GIOCHI OLIMPICI. LA PAROLA ALLA «DELEGAZIONE INATTESA»

Diffondiamo la traduzione della rivendicazione integrale (uscita sul blog «Reporterre») dei sabotaggi all’Alta Velocità in occasione dell’inaugurazione dei Giochi Olimpici a Parigi. Nel giorno dell’inaugurazione dell’evento, infatti, diversi attacchi coordinati hanno mandato completamente in tilt la circolazione dell’Alta Velocità (TGV), mentre tra domenica e lunedì scorso sono state registrate azioni di sabotaggio ai cavi della fibra ottica.

La chiamano festa? Noi ci vediamo una celebrazione del nazionalismo, una gigantesca messa in scena dell’assoggettamento delle popolazioni da parte degli Stati. Dietro un’atmosfera giocosa e conviviale, i Giochi Olimpici offrono un campo di sperimentazione per la gestione poliziesca delle folle e il controllo generalizzato dei nostri movimenti.

Come ogni grande evento sportivo, le Olimpiadi sono ogni volta anche l’occasione per venerare i valori che fondano il mondo del potere e del denaro, della competizione generalizzata, del rendimento a tutti i costi, del sacrificio per l’interesse e la gloria nazionale.

L’ingiunzione di identificarsi con una comunità immaginaria e di sostenere il proprio presunto campo di appartenenza non è meno nefasta dell’incentivo permanente a vedere la propria salvezza nella buona salute della propria economia nazionale e nel potere del proprio esercito nazionale.

Oggi c’è bisogno di dosi sempre maggiori di malafede e di negazione per non riuscire a vedere tutto l’orrore che la società dei consumi e la ricerca del cosiddetto “benessere occidentale” generano. La Francia vorrebbe fare di questa grande messa la vetrina delle sue eccellenze. Essa potrà cullare d’illusioni sul suo ruolo virtuoso solo chi ha deciso di mettersi i paraocchi, e che vi si adatta. Madiamo loro il nostro più profondo disprezzo. L’influenza della Francia passa attraverso la produzione di armi, il cui volume di vendite la colloca come il secondo esportatore al mondo. Lo Stato è orgoglioso del suo complesso militare industriale e del suo arsenale “made in France”. Diffondere i mezzi del terrore, della morte e della devastazione in tutto il mondo per garantire la prosperità? Cocoricooo!

Senza offesa per gli ingenui che ancora credono alle favole democratiche, lo Stato francese usa la sua panoplia repressiva anche per affrontare la propria popolazione. Per sedare le rivolte dopo l’omicidio di Nahel da parte della polizia nel giugno 2023 o di recente per cercare di fermare la rivolta anticoloniale a Kanaky. Finché esisterà, lo Stato non smetterà mai di usarla per combattere coloro che sfidano la sua autorità.

Le attività delle imprese francesi nel mondo rendono sempre più manifeste le devastazioni sociali e ambientali che il sistema capitalista produce. Quelle necessarie a riprodurre l’attuale organizzazione sociale, e quelle inerenti al progresso scientifico e tecnologico. Progresso che percepisce la catena di catastrofi passate, presenti e future solo come un’opportunità per un balzo in avanti.

Total continua a saccheggiare e a spogliare nuove terre in cerca di petrolio e di gas di scisto (Africa orientale, Argentina, ecc.). Sotto la copertura della sua nuova etichetta verde, l’industria nucleare e l’esportazione delle conoscenze francesi in questo settore ci garantiscono, a più o meno breve termine, un pianeta irradiato, quindi letteralmente inabitabile. Nient’altro che un’altra crisi da gestire per i promotori dell’atomo. Loro che non possono fare a meno della cooperazione con lo Stato russo attraverso il colosso Rosatom e del sostegno del suo esercito per reprimere la rivolta nel 2022 in Kazakistan, importante paese fornitori di uranio. Questo materiale che alimenta i cinquantotto reattori francesi.

E allora qual è il costo umano, sociale e ambientale che garantisce a qualche privilegiato di spostarsi velocemente e lontano in TGV? Infinitamente troppo alto. La ferrovia non è d’altronde un’infrastruttura banale. È sempre stato un mezzo per la colonizzazione di nuovi territori, un passo preliminare per la loro devastazione e un percorso ben tracciato per l’estensione del capitalismo e del controllo statale. Il cantiere della linea denominata Tren Maya in Messico, al quale collaborano Alstom e NGE, ne è un buon esempio.

E le batterie elettriche indispensabili alla pretesa “transizione energetica”? Parlatene, ad esempio, con i lavoratori della miniera di Bou-azeer e con gli abitanti delle oasi di questa regione marocchina che stanno subendo le conseguenze della corsa all’ora del XXI secolo. Renault vi estrae i minerali necessari a fornire una coscienza pulita agli ecologisti delle metropoli a scapito delle vite sacrificate. Parlatene con i “popoli delle foreste” dell’isola di Halmahera, nel nord-est dell’Indonesia, con gli Hongana Manyawa che disperano di veder distrutta la foresta in cui vivono sull’altare della “transizione ecologica”. Lo Stato francese, attraverso la società Ermet, partecipa alla devastazione delle terre finora risparmiate. Allo stesso modo, non molla la Nuova Caledonia per continuare a strapparle il prezioso nichel.

Ci fermeremo qui nell’impossibile inventario delle attività mortali e predatorie proprie di ogni Stato e di ogni economia capitalista. Del resto, ciò non aiuterebbe a rompere con una vita insipida e deprimente, con una vita di sfruttamento, e a fronteggiare la violenza di Stati e leader religiosi, capifamiglia e pattuglie di polizia, patrioti e milizie padronali, così come quella di azionisti, imprenditori, ingegneri, progettisti e architetti della devastazione in corso. Per gran fortuna, l’arroganza del potere continua a scontrarsi con la rabbia degli oppressi/e ribelli. Di sommosse in insurrezione, durante le manifestazioni offensive, attraverso le lotte quotidiane e le resistenze sotterranee.

Che dunque oggi risuonino, attraverso il sabotaggio delle linee TGV che collegano Parigi ai quattro angoli della Francia, il grido “donna, vita, libertà” dall’Iran, le lotte degli amazzonici, i “fotti la Francia” che provengono dall’Oceania, il desiderio di libertà che giunge dal Levante e dal Sudan, le battaglie che continuano dietro i muri delle prigioni e l’insubordinazione dei disertori del mondo intero.

A coloro che rimproverano a questi atti di rovinare il soggiorno dei turisti e di perturbare le partenze per le vacanze, rispondiamo che è ancora così poco. Così poco se paragonato a quell’evento al quale desideriamo partecipare e che auspichiamo con tutto il cuore: il crollo di un mondo basato sullo sfruttamento e sul dominio. Allora sì che avremo qualcosa da festeggiare.

Una delegazione inattesa

MESSINA: INIZIATIVE IN VISTA DEL CORTEO NO PONTE

Diffondiamo da Stretto LibertariA :

Ci vediamo giovedì 8 agosto alla passeggiata a mare dalle 18.30 per un pomeriggio di socialità no ponte! Musica, birrette, chiacchiere e preparazione di materiali in vista del corteo no ponte del 10 agosto.

«Mentre la Sicilia è in piena emergenza idrica e interi quartieri della città di Messina si ritrovano senza più acqua nelle case – è notizia recente che in questo contesto, come sempre avviene nei momenti emergenziali, la rete idrica di Messina e provincia è stata privatizzata – continuano spietati i piani di dominio e distruzione del vivente, che intendono sacrificare corpi, comunità e territori sull’altare del progresso.

Di certo non si considera la costruzione delle infrastrutture del capitale mai priva di compromessi e devastazione, ma i contorni si fanno ancora più cupi quando un mega progetto infrastrutturale, come quello del ponte sullo Stretto, finisce con il diventare il ‘pivot’ di ogni altro progetto, assorbendo in sè ogni piano pregresso e futuro circa quel determinato territorio. In poche parole, un ricatto bello e buono. Così che mentre si aspetta l’ufficiale iniziare di trivellazioni, espropri e furti vari, insomma della cantierizzazione totale, i detrattori del nostro presente e futuro hanno già portato qui tutte le loro macchine di morte, che si infiltrano nel nostro humus vitale come talpe.

Ci chiediamo allora quale progresso possa essere quello che ha trasformato la Sicilia in una terra di petrolichimici, basi e poligoni militari, raffinerie, galere ed emigrazione forzata. Un “progresso” che vende posti di lavoro in cambio di veleni e malattie, radiazioni elettromagnetiche e militari per le strade.

Uno scenario devastante, un territorio violato e violentato nel nome del profitto e dell’estrazione di risorse. Terre evidentemente da rendere inabitabili, da spopolare e mettere a servizio di loschi affari, come la costituzione di poligoni di tiro dove fare il ‘giochetto’ della guerra, stesso giochetto che garantisce morte e conquista altrove (e neanche troppo altrove); estrazione di energia rinnovabile, nuove strutture del capitale al servizio sempre della sola produzione e, dunque, della schiavitù umana; costituzione di hub logistici, stesso piano entro cui si inscrive la costruzione del ponte sullo Stretto; il proliferare dei luoghi di detenzione, della ‘localizzazione forzata’ delle persone, muri che sono argini per la gioia umana.

Col cuore in gola diciamo che a questa menzogna del progresso e dello sviluppo non ci crediamo; e che, all’ennesimo progetto coloniale, continueremo ad opporci con ogni mezzo necessario.»

SABATO 10 AGOSTO CORTEO NO PONTE, MESSINA, ORE 18:30 P.ZZA CAIROLI

Chi c’è c’è e chi non c’è dovrebbe esserci!

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO!

Ad un anno di distanza dalla mobilitazione che ha accompagnato lo
sciopero della fame, è importantissimo continuare a scrivere al compagno
Alfredo Cospito, tuttora in 41bis nel carcere di Bancali (Sassari).
Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e
contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico
delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento
sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte),
rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso
sistemi tracciabili quali le raccomandate (anche senza ricevuta di
ritorno). Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di
conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter
burocratico per lo sblocco della corrispondenza, dato che gli agenti non
sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesse volte
semplicemente scompare.
Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o
foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa
Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e
inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare
quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo
nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto attraverso
lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è:
Alfredo Cospito – C/O C.C. “G.Bacchiddu” – Strada Provinciale 56, n°4 –
Località Bancali – 07100 Sassari

mentre per inviare le vostre ricevute:
cassantirepalpi@autistici.org

PS: il compagno può acquistare libri attraverso la direzione del
carcere; si può dunque inviargli suggerimenti di lettura, accompagnando
il titolo e l’autore con i dati relativi alla casa editrice e, se
possibile, il codice ISBN.

Contro tutte le galere!
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

GALLICO (RC): CONCERTO NO PONTE!

Diffondiamo:

Ci vediamo sabato 17 Agosto per un’intensa serata in cui trasmigreremo attraverso l’arte i nostri sentimenti verso un’opera di cui non abbiamo certo bisogno.

Dalle 19:00 ci divertiremo con Jam Graffiti, DJ Set, Incursioni Teatrali ed un triplo live tuttigusti più uno: il rap militante di @cyborganafem, le bizzarre fantasie di piacere di @antonio_freno_ in Duo Sfrenato e l’EBM/Industrial dei @yournoisyneighbors che ci farà scatenare 🥵

🛺 𝐒𝐄𝐑𝐕𝐈𝐙𝐈𝐎 𝐍𝐀𝐕𝐄𝐓𝐓𝐀 𝐏𝐄𝐑 𝐂𝐇𝐈 𝐏𝐑𝐎𝐕𝐈𝐄𝐍𝐄 𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐈𝐂𝐈𝐋𝐈𝐀 per ribadire che la Fata Morgana preferisce ponti di persone (no, non vi stiamo suggerendo quello che state pensando!) a quelli di cemento e acciaio.

📌 CSOA CARTELLA | Via Quarnaro, I (RC)
Sab 17 Agosto | Open 19:00 – Concerti 21:30

TORINO: CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI SANZIONATA UNA SEDE DI CONFAGRICOLTURA

Di seguito condividiamo un volantino distribuito a Torino il 29 luglio, quando una sede di Confagricoltura è stata sanzionata.

IN SOLIDARIETÀ A CHI LOTTA ED È SFRUTTATO NELLE CAMPAGNE, CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI, PER SATHNAM, IL 29 LUGLIO UNA SEDE DI CONFAGRICOLTURA A TORINO È STATA SANZIONATA.

Il capitalismo neoliberale si nutre dello sfruttamento massiccio –seppur contingentato nel tempo dalle finestre delineate dalle necessità produttive – di un’ampia fetta della popolazione mondiale, identificata attraverso ben precise linee di oppressione grazie a trappole economiche e ricatti sociali. Tale manodopera a bassissimo costo viene di fatto riconvertita – quando superflua, ingombrante nelle zone della produzione agricola – a individuo produttivo nel business legalizzato delle prigioni di ogni tipo e delle deportazioni, funzionali – anch’esse – alla gestione dei lavoratori in termini di sfruttamento totale delle risorse.

Il ricatto del permesso di soggiorno, la clandestinizzazione forzata di una fetta sempre più ampia della popolazione migrante nonché la criminalizzazione di ogni forma di rivendicazione, dissenso o lotta sono alcuni degli strumenti di cui lo Stato si dota per tentare di far galleggiare la malconcia economia italiana, nonché europea. Anche le campagne piemontesi non sfuggono a queste lampanti dinamiche e non sono altro che uno dei tanti luoghi in cui il connubio tra datori di lavoro e organi amministrativi, prefettizi e questurini dettano i tempi della miseria a cui larga parte della popolazione migrante è costretta.
La retorica mediatica criminalizzante delle persone in viaggio senza documenti europei fornisce inoltre le basi ideologiche razziste che legittimano l’assoggettazione estrema, di alcune categorie, all’economia e alla società neo-liberale: nient’altro che la Colonia a queste latitudini.

C’è un materiale di base che struttura i dispositivi che premono sulle vite delle persone migranti: è importante palesarne le connessioni, mostrarle nude sul piatto dei consumatori avvolti nel privilegio di potersi non fare domande.
Sotto il cocente sole estivo, i braccianti che stanno raccogliendo mirtilli, pesche e mele nel distretto della frutta più grande della regione – il saluzzese- sono senza casa e spesso dormono fuori, sotto quotidiano controllo e intimidazioni delle forze dell’ordine. Ad Alba e nelle Langhe del Barolo, i braccianti vengono sgomberati, ricattati e picchiati nei campi. I prodotti d’eccellenza delle benestanti campagne piemontesi sono prodotti ovunque con lo sfruttamento di manodopera immigrata a basso costo, di persone che lavorano senza contratto o con contratti miseri, senza alloggio e trasporti garantiti dai contratti collettivi. E se comuni e regione spendono centinaia di migliaia di euro di fondi pubblici per qualche container per l’”accoglienza diffusa”, le associazioni datoriali, Confindustria e Coldiretti in primis, tacciono le proprie responsabilità. Quando a fine stagione di raccolta questa manodopera spremuta fino all’osso – sempre al limite di morire di lavoro,- diviene inutile, eccedente, traducibile in altre filiere del guadagno privato e statale, intervengono le forze dell’ordine e gli organi amministrativi che zelanti rastrellano strade, accampamenti, ghetti di fortuna, campi e con retate mirate trasferiscono i braccianti in un nuovo abisso: o nuovi ghetti e nuovi distretti agroindustriali da nord a sud o la questura, il CPR, la deportazione.
Questi dispositivi detentivi, espulsivi e torturatori fungono inoltre da perenne monito ai liberi affinché non alzino la testa, non si ribellino al gioco dei padroni o non solidarizzino con chi a queste, o altre latitudini, lotta, resiste e si ribella.

Solo la chiusura del CPR di Torino nel Marzo 2023 ha potuto, forse, regalare un briciolo di aria in più, garantendo un lasso di tempo con meno retate, con meno capienza detentiva amministrativa nel Nord Italia: con più libertà.

Ma i padroni per essere tali han bisogno di prigioni e deportazioni ed ecco che – in tempo per la fine della prossima stagione di raccolta nei campi del cuneese – riaprirà, a inizio Novembre, il CPR di Corso Brunelleschi.

Opporsi alla sua riapertura è possibile. Tracciare i nessi di senso tra lo sfruttamento nei luoghi di lavoro e il ricatto del permesso di soggiorno e della clandestinità, è un passo nella direzione di attaccare al cuore il razzismo sistemico.

La macchina dello sfruttamento, del razzismo, delle espulsioni e delle torture dentro i lager di Stato ha una lunga lista di responsabilità e complicità. I padroni dell’agricoltura, i lobbisti della filiera del cibo, le aziende, cooperative, società per azioni specializzate nel business della detenzione; le istituzioni che trattano le persone che migrano da una parte come corpi per alimentare le varie filiere del guadagno capitalista – dall’agricoltura, ai centri di detenzione e semi-detenzione, alle deportazioni-, dall’altra come un problema d’ordine pubblico, da marginalizzare nascondere e cacciare; i sindacati e le associazioni conniventi che traggono profitto dal mantenimento dello status quo.

Solidarietà a chi lotta nelle campagne, chi distrugge i CPR e chi sfugge alla violenza delle frontiere.

PDF: Le prigioni che servono ai padroni

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2024/07/31/le-prigioni-che-servono-ai-padroni/

SUI MOTI IN KENIA E SULLA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI A TORINO

Condividiamo due approfondimenti andati in onda su Harraga, trasmissione su Radio Blackout. Il primo riguarda i moti in Kenya, il secondo  si concentra sulla riapertura del CPR di Corso Brunelleschi a Torino.

Un racconto sui moti di piazza in atto in Kenya

Se il video delle fiamme che avvolgono la sede del Parlamento del Kenya a Nairobi è – di per certo – stato visto da moltx; meno sono stati i momenti in cui si è riusciti a contestualizzare quell’attacco al cuore del potere dentro una cornice di senso che racconti come ha potuto crescere una consapevolezza talmente chiara, in una larga fetta della popolazione kenyana, tale da non avere dubbi sui propri passi e sui termini delle priorità di lotta.

E’ difficile, a queste latitudini, comprendere i moti di piazza e i gesti materiali di chi, all’altezza dell’equatore attacchi il potere con letture dell’esistente alquanto differenti dalle categorie a cui siamo abituati a riferirci.

Nel tentativo di cogliere la potenza di questo momento abbiamo chiesto, a chi vive le piazze del Kenya, di raccontare ai microfoni di Harraga – trasmissione contro frontiere e CPR in onda su Radio Blackout – cosa sta succedendo.

Le fiamme che si alzano da quegli edifici e il coraggio di chi sfida i proiettili della polizia in Kenya parlano di un bisogno di distruggere sia i resti violenti della Colonia che fu, sia i presenti immanenti della neo-colonia di oggi. Non si possono leggere quei gesti e quella capacità di restare in strada dinanzi alla violenza spietata della controparte, senza parlare del lascito brutale, inoculato e lacerante del passato coloniale e – men che meno – della spietata predazione avida delle potenze neo-coloniali occidentali oggi.

Ancora una volta con le orecchie tese ad ascoltare le parole di chi – oppresso lungo la linea del colore e della classe – in un mondo asfissiante, attacca responsabili, simboli ed esecutori materiali della miseria che viene imposta a larga parte della popolazione mondiale – ai microfoni di Harraga tre vocali direttamente dal Kenya ci raccontano cosa sta succedendo.

Ascolta il podcast qui:

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2024/07/23/podcast-di-harraga-un-racconto-sui-moti-di-piazza-in-atto-in-kenya/


Sulla riapertura del CPR di corso Brunelleschi

È passato poco più di un anno da quando l’inverno torinese fu scaldato dal fuoco che portò alla chiusura del CPR di Corso Brunelleschi e ad oggi la riapertura di quel luogo di vessazioni e tortura è imminente.

Dal bando di gara relativo alla gestione e al funzionamento del centro di permanenza e rimpatrio di Torino, consultabile alla sezione amministrazione trasparente del sito della Prefettura sabauda, l’apertura sembra essere prevista per il 1° di Novembre 2024. L’importo stimato dell’appalto è di € 8.517.432,00 relativi a 24 +12 mesi, aggiudicabile, come sempre al ribasso, da quelle aziende che proporranno l’offerta tecnica più vantaggiosa. I lavori di ristrutturazione sono iniziati il 5 Febbraio 2024 e ad ora le aree ultimate o in fase di ultimazione sono 2, l’area rossa e l’area blu, per una capienza di 70 posti. Il bando prevede la possibilità di un ampliamento della capacità detentiva da 70 a 150 posti ossia per una totalità di 4 aree.

In questa puntata di Harraga, in onda su Radio Blackout, abbiamo provato a ripercorrere alcuni passaggi di quelle giornate di lotta del Febbraio 2023 che hanno scosso il capoluogo piemontese, dimezzando la capacità detentiva dei CPR del nord Italia.

Ascolta il podcast qui:

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2024/07/23/podcast-di-harraga-sulla-riapertura-del-cpr-di-corso-brunelleschi/