerra nucleare scatenata dalla NATO, forme per mantenere il terrore dei governi, l’obbedienza dei governati e la sopravvivenza dell’Occidente capitalista.

Una lotta che continueremo, al fianco di tutti i prigionieri che non si piegano e di tutte le ribelli, di ogni sfruttato e di ogni proletaria che incontreremo sulla nostra strada, con l’azione diretta, rifiutando ogni delega, senza esitazioni, parlando franco.

Intanto sabato 10 giugno dalle 14 saremo nuovamente presenti fuori dal carcere di Udine per un presidio solidale con i detenuti.

5 giugno 2023


Assemblea permanente
contro il carcere e la repressione
del Friuli e di Trieste

liberetutti@autistiche.org

Associazione “Senza sbarre”
c.p.129, 34121 Trieste

FISSATA L’UDIENZA DI CASSAZIONE DEL PROCESSO PANICO

Venerdì 14 luglio 2023 a Roma si terrà l’udienza di Cassazione della c.d. Operazione Panico.

Ricondividiamo da Lanemesi

Con questa operazione, avviata nel 2017 e sostenuta da un’indagine per associazione a delinquere finalizzata all’“imposizione della propria ideologia con la violenza” (!!), la questura del capoluogo toscano ha avuto mano libera per sgomberare due spazi occupati anarchici storici di Firenze (Villa Panico e Riottosa Zquat, entrambi occupati dal 2007), sfaldare un gruppo anarchico e provare a reprimere una certa modalità d’agire e di intendere, tra le altre cose, l’antifascismo.

In sede processuale, questa operazione repressiva ha fallito nell’intento associativo ma ha ottenuto invece diverse condanne per i reati specifici, tra cui il “più grave”, ovvero un ordigno piazzato fuori una sede di CasaPound a capodanno 2017 che è stato prima preso a calci da un maldestro (per essere generosi…) DIGOS e infine è esploso in mano ad uno sprovveduto artificiere privo di protezioni.

Per questo accadimento la condanna a due compagni sarà, se confermata, di 8 anni.

Inchieste frettolose e convocazioni in procura improbabili, mirabolanti intercettazioni e cicche di sigarette sputate e calpestate o buttate in bicchieri di plastica quali prove chiave, una condanna basata sulla discutibile pretesa di oggettività della prova del DNA ed imbarazzanti udienze con tecnici “super partes” che modificano all’ultimo la propria perizia per farla combaciare coi desideri del Pm in un mirabile show per confermare un castello accusatorio debolissimo.

Ma tutto ciò a noi non interessa, anche se è giusto raccontare i dati di fatto oggettivi.

Da gennaio 2017 in poi, in 6 anni e mezzo il processo va rapidissimo ed a luglio si metterà la parola fine all’operazione Panico. E sempre da lì partirà un’altra inchiesta, a Roma nel giugno 2020, Operazione Bialystok, atta a colpire la solidarietà portata agli imputati e alle imputate del processo Panico, tra cui un compagno recluso in pessime condizioni detentive.

Operazione che è servita oltretutto da pretesto per alimentare una nomea di “istigatore” per Alfredo Cospito che agevolasse l’applicazione del regime di 41 bis, al fine di censurare le idee del nostro compagno, tuttora recluso nel centro clinico del carcere di Opera, dopo 6 mesi di sciopero della fame contro, appunto, 41 bis ed ergastolo ostativo.

All’oggi i fascisti post-MSI, guidati dalla Meloni, sono a capo del governo, e la presenza in città di squadristi non ci pare scomparsa, anzi: esplicito l’avvenimento di febbraio – i ragazzi picchiati dai fasci fuori dal liceo Michelangiolo – e l’apertura di una nuova sede di CasaPound a Firenze – sono solo gli ultimi avvenimenti legati all’estrema destra.

Il 14 luglio non sappiamo come andrà, né facciamo pronostici: l’unica consapevolezza che abbiamo è quella di voler continuare a lottare contro stato, fascisti e padroni, e quella di portare la solidarietà incondizionata a prigionier* anarchic* reclus* in ogni dove.

Alcun* anarchic*

AGGIORNAMENTI SU GREG ARRESTATO IN FRANCIA

Ricondividiamo da Lanemesi

Arrestato Greg in Francia

Martedì 23 maggio Greg, un compagno francese che ha vissuto molti anni in Italia, è stato fermato e identificato in Francia, nei pressi di Limoges, per un controllo stradale. Il giorno seguente è stato rintracciato e arrestato dalla gendarmerie del posto.

Nel corso dell’udienza a porte chiuse per la convalida dell’arresto svoltasi mercoledì 24 è risultato essere stato emesso dall’Italia un mandato di arresto europeo a suo carico nel mese di marzo per un cumulo pena di 2 anni e 2 mesi per tre diverse condanne giudicate in definitivo.

Il giudice ha confermato la detenzione e Greg si trova in questo momento nel carcere di Limoges. Si attende la prossima udienza che dovrebbe svolgersi la prossima settimana e che sarà incentrata sull’esecuzione del mandato di arresto europeo ed eventuale estradizione.

L’avvocato riferisce che il compagno ha potuto recuperare soldi e vestiti e che sta bene. Gli è stato fatto un versamento e ha avuto modo di fare una prima telefonata ai genitori.

Seguiranno aggiornamenti non appena si avranno.

Tutte e tutti liberi


Aggiornamento sulla situazione di Greg (Francia, 27 maggio 2023)

In attesa dell’udienza per l’estradizione della prossima settimana, Greg ha incontrato a colloquio l’avvocato che l’ha trovato lucido e in forma. Ha inoltre fatto sapere il suo numero di écrou (indispensabile per scrivere in carcere in Francia).

Non facciamogli mancare calore complicità e solidarietà.

Grégoire Poupin
#24587
17B Pl Winston Churchill
87000 Limoges
France

Fuoco alle galere!

Comunicato dell’Assemblea della D.I.L.D.A post Adunata degli alpini a Udine

Riceviamo e diffondiamo:

Da dove siamo partite

A prescindere da quanto successo l’anno scorso, noi la D.I.L.D.A – Distruggi Infùriati Lìberati e Debella gli Alpini! (sono tutti imperativi quindi non abbisognano di schwa cretini!)- per questa adunata l’avremmo fatta lo stesso. Il motivo è presto detto: l’unica eccezione di Rimini rispetto alle adunate precedenti non è stato il numero di molestie, ma l’attenzione mediatica sulle stesse.
Maschilità egemonica, tanti uomini uniti sotto il vessillo nazionalista e militare in un cameratismo da spogliatoio e imbevuti nell’alcol come ciliegine sotto spirito sono l’humus ideale per il proliferare della cultura dello stupro.
Non ci aveva stupito minimamente nemmeno la retorica cuscinetto che ne era seguita che funge solo da conferma, ovvero quella della GIUSTIFICAZIONE. Le mele marce, gli infiltrati col cappello piumato finto, la goliardia, invece di parlare di molestatori in branco, tutta roba che segue pedissequamente il solito copione mediatico.
Quindi un safer space andava creato.
Abbiamo attivato anche un numero di telefono per eventuali condivisioni e offrire ascolto, dicendo fin da subito che non siamo operatrici sociali, facendo intendere che il numero avrebbe avuto un ruolo di supporto e non necessariamente di denuncia pubblica.
Mantenere l’anonimato e la segretezza di tutto ciò che sarebbe ed è passato da lì, dire che quel mezzo era fatto per prendersi cura di noi, per solidarizzare e non per offrire sponde a carriere, giornalisti, tribunali, sbirri o altro.
Ci dispiace solo per le chiamate perse a notte fonda: semmai leggiate questo comunicato, sappiatelo.

Separatismo femminista, estimatrici e detrattori

Sicuramente siamo felici che la D.I.L.D.A sia riuscita ad essere un luogo accogliente: ce lo testimoniano i ringraziamenti delle persone che hanno potuto passare con noi qualche ora serena e complice e anche di quelle che non sono potute essere presenti, ma che ci hanno fatto sapere di aver provato sollievo nel sentire che in città esisteva un luogo di resistenza all’invasione. Come ben sappiamo, è vitale la presenza di spazi e tempi per noi. A chiunque abbia letto nel termine “separatismo” solo la parola “esclusione”, sbattiamo in faccia la realtà dei fatti: la tre giorni è stata condivisione, discussione, leggerezza e cura ed è stata costruita da (e dedicata a) persone che, invece, l’esclusione la vivono davvero, quotidianamente e su più livelli.
E’ anche importante rilevare che una visibilità mediatica espressa in termini talvolta pruriginosi e talvolta scandalistici, per niente ricercata da parte nostra, sia stata probabilmente la causa di alcune sgradite visite: persone non bene intenzionate si sono avvicinate allo spazio in occasioni diverse con fare provocatorio. Hanno provato ad entrare o hanno tentato di suscitare reazioni da parte nostra, nel tentativo -immaginiamo- di avere la scusa per passare al sodo. Tutti sono stati fatti sloggiare! Evidentemente molti UOMINIETEROCIS sono spaventati dall’esistenza di un luogo che pone in discussione la loro libertà di mettere piede e becco in cose che non li riguardano 365 giorni l’anno e 24/7. Riveliamo loro un piccolo segreto: ce ne saranno ancora di momenti così, quindi dormite pure sonni tranquilli. O agitati. O non dormite: tanto che ce ne frega, a noi?

Caccia alla streghe

Già alcune settimane prima dell’inizio di questo evento è cominciato il can can antifemminista, lo spauracchio delle molestie, il fantasma con il volto di donna che avrebbe aleggiato, vendicatore, su tutta l’adunata.
Leggiamo in questi primi giorni post evento, dei tristi racconti di tutte quelle lingue morse per evitare leggiadri commenti o complimenti, naturalmente goliardici. “Hey scusa, sai, ti direi che hai delle belle tette, ma ho davvero paura che poi mi denunci”. Poveretti questi alpini, tra una birra rinforzata alla grappa e l’altra, costretti a trattenersi in questa dittatura del consenso! Un’adunata proprio goduta a metà, anzi un coito interrotto!
Peccato comunque che le lingue morse si siano limitate alla vetrina in centro città, infatti nelle zone limitrofe si consumava l’immancabile degrado e la perdita di diplomazia alpinesca. Zombie con il cappello con la piuma barcollanti, lo sguardo vitreo, ogni tanto uno che crollava a terra come un caco maturo, qualcuno che vomitava nelle siepi di giardini privati sotto le bandierine tricolore, messe come segno di benvenuto (magari volevano restituire l’apprezzamento!). Se dovevano pisciare non facevano né tanti complimenti né un paio di metri per farla nei cessi attrezzati apposta. Ma poi in effetti perché usare quelli? Tanto erano “di bellezza” per far vedere che Udine era organizzata bene e che in un paio di ore tornava uno specchio! Ci ha fatto proprio sorridere che il furgoncino della protezione civile locale fosse usato come vespasiano Noi di certo non ci mettiamo a giudicare se hanno deciso di pisciarsi uno sull’altro eh! Ognunx ha il suo kink!
Ci fa piacere che abbiate temuto, che abbiate vissuto male quella libertà che pensate di avere sui nostri corpi, ma che non avete. E questo non perché odiamo gli uomini tout court, come qualcunx ha voluto far passare, ma perché disprezziamo la maschilità egemonica e la sua enfatizzazione (ancora peggio se dipinta in mimetica) e la combatteremo sempre. Se vi abbiamo fatto paura, allora avevamo proprio ragione!

Di video (che non ci sono) in video (che ci sono)

Come si diceva poco sopra, giravano inviti beceri tra le chat alpine che invitavano a fare attenzione alle femministe che avrebbero invaso l’adunata apposta per farsi palpeggiare. Da qualche parte si invitavano gli uomini a riprendere le scostumate provocatrici, come prova che “hanno iniziato loro!”; da altre si presentava la minaccia di complici poco distanti pronte a riprendere le manate calamitate volontariamente da scollature esibite allo scopo.
Peccato che la preoccupazione espressa sia girata sempre attorno alla presenza di una telecamera (sia come “arma” di difesa che di attacco) e non al fatto che il primo pensiero del branco sia quello di allungare le mani: un’abile e collaudata giravolta patriarcale che getta sempre e comunque tutte le responsabilità su chi questi gesti li subisce.
Allo stesso tempo, sembra che in pochx, in questi giorni, si stiano facendo le giuste domande sulla presenza di un filmato -questa volta reale- che ha trovato spazio senza vergogna e senza problematizzazione di sorta anche sui siti delle testate nazionali e che riprende un atto sessuale avvenuto in pubblico durante l’evento. L’assenza di scrupoli nel condividere queste immagini, in un misto tra voyeurismo, risatine e gomitate complici descrive ancora una volta lo spessore dei soggetti di cui stiamo parlando. Purtroppo siamo ben consapevoli di come funzionano le cose, in questi casi: esprimiamo pertanto la nostra massima solidarietà alla ragazza ripresa, nella speranza che la sua identità rimanga ignota, se è quello che desidera e che, eventualmente, possa trovare il supporto necessario ad affrontare i commenti del popolo del web, sempre pronto ad adulare le prestazioni muscolari dei pornodivi (anche improvvisati) e a seppellire di insulti le donne presenti negli stessi frame.

Solidarietà a tuttx quellx che hanno disertato l’occupazione militare della città e che hanno avuto il coraggio di esprimere il proprio dissenso.

Quella che si è svolta a Udine dal 12 al 14 maggio è stata una specie di grande sagra che ha visto la città invasa da coglioni invasati col cappello pennato. Ma dietro il grande luna park si celava il vero fulcro della festa: la cittadella allestita al Parco Moretti, vetrina espositiva ed interattiva dei più moderni mezzi ed equipaggiamenti in dotazione alle Truppe Alpine, dove il corpo militare metteva in bella mostra muscoli e armamentario. Si poteva accedere all’area, recintata per l’occasione, solo dall’ingresso principale e attraversando una moltitudine di sbirri d’ogni sorta ed energumeni in mimetica impalati come telamoni ostili, per poi essere accolti da giovani leve con il compito di reclutarti per i campi estivi o gioviali donne alpino (non si declina al femminile, che ci si potrebbe confondere con il fiore!) in carriera, che descrivevano la professione militare come se fosse la più eccitante del mondo, ma che si scandalizzavano se veniva pronunciata la parola GUERRA (no! In guerra no! Non è mica un gioco!). Al parco potevi portare a spasso la famiglia tra cannoni e mortai, fare un salto sul carro armato trasformatosi magicamente in giostra, oppure semplicemente curiosare tra le bancarelle di mitra, fucili e visori notturni… con la stessa serenità con la quale si potrebbe fare un giro alla fiera dei fiori o alla mostra dell’attrezzatura da giardino, senza badare al fatto che si stesse trattando di strumenti di morte progettati e usati con il solo scopo di uccidere altri individui e devastare interi territori! Un dettaglio, al quale nessunx dei presenti pareva badare. Nessun simpatico ubriacone qui, solo giovani leve, veterani nostalgici e alte uniformi a perpetrare e imbastire la cultura della guerra, alla quale pare che moltx siano oramai assuefattx.
Sono già tre anni che ci troviamo in una situazione di emergenza permanente e di stato di polizia. La gestione autoritaria e repressiva dell’epidemia da covid 19 ha rappresentato per lo Stato l’occasione per fare una prova generale di addomesticamento e sottomissione della popolazione, con tanto di confinamenti, coprifuoco, caccia alle streghe renitenti alle politiche di controllo e conseguente loro ghettizzazione.
E ora con la guerra e l’incremento esponenziale dell’industria bellica, vogliono farci accettare tutto: i militari per le strade, l’impoverimento generalizzato, l’obbedienza assoluta verso il potere.
Siamo quindi solidali e complici con le tre compagne che sono state tenute in fermo di polizia per una notte e che sono state denunciate con l’accusa di imbrattamento e vilipendio per possesso di adesivi di protesta contro l’adunata degli alpini e la militarizzazione della società.

Niente fermerà la nostra ribellione, non staremo mai zitte e buone, continueremo a dire NO e a lottare giorno dopo giorno.

D.i.l.d.a