UDINE: MENTRE TORTURIAMO VI INVITIAMO A TACERE

Riceviamo e diffondiamo dall’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste.

Sulla sentenza del 6 novembre 2023 a Udine ovvero mentre torturiamo vi “invitiamo” a tacere…

Lo scorso 6 novembre si è tenuta, al tribunale di Udine, l’ultima udienza del processo per istigazione a delinquere e diffamazione, relativo alla trasmissione radiofonica Zardins Magnetics.
Si trattava di un procedimento per affermazioni svolte nel febbraio 2021, in occasione di due puntate della trasmissione autogestita dall’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste, diffusa settimanalmente sulle frequenze di Radio Onde Furlane di Udine. L’accusa di istigazione a delinquere, per la compagna, riguardava la ricostruzione dell’uccisione dei compagni Barbara Azzaroni e Matteo Caggegi ad opera della polizia, a Torino, il 28 febbraio 1979. Per il compagno, invece, riguardava l’aver incitato alla violenza contro la direttrice del carcere di Tolmezzo, Irene Iannucci, e contro la dottoressa Bravo, resposabile dell’area sanitaria del carcere di Udine.
Il compagno e la compagna sono stati assolti dall’accusa di istigazione in quanto il fatto non sussiste, mentre è stato condannato il compagno per la diffamazione nei confronti della direttrice del carcere di Tolmezzo.

Queste righe solo per chiarire due punti per noi essenziali.

In aula c’è stata una cospicua presenza di compagni e solidali, in quanto la difesa aveva chiesto che fosse sentito come testimone Alessio Attanasio, detenuto da oltre vent’anni in regime di tortura democratica del 41 bis. Nel dicembre 2020, con un esposto alla procura, Alessio era riuscito a far filtrare, dalla tomba di quel regime detentivo vergognoso, la notizia delle negligenze da parte degli apparati statali nei confronti dei detenuti di Tolmezzo che volevano tutelarsi dal contagio da Covid con presidi sanitari (mascherine). In quelle settimane era infatti scoppiato il caso del focolaio al carcere tolmezzino, anche sui media nazionali, e anche in seguito alla morte di Mario Coco Trovato di 71 anni, recluso in quelle mura. Con il consueto cinismo il giudice durante l’udienza del 6 novembre ha respinto l’istanza, e cioè ha continuato a tutelare quelli della sua stessa razza, i funzionari del ministero della giustizia e i burocrati delle diramazioni sanitarie, che hanno abbandonato i detenuti o hanno impedito loro di poter utilizzare le mascherine. Infatti la testimonianza di Alessio, anche in videoconferenza, confermando quanto subìto da lui stesso e da altri detenuti, avrebbe provocato un vespaio dentro l’apparato e avrebbe avuto come esito probabile il siluramento della Iannucci. Non solo. Nelle udienze precedenti l’accusa ha ottenuto dal giudice la possibilità di far sfilare sul banco dei testimoni ben cinque funzionari a “convalidare” la tesi che nella prigione si stava meglio che non a casa! Alla difesa è stata negata la possibilità di questo unico testimone, con delle scuse puerili. Non diamo altro spazio qui a questi sepolcri imbiancati, alla loro faccia tosta nell’inserire nella propria requisitoria un volantino di 45 anni fa, senza neanche averlo depositato agli atti, all’elencare, senza nessuna attinenza con l’accusa formalizzata, le condanne penali per le quali Alessio è in carcere, al loro ignobile moralismo d’accatto…

Altra cosa fondamentale per noi è sottolineare quanto correttamente espresso anche dalla difesa durante l’udienza, e cioè il carattere politico di tutta questa vicenda, il messaggio era e rimane che non deve essere tollerata in alcun modo alcuna critica agli apparati repressivi e penitenziari: solo obbedienza e silenzio. E questo deve valere sia per chi è fuori, nella società, e tenta di prender parola, di conquistarsi uno spazio pubblico (come può essere una trasmissione radiofonica) in una realtà completamente colonizzata e asservita a fiancheggiare, fare da prestanome e, alla fine, da sicario alla missione del racket capitalista. Di passaggio, teniamo a ricordare anche il significato intimidatorio (perché altri non ne ha) della “visita” della DIGOS agli studi della realtà che ospita Zardins Magnetics da più di 30 anni, Radio Onde Furlane.
E il messaggio deve valere anche per chi, come Alessio Attanasio, sepolto vivo al regime di 41 bis, trova ancora il coraggio e la forza di resistere ai soprusi, alle vessazioni, e di contrattaccare.

Questo messaggio è e rimane un atto intimidatorio gravissimo nei confronti di chi con determinazione lotta per un altro tipo di società, un altro tipo di comunità, fatta di individui non sottomessi e disponibili alla riconquista della loro unicità e autonomia.

Da parte nostra ci teniamo a dire che non rinunceremo a dare voce ai detenuti e non accetteremo di essere zittiti da sbirri, procure e tribunali.

Questo messaggio è un atto intimidatorio gravissimo nei confronti di tutte e di tutti noi! Un messaggio che respingiamo al mittente!

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Scriviamo a:

ALESSIO ATTANASIO
VIA BADU E CARROS, 1
08100 NUORO

Per leggere il suo libro:

L’INFERNO DEI REGIMI DIFFERENZIATI (41-BIS, AREE RISERVATE, 14-BIS, AS), Associazione Liberarsi Onlus, 2018 (associazioneliberarsi @ gmail.com)

Udine-Trieste, 8 novembre 2023

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ASSEMBLEA PERMANENTE
CONTRO IL CARCERE E LA REPRESSIONE
DEL FRIULI E DI TRIESTE

liberetutti@autistiche.org

zardinsmagneticsradio.noblogs.org

FUOCO AI CPR, MORTE A CHI LI DIFENDE

Diffondiamo:

Il pomeriggio del 4 novembre, mentre in una Cagliari blindata si svolgeva la festa nazionale delle forze armate alla presenza del protettore di torturatori Mattarella, del suo compare mercante d’armi da guerra Crosetto e i criminali delle frecce tricolori, un gruppo di una quindicina di solidali di tutta la Sardegna si è recato al CPR di Macomer per portare un saluto ai reclusi in uno dei peggiori lager italiani. Eludendo la vigilanza di una pattuglia presente nei pressi, i solidali hanno iniziato a mettere musica e ancor prima di iniziare a rivolgersi ai detenuti abbiamo potuto vedere un blindato carico di carabinieri che, forse memori della rivolta di settembre, sono entrati nella struttura per intimidirli. Infatti, contrariamente a quanto è sempre successo, non c’è stata nessuna risposta al saluto, mentre nella zona il silenzio era impressionante.
Dopo un quarto d’ora la pattuglia di vigilanza si è avvicinata intimando di interrompere il saluto ma i solidali hanno continuato sino all’arrivo di diverse volanti, auto dei carabinieri e della digos con manganello d’ordinanza (in tutto una trentina di sbirri), che hanno bloccato i/le partecipanti, sequestrato dei fumogeni, eseguito perquisizioni minuziose sia personali che delle auto, alla ricerca di armi e continue provocazioni anche a carattere sessista verso le compagne presenti. Tutti/e sono stati trattenuti/e sotto la pioggia battente per circa 5 ore per poi essere lasciati liberi di muoversi non senza avere prima ricevuto una denuncia per manifestazione non autorizzata.
Per quanto consapevoli che sia necessario rafforzare le relazioni con i migranti dietro le sbarre, soprattutto per potere raccogliere e rispondere alle loro richieste, siamo soddisfatti di avere dimostrato che noi ci siamo, che le continue intimidazioni sbirresche non ci preoccupano e che ci sentiranno ancora dietro quelle mura urlare che i CPR e tutte le carceri si chiudono con il fuoco.

Alfredo libero, Domenico libero, tutte libere, tutti liberi.

Alcunx compagni e compagne contro il carcere e la repressione

“PER TUA SOLA COLPA” OPUSCOLO/MOSTRA SUL D.L. CAIVANO

Diffondiamo da La Vampa una mostra sul d.l. Caivano per la libera divulgazione.

“Nonostante la grande attenzione mediatica agli episodi di cronaca, la violenza di genere non è assolutamente il focus dell’intervento governativo, ma diviene un mero pretesto per prendere dei provvedimenti di natura autoritaria verso – in questo caso – i minorenni delle periferie.”

Di seguito disponibile in due versioni: pannelli mostra, opuscolo.

ACCORDO ITALIA-ALBANIA PER LA COSTRUZIONE DI DUE CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE PER MIGRANTI

Si delocalizzano i lager in Albania.

L’Italia ha siglato un protocollo d’intesa con l’Albania per realizzare a proprie spese su territorio albanese due centri di identificazione ed espulsione per migranti.

“Potrà accogliere fino a 3 mila persone che rimarranno il tempo necessario per espletare le procedure delle domande di asilo ed eventualmente rimpatrio. L’accordo non riguarda i minori, le donne in gravidanza e gli altri soggetti vulnerabili, non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati nel Mediterraneo da navi italiane, come quelle di Marina e Gdf, non quelle delle ong. Il flusso complessivo potrebbe arrivare fino a 36mila persone che si alternano. Al porto di Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e realizzerà un centro di prima accoglienza e screening. A Gjader, nel nord ovest dell’Albania, realizzerà una struttura modello Cpr per le successive procedure.”

Una volta a regime, ci potrà essere un flusso annuale di 36-39 mila persone”, ha spiegato Meloni, chiarendo che la giurisdizione dei centri sarà italiana, mentre l’Albania collaborerà con le sue forze di polizia per sicurezza e sorveglianza.

“Se l’Italia chiama l’Albania c’è” ha affermato il primo ministro albanese, ricordando che il suo Paese è in attesa di entrare nell’Ue, ma “è uno Stato europeo: ci manca la U davanti ma ciò non ci impedisce di essere e vedere il mondo come europei”.

Link: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/11/06/meloni-con-lalbania-un-protocollo-per-gestire-i-flussi-di-migranti_2be5459d-3401-44f6-9db6-36c18e0d80fb.html

https://qds.it/meloni-incontra-rama-accordo-su-due-centri-per-migranti-in-albania/

https://www.open.online/2023/11/06/italia-albania-intesa-migranti-centri-rimpatrio-meloni-rama/

 

GENOVA: SGOMBERO DEL CSOA TERRA DI NESSUNO

La mattina del 3 novembre 2023 è stato sgomberato il CSOA Terra di nessuno di Genova, realtà attiva dal ’96 al quartiere Lagaccio. Lo spazio era già stato sgomberato ad ottobre del 2021 per poi essere rioccupato sei mesi dopo, nel giugno del 2022, col tentativo delle occupanti di chiederne l’assegnazione da parte del Comune, interlocuzione presto fallita.

Come da copione lo Stato non esita a colpire quartieri e intere comunità cancellando dalla geografia urbana delle città luoghi con decenni di storia di resistenza, solidarietà e autogestione.

Ciò rende evidente non solo quanto sia inutile qualsiasi tipo di interlocuzione quando il tavolo è truccato, ma quanto non sia possibile alcuna trattativa con chi sgombera e reprime, questa ricerca di “riconoscimento” depotenzia e toglie linfa alla lotta e alla possibilità che altri spazi occupati autogestiti possano esistere e autodeterminarsi, liberi da vincoli e ricatti.

L’attacco che in ogni città autogestione e spazi sociali stanno subendo deve porci nell’ottica di riconquistare campo, non di cederlo o cedere ad un “si salvi chi può”.

In questa direzione secondo noi si inserisce la mobilitazione contro la nuova legge anti-rave: nel procedimento contro ignoti citato nel decreto di sequestro preventivo dell’area occupata dal CSOA Terra di nessuno compare infatti proprio il famigerato art. 633 bis, “Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumita’ pubblica”*, in vigore dal 31/12/2022, regalino di questa nuova legge.

Viene indicato un “evento musicale” – una serata punk programmata a settembre allo spazio – all’interno di un’area che viene definita “senza i requisiti per svolgere qualsiasi tipo di evento”. Nel testo viene citata la formula con cui è stata pubblicizzata l’iniziativa “musica selvaggia ed estrema dal vivo”, facendo riferimento a materiale fotografico e locandine.

Un articolo, il 633 bis, che nasce per colpire i rave e le feste ma che ha invece il chiaro intento di reprimere qualsiasi forma di aggregazione e socialità non rientri nella disciplina imposta dallo Stato, col pretesto della “sicurezza”.

Tutta la nostra solidarietà e complicità a chi nonostante sgomberi e repressione resiste e non smette di lottare!

Dai canali del CSOA Terra di nessuno

  • Art. 633 bis Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumita’ pubblica.

Chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, e’ punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumita’ pubblica a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi.

E’ sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma, nonche’ di quelle utilizzate per realizzare le finalita’ dell’occupazione o di quelle che ne sono il prodotto o il profitto.

AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA A BUDAPEST

Diffondiamo alcuni testi e gli ultimi aggiornamenti sullx arrestatx antifa a Budapest in carcere dall’11 febbraio 2023.

Aggiornamenti sullx arrestatx antifa a Budapest (17 ottobre 2023)

L’11 febbraio 2023 a Budapest vengono fermate alcune persone con l’accusa di essere coinvolte a vario titolo nel ferimento di alcuni nazisti. Ad oggi una compagna italiana e un compagno tedesco si trovano ancora in carcere a Budapest accusati di questi fatti.
Gli attacchi contro i neonazisti avvengono durante il fine settimana in cui cade il “Giorno dell’onore” data di rilievo per gli ambienti dell’estrema destra ungherese e di tutta Europa in cui si commemora il massacro di un battaglione nazista da parte dell’Armata Rossa avvenuto nel febbraio del 1944. In questi giorni centinaia di camerati si riuniscono a Budapest per una grande marcia commemorativa e per partecipare a varie iniziative organizzate per l’occasione.

Negli scorsi mesi la detenzione dei due compagni è stata prorogata sulla base di nuovi elementi che di volta in volta venivano forniti dagli inquirenti. Ad oggi le indagini sono ancora aperte. Il tentativo dell’accusa è quello di aggravare la posizione della compagna giudicando le lesioni subite dai nazisti come potenzialmente letali e provando a sostenere l’esistenza di un’associazione a delinquere tra persone provenienti da Germania e Italia.
Per il compagno tedesco ancora detenuto l’accusa, invece, è fin da subito quella di far parte di questa supposta associazione. La tesi viene rafforzata dal fatto che il compagno è stato indagato assieme ad altri compagni e compagne tedesche per fatti simili a quelli accaduti a Budapest, nel cosiddetto processo antifa-ost. Questo processo, giunto alla sentenza di primo grado il 31 maggio 2023 con la condanna a 5 anni per Lina e altre tre condanne fino ai 3 anni, verte sull’accusa di associazione criminale (§129 articolo codice penale tedesco) finalizzata ad attaccare membri appartenenti all’estrema destra tedesca. Nell’inchiesta vengono messi assieme diversi attacchi contro nazisti avvenuti negli ultimi 5 anni nella Germania dell’est.

Aggiornamento su Radio Blackout

Link: https://radioblackout.org/2023/10/aggiornamenti-sullx-arrestatx-antifa-a-budapest/


UN TESTO CON GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI SULLA SITUAZIONE DI ILARIA (20 ottobre 2023)

Nel weekend del 14 e 15 ottobre siamo andati a Budapest con gli avvocati italiani per incontrare gli avvocati ungheresi di Ilaria.
Insieme a loro anche i genitori sono venuti a Budapest e hanno potuto avere il primo colloquio di persona con lei.
Ci riferiscono che nonostante la frustrazione derivante dalle pessime condizioni detentive, Ilaria tiene botta ed erano naturalmente felici di vedersi. Il colloquio è avvenuto, come previsto dal carcere, in un parlatorio divisi da un plexiglass, tramite cornetta.

È durato due ore.

Facciamo qui una breve parentesi sulla situazione detentiva di Ilaria e sulle condizioni in generale in cui si trovano i detenuti all’interno di quel carcere. Ci sembra opportuno affinché tutti possano comprenderne meglio il contesto.

– Dall’11 febbraio ad oggi è stata spostata undici volte di cella. La metratura di una cella singola è di 6 m quadrati, oppure 4 m quadrati per detenuto se si è in cella in più di uno.
Si sta in cella 23 ore su 24 con il blindo completamente chiuso.
Al sesto piano dove si è trovata per un po’ di tempo, la sezione era mista e le celle maschili sono proprio di fianco a quelle femminili.
C’è una sola ora d’aria al giorno e la socialità non esiste. Le aree per il passeggio sono 5 in totale e sono al piano 1°, per cui non ci batte mai il sole; sono completamente asfaltate e senza una sola panchina, con una rete metallica sopra la testa. Due di esse sono molto piccole, circa 25 m quadrati, e può capitare di trovarcisi anche in 15 persone, quindi è praticamente impossibile muoversi.
Alcuni giorni l’ora d’aria è in concomitanza con la doccia e nulla nel carcere ha un orario fisso, quindi capita di saltare l’aria o la doccia. Spesso l’aria è in concomitanza con la spesa o il cambio di lenzuola e se non ci si trova in cella al momento giusto si salta la spesa o il cambio di lenzuola.
Può capitare di saltare qualsiasi di queste cose e di saltare anche la doccia per 3 giorni di fila.
– Tutto il carcere è infestato dalle cimici da letto e ogni mese viene fatta la disinfestazione con prodotti chimici, ma è possibile stare fuori dalla cella solo il tempo necessario in cui viene messo il veleno, quindi molte persone ci rientrano facendo fatica a respirare e intossicandosi ogni volta.
– Per quanto riguarda il cibo il carrello passa per la colazione  e il pranzo ma non per la cena.
A colazione si riceve una fetta di salume spesso in cattivo stato e a pranzo danno due piatti cucinati che di solito sono brodi o zuppe molto acquose in cui c’è pochissimo cibo solido, ma dove spesso si trovano pezzi di carta o plastica, capelli o peli. Danno anche il pane o qualcosa di freddo che dovrebbe essere la cena (una scatoletta di carne o pesce da 100g oppure un po’ di margarina o una monoporzione di miele/marmellata). Frutta e verdura sono quasi completamente assenti.
– La spesa si può fare una volta ogni due settimane e nel negozio ci sono poche tipologie di prodotti, a volte sono finiti o in scadenza e ci sono limitazioni nell’acquisto di tutto.
– Tutte le mattine la sveglia è alle 5.30, bisogna rifare il letto immediatamente per poi rimanere tutto il giorno in cella a fare niente.
– C’è un laboratorio di ricamo e cucito a cui partecipa, ma anche questo non ha né orari né giorni fissi e spesso capita in concomitanza con l’ora d’aria.
– Tutte le traduzioni dei detenuti dal carcere verso tribunale o stazione di polizia ecc.. avvengono con le manette  e una cintura di cuoio con una fibbia a cui legano le manette. Anche i piedi sono legati tra loro: intorno alle caviglie mettono due cavigliere di cuoio chiuse con 2 lucchetti e unite tra loro da una catena. La legatura ai piedi permette di fare passi molto corti. Un’ ulteriore manetta a un polso è infine legata ad un guinzaglio da cui ti tiene l’agente di scorta.
Si rimane legati così per tutto il tempo della traduzione in qualsiasi luogo bisogna andare o stare per ore, tipo in tribunale.

A livello di indagini in questo mese, come avevamo già condiviso, ci sono stati diversi cambiamenti. A settembre si è svolto quello che, da quanto hanno dichiarato a voce ad Ilaria, sembrerebbe essere l’ultimo interrogatorio. Ilaria come per i precedenti casi si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Gli avvocati riferiscono che c’è stata una revisione delle accuse e per la prima volta in meglio: ad oggi risulta essere sospettata di aver preso parte ad una sola delle aggressioni. Il reato di “attacco a un membro della comunità” è stato tolto. È quindi accusata di aver commesso un’aggressione con due aggravanti: ossia di aver potuto pregiudicare la vita della vittima e di averlo commesso all’interno di un’organizzazione criminale . Anche se viene riconosciuta la non appartenenza di Ilaria all’organizzazione si suppone che fosse comunque a conoscenza della sua esistenza.
Il range di pena diventa quindi dai 2 ai 16 anni, come già detto.
Si presume che a breve le indagini si chiuderanno anche se non è ancora arrivata nessuna comunicazione ufficiale. Dopodiché il public prosecutor ungherese, colui che formula l’accusa, avrà 60 giorni per far riaprire le indagini, se vorrà.
Gli avvocati presumono che il processo potrà iniziare a febbraio e prevedono che il primo grado durerà circa un anno. Le udienze saranno a porte aperte e con una cadenza bimestrale circa.

Nei prossimi mesi andremo avanti a creare momenti di discussione e aggiornamento su questa situazione.

Abbiamo già diverse date tra Europa e Italia, chiunque volesse organizzarne di nuove ci può contattare! Abbiamo creato una mail apposta per chi volesse chiedere chiarimenti o aggiornamenti:
aggiornamentibudapest@autistiche.org

BASC – BUDAPEST ANTIFASCIST SOLIDARITY COMMITTEE
https://www.basc.news/

L’IBAN per sostenere le spese legali è:

Conto cointestato a: Alice Zaffaroni e Martina Franchi
IBAN: LT523250062922492633

BIC: REVOLT21

Link:
https://ilrovescio.info/2023/10/20/aggiornamenti-su-ilaria-da-budapest/


FREEDOM FOR THE BUDAPEST’S ANTIFASCISTS (2 ottobre 2023)

L’11 febbraio 2023 a Budapest vengono fermate alcune persone con l’accusa di essere coinvolte a vario titolo nel ferimento di alcuni nazisti. Ad oggi una compagna italiana e un compagno tedesco si trovano ancora in carcere a Budapest accusati di questi fatti.
Gli attacchi contro i neonazisti avvengono durante il fine settimana in cui cade il “Giorno dell’onore” data di rilievo per gli ambienti dell’estrema destra ungherese e di tutta Europa in cui si commemora il massacro di un battaglione nazista da parte dell’Armata Rossa avvenuto nel febbraio del 1944. In questi giorni centinaia di camerati si riuniscono a Budapest per una grande marcia commemorativa e per partecipare a varie iniziative organizzate per l’occasione.

Negli scorsi mesi la detenzione dei due compagni è stata prorogata sulla base di nuovi elementi che di volta in volta venivano forniti dagli inquirenti. Ad oggi le indagini sono ancora aperte e la compagna italiana è accusata del reato di “attacco a un membro della comunità” per due episodi. Il tentativo dell’accusa è quello di aggravare la posizione della compagna giudicando le lesioni subite dai nazisti come potenzialmente letali e provando a sostenere l’esistenza di un’associazione a delinquere tra persone provenienti da Germania e Italia.
Per il compagno tedesco ancora detenuto l’accusa, invece, è fin da subito quella di far parte di questa supposta associazione. La tesi viene rafforzata dal fatto che il compagno è stato indagato assieme ad altri compagni e compagne tedesche per fatti simili a quelli accaduti a Budapest, nel cosiddetto processo antifa-ost. Questo processo, giunto alla sentenza di primo grado il 31 maggio 2023 con la condanna a 5 anni per Lina e altre tre condanne fino ai 3 anni, verte sull’accusa di associazione criminale (§129 articolo codice penale tedesco) finalizzata ad attaccare membri appartenenti all’estrema destra tedesca. Nell’inchiesta vengono messi assieme diversi attacchi contro nazisti avvenuti negli ultimi 5 anni nella Germania dell’est.

È per noi importante sostenere i compagni e le compagne detenute/i e indagate/i e sviluppare un discorso solidale che rivendichi la necessità di organizzarsi per contrastare i fascisti.
In un contesto europeo e occidentale attraversato da crisi economiche e sociali sempre più acute, posizioni reazionarie e identitarie sono sdoganate e accettate. La guerra sistemica alle minoranze più povere ed emarginate imposta e nutrita dal capitalismo per la sua sopravvivenza trova la sua espressione più manifesta nelle aggressioni portate avanti da singoli o gruppi di estrema destra. Se per noi ha sempre avuto senso non solo dichiararsi antifascisti e antifasciste ma anche sostenere praticamente questa tensione, oggi ci pare ancora più importante ribadire che agire attivamente per contrastare idee reazionarie e pericolose è impellente e necessario.
Non abbiamo mai creduto alla favola della società pacificata, all’interno della quale ogni opinione è possibile fin tanto che resta all’interno di ciò che è democraticamente accettato e ratificato dalla legge. Sappiamo bene che non è nelle istituzioni statali che troveremo appoggio per arginare queste derive. Il presente che ci si mostra parla chiaro: la violenza statale e istituzionale non ha più bisogno di mascherarsi e si scaglia contro tutto ciò che mette in pericolo la riproduzione stessa di questo sistema.

Per quanto riguarda l’Italia non è certo con l’arrivo del governo Meloni che lo Stato ha cominciato la sua particolare guerra contro i poveri, seppure siano innegabili quanto inaccettabili i passi avanti fatti dall’esecutivo di matrice fascista nella direzione della repressione materiale di individui e gruppi. D’altro canto non si possono dimenticare decenni di discorsi pubblici sul decoro, sulla legalità, l’applicazione di politiche giustizialiste, la terrorizzazione generalizzata e la criminalizzazione delle classi meno abbienti.

Discorsi, portati avanti da destra come da sinistra, che hanno creato un clima non solo adatto alle feroci ristrutturazioni capitalistiche in atto, ma anche al proliferare di un senso comune superficiale e populista.
In questo contesto i gruppi organizzati dell’estrema destra, che si occupino direttamente di propagandare idee fasciste o che si infiltrino nella società attraverso associazioni o enti benefiche e solidaristiche, assumono un peso specifico da non sottovalutare.

È proprio quando discorsi populisti e razzisti si diffondono, quando vengono proposte soluzioni semplici e superficiali ai problemi complessi del nostro tempo che queste organizzazioni hanno la possibilità di focalizzare l’attenzione intorno a loro e crescere. È proprio nei nuclei più estremisti e organizzati che si riuniscono, si formano e si concretizzano le idee violente degli assassini fascisti dei nostri giorni, dall’America post Trump fin nelle nostre città. Si contano infatti a decine le aggressioni, gli omicidi e gli attacchi incendiari ai danni di migranti e non solo compiuti da gruppi neonazisti in Grecia, in Germania e in tutta Europa negli ultimi 20 anni.
È importante riconoscere questo pericolo e agire fin da subito per ostacolare questi gruppi. Non lasciargli nessuno spazio. Anche se nelle nostre città le principali formazioni di estrema destra possono sembrare sopite o al momento “poco pericolose”, la sola esistenza di organizzazioni e sedi fasciste è un problema da affrontare attivamente ed eliminare.
E’ importante non solo smascherarli ma anche combatterli concretamente, abbandonando ogni approccio naif che creda nella sola forza delle parole. Certe idee, certi soggetti sono pericolosi e hanno le spalle ben protette, perché inseriti perfettamente nel sistema “democratico” in cui viviamo. Inutile gridare allo scandalo, sempre meno persone si indignano. Inutile rivolgersi allo Stato che oggi come ieri li copre e li legittima.
Per questo saremo sempre al fianco di chi decide di agire per arginare i nazisti, di tutti gli antifascisti e le antifasciste imprigionate, innocenti o colpevoli che siano.

Vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà e vicinanza alla compagna e al compagno detenuti a Budapest e a tutti gli inquisiti e inquisite di quest’inchiesta.
Se vogliamo vivere in un mondo libero da fascismi e fascisti, sta a noi costruirlo!

Azione Antifascista Milano

 


Solidarietà ai quattro, libertà per il compagno e la compagna ancora detenuti in Ungheria! (maggio 2023)

Il febbraio scorso a Budapest venivano fermate 4 persone con l’accusa di essere coinvolte a vario titolo nel ferimento di alcuni nazisti. Due di queste, una compagna tedesca e una ragazza ungherese, sono poi state rilasciate, mentre le altre due, un compagno tedesco e una compagna italiana, si trovano tutt’ora in carcere. A tre mesi da questi arresti abbiamo deciso di scrivere un testo per cercare di condividere un quadro minimo della situazione e soprattutto per dare qualche aggiornamento rispetto alla condizione della compagna italiana, un’amica molto prossima con la quale molti di noi/voi hanno condiviso lotte, lutti, gioie e dolori negli ultimi quindici anni.

Il contesto

Per cominciare è utile sapere che gli arresti non sono avvenuti in un giorno qualsiasi. L’11 febbraio è una data di culto per i neonazisti ungheresi, ribattezzata “Giorno dell’ Onore” in memoria del massacro di un battaglione nazista completamente annientato nel febbraio del 1944 mentre tentava di eludere l’assedio dell’Armata Rossa alla città di Budapest. Negli ultimi anni le celebrazioni legate a questa ricorrenza hanno iniziato ad attirare neonazisti da altri paesi e sono nel tempo diventate un appuntamento sempre più frequentato da certi ambienti dell’estrema destra suprematista europea, in particolare tedesca, anche per via della maggiore tolleranza locale, rispetto a quanto comunemente permesso in Germania, verso l’esibizione di simboli, bandiere, uniformi. Dato il risalto oramai internazionale dell’evento, e il crescere delle proteste contro l’opportunità di ospitare in città questo tipo di parate, per la prima volta proprio quest’anno persino le autorità locali avevano deciso che non fosse appropriato concedere la fortezza di Buda come ritrovo ufficiale del raduno – come normalmente accadeva – e pertanto gli organizzatori della rete neonazista Blood and Honour hanno organizzato “solo” una marcia campestre fuori città, strutturata come percorso avventura nella foresta in cui avvenne la disfatta. Nei pressi della fortezza si sono ritrovati invece alcune centinaia di antifascisti.
È questo probabilmente lo scenario della città di Budapest nei giorni in cui vanno inquadrati i fatti.

Le accuse

Delle due persone ancora oggi in carcere sappiamo solo che sono state fermate a bordo di un taxi e che la loro detenzione si basa su pochi elementi indiziari che la polizia ungherese ritiene sufficienti a richiedere un supplemento di indagine. Per quanto riguarda la compagna italiana sarebbe indagata per due episodi, ma almeno uno dei due non sarebbe compatibile con quanto attestano i suoi biglietti aerei. L’accusa è quella di “aggressione a un membro della comunità” e sarebbe collegata ai ferimenti di alcuni nazisti avvenuti per mano di ignoti nei giorni precedenti al fermo. Gli atti delle indagini sono comunque ancora in corso di traduzione e vi lasciamo immaginare le difficoltà di reperimento delle informazioni e di coordinamento tra avvocati.

La detenzione

La detenzione in Ungheria prevede la possibilità di ricevere lettere, telegrammi, soldi, alimenti o indumenti, solo da persone direttamente registrate e autorizzate ai colloqui. Per questo motivo per tutto il primo mese di detenzione entrambi non hanno ricevuto neppure il pacco di prima necessità e hanno dovuto arrangiarsi con i vestiti che indossavano. Attualmente il compagno tedesco è autorizzato ai colloqui con i genitori e può dunque comunicare con loro via telefono o skipe e ricevere beni di prima necessità e lettere. La compagna italiana ha inizialmente ricevuto l’autorizzazione a comunicare con i genitori e con il legale italiano, autorizzazione però revocata subito dopo la prima telefonata. Da allora ha un telefono in cella ma non è autorizzata a comunicare con nessuna persona differente dal suo avvocato ungherese e dal funzionario di collegamento dell’ambasciata italiana. Un primo ricorso contro questa decisione è stato respinto, dunque tutto lascia pensare che nei prossimi mesi la sua detenzione continuerà senza possibilità di colloqui e di contatti con l’esterno, se non mediati dall’avvocato del posto. Allo stesso modo anche noi qui fuori, privati di canali diretti con lei, dobbiamo affidarci ad informazioni riportate indirettamente, con tutte le difficoltà che questo comporta nella costruzione della solidarietà. In ogni caso sembra stia bene e, nonostante le difficoltà dei primi mesi di detenzione, ora la situazione appare migliorata. Il primo pacco è stato consegnato e le condizioni detentive sono diventate meno gravose da quando non è più isolata e condivide la cella – non più infestata dalle cimici – in compagnia di una detenuta con cui ha stretto un buon rapporto. Queste novità l’avrebbero portata alla decisione di non sollevare pubblicamente sui media locali il caso della propria situazione detentiva, come in un primo tempo le aveva invece suggerito di fare l’avvocato.
Nell’immediato i mezzi di informazione ungheresi hanno trattato la notizia degli arresti con un certo clamore, col passare delle settimane invece l’attenzione è scemata e il caso sembra al momento seguire procedure ordinarie, per quanto lente e arbitrarie possano apparire. La stessa lentezza nella consegna del pacco di prima necessità e le pessime condizioni sanitarie delle celle non sono da considerarsi frutto di un accanimento personalizzato, ma piuttosto normale amministrazione delle carceri ungheresi. Le indagini rimangono comunque ancora aperte e abbiamo notizia di un interrogatorio senza avvocati, al quale si sono entrambi rifiutati di rispondere.

La Germania

Se sul lato ungherese i riflettori sulla vicenda sembrano essersi spenti, in Germania i fatti di Budapest trovano ancora spazio sui giornali e sono oggetto di indagini parallele da parte della polizia federale. L’ipotesi avanzata è quella di una continuità tra quei ferimenti e altri episodi simili avvenuti in Germania. Con questa giustificazione la polizia ha avviato negli ultimi mesi una serie di perquisizioni negli ambienti antifascisti e spiccato sette nuovi mandati di arresto, agendo di concerto con una campagna mediatica faziosa e aggressiva volta ad accreditare la necessità di inserire i gruppi Antifa tedeschi nell’elenco dei gruppi terroristici riconosciuti dall’Unione Europea. Per contestualizzare meglio questa intensità repressiva occorre sapere che negli ultimi anni il governo regionale della Sassonia si è radicalizzato ancora più a destra, in linea con la più generale tendenza federale, e dopo le forti proteste antifasciste del 2009/2011 proprio in questa regione è stato più volte utilizzato il reato di “associazione criminale” per indagare, perquisire, arrestare compagni legati agli ambienti Antifa. Fino ad oggi nessuna inchiesta era arrivata a processo ma questo tipo di imputazione ha permesso di intercettare centinaia di persone coinvolte direttamente negli eventi o informate sui fatti. Dal 2019 è stata istituita una commissione speciale dedicata agli Antifa (Soko Linx), una mossa elettorale con copioso stanziamento economico che ha rivendicato arresti ampiamente spettacolarizzati nel novembre 2020. Ad aggravare la situazione nel 2021 si è poi aggiunta la figura di un infame che ha iniziato a contribuire attivamente con gli inquirenti. Il processo scaturito da quei fatti dovrebbe arrivare a sentenza proprio a fine maggio 2023 e per la prima volta il capo di imputazione di “associazione criminale” è rimasto sul tavolo delle condanne possibili. Lo stesso gruppo portato a giudizio a Dresda (definito dalla stampa la “banda del martello”) è quello a cui oggi in Germania si vorrebbe attribuire anche la paternità dei fatti di Budapest. Per quanto riguarda nello specifico la compagna italiana arrestata non abbiamo nessun motivo concreto per ritenere che sia al momento coinvolta nel versante tedesco dell’inchiesta.

Prossime tappe

La prossima decisione del pm sulle misure cautelari per i due arrestati di Budapest sarà presa il 14 giugno prossimo. L’avvocato in quel frangente dovrebbe anche presentare una prima domanda per il trasferimento ai domiciliari. Nel caso della compagna italiana c’è chi si sta occupando di trovare per lei casa e lavoro sulla città di Budapest, a questo scopo contatti e suggerimenti sono i benvenuti. Sulla carta esiste anche la possibilità che possa ottenere gli arresti domiciliari nel suo paese di origine, come previsto dalla legislazione europea, e in questo caso le soluzioni abitative non mancherebbero. Lo stesso discorso vale per il compagno tedesco. Se questa prima richiesta non dovesse andare a buon fine, la difesa ci riproverà nel corso del mese di agosto, quando – trascorsi i primi sei mesi di detenzione preventiva – dovrebbe aprirsi per entrambi una possibilità di uscire di prigione.
Nel frattempo i compagni tedeschi stanno progettando una campagna pubblica di solidarietà che speriamo di poter condividere al più presto.
A Milano stiamo pensando ad un incontro pubblico da organizzarsi tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, per provare a farci raccontare quanto sta accadendo in Germania e Ungheria e collegarlo a quanto accade nelle nostre città. Sarà anche occasione per rilanciare una campagna di raccolta fondi necessari per affrontare le spese legali e materiali a cui questa nostra amica e compagna sta andando incontro. Non lasciamola sola!

Link: https://ilrovescio.info/2023/05/16/aggiornamenti-sui-fatti-dello-scorso-febbraio-a-budapest/ (maggio 2023)

FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA [PARTE 2]

Di seguito la seconda parte di un testo scritto a diverse mani da compagnx che lottano contro cpr e frontiere tra Italia e Francia. Nel testo si prova a fare una sintesi delle tendenze europee degli ultimi mesi e dei recenti decreti varati dal governo.

A questo link la prima parte.

I discorsi sulle ripetute “crisi migratorie” sono un grande classico dei politici e dei giornali nostrani ed europei. Queste narrazioni servono a giustificare la repressione e lo sfruttamento delle persone migranti sul territorio europeo. In termini pratici, sfruttamento e repressione razzista sono sostenuti a livello nazionale da una produzione legislativa fatta di decreti legge, e a livello sovranazionale, dall’incessante definizione di trattati e accordi. La presenza sempre più consistente di confini militarizzati, sbirri e galere per persone senza documenti sono il risvolto concreto di queste politiche.

La “crisi di Lampedusa” degli ultimi mesi, che ha visto migliaia di persone bloccate in una situazione semi-carceraria sull’isola, sembra aver accelerato certe tendenze nella gestione italiana delle migrazioni e delle frontiere. Questo testo vuole provare a soffermarsi su alcuni cambiamenti recenti (soprattutto dal punto di vista legislativo), per dare qualche piccolo elemento di analisi a chi si batte contro il razzismo di stato, le sue galere e le sue frontiere. In particolare, proveremo a tracciare gli ultimi sviluppi rispetto al ruolo di Frontex in Europa; le tendenze di alcuni paesi europei sul tema della detenzione amministrativa e delle deportazioni; e gli ultimi decreti in Italia.

IN ITALIA, LA LEGGE CUTRO: SFRUTTAMENTO O REPRESSIONE/ESPULSIONE

Se a livello europeo c’è una tendenza comune ad andare verso la reclusione e l’espulsione di un numero sempre maggiore di persone, le politiche nazionali seguono e a volte anticipano queste linee. Per quanto riguarda l’Italia in particolare, vorremmo partire analizzando il cosiddetto decreto Cutro, varato dopo il naufragio avvenuto nel febbraio 2023 e convertito in legge il 5 maggio. Questa legge mira alla gestione della migrazione attraverso uno snellimento delle pratiche di controllo per i padroni, un calcolo di quote flussi che di fatto prevede lo sfruttamento esplicito di lavoratorX che non potranno ottenere i documenti, e operando una ironica eliminazione del già perverso distinguo migrante economicX/migrante in esilio. Qualsiasi persona arrivi sul suolo italiano al di fuori delle irrealistiche quote stabilite dai decreti, trova la propria situazione amministrativa schiacciata su quella, ultra punitiva e marginalizzante, dellX migrantX poverX che non sono in misura di giustificare il proprio spostamento secondo i parametri definiti dalle “ragioni umanitarie.”

La legge prevede una programmazione triennale dei flussi, cioè le quote di persone che possono entrare per lavoro. Il provvedimento é stato varato soprattutto in risposta alle pressioni delle organizzazioni dei padroni, associazioni di categoria di comparti produttivi come l’agroindustria per esempio, che lamentano una carenza strutturale di manodopera. Nonostante le quote nettamente superiori previste da questo ultimo decreto rispetto agli anni precedenti (piu di 450.000), il fabbisogno è almeno doppio (833.000 quote, lo dice pure il governo stesso: 1). Questo rende evidente che il governo italiano prevede che si possa ricorrere a persone che non hanno documenti e si guarda bene dal proporre una forma di regolarizzazione reale per chi è già in Italia.

Il governo italiano si è sempre avvalso dello strumento dei flussi, che esiste dagli anni ’90, da prima che esistesse una legge organica sull’immigrazione (il TUI). Il suo impiego è stato altalenante nel corso degli anni secondo gli andamenti del mercato del lavoro e delle politiche migratorie. Con l’apertura della rotta libica (in conseguenza dell’invasione NATO in Libia) nel 2011 di fatto gli sbarchi hanno sopperito alla contrazione delle quote, fino a rendere quasi impossibile l’ingresso regolare in Italia per motivi di lavoro. La successiva contrazione degli sbarchi a seguito delle politiche del governo Renzi (Minniti e tutti quelli venuti dopo di lui), unitamente all’abbandono di alcuni settori (l’agricoltura ad esempio) da parte di lavoratorX dell’est Europa ha creato una carenza di manodopera strutturale in alcuni comparti. Per questo da ormai un paio d’anni le associazioni datoriali chiedono che si alzino i flussi.

Un altro cambiamento previsto, pensato per semplificare le procedure burocratiche, prevede che, anche senza il nulla osta, il lavoratore o la lavoratrice può già venire in Italia a lavorare. Inoltre, il padrone che presenta una richiesta per lavoratorX stagionali tramite il decreto flussi è poi esente da controlli. Con la scusa di semplificare, di fatto si crea una norma che avvalla l’irregolarità.

Di converso, per chi sbarca sulle coste europee del Mediterraneo o per chi è già in Italia, di fatto si conferma che l’unico canale per avere i documenti in Italia resta la domanda di protezione internazionale, della quale vengono ristretti sempre di più i criteri, mentre aumenta anche il controllo e la repressione, e diminuiscono le garanzie, già scarne per chi è richiedente asilo, assenti per chi non ha più alcuna speranza di regolarizzarsi. Infatti, la legge Cutro interviene pesantemente anche sulla disciplina della protezione speciale. Fino ad ora, la protezione speciale costituiva l’unica scarna possibilità di regolarizzazione per chi non rientrava nei criteri dell’asilo e della protezione sussidiaria. Infatti, tra i criteri veniva tenuta in considerazione la violazione della “vita privata e familiare”: la persona richiedente aveva cioè modo di far valere i propri vincoli familiari sul territorio italiano, l’inserimento sociale e lavorativo, la durata della permanenza nel paese. Era anche possibile chiederne il riconoscimento direttamente al questore senza passare dalla procedura dell’asilo(2). La legge Cutro elimina la violazione della vita privata e familiare come ragione legittima per ottenere un permesso di soggiorno, e la persona richiedente non avrà piu il canale della questura per presentare domanda. Il permesso per protezione speciale continuerà ad esistere, ma potrà essere rilasciato solo in caso di rischio di tortura o trattamenti inumani e degradanti nel paese di provenienza. Questo elimina quasi del tutto la possibilità di accedere a forme di regolarizzazione per tutte quelle persone che hanno vissuto e lavorato in Italia irregolarmente per anni. Infatti, i permessi di soggiorno per protezione speciale non potranno più essere trasformati in permessi di soggiorno per lavoro.

La condizione di illegalità in cui le persone saranno lasciate é particolarmente violenta considerato che la legge Cutro prevede anche un allargamento della lista dei paesi sicuri, cioè di quei paesi in cui l’Italia non considera ci sia rischio di persecuzione o trattamenti degradanti. Gambia, Nigeria, e Costa d’Avorio rientrano ora in questa lista. Da notare che si tratta, per queste quattro new entry, dei paesi da cui arrivano gran parte delle persone migranti nelle coste italiane, nonché quelli per i quali risulta più facile l’attuazione di decreti di espulsione, per la facilità data dagli accordi bilaterali presenti.

In parallelo, la legge Cutro subdolamente attacca lo statuto di richiedente asilo, affinando i dispositivi di controllo e repressione previsti per chi ne sta facendo domanda. La legge prevede infatti un aumento degli hotspot (ad oggi sono tre) per le procedure di identificazione e registrazione delle domande d’asilo. Gli hotspot sono strutture in cui la legge Salvini (2018) prevede la possibilità di privazione di libertà fino a 30 giorni, e in cui interviene il garante dei detenuti, a riprova della loro natura carceraria. Negli hotspot o strutture analoghe, la verifica dell’identità potrà ora avvenire anche mediante ricorso a rilievo fotodattiloscopico e accesso a banche dati, in linea (avanguardistica) con le future linee del patto europeo sulle migrazioni, rispetto a come ripartirsi i “pacchi-migranti” tra paesi membri dell’unione.

Sempre nello stesso spirito razzista, gestionale e detentivo la nuova legge prevede che in caso non si riesca a verificare l’identità della persona richiedente, la stessa potrà essere trasferita in un CPR per un massimo di 90 giorni, a cui se ne possono aggiungere 30. Dunque, tra i motivi per cui si può essere detenutX in un CPR, si aggiunge il caso in cui si sia in attesa di responso sulla domanda di protezione internazionale. Per evitare la detenzione, unX richiedente asilo dovrà ora provare di poter disporre di 4538 euro con cui “comprare” allo stato una vita fuori dal CPR.

L’impianto di questo decreto convertito in legge vacilla già nei primi mesi, con la prima sentenza contraria pronunciata a fine settembre 2023: un giudice del tribunale di Catania infatti non convalida il trattenimento di 4 persone nell’hotspot di Pozzallo (Ragusa) (3). Una seconda sentenza in questo senso arriva l’8 ottobre, sempre da un giudice di Catania, sempre rispetto al trattenimento di 6 persone nello stesso hotspot di Pozzallo, che non viene convalidata. In ogni caso, l’impianto della legge mostra di voler tradurre per iscritto l’evidenza della frontiera come onnipresente su tutto il territorio europeo, sancendo nero su bianco che ogni posto di trattenimento, espulsione e controllo va trattato, nei fatti, come una frontiera. Le decisioni dei tribunali sono ora in fase di ricorso da parte del governo, e si tratta pur sempre di semplice giurisprudenza (4). Il testo di legge del decreto Cutro per ora rimane in piedi e applicato.

LA “CRISI” DI LAMPEDUSA: IL DECRETO SUD E I SUCCESSIVI PROVVEDIMENTI

Sempre sull’onda mediatica generata dopo una serie di sbarchi di diverse migliaia persone a Lampedusa negli ultimi due mesi, il governo ha varato a settembre 2023 altri due decreti legge sulla questione migratoria.

Il primo, che tratta di norme riguardo l’edilizia ed il trattenimento delle persone migranti, è stato infilato in un decreto che si occupa del Mezzogiorno. Due i punti centrali, il prolungamento dei tempi di reclusione in attesa dell’espulsione e la titolarità delle strutture detentive.
1) I/le migranti consideratX irregolari e sottopostX a decreto di espulsione potranno ora essere trattenutX fino a un massimo di 18 mesi, con proroghe di 3 mesi in 3 mesi, convalidate dal giudice su richiesta del questore.
2) Sia CPR che Hotspot e CAS sono convertiti in “opere destinate alla difesa nazionale a fini determinati”. Con il mandato alla Difesa e la riclassificazione delle strutture il governo bypassa la concertazione con regioni e comuni nell’individuazione delle strutture. Il Ministero della difesa è incaricato della progettazione e della realizzazione delle strutture. Per la realizzazione del piano è istituito un fondo di euro 20 milioni per il 2023, mentre e’ autorizzata la spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dall’anno 2024 e di 400.000 per l’anno 2023.
La gestione delle strutture sarà affidata ai privati, come già è il caso per i CPR esistenti, mentre la sorveglianza resterà in capo alle forze di polizia. Le procedure per i lavori di costruzione sono dichiarati come “Straordinarie”, quindi il ministero della Difesa potrà disporre l’immediata acquisizione di servizi e forniture in deroga alle procedure, come nei casi di terremoto o inondazione. Il numero di centri dovrà essere ritenuto «idoneo» e potrà aumentare nel tempo. Saranno riconvertiti anche edifici già esistenti, probabilmente ex caserme. Le forze armate saranno quindi soprattutto il braccio operativo che permetterà di tagliare sulle procedure, sui tempi e sui costi.
In pratica, il governo si sta dando gli strumenti per realizzare rapidamente e in maniera diffusa (l’idea é di un CPR per regione) una serie di nuove carceri per persone senza documenti, dove rinchiuderle per un anno e mezzo in attesa di espulsione.

Un ennesimo decreto viene poi approvato a distanza di tre giorni dal primo. L’impianto della nuova stretta in materia di immigrazione e “sicurezza” (inserita in un ennesimo decreto legge di 11 articoli) prevede un’ulteriore categoria di soggetti a rischio espulsione, ovvero persone con permessi di soggiorno di lungo periodo ma considerate pericolose «per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato». E’ una misura particolarmente grave, perché implica che qualsiasi persona straniera, anche se ha i documenti, sarà a rischio di espulsione se lo stato decide così. Ulteriore stretta anche a quelle strade amministrativo/legali finora possibili per tentare di rallentare i procedimenti di espulsione: la domanda di asilo reiterata (dopo il diniego della prima) non bloccherà l’esecuzione di un provvedimento di allontanamento in corso.

Altro grande tema quello della gestione dellX minori: il decreto prevede la possibilità di svolgere più rapidamente gli accertamenti «antropometrici» (e sanitari, compreso il ricorso a radiografie) per verificare l’età effettiva delle persone che si dichiarano minori non accompagnatiX. Se l’età dichiarata non corrisponde secondo gli accertamenti (nonostante tali misurazioni siano spesso inaccurate e scientificamente controverse [5]), lX stranierX può essere condannato per il reato di false dichiarazioni al pubblico ufficiale, e la condanna può essere sostituita dall’espulsione.

In ultimo, un ulteriore allargamento dei fondi desinati alla gestione migratoria: il provvedimento stanzia 5 milioni di euro per il 2023 e 20 milioni di euro dal 2024 fino al 2030 per interventi a favore della Polizia e dei Vigili del Fuoco. Inoltre, aumenta il personale di polizia presso le ambasciate e i consolati italiani, per potenziare le verifiche del rilascio dei visti d’ingresso.

Tirando le somme di questa disamina legislativa, possiamo dire che riguardo alla gestione migratoria del governo Meloni ha sempre e unicamente operato per decreti, a partire dal cosiddetto Decreto Piantedosi del gennaio 2023 che rende più complicato il soccorso in mare e prevede sanzioni per le ONG che non rispettino le complesse procedure.
In senso giuridico, l’operare per decreti sottolinea una gestione d’urgenza, emergenziale, e razzista, ribadendo una guerra sulla pelle del nemico migrante, cosa che si rinforza nel ricorso al genio militare per le nuove strutture di trattenimento.
Tutti gli interventi legislativi di cui abbiamo scritto operano sempre più in varie misure una sovrapposizione tra accoglienza e detenzione, rendendo sempre più evidente la lettura repressiva rispetto al gesto di migrare.

La necessità mediatica del discorso di destra sui migranti ha fatto sì che i decreti fossero scritti “giuridicamente” male; sono vaghi e confusi nel linguaggio ed hanno vari punti di contraddizione, per questo i giudici della sezione di Catania hanno ritenuto di annullare i trattenimenti. Nonostante ciò, i decreti sono immediatamente esecutivi, ed il periodo di incertezza sull’effettiva applicazione delle norme pesa ancora di più sulle vite di chi è consideratX irregolare come ennesima forma del razzismo istituzionale.

In conclusione, bisognerà comunque vedere come le misure di cui si é parlato qui sopra verranno tradotte nella realtà. Abbiamo qui parlato con termini giuridici e tecnici, ma non sono le sedi di tribunali il luogo in cui riponiamo le nostre energie e attese di lotta. Non sappiamo ancora come andrà a finire : i piani dei governi si scontreranno con le lotte e le resistenze di tuttX quellX che continueranno a attraversare mari e muri, a evadere e a distruggere le gabbie in cui si vuole rinchiurderlX, a lottare per poter decidere sulla propria vita. E vedremo se si riuscirà a costruire delle forme di solidarietà efficaci e non solo simboliche con queste lotte, finché di tutte ‘ste gabbie non restino solo macerie.

 


NOTE

(1) https://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-42/23077

(2) https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2023/06/1-Scheda-su-riforma-della-protezione-speciale-DEF.pdf

(3) https://www.altalex.com/documents/news/2023/10/05/migranti-tribunale-catania-non-convalida-trattenimento-decreto-cutro-contrasta-con-norme-ue

(4) https://www.ilsole24ore.com/art/migranti-cassazione-ricorsi-palazzo-chigi-contro-tribunale-catania-AFSr4GMB

(5) https://www.asgi.it/minori-stranieri-accertamento-eta/

FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA [PARTE 1]

Riceviamo e diffondiamo la prima parte di un testo scritto a diverse mani da compagnx che lottano contro cpr e frontiere tra Italia e Francia. Nel testo si prova a fare una sintesi delle tendenze europee degli ultimi mesi e dei recenti decreti varati dal governo.

A questo link la seconda parte.

I discorsi sulle ripetute “crisi migratorie” sono un grande classico dei politici e dei giornali nostrani ed europei. Queste narrazioni servono a giustificare la repressione e lo sfruttamento delle persone migranti sul territorio europeo. In termini pratici, sfruttamento e repressione razzista sono sostenuti a livello nazionale da una produzione legislativa fatta di decreti legge, e a livello sovranazionale, dall’incessante definizione di trattati e accordi. La presenza sempre più consistente di confini militarizzati, sbirri e galere per persone senza documenti sono il risvolto concreto di queste politiche.

La “crisi di Lampedusa” degli ultimi mesi, che ha visto migliaia di persone bloccate in una situazione semi-carceraria sull’isola, sembra aver accelerato certe tendenze nella gestione italiana delle migrazioni e delle frontiere. Questo testo vuole provare a soffermarsi su alcuni cambiamenti recenti (soprattutto dal punto di vista legislativo), per dare qualche piccolo elemento di analisi a chi si batte contro il razzismo di stato, le sue galere e le sue frontiere. In particolare, proveremo a tracciare gli ultimi sviluppi rispetto al ruolo di Frontex in Europa; le tendenze di alcuni paesi europei sul tema della detenzione amministrativa e delle deportazioni; e gli ultimi decreti in Italia.

IL RUOLO DI FRONTEX NEL GOVERNO DELLE FRONTIERE EUROPEE

Prima di vedere cosa si è inventato il governo italiano negli ultimi mesi, partiamo da alcune tendenze generali, dettate dalle linee guida e politiche comunitarie interne alla UE. La gestione delle frontiere interne dei paesi europei è fortemente collegata all’attività di sorveglianza e repressione che viene svolta lungo i confini con i paesi non europei.
Questa attività si manifesta concretamente in due modi. Da un lato si traduce nella militarizzazione dei confini, attraverso il potenziamento delle operazioni condotte dalle agenzie europee incaricate della difesa dei confini nazionali, in primis Frontex. Dall’altro si assiste a un processo sempre più sistematico di esternalizzazione delle frontiere europee, attraverso l’investimento di ingenti somme di denaro destinate a finanziare tecnologie di sorveglianza via via più affilate e con la creazione di centri e campi in paesi non europei e di transito.

Senza voler risalire troppo indietro nel tempo, cerchiamo di tracciare alcune linee sugli investimenti in materia dell’Unione Europa nell’ultimo anno, in particolare a partire dallo scoppio della guerra in Ucraina. Il conflitto ha prodotto un maggiore controllo delle frontiere orientali dell’Europa, attraversate da un flusso significativo di persone in fuga e da un flusso ancora maggiore di armamenti inviati al fronte (1). L’Ucraina riveste storicamente un ruolo di regolazione della frontiera orientale dell’Europa, di conseguenza l’instabilità che ha investito questa zona ha determinato un rafforzamento del ruolo di Frontex nei suoi territori.

L’inizio del 2022 è segnato dalla messa in atto di Joint Operation Terra, un’operazione che vede schierate decine di truppe attraverso dodici stati europei, in particolare nelle regioni est europee (Estonia, Romania, Slovacchia). Inoltre l’agenzia ha dato avvio a diverse operazioni congiunte con gli stati confinanti con tali le regioni, finalizzate alla formazione delle forze armate locali e della polizia di frontiera. Lo scopo dichiarato è quello di aumentare la capacità di questi paesi di tutelare i propri confini combattendo l’immigrazione “illegale” e il “traffico di persone migranti”, difendendo di conseguenza le frontiere dell’Europa. L’intervento di Frontex nel 2023 si è concentrato in Ucraina e in Moldavia, per via della forte pressione esercitata dalle persone in fuga dal conflitto russo-ucraino, e nell’area balcarnica, in particolare in Macedonia e in Romania. (2)

La gestione della frontiera nel Mediterraneo occidentale funziona in modo ben diverso e segue il modello dell’emergenza strutturale. Se in Ucraina si aprono corridoi umanitari preferenziali che vedono il transito di numerose persone migranti (bianche), nel Mediterraneo si registrano, nel 2022, 2367 persone morte in mare. Nei primi sette mesi del 2023 sono morte circa duemila persone, di cui alcune centinaia in due naufragi tra febbraio e giugno. Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio un’imbarcazione sbatte in una secca a largo di Cutro, in Calabria, e si rovescia tra le onde, portando alla morte di 94 persone. A seguito della strage saranno numerose le polemiche sul ruolo di Frontex e della guardia costiera italiana nella previsione del naufragio (3). Il 16 giugno 2023 un peschereccio cola a picco a largo di Pylos, in Grecia, causando la morte di 750 persone, uno dei naufragi di più grossa entità degli ultimi anni, un’ennesima strage provocata dalle mortifere politiche europee di gestione delle frontiere. Anche in questo caso si parla di responsabilità della guardia costiera (4). Nel frattempo, l’attività di monitoraggio da parte di Frontex nel Mediterraneo sottolinea la forte presenza di immigrazione irregolare in questa regione, e giustifica cosi l’intensa attività repressiva che viene condotta dall’agenzia europea nelle acque tra la Sicilia e il nord Africa.

In questo quadro si arriva agli ultimi mesi dell’estate 2023, quando in breve tempo numerose imbarcazioni attraversano il Mediterraneo determinando un aumento degli sbarchi a Lampedusa, in parte determinati dal braccio di ferro tra Saied, il presidente tunisino, e Bruxelles riguardo allo sblocco dei finanziamenti previsti dai memorandum con la Tunisia.
Di fronte alla gestione manu militari invocata dalla premier Meloni e sostenuta dai proclami di Von Der Leyen, che dichiarano il pugno duro contro i “trafficanti responsabili delle migliaia di sbarchi”, Frontex afferma che incrementerà il proprio sostegno alle forze di polizia italiane, duplicando il numero di ore di pattugliamento sul Mediterraneo e stanziando contingenti a Reggio Calabria e Messina, che facilitino e accelerino le procedure di identificazione ed espulsione delle persone migranti irregolari. Inoltre, Frontex ha precisato di essere pronta a organizzare delle missioni di identificazione nei paesi non europei, per facilitare le procedure di rimpatrio sulla base delle esigenze delle autorità italiane (5). Ricordiamo che l’agenzia è presente in Italia attraverso l’operazione Themis, che consiste di 283 unità, cinque imbarcazioni, sette velivoli, 18 uffici mobili e 4 veicoli per il controllo delle migrazioni. In questo scenario, nella logica dell’esternalizzazione, Frontex vorrebbe espandere la propria influenza in Africa. L’agenzia è in trattativa con i governi del Senegal e della Mauritania per un’azione diretta sul territorio tramite l’installazione di un proprio contingente (6).

Possiamo vedere che, per quanto riguarda la gestione delle frontiere esterne dell’Europa, i paesi della UE tendono a delegare sempre di più ai paesi non europei il blocco dei flussi, attraverso operazioni militari condotte da Frontex e finanziando economicamente le forze armate locali. Allo stesso tempo, il discorso dell'”emergenza migratoria” permette di giustificare delle misure sempre più repressive che vengono scontate sulla pelle di chi prova ad attraversare i confini. Questo ha delle conseguenze anche dal punto di vista delle leggi emanate a livello europeo.

TENDENZE EUROPEE : PIÙ CARCERI E PIÙ DEPORTAZIONI

Sia ciò che si muove alle frontiere esterne del continente, che l’ultimo ciclo di decreti in Italia, deve essere letto in parallelo con le tendenze in corso nello spazio europeo nel suo complesso. Due dimensioni ci sembrano particolarmente importanti : il patto europeo sulla migrazione e l’asilo, e i piani nazionali di ristrutturazione dei sistemi di trattenimento e espulsione.

Il patto europeo sulla migrazione e l’asilo é un progetto dell’unione europea che non é ancora stato adottato ma dovrebbe passare nel 2024, prima delle elezioni europee. Anche se é stato presentato come una grande novità (repressiva, ovviamente), questo patto non sembra essersi inventato granché, ma potrebbe accelerare dei meccanismi già in atto. Il patto prevede, tra le varie cose :
– di vincolare in maniera più stretta l’ottenimento da parte dei paesi extra-europei di visti per viaggiare in Europa in cambio di lascia-passare consolari per poter espellere in questi stessi paesi ancora più persone senza documenti. La Francia lo fa da parecchio tempo : o accetti di “rimpatriare” i/le tuX clandestinX, oppure ti taglio i visti.
– di sistematizzare la selezione delle domande di asilo alla frontiera esterna, in continuità con l’approccio hotspot e con gli ultimi decreti italiani
– la riforma del trattato di Schengen : possibilità di ristabilire dei controlli alle frontiere tra paesi europei (come succede in realtà da anni tra Francia e Italia), e di lanciare operazioni poliziesche congiunte contro “i movimenti irregolari”
– di rinforzare ulteriormente i database europei in cui registrare le identità dellX stranierX che arrivano sul continente in maniera “illegale” e/o richiedenti asilo (per esempio, estendendo i tempi in cui conservare le impronte delle persone intercettate alla frontiera, in modo che diventi ancora più complesso chiedere asilo in un paese diverso da quello in cui si arriva)
– di sospendere tutto “in caso di crisi” o di “strumentalizzazione” : procedure d’asilo accelerate un po’ per tuttX, imprigionamento nei CPR se c’é un “rischio di fuga”, etc.

In realtà, non sono misure nuove, ed é difficile sapere a che punto il patto trasformerà la situazione attuale o si limiterà a legalizzare a livello europeo quello che già succede in vari paesi. Il punto che sembra invece più innovativo é quello che riguarda i meccanismi di ridistribuzione delle persone richiedenti asilo (il famoso regolamento di Dublino), che é sempre stato un elemento importante di tensione tra i governi dei paesi alle frontiere meridionali e orientali dell’Europa e quelli del centro e del nord. Tutto il teatrino che sta facendo il governo italiano in queste settimane é legato anche a questo: che stato deve “occuparsi” dellX nuovX arrivanti, rinchiudendolX in dei centri, giudicando se possono restare sul territorio, e eventualmente rinviandoli·e da dove vengono?
Il patto europeo prevede 3 opzioni per i paesi dell’unione europea :
– o accettano di “ricollocare” (manco fossero dei pacchi) le persone richiedenti asilo intercettate alle frontiere esterne
– oppure devono contribuire finanziariamente alle espulsioni da parte di altri stati europei
– o ancora, devono partecipare (dal punto di vista economico e logistico) ai controlli alle frontiere esterne europee.
Tutta questa roba si chiama “solidarietà europea”: se non vuoi partecipare al controllo e alla selezione deX immigratX poverX, caccia i soldi per espellerlX.

Al di là della cornice legale su cui stanno lavorando a livello europeo, vari paesi dell’UE stanno già mettendo in atto dei meccanismi simili rispetto al sistema di detenzione amministrativa e di espulsione. Diversi stati europei stanno perfezionando la macchina delle espulsioni, come la Spagna, dove due anni fa hanno costruito quello che é probabilmente il più grande CPR d’Europa ad Algeciras, 500 posti (7), o come la Germania, dove il CPR dell’aeroporto berlinese di Brandenburg sta passando da 24 a 108 posti (8), e dove si sta parlando di allungare la detenzione amministrativa da 10 a 28 giorni (9).
Più nello specifico – e non sappiamo se ci siano delle indicazioni da parte dell’UE in tal senso – il progetto che sta portando avanti il governo Meloni (e altri prima di lei) di sistematizzare l’imprigionamento delle persone senza documenti aumentando la durata della detenzione amministrative e costruendo un CPR in ogni regione é esattamente quello che sta succedendo in Francia da qualche tempo. Nel 2019, si passa da 45 a 90 giorni di detenzione. Entro il 2025, secondo i piani del governo Macron, i posti aggiuntivi nei luoghi di detenzione amministrativa saranno di un migliaio : più o meno 75 000 prigionierX in più all’anno. Un nuovo CRA (i CPR francesi) é stato inaugurato a Lione, vari centri sono stati aperti a Mayotte (isola al largo dell’oceano indiano considerata come un dipartimento francese) durante l’operazione neocoloniale detta Wambushu, e nuove costruzioni sono previste a Orléans, a Nantes, a Bordeaux, a Dunkerque, a Parigi (di fianco all’aeroporto Charles de Gaulle, dove già c’é un CRA) (10). Non é finita : a inizio ottobre il ministro degli interni francese Darmanin ha annunciato altri 6 nuovi CRA, per raddoppiare i posti in detenzione amministrativa, e ora si parla anche in Francia di allungare la detenzione amministrative a 18 mesi per le persone “straniere delinquenti”.


NOTE

(1) Ricordiamo che pochi mesi prima dello scoppio del conflitto un’altra “crisi migratoria” è scoppiata al confine tra Polonia e Bielorussia. La pressione di centinaia di persone provenienti da Medio Oriente e Africa in transito in Bielorussia ha portato a massicci attraversamenti della frontiera tra dicembre del 2022 a marzo del 2023, con una conseguente militarizzazione del confine polacco e la costruzione di un muro di filo spinato tra i due stati.

(2) Tutte le operazioni in cui è impegnato Frontex sono pubblicamente reperibili nella sezione news del loro sito.

(3) https://www.repubblica.it/cronaca/2023/09/06/news/cutro_naufragio_dati_frontex_migranti-413503943/

(4) https://www.rainews.it/articoli/2023/06/il-naufragio-di-pylos-per-alcuni-sopravvissuti-sarebbe-stato-provocato-dalla-guardia-costiera-86e1bdb0-3b4e-4bba-8f90-9346cd9e8134.html

(5) https://frontex.europa.eu/media-centre/news/news-release/frontex-boosts-support-to-italy-IHEK3y

(6) https://www.statewatch.org/news/2023/july/push-back-frontex-campaign-in-senegal-targets-deployment-of-eu-border-agency/

(7) https://www.europasur.es/algeciras/Comienzan-movimientos-construccion-nuevo-CIE_0_1583243154.html

(8) https://www.theleftberlin.com/ber-airports-new-deportation-centre/#:~:text=Not%20many%20people%20know%20that,question%20by%20the%20German%20state.

(9) https://www.infomigrants.net/en/post/50836/german-interior-minister-proposes-making-returns-and-deportations-easier

(10) https://abaslescra.noblogs.org/retours-de-plusieurs-villes-sur-la-journee-de-lutte-du-18-fevrier-2023-contre-la-loi-sur-limmigration-et-les-cra/