OGNI CUORE É UNA BOMBA A OROLOGERIA

Estratti dal libro “Rote Zora. Guerriglia urbana femminista”  …e un augurio di buon anno nuovo, dalle Brughiere! 🔥🧨

OGNI CUORE É UNA BOMBA A OROLOGERIA

Da sempre le donne hanno combattuto nei gruppi armati, tuttavia la loro partecipazione alla lotta è stata spesso taciuta. Ma i tempi cambiano e, ormai, la partecipazione delle donne alla guerriglia è diventata talmente importante da non poter essere più occultata. Anche la divisione del lavoro secondo la quale le donne si occupano dei compiti relativi all’infrastruttura, mentre gli uomini portano a termine le azioni, è stata superata. I gruppi sovversivi di donne come le Rote Zora sono ancora pochi, ma anche questo cambierà! […]

Le donne sono esposte a ogni livello di violenza: alla violenza indiretta e strutturale di questo sistema sociale che blocca ogni altra possibilità di vita, e ai rapporti di violenza brutale, diretta e personale esercitati dagli uomini. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito all’aumento delle violenze contro le donne dei paesi dove la parità dei diritti è riconosciuta formalmente e giuridicamente. Le donne vivono la violenza quotidianamente, sotto forme diverse e su più livelli. Vengono umiliate, sminuite, picchiate, stuprate. Nella RFT ogni 15 minuti una donna viene stuprata! Il 50% delle donne vengono violentate da uomini che conoscono. Ogni anno nella RFT 4 milioni di donne sono maltrattate dai loro mariti! La violenza strutturale è determinata dai maltrattamenti delle donne in seno alla famiglia, dallo stupro, dalla minaccia di stupro e dalla spettacolarizzazione della violenza sulle donne nei media, nella pubblicità e nell’industria della cultura. Comprendere che la violenza contro le donne non è un’eccezione ma un principio generale del dominio maschile, ha permesso di riconoscere quanto la lotta alla violenza sessista vissuta personalmente sia indissociabile dalla lotta contro ogni violenza del sistema. […]

SOTTO L’IMPOTENZA SI NASCONDE LA VIGLIACCHERIA

Ogni donna che ha già tirato una pietra, che non è scappata quando degli uomini l’hanno importunata, ma al contrario ha risposto, potrà condividere il sentimento di liberazione che abbiamo provato quando abbiamo messo una bomba davanti al tribunale costituzionale federale in occasione della decisione relativa all’articolo 218. Nella nostra società la liberazione ha a che fare con la distruzione, distruzione delle strutture che vogliono incatenarci al ruolo di donna. Non riusciremo ad annientare queste strutture finchè non attaccheremo i rapporti che ci vogliono distruggere. Attacchiamoli nelle forme più diverse, ma sempre a partire dal nostro inconciliabile odio per questa società.

ORDIGNO ESPLOSIVO ALLA CORTE COSTITUZIONALE FEDERALE. 4 MARZO 1975, KARLSRUHE

Le Donne delle Cellule Rivoluzionarie hanno compiuto un attacco contro la Corte Costituzionale il 4 marzo 1975. Non per “difendere la Costituzione della Corte Costituzionale” come sostiene il signor Abendroth, ma per difendere noi stesse da questa Costituzione, che fornisce un quadro legale allo sfruttamento quotidiano, all’infiacchimento e al logoramento psichico di milioni di donne e uomini. Una Costituzione che costringe all’illegalità le donne, e molte le uccide quando non lasciano decidere alla mafia dei medici e dei giudici sulla propria sessualità, l’uso del proprio corpo, il numero dei propri figli. Noi non ci uniamo al lamento di coloro che si dolgono perché la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale una legge votata democraticamente dal Parlamento, in quanto non c’è una differenza sostanziale quando 6 o 600 stronzi dettano le condizioni di vita a 60 milioni di persone. Noi facciamo però distinzioni molto nette, nelle attuali condizioni, tra le leggi più o meno dannose nei confronti del popolo, che questo pugno di servi del capitale, pagati con i soldi delle tasse, emana contro di noi. La sentenza terroristica della Corte Costituzionale, che ribadisce essere giusto e legale il divieto di abortire secondo il famigerato “statuto liberal-democratico”, è così intollerabile, per il disprezzo e l’annientamento delle donne che presuppone, che noi la combatteremo con tutti i mezzi possibili. […]
L’articolo 218 non impedisce alcun aborto e questo lo sanno anche coloro che per il suo mantenimento tirano in ballo Dio e gli sbirri.

Lo sanno:
– I tribunali, per i quali da sempre l’assassinio di una donna che si ribella conta meno di quello di un porco oppressore. Siamo solidali con tutte le donne che si liberano dei loro oppressori.
– Le chiese, che nella loro millenaria storia hanno perpetuato la loro struttura fascista, secondo cui le donne non sono persone, ma madri o puttane, “santificate” o punite per la loro sessualità attraverso la gravidanza, poiché sanno bene che è la paura a riempire le loro chiese. Non abbiamo dimenticato che le chiese hanno messo al rogo le nostre sorelle femministe nel medioevo. Noi donne non dobbiamo più andare nelle chiese se non per sconsacrare questi covi di sessismo, per esempio attraverso scritte murali, slogan urlati in coro durante le funzioni, petardi e bombe fumogene… e per dare pubblicamente aria alle tonache ammuffite di preti e cardinali.
– i medici, che tengono per sé sia le loro conoscenze mediche che le loro mancate conoscenze per continuare il loro sfruttamento dell’utero. I quali umiliano e ricattano le donne in cerca di aiuto e anche se le aiutano usano per lo più il metodo pericoloso, sorpassato e brutale del raschiamento, rifiutando di imparare a praticare il sistema innocuo dell’aspirazione. Additiamo pubblicamente questi porci, scriviamolo sulle loro macchine, sulle loro ville. […]

Verrà il giorno in cui le donne si ribelleranno… ma solo se iniziamo oggi!

 


L’anno scorso… https://brughiere.noblogs.org/post/2022/12/29/estratti-dal-libro-di-mau-quelli-erano-i-tempi/

UNA RIQUALIFICAZIONE SPIETATA

Diffondiamo un contributo contro la riqualificazione del Parco Don Bosco e delle Scuole Besta a Bologna.

Da: Senza chiedere permesso – Mercatino autogestito delle autoproduzioni.

Impossibile non incontrarsi nella solidarietà contro la riqualificazione del Parco Don Bosco e delle Scuole Besta:

Parliamo di oltre 18 milioni di euro per abbattere decine di alberi ad alto fusto, distruggere la fauna presente, demolire la scuola esistente e ricostruirne una nuova accanto – “green” – asfaltando il parco. Un vero capolavoro.

La cementificazione del parco Don Bosco è il volto di una città che non guarda in faccia a nessuno: abitanti, insegnanti, ex insegnanti, genitori di alunnx ed ex alunnx, associazioni.

Non servono grandi analisi, il grido delle Scuole Besta in lotta è inequivocabile: l’edificio più green è quello che è già in piedi.


L’uso strumentale della retorica green, della cooperazione, della partecipazione e dell’inclusione, si schianta con le rivendicazioni di chi gli spazi li vive dal basso.

Non si può accettare in nessun modo la devastazione di un parco frequentato e amato da tuttx gli/le abitanti del quartiere, e la conseguente distruzione di uno dei pochi polmoni verdi nella sempre più cementificata zona Fiera, dove l’aria che si respira è tra le più inquinate d’Europa.

Un progetto, la nuova scuola, in cui si ostentano paroloni come “innovazione scolastica”, “pedagogia cooperativa”, “pedagogia laboratoriale”, quando l’operazione rappresenta un passo indietro non solo per quanto riguarda la sostenibilità e l’impatto ambientale ma anche dal punto di vista didattico: contrariamente alla scuola attuale – progettata alla fine degli anni ’70 con il lavoro congiunto di architetti, pedagogisti ed insegnanti – il nuovo progetto prevede una struttura rigida con aule e corridoi, senza quegli ambienti di espansione delle aule per attività di gruppo e lezioni flessibili, e senza la proiezione delle aule verso il giardino e l’esterno, che caratterizzano l’attuale scuola. Un’operazione che comporterebbe un significativo peggioramento della fruizione degli spazi, della didattica, della vivibilità della scuola e della salubrità degli ambienti per alunnx e insegnanti.

Un edificio che secondo la stesse leggi di chi governa dovrebbe essere tutelato in quanto bene artistico, storico e culturale, come avvenuto per un’altra scuola della stessa architetta, e su cui dovrà pronunciarsi la Soprintendenza ai beni culturali a febbraio.

Se è vero che le scuole Besta necessitano di lavori a causa dei deterioramenti subiti nel corso degli anni, della mancata manutenzione, degli adeguamenti alle normative antisismiche, della scarsa efficienza energetica, è vero anche che non c’è nessun motivo valido per abbatterle e non ristrutturarle.

Vi sono inoltre errori procedurali sui cui l’amministrazione sta tentando di glissare e che potrebbero ostacolare l’ignobile proposito demolitore. Il comitato nato a difesa del parco e della scuola, studiando le carte del progetto, ha scoperto che «per l’erogazione dei fondi del PNRR […] è necessario rispettare il cosiddetto principio DNSH, Do Not Significant Harm, ovvero “non arrecare danni significativi all’ambiente”. Un principio tecnico che deve essere contenuto in una relazione specifica. “Ma la relazione allegata alla delibera di approvazione del progetto non dimostra nulla — dice il comitato — perché è̀ stata utilizzata una scheda sbagliata della specifica Guida operativa del ministero dell’Economia e della Finanza, ovvero la scheda 2 delle ristrutturazioni invece della scheda 1 relativa ai nuovi edifici da costruire e interventi di demolizione e ricostruzione».

Mentre l’amministrazione cerca di convincere la cittadinanza della bontà dell’impresa parlando di rigenerazione dell’area verde nella zona di demolizione – quando è noto che questi suoli non si rigenerano con la bacchetta magica – nel progetto compare – magia, questa si! – la possibilità di destinare parte dell’area ad un eventuale parcheggio, qualora la vicina Fiera ne avesse bisogno.

Siamo convinte che non c’è ecologismo senza anticapitalismo e lotta di classe.

Capitalismo e violenza istituzionale sono due facce della stessa medaglia, una ricetta che la giunta PD ha imparato a vendere bene grazie a strategie di comunicazione e marketing di tipo aziendale.

Non si può guardare alla riqualificazione del parco Don Bosco senza inserirla nel processo che vede coinvolto in egual modo l’arrivo dell’alta velocità e la costruzione della nuova stazione, la Trilogia Navile, la Tettoia Nervi, l’opera di Giulia Srl e delle P Tower, il complesso Unipol, gli Student Hotel, le operazioni speculari in Cirenaica e nel quartiere San Donato, il Tecnopolo, la riqualificazione del polo fieristico, Fico, il People Mover, il Tram, il Passante di Mezzo.

Una città lanciata in corsa sul podio del prestigio europeo, lo stesso “prestigio” che determina un aumento generalizzato del costo della vita, che devasta pianure, Appennini e montagne, e che fonda le sua ricchezza su lavoro sfruttato e alienato.

Scelte politiche precise volte a una turistificazione selvaggia del territorio, che si abbattono sistematicamente su chi vive già discriminazioni di classe, genere e cittadinanza, creando terreno fertile per le destre xenofobe, pronte a raccogliere consenso cavalcando malcontento, paure e stereotipi.

Se a livello internazionale massacri, guerre e genocidi si intensificano, a livello locale aumenta lo sfruttamento, il disciplinamento e il controllo sociale: in ogni città le lotte per l’abitare e per la casa, così come quelle ambientaliste ed ecologiste, vengono duramente represse. La scuola, divenuta territorio di conquista militare, mostra sempre più il suo volto di agenzia al soldo del potere, volta a selezionare la nuova classe dirigente e la nuova classe da sfruttare. Ciò che rimane della sanità pubblica e territoriale viene inesorabilmente smantellato e privatizzato, per privilegiare paradigmi discrezionali di stampo classista e autoritario. Dentro le carceri, nei cpr, alle frontiere, si muore, mentre all’esterno vivere diventa sempre più difficile per moltx.

Una realtà in cui emerge sempre più evidente la necessità di sovvertire l’esistente e lottare!

SPECULAZIONE, PROFITTO E CEMENTO:
COMBATTEREMO CONTRO OGNI ABBATTIMENTO!

CON IL PARCO DON BOSCO E LE SCUOLE BESTA IN LOTTA,
CONTRO LA CITTÀ VETRINA

Versione del testo stampabile qui -> UNA-RIQUALIFICAZIONE-SPIETATA


Link utili:

https://www.wumingfoundation.com/giap/2023/12/balle-green-scuole-besta/

https://sollevamentiterra.noblogs.org/post/2023/12/13/chiacchiere-con-il-comitato-scuole-besta/

https://www.bolognatoday.it/cronaca/pnrr-via-conoscenza-bolognina.html


Le immagini nel testo con quelle “creature strane” sono tratte dal film “Guida Galattica per autostoppisti” ispirato al romanzo di Douglas Adams del 1979.

Per fare posto ad una superstrada alcune ruspe minacciano di demolire la casa di Arthur Dent; ma la sorte dell’abitazione di Arthur Dent è niente rispetto a quanto sta per accadere a tutto il pianeta: una flotta spaziale Vogon è pronta a demolire la terra per conto dell’Ente Galattico Viabilità, per far posto ad una nuova superstrada iperspaziale.

POPOLO DELLA TERRA, ATTENZIONE, PREGO. QUI PARLA LA COMMISSIONE PER LA PIANIFICAZIONE DELL’IPERSPAZIO GALATTICO. I PIANI DI SVILUPPO DELLE ZONE PERIFERICHE DELLA GALASSIA RICHIEDONO LA COSTRUZIONE DI UNA SUPERSTRADA IPERSPAZIALE ATTRAVERSO IL VOSTRO SISTEMA STELLARE. IL CHE RENDE SFORTUNATAMENTE NECESSARIA LA DEMOLIZIONE DI ALCUNI PIANETI TRA CUI IL VOSTRO. I LAVORI AVRANNO INIZIO IMMEDIATO E DURERANNO CIRCA DUE MINUTI TERRESTRI. GRAZIE.

I Vogon, le creature rappresentate nelle foto, sono ottusi burocrati zelanti che senza un ordine in triplice copia spedito, ricevuto, verificato, smarrito, ritrovato, soggetto a inchiesta ufficiale, smarrito di nuovo ed infine sepolto nella torba per tre mesi e riciclato come cubetto accendifuoco, non alzerebbero un dito per salvare nemmeno la propria nonna.
 La maggior parte dei Vogon è impiegata negli uffici della burocrazia galattica e nella Flotta costruzioni Vogon, un lavoro che permette loro di vivere una vita socialmente accettabile pur seminando distruzione nell’universo.

FREE ALL ANTIFAS! ALLARGHIAMO LA SOLIDARIETÀ

Diffondiamo:

Dopo la chiusura delle indagini per i fatti di Budapest e l’emanazione di 14 Mandati d’Arresto Europei, ad ottobre 2023, con l’arresto di Gabriele in Italia e di Maja in Germania tra novembre e inizio dicembre il lavoro congiunto delle polizie Europee stringe la sua morsa repressiva attorno ai compagni.

Ci troviamo di fronte a questo grave attacco con un tempo molto ridotto per immaginarci e organizzare la nostra solidarietà prima della decisione per l’estradizione del nostro compagno Grabri e di Maja. Altri arresti potrebbero avvenire nel prossimo periodo.

L’inizio del 2024, ed in particolare gennaio, saranno momenti cruciali per i compagni e le compagne colpiti/e. Invitiamo tutti e tutte a condividere e diffondere le informazioni e gli aggiornamenti relativi a questa vicenda, a mobilitarsi ed esprimere in qualsiasi modo la solidarietà!

MASSA: PER MILLE MOTIVI. PRESENZA SOLIDALE CON GLI ANARCHICI ACCUSATI PER LA PUBBLICAZIONE DI “BEZMOTIVNY”

Per mille motivi. Presenza solidale con gli anarchici accusati per la pubblicazione di “Bezmotivny” (Massa, 9 gennaio 2024)

L’8 agosto scorso un’operazione di polizia ha coinvolto dieci anarchici, indagati per associazione sovversiva con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere con l’aggravante della finalità di terrorismo, in riferimento alla pubblicazione del quindicinale anarchico internazionalista “Bezmotivny”. A fronte di un’originaria richiesta di arresto in carcere per i dieci indagati, la magistratura ha definito nove misure cautelari: quattro sono pertanto finiti agli arresti domiciliari restrittivi, mentre altri cinque all’obbligo di dimora con rientro notturno. Dopo i primi mesi, nel corso dei quali – tra carcere e domiciliari – si sono verificati alcuni temporanei aggravamenti nelle misure cautelari, per la compagna e i compagni agli arresti domiciliari restrittivi – Gaia, Gino, Luigi e Paolo – è stata fissata un’udienza processuale di giudizio immediato, presso il tribunale di Massa, il 9 gennaio 2024.

Quella di “Bezmotivny” è storia di solidarietà, internazionalismo, sostegno alla prospettiva rivoluzionaria, mentre l’operazione Scripta Scelera, volta a rendere prassi le misure cautelari in riferimento alle accuse di istigazione a delinquere aggravata, è un altro “capitolo” nelle politiche di guerra dello Stato italiano.

Dopo il processo Scripta Manent, il procedimento Sibilla contro “Vetriolo” e il trasferimento in 41 bis di Alfredo Cospito, l’operazione Scripta Scelera ha inteso “smantellare” un giornale anarchico, tentando – vanamente – di dare ancora un monito repressivo, di silenziare l’urgenza della critica sociale, le ragioni della rivolta, la necessità della rivoluzione.

Continuiamo a batterci, vanifichiamo i tentativi di attaccare il principio teorico e pratico della solidarietà rivoluzionaria: sia quella internazionalista con gli sfruttati di tutto il mondo – contro tutte le guerre dei padroni e contro ogni Stato, a partire dal “nostro” –, sia quella con gli anarchici prigionieri.

Per mille motivi, non restiamo inermi: perseveriamo nell’agitazione, nella propaganda, nella lotta rivoluzionaria contro lo Stato e il capitale.

Presenza solidale: martedì 9 gennaio, tribunale di Massa, piazza De Gasperi, ore 08:00.

MILANO: SAVERIO IN CARCERE

Diffondiamo

Il nostro compagno Saverio stava scontando da due settimane i domiciliari presso la sua residenza per un definitivo di 14 mesi legato alla lotta NoTap. La questura di Milano, nonostante il pronunciamento positivo del tribunale di Lecce e la relazione del UEPE, non ha reputato idoneo il domicilio e venerdì 15 dicembre lo hanno arrestato.
Ora si trova a San Vittore, un nuovo domicilio è stato indicato al magistrato di sorveglianza. Seguiranno aggiornamenti appena li si avrà.

Per scrivergli:
Saverio Pellegrino
C.C. Francesco Di Cataldo
Via Filangeri 2
20123 Milano

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO

Ad un anno di distanza dalla mobilitazione che ha accompagnato lo
sciopero della fame, è importantissimo continuare a scrivere al compagno Alfredo Cospito, tuttora in 41bis nel carcere di Bancali (Sassari).

Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico
delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte), rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso
sistemi tracciabili quali le raccomandate (anche senza ricevuta di ritorno). Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di
conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter burocratico per lo sblocco della corrispondenza, dato che gli agenti non sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesse volte semplicemente scompare.
Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o
foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa
Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto attraverso
lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è: Alfredo Cospito – C/O C.C. “G.Bacchiddu” – Strada Provinciale 56, n°4 – Località Bancali – 07100 Sassari

mentre per inviare le vostre ricevute:
cassantirepalpi@autistici.org

PS: il compagno può acquistare libri attraverso la direzione del carcere; si può dunque inviargli suggerimenti di lettura, accompagnando il titolo e l’autore con i dati relativi alla casa editrice e, se possibile, il codice ISBN.

Contro tutte le galere!
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

NOTE A PARTIRE DAL CORTEO DELL’11 FEBBRAIO A MILANO

Il 25 giugno a MIlano scatta un’operazione di Polizia che vede emesse sei misure cautelari (obblighi di dimora, divieti e firme) per il corteo dell’11 febbraio scorso in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito. All’oggi di quelle misure non resta più nulla. Il 14 dicembre infatti il gip, su richiesta del pm, ha deciso di revocare tutte le misure cautelari. Al momento le indagini risultano chiuse, il numero delle persone coinvolte è però salito a 13, imputati a vario titolo di resistenza aggravata, travisamento e danneggiamento.
Oltre a dare aggiornamenti ed esprimere la nostra solidarietà alle persone coinvolte in questa operazione repressiva, vorremmo spendere due parole in più su quella giornata e sulla mobilitazione a sostegno dello sciopero della fame di Alfredo contro il regime di 41 bis e l’ergastolo ostativo. La giornata dell’11 febbraio si inseriva all’interno delle numerose iniziative messe in campo di fronte alle menzogne statali, alla violenza mascherata dietro la freddezza della burocrazia e all’aggravarsi delle condizioni di salute di Alfredo, oramai in sciopero della fame da oltre 100 giorni.
In tutta Italia e all’estero si moltiplicavano cortei, blocchi e iniziative informative o di disturbo, attacchi verso le istituzioni e i loro rappresentanti.
A Milano, all’interno di un percorso cittadino nato e cresciuto intorno alla lotta di Alfredo, centinaia di persone decidono di partecipare al corteo chiamato in Piazza XXIV Maggio. Durante il percorso si susseguono interventi, cori, scritte e danneggiamenti ad alcune vetrine, fino a quando la polizia decide che il corteo non può proseguire oltre. Iniziano le cariche e i lanci di lacrimogeni per disperdere i partecipanti che insieme cercano un’altra strada sicura attraverso la quale muoversi per terminare il corteo.

Al di là del piano giudiziario di questa vicenda, ci pare importante ribadire cosa quel giorno e nelle settimane precedenti, aveva animato la testa e il cuore dei tanti che sono scesi in piazza. La determinazione della lotta di Alfredo è riuscita a rompere il silenzio attorno alla tortura di Stato costituita dal regime di 41bis, fatto di isolamento pressoché totale, deprivazione sensoriale e che ha come unico fine l’annullamento fisico e mentale della persona che lo subisce e che lo Stato continua a legittimare e perpetuare attraverso lo spauracchio della mafia.
Da fuori, tante sono state le parole spese per riportare, far emergere le condizioni e la natura violenta e strutturale di quel regime e del carcere tutto. Un’occasione di lotta che tanti e tante hanno condiviso e che in diverse forme aveva trovato una propria agibilità. Non vogliamo qui addentrarci in analisi riguardo la mobilitazione, saremmo sbrigativi e poco chiari, ma crediamo sia importante guardare a quello che è stato e a ciò che resta per poter continuare a creare terreni di lotta. Ci pare che assieme si è riusciti a prenderci dello spazio nel manifestare in strada, e se i numeri hanno sicuramente favorito, fino a un certo punto, un rapporto di forza con chi gestiva l’ordine pubblico, l’eterogeneità nella partecipazione e composizione pensiamo sia stati dei tasselli fondamentali in quei mesi. Essere riusciti a stare in strada, poi senza interfacciarsi con la polizia per contrattare lo spazio ma provando a prendercelo ci sembra un buon auspicio di ciò che potrebbero essere i cortei nella nostra città. Tentare di creare momenti autorganizzati di protesta in cui si cerca di non dialogare con la polizia, tutelando chiunque voglia partecipare con i propri metodi e pratiche, cercando per quanto possibile di stare assieme durante i momenti concitati e di carica. Abbiamo ancora molta strada da fare, di confronti da avere e riflessioni da condividere per mantenere viva la critica al 41bis e all’ergastolo ostativo, ancora più oggi che lo sciopero della fame di Alfredo è giunto al termine.

Il sistema giudiziario e il carcere sono cristallizzatori di una società sempre più diseguale e frammentata, volti a reprimere e disciplinare tutti coloro che non vi si allineano o chi tenta di trasformarlo per una vita all’altezza dei propri desideri. Nella convinzione che sia necessario lottare contro questo stato di cose, continueremo a dare voce e a portare solidarietà a chi si trova ancora rinchiuso ed organizzarci nonostante la repressione continua a colpire e minacciare chiunque non abbassa la testa di fronte alle torture e alle innumerevoli morti nelle carceri, allo sfruttamento nei luoghi di lavoro e dell’istruzione, alla devastazione dell’ambiente, al saccheggio dei territori, alla guerra e al razzismo di stato.

AGGIORNAMENTI SULL’INCHIESTA PER 270BIS IN CORSO A BOLOGNA

Diffondiamo:

La procura di Bologna avanza nell’inchiesta per 270bis contro 19 compagne e compagni anarchici di Bologna e del Trentino, procedendo questa volta con la richiesta coatta di DNA firmata dalla GIP Roberta Malavasi.

A metà novembre 2023 le abitazioni delle stesse 19 persone erano state perquisite ed era stato richiesto a tutti di sottoporsi a prelievo volontario del DNA. Al rifiuto di (quasi) tutti e tutte le indagate di rilasciare il proprio DNA, la procura ha celermente provveduto con una richiesta di prelievo coattivo di campioni biologici.

Brevemente ricordiamo che tra i/le 19 compagni/e sotto indagine, 11 sono accusati/e di associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico (270bis), e vari fatti specifici, ovvero: il tentato danneggiamento di alcuni mezzi della MARR, l’ incendio di alcuni ripetitori, l’interruzione di una messa, l’occupazione di una gru e il blocco di una via con dei cassonetti incendiati; su di essi non ha senso entrare nel merito, se non per dire che sono gesti che riteniamo giusti e assolutamente comprensibili all’interno del clima di lotta in cui si sono espressi, ovvero nell’ambito della mobilitazione di solidarietà al fianco di Alfredo Cospito contro il 41 bis.

Altre 8 persone tra i/le perquisiti/e risultano indagati/e unicamente per la partecipazione al presidio solidale svoltosi in occasione dell’occupazione di una gru nel centro di Bologna, dalla quale venne calato un lungo striscione con la scritta “IL 41 BIS UCCIDE, ALFREDO LIBERO, TUTTXLIBERX.
MORTE ALLO STATO”.

In seguito alla repertazione da parte del ROS di alcuni materiali in corso di indagini, nel mese di luglio erano stati eseguiti sugli stessi degli accertamenti (irripetibili e non) dai RIS di Parma, in cerca di tracce biologiche e impronte digitali. Ad accertamenti conclusi, né i/le indagati/e né gli avvocati né il perito di parte (presente durante gli accertamenti) sono stati informati degli esiti di queste operazioni. Solo attraverso l’ordinanza di prelievo coatto siglata dalla GIP ne siamo venuti/e a conoscenza, scoprendo che le uniche tracce di qualche interesse investigativo sono state trovate “su di un accendino rinvenuto in prossimità del luogo dei fatti [in riferimento all’incendio dei ripetitori di Monte Capra], risultato appartenere (il profilo) ad un soggetto ignoto di sesso maschile”. Per questo fatto specifico sono indagati/e solo 5 tra i/le 19 compagni/e, ma il prelievo viene imposto per tutti/e poiché, sostiene la giudice, è assolutamente necessario verificare “se l’accendino rinvenuto sul luogo dell’attentato incendiario sia riconducibile direttamente o indirettamente (per le donne) agli attuali indagati o agli altri soggetti appartenenti alla galassia anarco-insurrezionalista che ha rivendicato l’attentato”.

Crediamo non serva essere esperti di diritto per capire che in questa vicenda il prelievo coattivo del DNA abbia solo in parte a che fare con la costruzione del “colpevole”, ma rappresenti piuttosto un pericoloso precedente nel normalizzare l’opera di schedatura genetica su base ideologica.

Se nella repressione anarchica e non solo questo tipo di modalità risulta tutt’altro che innovativa (con rocamboleschi furti di spazzolino e caccia tra mozziconi di sigarette), crediamo che questo caso rappresenti un ulteriore, grave, avanzamento della repressione del dissenso tutto.

Il dato è chiaro, ovvero: “appartenere alla galassia anarco-insurrezionalista” è motivo sufficiente per essere indagati o comunque sospettati di ogni espressione manifesta di dissenso, e per esser ricondotti a questa galassia è elemento sufficiente partecipare ad una qualsiasi iniziativa pubblica.

Questo fatto non è un problema solo per noi anarchici/che, che di repressione ne abbiamo già subita tanta, ma è un problema per chiunque senta di dovere esprimere il suo disaccordo con delle monolitiche decisioni statali. Il cerchio in cui la repressione vuole rinchiudere i/le anarchici/che è da anni sempre più stretto. Non ce ne lamentiamo, semmai ci preoccupa molto constatare che il potere stia indiscriminatamente infilando in questa tenaglia repressiva non solo i pochi soliti sospetti, ma tutta una serie di persone che in qualche momento hanno sostenuto, ciascuna secondo il proprio sentire, un’istanza concreta.

Questa volta si tratta della permanenza o meno di un anarchico in un regime di tortura bianca, ma domani che altro?

In tempi di pandemia abbiamo assistito alla gestione autoritaria di ogni aspetto della nostra esistenza fin anche se e come curarci o tutelarci da un virus; quotidianamente vediamo dispiegarsi gli effetti più estremi della violenza patriarcale sistemica; dallo scoppio della guerra in Ucraina subiamo gli effetti indiretti del pericoloso vortice militarista in cui l’Italia è attivamente coinvolta e che in questi ultimi mesi, in Palestina, ha mostrato l’essenza cruda e semplice di ogni guerra: il genocidio di un intero popolo.

Di fronte a tutto ciò è davvero possibile continuare a sentirsi in salvo semplicemente perché ci si accontenta di vivere silenti le proprie sempre più misere vite?

Alcunx indigatx


Testo pdf AGGIORNAMENTI-Bologna

REPRESSIONE A BOLOGNA: CAMPIONAMENTO GENETICO DEL DISSENSO

Estratti dalla puntata del 18 dicembre 2023 di Bello Come Una Prigione Che Brucia

Torniamo a parlare delle strategie repressive messe in atto contro compagne e compagni anarchici a Bologna (operazione che coinvolge anche Lombardia e Trentino), soffermandoci sull’approvazione del prelievo coatto di DNA: per cercare una corrispondenza rispetto a un campione genetico riconducibile a una persona di sesso maschile, il giudice ha approvato la schedatura genetica di 19 individui, tra le quali persone di sesso femminile o imputate di aver partecipato a un presidio.

Grazie al contributo di una compagna di Bologna approfondiamo questi eventi e la cornice tecno-repressiva in cui si inseriscono:

BOLOGNA: CAMPIONAMENTO GENETICO DEL DISSENSO – 41BIS – PSICOFARMACI