CPR BARI PALESE: “TRASFERIMENTI” E RIVOLTE

Diffondiamo

Ieri Sabato 12 Aprile alle 20.00 circa, un “trasferimento” di 7/8 persone ha scatenato la reazione dei reclusi e di chi stava venendo “trasferito”. Quest’ultimi hanno cercato di resistere, facendo scoppiare una rivolta (non sappiamo l’entità, ma chi ci ha raccontato parla di “tanta polizia”) e qualcuno è anche salito sui tetti, il tutto sedato dopo un ora abbondante dalle guardie maledette.

Chi ci ha raccontato quanto successo parla di trasferimenti verso l’Albania, anche se sappiamo dai media che questi trasferimenti sono avvenuti venerdì con poca trasparenza e con i giornali che riportavano ognunx ciò che voleva. Abbiamo provato a far uscire sui giornali locali la notizia, abbiamo provato a far uscire i soprusi e la violenza fuori dalle mura del Cpr e oltre Viale Europa nel modo più democratico possibile (e di questo ce ne vergognamo) attraverso l’informazione.

Ma sappiamo benissimo che certi temi non vendono quanto altri o peggio ancora certi temi è meglio non toccarli, e quindi tra chi doveva chiedere in redazione e chi aveva la programmazione piena non una parola è stata pubblicata stamattina su ciò che è successo ieri, nessunx giornalista curioso si è spinto oltre ciò che gli è arrivato all’orecchio d’altronde i Cpr sui giornali Baresi ci finiscono solo se una bomba carta sfonda la porta del municipio. E allora speriamo che qualcunx avverti così la stampa della prossima rivolta.

Fuoco ai Cpr
Digos infame, giornalista peggio

CESENA: ASSOLUZIONE IN APPELLO PER L’OPPOSIZIONE ALLA SEDE FASCISTA

Diffondiamo:

Si è concluso martedì 25 marzo 2025, dopo sette anni e quattro mesi, il processo a carico di 4 compagn*, accusat* di essersi oppost* in diversi modi all’apertura della sede di Cagapound di Cesena avvenuta a gennaio 2018 in via Albertini 28/D (poi chiusa e riaperta prima in via Giorgio Amendola 9 e nel maggio 2024 in Corte Dandini 4).
Inizialmente condannate in primo grado dal Tribunale di Forlì, la sentenza di Appello a Bologna ha invece assolto tutte e quattro le persone imputate, annullando quindi le iniziali condanne che (lo ricordiamo) erano:
– per tre imputat* una multa di 800 euro a testa per diffamazione (nello specifico accusat* di aver diffuso un volantino che ricordava la complicità di chi concede i propri locali in affitto ai gruppi neofascisti, affisso per Cesena, con indicati nomi e cognomi dei summenzionati proprietari);
– per la quarta compagna una condanna a 7 mesi di carcere per tentata violenza privata, con l’accusa di aver tentato di convincere verbalmente i proprietari a non affittare il loro negozio a un gruppo di fascisti dichiarati.
Oltre alle condanne gli imputati avrebbero dovuto pagare le spese processuali anche della controparte e un risarcimento ai proprietari del locale, Daniele e Francesco Lombardini, di circa 9000 euro, dato che questi si erano costituiti come parte civile al processo, che verteva sulle testimonianze accusatorie di alcuni poliziotti e degli stessi fascisti.
Il tentativo, palese, era quello di intimidire l’antifascismo militante con titoloni sui giornali locali, processi, condanne ed estorsioni da migliaia di euro.
Ora aspettiamo le motivazioni della sentenza, ma possiamo già dire che questo tentativo è fallito.

In questi anni di processo sono state fatte numerose iniziative per sostenere le nostre compagne e i nostri compagni: assemblee, presidi sotto al tribunale in occasione delle udienze, trekking solidali ultra-partecipati (di cui l’ultimo il 16 marzo scorso), cene e concerti benefit, cortei.
E proprio uno di questi cortei vogliamo ora menzionare, nello specifico quello che si è svolto a Cesena il 13 novembre 2021, di contrasto alle politiche antiproletarie e filopadronali del governo Draghi e contro la narrazione dello Stato e dei media della gestione Covid e quella dei gruppi fascisti che volevano parlare di libertà (proprio loro!) strumentalizzando alcune delle proteste contro il green pass.
In seguito a questo corteo, nato anche come momento benefit per le spese processuali delle persone indagate per l’opposizione a Cagapound, altri 3 compagn* sono stati accusati di aver sottratto una telecamere ad un digos.
Nello specifico, due accusat* di rapina aggravata e resistenza a pubblico ufficiale, e un terzo accusato di favoreggiamento. Nella recente sentenza di Appello il compagno accusato di favoreggiamento è stato assolto, mentre per le altre due persone è caduta la rapina aggravata ed è rimasta una condanna a poco più di 4 mesi per resistenza a pubblico ufficiale.

Di fronte all’arroganza del potere, che con le sue leggi prova a schiacciare chi protesta e chi lotta, e allo sdoganamento odierno (anche istituzionale) delle peggiori ideologie razziste, suprematiste, militariste e fasciste a livello mondiale, bisogna continuare a mobilitarsi.
La solidarietà ci dimostra che chi lotta non è mai sol*!
Gratitudine e amicizia va a chi in questi anni ha continuato a sostenere chi si trovava sotto processo. I contributi solidali a sostegno delle persone assolte in appello, tolte le spese per gli avvocati, saranno usati per chi si trova ancora a fare i conti con la repressione che in questi tempi non risparmia di certo i suoi colpi.

Antifasciste ed Antifascisti di Forlì e Cesena

CAGLIARI: SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI DEL CARCERE DI UTA

Riceviamo e diffondiamo:

PER PAOLO, PER JOAN E PER TUTTX I/LE DETENUTX. FUOCO ALLE GALERE!

TORTURATI FINO ALLA MORTE

Ti costringono, per 22 ore al giorno, a stare chiuso con altre tre persone che non hai mai visto prima (talora provocatori messi con te dall’amministrazione per renderti la vita ancora più complicata) in una stanza di 10 mq; non hai l’acqua calda per lavarti e ti viene impedita la cura dell’igiene personale; il cibo è poco e fa schifo, se vuoi comprarlo lo devi pagare due o tre volte il prezzo di mercato; l’acqua non è potabile ma se vuoi bere senza ammalarti devi comprarla; se fa freddo non puoi riscaldarti e, se fa caldo, non esiste modo per rinfrescarsi, la tua cella raggiunge anche i 43ºC; soprattutto alle ragazze non è permesso uscire dalla cella in canottiera e/o pantaloncini; se stai male, se non ti aiutano i tuoi compagni di cella, nessuno ti soccorre; se finisci in ospedale i parenti ti possono visitare solo se ogni giorno passano prima dall’amministrazione per chiedere l’autorizzazione; gli unici farmaci che vengono somministrati sono il paracetamolo per qualsiasi patologia e il rivotril per rimbecillirti; se hai disturbi psichiatrici vengono ignorati anche se sei pericoloso per te stesso e per gli altri; se sei italiano e ti lamenti le botte sono date con crudeltà, se sei straniero e ti lamenti potresti sparire nel nulla senza che nessuno sappia più niente di te; ogni tanto entrano nella tua cella con la scusa di una perquisizione e casualmente le cose che ti sono più care, libri, lettere e fotografie, cadono nel secchio pieno d’acqua in cui lavi la roba; i tuoi parenti vengono sottoposti a continue pressioni, devono fare ore di fila in qualunque condizione meteo e subire diverse vessazioni nella speranza di poterti incontrare in una sala in cui sono presenti tante altre persone nelle medesime condizioni, i pacchi che ti mandano vengono frequentemente respinti, il cibo che ti mandano adulterato e spesso ti portano al colloquio in ritardo cosicché l’ora a cui avresti diritto si riduce a 10 minuti; non puoi avere un minimo di privacy con un* compagn*. Quelli che sono veramente suicidi dopo una vita di inferno di questo tipo non possono essere considerati tali.

ACCADE A UTA

Secondo dati ufficiali, nel periodo tra il primo gennaio 2025 ed oggi, il carcere di Uta è al primo posto in Italia per il numero di suicidi e per proteste mediante sciopero della fame e/o della sete, al quinto posto per i tentativi di suicidio, al nono per gli atti di autolesionismo. Responsabile di tutto questo sono lo Stato italiano e i politici di ogni colore; il direttore Marco Porcu, la responsabile sanitaria Marina Rocca, i garanti Irene Testa e Gianni Loy, gli sbirri e i sindacati che li proteggono; gli indifferenti, quelli che si girano dall’altra parte pensando che la dignità di un uomo possa essere calpestata, umiliata e annullata da qualcuno a cui viene delegata ogni autorità per difendere l’ingiustizia di un sistema di assassini.

CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE, TUTT* LIBER*

Anarchic* contro carcere e repressione

TORINO: MANGANELLATE, CARICHE E FERITI ALL’USCITA DELLA TAZ “MUTAZIONI”

TORINO: MANGANELLATE E CARICHE ALL’USCITA DELLA TAZ “MUTAZIONI”

Nella giornata di ieri è andato in scena l’ennesimo delirio di violenza poliziesca nei pressi di La Cassa (Torino), quando al termine della TAZ “Mutazioni” la polizia ha dapprima chiuso le persone dentro il capannone, con il ricatto di consegnare il sound e gli organizzatori per poter uscire illese; in un secondo momento ha caricato a sangue freddo alcune persone a piedi, che stavano portando uno striscione cercando di aprire la strada per far passare i mezzi.

Alcuni furgoni e macchine sono poi riusciti a passare, ma sono stati ripetutamente manganellati dai celerini, che hanno bucato le ruote e rotto finestrini e parabrezza, ferendo persone all’interno dei mezzi e fuori. I media di regime parlano di oltre 300 identificati. Lo stesso copione si era ripetuto neanche un mese fa al termine di un’altra Taz nei pressi di Moncalieri: anche in quel caso la polizia aveva tentato di bloccare l’uscita, manganellando persone, macchine, furgoni, cercando di impossessarsi del sound.

Ad ogni sgombero una nuova occupazione
10, 100, 1000 TAZ!


«Rivendichiamo la nostra illegalità perché scegliamo di autogestire le nostre vite, le nostre relazioni e il nostro spazio/tempo. Non chiediamo un posto nel vostro sistema marcio, né tanto meno vogliamo essere accettati […]

Non crediamo che la creazione di ZONE TEMPORANEAMENTE AUTONOME sia un “diritto” da “liberi cittadini” bensì un’azione concreta che ogni individuo può intraprendere per gettare le basi di un’esistenza autogestita. Coscienti del fatto che non basta un pomeriggio per diffondere autogestione, ma un percorso di lotta quotidiana, lunghissimo, forse infinito e pieno di ostacoli da superare. Coscienti del fatto che questi ostacoli da solx non possiamo superarli, è per questo che, ancora una volta, ci aggreghiamo liberamente.

“Siamo fuorilegge perché la legge ci ha espropriato dei nostri corpi obbligando i nostri gesti e le nostre vite a battere il tempo del dovere e dell’alienazione.
Siamo fuorilegge perché non sguazziamo nei soprusi e diamo alla vita un altro valore che non è quello di merce, perché pensiamo che non tutto abbia un prezzo.
Siamo fuorilegge perché non amiamo le gabbie.
Una TAZ nasce da tutto questo e mentre ballate e vi divertite pensate ad una cosa: state commettendo un reato.”»

(Da un volantino anonimo)

FORLÌ: PRESIDIO AL CARCERE LA ROCCA

Diffondiamo:

Domenica 13 aprile ore 16.30

La legge è la legge dei padroni, la guerra è la guerra dei padroni!

Contro la repressione del dissenso, contro la militarizzazione delle nostre vite, contro il modello-Israele di società militarizzata che si sta diffondendo anche nelle città italiane (zone rosse, varchi, controlli), con la resistenza palestinese nel cuore!

Ci ritroviamo in via F.Corridoni, per rompere uno dei meccanismi chiave del carcere, l’isolamento di chi è ingabbiatx. Il governo Meloni, come quelli che l’hanno preceduto, considera le persone in galera degli scarti umani da eliminare, addirittura il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro “gode nel vederli soffocare”.

Il DDL1660 che il governo vuole approvare è studiato, oltre che per reprimere sul nascere ogni ribellione sociale e dare più potere alle forze di polizia, anche per infierire sulle persone recluse (galere, centri per minori, CPR, REMS) affinché anche il più elementare segno di resistenza sia duramente punito: perfino la protesta pacifica, perfino lo sciopero della fame!

PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI E AI RIVOLTOSI DEL CPR DI GRADISCA D’ISONZO

Domenica 13 aprile – Ore 18 – Di fronte al Cpr di Gradisca d’Isonzo

Torniamo sotto le mura del CPR di Gradisca dove le rivolte, le fughe e i fuochi di chi vi è imprigionato continuano ogni giorno a minarne pezzo per pezzo l’esistenza e ad ostacolare la presunta inesorabilità del meccanismo deportativo. Nonostante le deportazioni, i trasferimenti in carcere, i manganelli e i lacrimogeni.

Torniamo per rompere l’isolamento intrinseco a questi campi, apici fisici del razzismo di Stato che segrega, reprime, reclude ed espelle, affinchè violenze e torture non rimangano nel silenzio.

Continuiamo a portare la nostra solidarietà a chi si ribella

Contro tutte le galere

Tutti liberi, tutte libere

Assemblea No CPR FVG

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2025/04/06/presidio-in-solidarieta-ai-prigionieri-e-ai-rivoltosi-del-cpr-di-gradisca-disonzo-13-aprile/

SPAGNA: LIBERTÀ PER ABEL, OSTAGGIO DELLO STATO DA 10 MESI

Diffondiamo

Il nostro compagno Abel da 10 mesi è tenuto in ostaggio dallo Stato, imprigionato con una condanna a 3 anni e 9 mesi per aver aggredito un nazi nel 2018, durante una manifestazione antifa contro JUSAPOL, un “sindacato” poliziesco di estrema destra.

E’ recluso per essere anarchico, dato che gli hanno applicato un aggravante di “delitto d’odio”, facendo riferimento alla sua militanza politica.

Solidarietà con Abel!
Viva l’azione diretta antifascista!
Libertà per lx prigionierx!

Più info qui: https://brughiere.noblogs.org/post/2024/11/29/spagna-a-6-mesi-di-reclusione-del-compagno-anarchico-abel/

CPR DI MACOMER, UN LAGER MIGLIORE

Diffondiamo:

Venerdì 21 marzo, ancora una volta, c’è stata la visita istituzionale al CPR di Macomer. Non è la prima volta che delle così dette “cariche pubbliche” entrano lì dentro per osservare le condizioni dei detenuti (che loro chiamano “ospiti”).
Nei mesi scorsi diversi sopralluoghi sono stati fatti dalla deputata di Avs Francesca Ghirra. Anche lei sostiene che i CPR sono luoghi disumani che non dovrebbero esistere, ma poi nella pratica cosa fa? Un esposto alla Procura di Nuoro, per spingere la magistratura a verificare la corretta attuazione dell’appalto da parte dell’ente gestore. Una segnalazione inutile e diretta ad una magistratura funzionale al sistema. Inoltre, la deputata, ha fatto delle interrogazioni parlamentari assolutamente risibili, giusto per poter dire prima delle elezioni di aver fatto qualcosa.

Di stesse vedute sono l’assessore regionale alla sanità della Sardegna, Armando Bertolazzi, e la senatrice Sabrina Licheri, che due settimane fa hanno visitato il centro: apprezzano i “notevoli miglioramenti nella gestione degli ospiti, però segnalano delle criticità ancora da superare”.
L’assessore suggerisce di attivare un reparto di medicina specialistica e l’acquisizione di un defibrillatore.
Queste dichiarazioni faranno contenta la nuova direttrice, Elizabeth Rijo, responsabile di Officine Sociali in Sardegna. Nel suo sito di propaganda (https://elizabethrijo.org/), fatto al tempo in cui si candidò alle ultime regionali sarde, si legge: “Sostengo quelle persone che animano i comitati per la difesa della sanità, le lotte contro l’occupazione militare, le lotte per la valorizzazione del lavoro agricolo, le lotte per la difesa dei posti di lavoro ed i diritti, le proteste per i tagli dei servizi, le battaglie per le scuole e le università accessibili e tante altre lotte giuste e necessarie che riempiono la nostra quotidianità.” Nella trasmissione RAI “Presa Diretta” del 6/04/25, in cui le omissioni erano più delle rivelazioni appaiono sia la Ghirra che la Rijo. Per la Ghirra, incapace di intervenire di fronte a un tentativo di suicidio di un prigioniero che avviene durante la sua visita non sprechiamo parole, per la Rijo il cui progetto è organizzare corsi di ballo per i prigionieri, in perfetto stile nazista, osserviamo che se una persona come lei gestisce il cpr di Macomer possiamo essere sicuri (sic!) che qualcuno penserà a migliorare le condizioni degli ospiti tenendo conto delle LORO lotte quotidiane.

Le associazioni del terzo settore sedicenti antirazziste dovranno rispondere politicamente dei rapporti che eventualmente sceglieranno di intrattenere con questa kapó patetica. Che dire, infine di Rita Porcu, l’infermiera che stragiura che a Macomer gli psicofarmaci non vengono mescolati nel cibo ma vengono somministrati su richiesta dei detenuti che si sa magari li useranno per sopperire alla crisi di astinenza da corsi di ballo.
Noi sappiamo che i detenuti, reclusi perché privi di documenti, non hanno visto alcun miglioramento. Hanno 3 telefoni per più di 50 persone, non posseggono le schede adatte per chiamare in Africa, quindi sentire le famiglie (quelle che hanno, qualcuno le ha mandate da fuori). Non hanno acqua calda. C’è la storia di un ragazzo, che dopo aver scontato un anno e mezzo in carcere, è stato portato al CPR, con l’inganno che, se si fosse comportato bene, sarebbe uscito dopo pochi giorni. Poi il giudice dice di non essere riuscita a leggere dei documenti del suo avvocato; quindi, gli ha spostato l’udienza di tre mesi. Un altro recluso che ha avuto l’ennesimo rinvio dell’udienza, per protesta, ha tentato di uccidersi tagliandosi sul collo. Un ragazzo è riuscito a farsi fare una spesa alimentare, questa poi è sparita. È andato a reclamarla dagli operatori e uno di questi l’ha picchiato. Li perquisiscono. Dormono tanto, sono sempre stanchi (sarà effetto del cibo migliore?). Dicono: “ci stanno uccidendo lentamente”.
Alla faccia dei miglioramenti, alla faccia delle belle parole dei soliti politicanti di turno.

Condividiamo delle foto che uno dei detenuti vorrebbe divulgare. Questi tagli sul collo non sono di una vittima, ma di una persona che si sta ribellando alla sua reclusione. Pur di non stare lì dentro, alcuni, sono pronti a morire.
Quello che vuole fare Officine è cercare di cambiare volto indossano nuove maschere, quelle che piacciono alla sinistra istituzionale e al suo carrozzone associazionista.
I politici in visita al centro, volenti (sempre) o nolenti (mai), fanno il loro gioco. Così la destra può vantare l’efficacia dei CPR e la sinistra è sempre più tollerante, visti i miglioramenti delle condizioni degli “ospiti”, e si limita a lamentare l’inefficacia della politica dei rimpatri a fronte delle somme spese. Il risultato è che questo business, fatto sulla pelle dei reclusi, è sempre alimentato, e che questi lager non chiudono, ma vogliono apparire “lager migliori” (ricordate il lager di Terezin con le orchestrine di prigionieri organizzate dai nazisti in occasione delle visite della Croce Rossa?).

Ce l’hanno insegnato le stesse persone recluse come si migliorano i cpr: bruciandoli, e successo a Torino e speriamo che la pratica si diffonda, solo loro possono guadagnare la propria libertà.
Noi continuiamo a rafforzare il ponte di solidarietà che abbiamo costruito con loro, tornando lì davanti. L’abbiamo fatto domenica 30 marzo, nonostante il questore di Nuoro, Alfonso Polverino, cerca di intimorirci con avvisi orali, fogli di via e relative denunce per la violazione di questi.
Questa volta il livello dello scontro si è alzato, la risposta delle guardie è stata più forte e noi abbiamo comunicato con i detenuti per poco tempo, tentano di allontanarci per sempre con altre denunce, altri fogli di via.
Mantenere il contatto con i prigionieri sta diventando sempre più difficile, ma noi crediamo che si debba essere solidali con chi lotta per la propria libertà, è una nostra scelta ideologica, politica, etica.
Per questo ci vedremo di nuovo fuori da quel lager, solidali con chi è dentro, sino a quando non saranno tutti liberi.

Anarchic* contro carcere e repressione.

TRAPANI: RABI È STATO AMMAZZATO DAL CPR A MILO

Diffondiamo da Sicilia No Border:

Durante il saluto della scorsa settimana, sono state registrate le voci dei prigionieri, che hanno risposto con calore e rabbia alla presenza dellx solidalx. Parlano della situazione dentro come di “guerra” e raccontano di star portando avanti lo sciopero della fame, della sete e dei medicinali da oltre una settimana. Come si sente dalle voci, qualcuno grida l’assenza di cibo e telefono, da qualcun altro si sente chiaramente urlare la frase terribile e angosciante: “sono morte due persone qui”.

Parole che ci avevano lasciato sgomentx ed esitanti. L’avevamo già visto che chi governa là dentro, seppur si faccia refertare l’inverosimile quando riguarda i loro corpi, se si tratta di quelli dei reclusi cerca di non chiamare le ambulanze o lo fa sempre troppo tardi. Eppure ci siamo ritrovatx col bisogno di cercare altri riscontri prima di diffondere una verità di quel tipo: se invece non sono morte? Compagni in pessime condizioni, massacrati dagli sbirri e dalla violenza atroce di questo lager, i reclusi ne vedono molti partire. Se non sempre li vedono poi tornare in CPR non vuole dire che sono necessariamente morti.

Riconosciamo che questo nostro smarrimento è un prodotto della pervasività della repressione che si esercita in quel luogo. Ma, senza nasconderci, nei fatti non siamo riuscitx ad affidarci totalmente a chi da lì dentro ci affidava la sua verità e abbiamo partecipato anche noi all’isolamento di chi è detenuto. Realizzazione lacerante in queste ore. Ancora una volta a conferma del fatto che abbiamo tanto da imparare.

Da dentro hanno provato a farlo sapere, e purtroppo non è bastato.

E adesso è solo la sconfinata determinazione di chi vive sull’altra sponda di questo mare, e che ora si trova a farsi carico dell’ennesima perdita, che sta rendendo possibile dire che Rabi, un giovane ragazzo tunisino, è morto il 16 marzo al Cpr di Trapani Milo. Rabi è stato ammazzato e la notizia della sua morte insabbiata per 20 giorni da forze dell’ordine, ente gestore e medici. Solo quando il suo corpo è arrivato in Tunisia, la famiglia ha dato notizia della sua morte. A quanto racconta un esponente dell’opposizione tunisina in Italia, fino all’ultimo momento prima del rimpatrio della salma non è stato comunicato l’aereo sul quale avrebbe viaggiato, l’orario di partenza e quello di arrivo. Un’ulteriore violenza di stato sul corpo di Rabi, nei confronti della sua famiglia e delle sue amicizie.

Mentre diffondiamo questa notizia, non abbiamo idea di cosa possa essere successo alla seconda persona. Sappiamo però che ancora in queste notti le rivolte e le proteste dei detenuti sono continue, vengono represse dalla celere e dagli idranti. Sappiamo che stanno deportando in fretta e furia i testimoni via nave in Tunisia, con le navi della GNV dal porto di Palermo (di proprietà di MSC, che continua a rifornire Israele di armi per il suo genocidio). Sappiamo che una dozzina di persone è stata trasferita al Cpr di Brindisi per essere probabilmente trasferita in Albania questa settimana.

Sappiamo che i cosiddetti atti di autolesionismo o i tentativi di farsi fuori sono coraggiosi gesti di liberazione ed evasione da questa insostenibile tortura. E che di vittime lo stato ne ha fatte tantissime, tra cui Ousmane Sylla morto l’anno scorso al Cpr di Roma poco dopo essere stato trasferito proprio da Milo, che i prigionieri avevano reso inagibile con il coraggio delle loro rivolte. Non ce le dimentichiamo queste morti perche’ ci bruciano dentro. Trapani, per altro, è dove sono iniziati in Italia gli omicidi di stato tramite detenzione amministrativa: nel 1999 sei giovani tunisini sono stati bloccati dentro la cella e bruciati così vivi nell’allora CPT.

E mentre il potere sforna l’ennesima legge sicurezza con l’obiettivo di seppellire in carcere chi, detenutx, osa ancora difendersi e di farci desistere dal manifestare solidarieta’, di farci rinunciare ad esprimere tutta la nostra rabbia, noi non possiamo che ribadire tutto il nostro odio verso questo mondo che ci vuole zittx, obbedientx, in riga e riprometterci di continuare a manifestarlo verso ogni sbirro, ogni frontiera, ogni galera. Davanti alle carceri, davanti ai cpr, nelle strade.

VENDETTA PER RABI

FUOCO AI CPR

SOLIDALX CON CHI LOTTA CONTRO QUESTO MONDO DI MERDA