FINCHÈ NON CROLLERÀ. AGGIORNAMENTO DA GRADISCA

Riceviamo e diffondiamo:

La sera del 28 aprile ha avuto luogo al cpr di Gradisca un altro tentativo di fuga. Otto prigionieri hanno cercato di evadere, fortunatamente tre di essi sono riusciti a far perdere le proprie tracce, complice il buio. Un altro, cadendo dal muro di cinta si è fratturato la caviglia ed è stato trasportato all’ospedale (ci risulta attualmente libero), gli altri, alla fine di una notte passata sui tetti, sono stati poi riportati nelle celle dalle guardie.

Il mese appena trascorso è stato molto movimentato all’interno del campo: il lancio del cibo avariato nei corridoi seguito da uno sciopero della fame di due giorni; l’evasione di nove prigionieri – di cui solo uno è sfuggito alla ricattura; la forte rivolta di mercoledì 10 aprile, in seguito al tentativo da parte delle guardie e della cooperativa Ekene di installare sbarre metalliche al soffitto della parte esterna delle celle e alle intense proteste che ne sono seguite, durante le quali i letti sono stati incendiati e le pareti di plexiglass distrutte. Gli sbirri sono intervenuti con manganelli e lacrimogeni e uno di essi se n’è andato con una gamba fracassata.

La domenica successiva si è tenuto un lungo e rumoroso saluto, volto a far arrivare forte e chiara la nostra solidarietà ai reclusi.

Nel frattempo è anche iniziato il processo per la morte di Vakhtang Enukidze: nella seconda udienza del 26 aprile è stata raccolta la testimonianza dello sbirro che coordinò le indagini all’epoca dei fatti. Secondo questa testimonianza, Enukidze sarebbe morto in seguito ad un pestaggio all’interno del carcere di Gorizia dove era stato portato dal cpr – completamente in salute, secondo lo sbirro – due giorni prima di morire, nuovamente all’interno del cpr.
Immediatamente dopo la morte, parlavano di un “edema polmonare acuto” in seguito ad una rissa fra detenuti nel campo, poi “un’overdose di sostanze xenobiotiche unita a broncopolmonite”, adesso il pestaggio letale in carcere, forse perchè la realtà quotidiana delle galere nazionali lo rende addirittura più verosimile.
Cosa dicono gli sbirri ci interessa poco, ancor meno se dentro ai tribunali, ma di fronte a questa serie senza fine di infamità, ci teniamo a ribadire che Vakhtang Enukidze è morto, dopo due giorni di agonia, a seguito del pestaggio di otto guardie in tenuta antisommossa nella sua cella dentro al cpr.
Importante o meno che sia insistere sui dettagli di questa o di tutte le morti dentro le galere o i campi di deportazione, è sempre più schiacciante l’evidenza dell’operato delle strutture di privazione della libertà, volto scientemente e deliberatamente all’annientamento anzitutto mentale – e poi fisico, sempre più spesso fino alle estreme conseguenze – di coloro che hanno la sciagura di trovarsi al suo interno. Di questo ruolo di annichilimento e irrigimentazione – complementare alle funzioni di ricatto e minaccia utili all’amministrazione dell’ordine dello sfruttamento – c’è un bisogno sempre crescente soprattutto quando venti di guerra soffiano sempre più forti e quegli stessi ruoli e funzioni devono estendersi sempre più al mondo esterno, allo scopo di un controllo sociale sempre più serrato e finalizzato alla pacifica riproduzione del sistema di generazione del profitto e saccheggio delle risorse dentro e fuori dai patrii confini.
Mentre si discute ossessivamente di nuove e più capienti carceri, di campi per la deportazione in ogni regione e nella (ex-)colonia albanese, di accordi per impedire le partenze nei Paesi a sud del Mediterraneo, il sistema di selezione della manodopera da sfruttare non deve essere scalfito, contro (quasi) ogni evidenza, anche quella che i cpr sono sempre stati chiusi, e continuano ad esserlo, grazie alle rivolte dei reclusi.

A tal proposito, il questore di Gorizia non sa più cosa dire che non risulti ridicolo per negare la realtà di una prigione sempre più evadibile e soggetta a continue rivolte che ne minano sempre di più la tenuta, come avviene anche negli altri cpr della penisola. Lo scorso gennaio, appena insediato, lo stesso individuo aveva definito il cpr gradiscano “un’eccellenza nella gestione”, uno dei “più efficienti d’Italia”. Noi ci auguriamo che continui ad esserlo, ma nel modo che ogni giorno mettono in pratica con coraggio e determinazione i prigionieri, finchè di questo e di tutti i cpr non restino che macerie.

Compagni e compagne

FINCHÈ NON CROLLERÀ: aggiornamenti da Gradisca

AGGIORNAMENTI SULLE INDAGINI IN CORSO A BOLOGNA A SEGUITO DELLA MOBILITAZIONE IN SOLIDARIETA’ AD ALFREDO COSPITO, CONTRO IL 41BIS E L’ERGASTOLO OSTATIVO

Nei giorni scorsi abbiamo appreso che per 3 compagne/i sono state disposte delle misure cautelari – obbligo di firma per due compagne/i, obbligo di dimora, firme e rientro notturno per una compagna -nell’ambito delle indagini per 270 bis, condotte dalla procura di Bologna e inerenti la mobilitazione in solidarietà ad Alfredo, contro il 41 bis ed ergastolo ostativo.

Ricordiamo che lo scorso novembre erano state perquisite 19 persone tra Bologna e il Trentino e per tutte era stato successivamente richiesto il prelievo del DNA. All’epoca delle perquisizioni, per 11 persone l’ipotesi di reato era di associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico, e vari fatti specifici ovvero: il tentato danneggiamento di alcuni mezzi della MARR, l’incendio di alcuni ripetitori, l’interruzione di una messa, l’occupazione di una gru e il blocco di una via con dei cassonetti incendiati (qualificato come art. 280).

Altre 8 persone tra i/le perquisiti/e risultano indagati/e unicamente per la partecipazione al presidio solidale svoltosi in occasione dell’occupazione di una gru nel centro di Bologna. La richiesta di misure cautelari, depositata dal PM Gustapane l’11 gennaio, prevedeva domiciliari per 4 compagne/i individuati come promotori dell’associazione e responsabili a vario titolo dell’occupazione della gru, dell’interruzione della messa e dell’incendio dei ripetitori. Per altri 11 veniva invece richiesto l’obbligo di dimora e di firma con rientro notturno per favoreggiamento nell’occupazione della gru.

Possiamo dire che tale impianto accusatorio viene ampiamente ridimensionato dalla GIP: ritenuta non sussistente l’ipotesi associativa e le aggravanti di terrorismo contestate per i fatti specifici, le misure trovano fondamento solo nei fatti specifici imputati ai 3 compagni: “attentato ad impianti di pubblica utilità” (art. 420 c.p.) per il danneggiamento dei ripetitori e “danneggiamento in occasione di manifestazioni pubbliche” (art. 365 c4 c.p.) relativamente alla rete che sarebbe stata tagliata in occasione dell’occupazione della gru. Per il momento tra i vari indizi a carico nessuno ha a che vedere con i prelievi del DNA, effettuati in gran parte dopo la richiesta di misure di gennaio. Tuttavia le indagini sono ancora aperte. Rispetto ad un passato non troppo lontano è evidente che la procura abbia richiesto misure atte a non creare troppo scalpore e che la GIP si sia spesa addirittura in considerazioni di merito, ridimensionando ulteriormente quanto richiesto dal PM sia rispetto ai reati contestati che alle misure cautelari disposte. Probabilmente i buchi nell’acqua su ipotesi associative, collezionati da diverse procure d’Italia negli ultimi anni, hanno portato ad una rimodulazione delle strategie repressive.

Come già avvenuto in passato, un effetto immediato di questo tipo di approccio è quello di fare poco rumore, mitigando il moto solidale che negli ultimi anni ha invece accompagnato le operazioni e i conseguenti arresti di compagni/e. Crediamo che se questa strategia inizia a diventare la norma, come sembra indicare anche l’Operazione City per cui numerosi compagni/e sono sottoposti/e a varie misure cautelari, diventa altrettanto necessario dal canto nostro trovare nuovi modi per mantenere alta l’attenzione e non lasciare indietro nessunx.

Ogni azione a sostegno della campagna in solidarietà ad Alfredo contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo, in Italia e nel resto del mondo, ci ha scaldato il cuore. Quel 4 marzo a Torino c’eravamo tuttx.

Oggi la tortura del 41bis è ancora realtà per Alfredo e centinaia di detenuti, la tortura rimane quotidianità nelle carceri nostrane. La guerra che ci avvolge e coinvolge sempre di più, nonché il massacro del popolo palestinese appartengono allo stesso orizzonte di un mondo dominato da Stati e Padroni.

Ora come allora, sta a noi invertire questa rotta e non lasciare indietro nessunx è il primo passo per ricordare al nemico che la ferita e il conflitto sono ancora aperti.

PER UN MONDO SENZA GUERRA NE’ GALERE! SEMPRE A FIANCO DI CHI LOTTA! TUTTX LIBERX!

Anarchiche e anarchici

ROMA: BACHU LIBERO!

Diffondiamo:

Da oltre due settimane il nostro compagno Bachu si trova in un prolungato stato di fermo. La stampa non ha aspettato un attimo nel riportare notizie confuse e mirabolanti sui motivi che lo hanno portato a Regina Coeli. Ma oramai lo sappiamo bene che – soprattutto su alcuni temi – i giornalisti si precipitano nel copiare ed incollare le notizie che vengono dalle questure, contribuendo nella creazione del mostro: “da paladino ad aguzzino” titolava senza vergogna il giorno dopo uno dei quotidiani più razzisti e guerrafondai del bel paese.

Conosciamo Bachu da tanti anni, con lui, i suoi compagni e più in generale la comunità bengalese abbiamo costruito e attraversato insieme numerosi percorsi di lotta e memoria, soprattutto a livello territoriale, vivendo lo stesso quadrante di città, quello Sud-Est, tra Torpignattara, il Pigneto e Centocelle. Insieme ci siamo opposti al costante processo di trasformazione che attraversa questi quartieri, soprattutto tra Torpignattara e Marranella. Qui infatti sono continui gli attacchi da parte del municipio e le forze dell’ordine per eliminare tutte quelle forme di socialità e incontro autorganizzate e dal basso, per fare spazio a ristoranti e luoghi di consumo. Bachu, insieme alla sua associazione, sono sempre stati vigili e pronti ad intervenire con chiamate in strada, cortei, feste e momenti di confronto, con la grande capacità di unire le diverse comunità immigrate presenti nel territorio (non solo quella bengalese) e gli italiani, procedendo fianco a fianco nell’immaginare e praticare un altro modo di stare nei quartieri.

Inoltre come compagni, con Bachu e parte della comunità, ci siamo trovati insieme in tanti altri contesti di lotta, da quella contro le frontiere e per la libertà di movimento, contro le numerose aggressioni razziste che avvengono intorno a noi e non solo, a quella contro i luoghi e forme di detenzione, carceri, cpr e 41bis.

Per tutte queste ragioni, e per le molte altre ancora, portiamo tutta la nostra solidarietà a Bachu, la famiglia, l’associazione, tutta la comunità e gli amici. Siamo consapevoli che, soprattutto in questi momenti, la vicinanza è uno strumento fondamentale contro l’attacco che si sta ricevendo. Sappiamo bene che la controparte, a vari livelli, con la stampa in prima fila, stanno cercando di mettere in dubbio e colpire trent’anni di battaglie e presenza nel territorio di Bachu e non solo. Ma restiamo saldi grazie alle relazioni che abbiamo costruito nel tempo, che ci hanno permesso di conoscerci e organizzarci insieme.

BACHU LIBERO!

Compagni e Compagne di Torpignattara

BOLOGNA: RESOCONTO DEL PRESIDIO AL CARCERE DELLA DOZZA [SABATO 27 APRILE]

Riceviamo e diffondiamo:

Sabato 27 aprile ci siamo incontrate in tantissimx a Bologna sotto le sezioni femminili del carcere della Dozza per portare tutto il nostro calore e la nostra solidarietà alle detenute, contro il nuovo piano carceri e le violenze di Stato.

Sapevamo che non avremmo ricevuto nessuna risposta da dentro perché la posizione più vicina alle sezioni femminili non permette una vera e propria comunicazione dentro-fuori, nonostante ciò ci siamo radunate in tantx sul lato di via Ferrarese, perchè abbiamo notizia che qualcosa delle nostri voci riesce a superare quelle sbarre, e che se anche noi non sentiamo le detenute, loro possono sentirci. Successivamente ci siamo spostatx dal maschile, in posizione più privilegiata, e lì la comunicazione è stata diretta ed efficace.

Nemmeno una manciata di mesi fa le istituzioni cittadine propagandavano sui media il femminile della Dozza come “modello da seguire”, esempio di come dovrebbe essere un “carcere che funziona”. Nonostante le retoriche della direttrice del carcere e del sindaco di Bologna, su una Dozza progressista che rieduca con clemenza superando gli standard italiani di condizioni di vita nelle carceri, di recente al femminile a Bologna due donne si sono tolte la vita.

Abbiamo condiviso con le detenute la nostra rabbia e portato loro tutta la nostra solidarietà. Abbiamo riportato gli scioperi e le proteste in corso nelle altre carceri, e ribadito l’importanza del legame tra le lotte dentro e le lotte fuori, contro le politiche classiste, razziste e repressive che vedono sempre piu persone private della libertà. Abbiamo inoltre ribadito la nostra ostilità alla sezione “nido” istituita in carcere e al repartino psichiatrico femminile.

Giuntx dal maschile, appena ragginuta la cinta muraria, immediatamente dalle celle grida di aiuto, cori e saluti sono esplosi. Tantissime le risposte, gli scambi e le urla: “libertà”, “agente corrotto”, “indulto”. I detenuti hanno raccontato di moltissime persone recluse in condizione di grave sofferenza psichica, dei problemi con il cibo e con l’acqua, dei pacchi che non arrivano, ed, in reazione a quanto accaduto al Beccaria, degli abusi e delle violenze delle guardie anche alla Dozza.

Abbiamo condiviso coi detenenuti il presidio al femminile, e riportato anche a loro degli scioperi e delle lotte nelle altre carceri, oltre che delle retate e dei blitz di polizia che vedono le strade dei quartieri sempre più militarizzate, colpite da controlli, abusi e fermi razziali.

In Italia nelle carceri sovraffollamento e psichiatrizzazioni aumentano esponenzialmente. In soli 4 mesi nel 2024 si contano già 32 suicidi, mentre proteste, scioperi e rivolte continuano ad accendersi in tutta la penisola. A tutto ciò lo stato risponde con un piano che intende ampliare il sistema repressivo e detentivo investendo in nuove galere e padiglioni. La mappa va da Roma e Milano, Cagliari e Sulmona, Brescia e Forlì. A Cagliari, nel capoluogo sardo a marzo è stato inaugurato un padiglione da 92 posti per detenuti in 41-bis. Altri ottocento posti letto saranno presto pronti a Milano e Roma: quattrocento nel carcere di Opera, altrettanti a Rebibbia, nel nuovo complesso dell’istituto romano. Nuovi spazi si ricaveranno in Emilia-Romagna, duecento posti a Bologna, duecentocinquanta a Forlì. Ancora al Nord: Bollate, Gorizia, Pordenone. Ruspe al lavoro, garantisce Nordio.

Sotto entrambe le sezioni abbiamo lasciato riferimenti per scrivere e rilanciato la puntata di Mezz’ora d’aria, trasmissione per un mondo libero da tutte le gabbie, che andrà in onda sabato 11 maggio alle 17:30 sulle frequenze di Radio Città Fujiko (FM 103.1)

Non c’è liberazione finché esisteranno carceri, frontiere e cpr.
La città per cui lottiamo non ha quartieri con le sbarre!

Compagnx solidalx⁩

NUOVA PUBBLICAZIONE: LEDA RAFANELLI, “PRIMO MAGGIO”

Diffondiamo:

LEDA RAFANELLI, “PRIMO MAGGIO”
(Opuscolo, 16 PAG, copertina cartonata)

Stampato a Firenze attorno al 1907, questo elaborato della scrittrice e militante anarchica Leda Rafanelli è una feroce critica allo snaturamento della giornata del Primo Maggio: da momento di lotta e sfida alle classi dominanti a “Pasqua” festiva dimentica degli eventi che hanno portato a scontrarsi sulle pubbliche piazze con la sbirraglia e a morire sulle forche della reazione governativa e padronale per quelle conquiste che oggi si danno per scontate o son già perdute.
Incitare nuovamente all’odio di classe contro i governanti e i padroni, e le loro leggi, è, come ci dice Leda, un esercizio salutare di ricordo delle lotte passate che addita le lotte avvenire.

“Festa sarà per il proletariato sol quando sarà libero dallo sfruttamento del capitale, dalla schiavitù delle leggi, dalla oppressione del dogma, dalla dominazione degli uomini meschini che non sanno né possono combattere il nostro avanzare che con l’aprire galere, sequestrare libere voci, alzare forche”.
– Leda Rafanelli –

Una copia: prezzo consigliato dai 3 euro in su. Dalle 10 copie in avanti: prezzo consigliato dai 2 euro in su.

DISTRIBUZIONE:
Per la distribuzione ci appoggiamo ad Equal Rights Forlì.
Per richiesta copie scrivere a:
equalrights@inventati.org

Ricordiamo che i ricavi (di tutto il nostro materiale), tolte le spese, vanno a sostegno della Cassa Antirepressione Capitano A.C.A.B. per compagnx inguaiatx con la legge.
Un valido motivo, ci sembra, per ordinare le vostre copie cartacee.

Piccoli Fuochi Vagabondi
Scritti e materiali di critica libertaria
https://piccolifuochivagabondi.noblogs.org/nostre-pubblicazioni/

TORINO: LA REPRESSIONE NON FERMERÀ LE NOSTRE LOTTE [ASSEMBLEA PUBBLICA]

La repressione non fermerà le lotte.

Alla repressione rispondiamo con la lotta.

All’alba del 22 aprile 2024, la Digos di Torino eseguiva 19 misure cautelari nei confronti di altrettante/i compagni/e accusati/e, insieme a molti/e altri/e, a vario titolo, di devastazione e saccheggio, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, resistenza e istigazione a delinquere. Il tutto con numerose aggravanti e incorniciato dall’ormai noto strumento repressivo del concorso.

I fatti imputati risalgono al corteo che si è svolto a Torino il 4 marzo 2023 contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo in solidarietà ad Alfredo Cospito in sciopero della fame. Quel momento di piazza era la risposta alla decisione della Corte di Cassazione di confermare la detenzione in 41bis di Alfredo, già in sciopero della fame da più di 4 mesi, e si inseriva all’interno di una mobilitazione internazionale in cui si sono susseguite innumerevoli iniziative e azioni, contro due dei pilastri più coercitivi del sistema giuridico/carcerario italiano volti ad annientare e torturare l’individuo.
Questa inchiesta non è stato un caso isolato,in tante città d’Italia le procure non hanno tardato ad attaccare la solidarietà creatasi in quei mesi.

A fronte di questo ennesimo tentativo di rendere le lotte di piazza sempre più residuali, reprimere e isolare la solidarietà, è fondamentale incontrarci per discutere in una pubblica assemblea come procedere nel contesto attuale.

Del resto, lo Stato ha la necessità intrinseca – sempre più stringente in questi tempi di guerra – di eliminare ogni “moto” contrario all’ordine costituito ed al pensiero unico, di eliminare ogni pratica che ci dia gli strumenti per difenderci e per non farci arretrare.

La nostra volontà è quella di rilanciare una risposta collettiva all’ennesimo tentativo di reprimere i momenti di piazza e la conflittualità. Proprio oggi – mentre Israele porta avanti un genocidio trasmesso in mondovisione, mentre l’economia mondiale punta sempre di più sull’industria bellica, mentre la presenza dei militari nei territori è sempre più pervasiva – stare in strada risulta urgente e necessario.

Di fronte all’attacco diretto ad ogni forma di conflittualità nel contesto di guerra permanente; di fronte al tentativo dello Stato di criminalizzare le pratiche di piazza; al fianco delle indagate e agli indagati per il corteo del 4 marzo 2023, in solidarietà con Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il 41 bis ed ergastolo ostativo.

Assemblea pubblica, atrio di Palazzo Nuovo, Torino. Ore 18:00

BOLOGNA: MISURE CAUTELARI PER LA MOBILITAZIONE IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO E CONTRO IL 41BIS

Diffondiamo:

A Bologna sono state disposte 3 misure cautelari (obbligo di firma per 2 compagnx, obbligo di dimora con rientro notturno e obbligo di firma per una compagna) in relazione all’indagine in corso a seguito della mobilitazione in solidarietà ad Alfredo e contro il 41 bis. Le misure sono disposte per 2 reati: il danneggiamento della recinzione di un cantiere durante l’occupazione di una gru in centro città con presidio solidale per Alfredo nel dicembre 2022 e danneggiamento di alcuni ripetitori nel maggio 2022. Le indagini sono ancora in corso per 270bis, ma in sede di applicazione delle misure cautelari la GIP non ha ritenuto sussistenti il reato di associazione con finalità di terrorismo e delle aggravanti con finalità terrorismo.
Seguiranno aggiornamenti.

TUTTA LA NOSTRA SOLIDARIETÀ E COMPLICITÀ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE COLPITE

ALFREDO LIBERO, 41BIS TORTURA