Riceviamo e con gioia diffondiamo:
Nonostante il PM abbia fatto appello contro l’assoluzione di Zac nel processo per 280 bis, la misura di sorveglianza speciale applicata da luglio 2024 è caduta e Zac è libero!
Cresciamo nei terreni incolti, nelle zone asciutte e sassose, ai bordi dei viottoli
Riceviamo e con gioia diffondiamo:
Nonostante il PM abbia fatto appello contro l’assoluzione di Zac nel processo per 280 bis, la misura di sorveglianza speciale applicata da luglio 2024 è caduta e Zac è libero!
Diffondiamo:
FORLì SABATO 22 febbraio 2025 al Circolo arci Asyoli c.so Garibaldi n.280
Ore 17:30 – Presentazione dell’opuscolo “IL RUOLO DELLA PSICHIATRIA NELL’OCCUPAZIONE DELLA PALESTINA” – Autoproduzione Robin Book (Luglio 2024). Leggere criticamente la psichiatria come pilastro del sionismo, smantellare la visione strutturale occidentale della salute mentale e de-patologizzare la Resistenza.
Ne parleremo con il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa.
A seguire Buffet Vegan. Troverai un banchetto di materiale informativo.
Diffondiamo:
Invitiamo a partecipare SABATO 22 FEBBRAIO 2025 al presidio contro il “PACCHETTO SICUREZZA” (ddl 1236 ex 1660) , attualmente in fase di approvazione al Senato e contro l’applicazione delle “ZONE ROSSE”.
Il “PACCHETTO SICUREZZA” prende di mira tutte le persone marginalizzate, dissidenti e ribelli, colpendo in primis quelle prive di cittadinanza italiana, passando a chi si trova a lottare per non soccombere alla violenza statale nelle carceri e nei Cpr fino a chi esprime dissenso e solidarietà contro la repressione.
Vengono aggravate quindi di molto le pene e severamente punitx chi lotta con le forme più basilari di protesta. Tutto questo in un quadro legislativo che vede invece aumentare spropositatamente e indiscriminatamente il potere della polizia e la sua arbitrarietà nell’usarlo.
Ma se il “pacchetto sicurezza” non è ancora definitivamente approvato, le zone rosse sono invece già una realtà effettiva.
Dopo una direttiva emanata a dicembre 2024 dal Ministro dell’interno, questa ordinanza ha iniziato ad essere applicata in numerose città italiane.
A Udine è stata stabilita una zona rossa che copre buona parte della città che durerà dal 16 gennaio al 10 marzo e sarà probabilmente estesa nel tempo secondo un non meglio definito “stato di emergenza“.
Cosa può succedere in questa zona rossa?
La polizia può disporre l’allontanamento di tutte quelle persone che, a suo arbitrario giudizio, stiano manifestando “comportamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”, oppure che abbiano precedenti penali (anche non definitivi) relativi a diverse fattispecie di reato commesse nei pressi delle infrastrutture di trasporto pubblico.
Risulta evidente la totale discrezionalità del potere decisionale conferito alla polizia al fine di reprimere e controllare, creando le premesse per una progressiva restrizione della libertà, oggi di alcunx e domani di tuttx.
Il diritto a vivere gli spazi della città che abitiamo non è oggetto di trattativa e non ci arrenderemo facilmente davanti a disposizioni che calano dall’alto, dal sapore spesso propagandistico che non fanno altro che aumentare disagio ed esclusione.
Lotteremo per difendere ogni centimetro che vorranno portarci via e per solidarizzare con tutte lx indesiderabili che in questo modo finiscono sempre più marginalizzatx e isolatx.
Assemblea NO DDL Sicurezza NO zone rosse di Udine
https://laboratoriatfqudine.noblogs.org/post/2025/02/15/presidio-contro-ddl-e-zone-rosse-a-udine/
Diffondiamo:
SAMAH JABR in dialogo con il collettivo antipsichiatrico Senzanumero e l’associazione nontantoprecisi: la resistenza come risposta collettiva al trauma dell’oppressione.
28/02/25 ore 17:30
postO – VIA CASTELGUIDONE 4 – ROMA
“Il miglioramento della salute mentale e la ‘liberazione psichica’ delle palestinesi dovrà andare di pari passo con gli sforzi per liberare il territorio palestinese.
Finché l’ingiustizia e l’umiliazione continueranno, i nostri strumenti medici e psicoterapeutici non resteranno che palliativi. L’occupazione è in effetti tanto un problema di salute mentale quanto un problema politico”.
Samah Jabr – Sumud. Resistere all’oppressione
Diffondiamo:
Ricordiamo a tuttx la puntata di Mezz’ora d’aria in onda oggi 15 febbraio 2025 alle 17:30 sulle frequenze di Radio città Fujiko, FM 103.1.
La puntata di oggi è dedicata alla lotta e alla resistenza del popolo palestinese, contro la complicità dello stato italiano che finanzia l’esercito israeliano.
Leggeremo due racconti, uno scritto da una madre e uno scritto dal figlio, persone che hanno vissuto la violenza del carcere e dell’occupazione israeliana, perche la lotta di chi resiste all’occupazione è la lotta di tutti noi!
Di seguito i riferimenti della radio, a cui potete far arrivare le vostre dediche, i vostri pensieri ed esperienze:
– contatto whatsapp e telegram per chi volesse mandare con un messaggio i propri saluti dentro: 3501550853.
– per chi volesse scriverci una mail: info@mezzoradaria.com
– Per chi invece volesse inviarci una lettera: Mezz’ora d’aria, presso Radio Città Fujiko, via Zanardi 369, 40131 Bologna.
Ricordiamo che Mezz’ora d’aria è in onda tutti i sabato pomeriggio alle 17:30 in FM 103.1
Per riascoltare le puntate:
https://www.mezzoradaria.com/
Diffondiamo:
Per sostenere le loro famiglie nella ricerca di veritá e giustizia. Per la chiusura di tutti i cpr.
Mercoledì 19 febbraio alle 19:30 a La Casa del Mondo, in via Antonio di Vincenzo 18 a/b, incontro con le famiglie di Moussa Balde ed Ousmane Sylla.
A seguire cena benefit a cura dell’assemblea contro galere e cpr.
https://balotta.org/event/bologna-per-moussa-balde-ed-ousmane-sylla
Riceviamo e diffondiamo
Nella giornata di domenica 9 alcune persone si sono riunite per portare un saluto di solidarietà e vicinanza alle persone detenute dentro al carcere Bassone, a Como.
Il saluto ha permesso di parlare con le persone dentro, e di abbattere, seppure per un momento, il muro che divide dentro-fuori. L’intento era quello di comunicare un indirizzo postale a cui scrivere da dentro, per raccontare ed essere meno sol*.
Sappiamo che le condizioni all’interno del carcere sono disumane, con un sovraffollamento al 185.4% (dati antigone 2024) che lo rende il terzo carcere più sovraffollato d’Italia, numero inadeguato di personale sanitario, violenza delle forze dell’ordine, e molteplici tentati suicidi.
Il carcere non è un luogo per rendere giustizia ma solo un posto violento che cerca di togliere alle persone libertà, dignità e parole.
Crediamo che il carcere elimini le storie personali e comunitarie attraverso la criminalizzazione delle stesse. Con tutto l’aiuto di un sistema giuridico e di un codice penale razzista e classista, che confina chi non si vuole adeguare alla quotidiana oppressione in luoghi dimenticabili e dimenticati.
Il saluto è stato portato a termine con grande entusiasmo, sia dall’interno che dall’esterno, ma la repressione non è tardata ad arrivare. Alla fine della giornata, sei persone sono state fermate per identificazione e una di queste è stata arrestata in flagrante; le accuse che pendono sono manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale, con due fogli di via da Como per un anno. Come al solito e sempre degno di nota, le accuse hanno seguito un racconto fasullo della situazione vissuta, creduta e riportata anche dai giornali locali, e sono quindi esito dell’ostinazione delle forze dell’ordine nel soffocare azioni e parole dissidenti.
Il carcere non è un luogo da riformare, ma un’istituzione inutile e criminalizzante e che per questo va eliminata. Solidarietà con lx carceratx, libertà x tuttx.
Fuoco alle galere
Report antigone https://www.antigone.it/osservatorio_detenzione/lombardia/188-casa-circondariale-di-como
Riceviamo e diffondiamo
Il CPR di Bari Palese (come il CARA) si trova nei pressi dell’aeroporto internazionale di Bari – Karol Wojtyla, vicino al quartiere San Paolo. In un’area oltre che periferica, completamente militarizzata, dallo stesso aeroporto ma soprattutto dalla Guardia di Finanza con gli edifici, le mura e il filo spinato del gruppo operativo Bari 1 e della Legione Allievi Finanzieri. A primo impatto sembra un grande residence di lusso perché spiccano i palazzi alti, in mezzo al nulla, con i loro balconi e finestre, poi quando ti avvicini e vedi le mura, le targhe, qualcosa inizia a puzzare… Quelle mura nella parte a nord del lato est combaciano con quelle di un’altra struttura, molto più piccola, che di alto non ha nessun palazzo e non ha nessun balcone: è il centro di tortura di stato chiamato “ufficialmente” Centro di Permanenza per i Rimpatri, dove vengono detenute le persone in movimento sprovviste dei documenti richiesti dall’Unione Razzista Europea.
L’ingresso del CPR non è sulla strada principale, la stessa strada della GdF, ma infondo ad un viale alberato che costeggia le mura della GdF.
Il CPR di Bari Palese dunque ha un perimetro rettangolare. Vicino all’angolo sud ovest, sul lato sud c’è il cancello in direzione del viale alberato, poi si sviluppa verso est con una decina di moduli: un paio per gli uffici, uno per l’infermeria e gli altri sono celle. Oltre le celle e i moduli, a contenere i prigionieri c’è una prima cinta di mura, poi una seconda in cemento, alta 6 metri.
Negli ultimi anni ci sono state importanti rivolte dentro al CPR di Bari Palese, una in particolare che causò l’inagibilità di una parte, riducendo la capienza del lager di stato. Ma sappiamo che quello non fu un caso isolato, chi è rinchiusx dentro il CPR lotta ogni giorno. Grazie alle testimonianze dei reclusi o di chi lo è stato, possiamo farci un’idea della violenza che viene usata per sedare le proteste, da quella più diretta della celere al momento della rivolta, a quella indiretta degli psicofarmaci, dell’assenza dei servizi sanitari, dell’isolamento.
Sempre negli ultimi anni la repressione dentro e fuori il centro di tortura di Bari Palese è cresciuta: per aumentare l’isolamento e vanificare i presidi a sostegno di chi è colpito dal razzismo di stato dentro i CPR, la questura di Bari tramite prescrizioni o tramite il dispiegamento dei powerrangers con casco e manganello, ha allontanato il presidio dalla strada adiacente al CPR, obbligando le persone a stare lontane, annullando le possibilità di interazione con chi è imprigionato, ostacolando il più possibile anche solo la vista del CPR.
Noi questo CPR -come gli altri- lo immaginiamo preso dalle fiamme della rabbia di chi è rinchiuso e vogliamo dare loro tutta la solidarietà e il coraggio possibile per la lotta verso la libertà. Sabato 22 febbraio alle 14 rompiamo l’isolamento al centro di tortura di stato CPR di Bari Palese.
Riceviamo e diffondiamo
Sabato 15 febbraio dalle ore 15
in via Ragusa
Nel carcere di Udine il sovraffollamento ha raggiunto un limite insopportabile, vi sono rinchiusi 180 detenuti a fronte di una capienza di 90 posti, dei quali ben 57 si trovano nella prima sezione, situata al piano terra, in condizioni di grave degrado ambientale con umidità, muffa, fili elettrici scoperti, mancanza di tubi di scarico nei lavandini. Questa sezione è quella dove vengono collocati i nuovi giunti, che vivono il trauma dell’entrata in carcere, i prigionieri che manifestano problemi di disagio mentale o di tossicodipendenza e dove ci sono le celle di isolamento.
Inoltre all’interno del carcere manca una copertura medica e infermieristica sulle 24 ore.
Però i lavori di “riqualificazione della struttura”, tanto sbandierati dai garanti comunali che si sono succeduti in questi ultimi anni, che prevedono l’allestimento di aule studio, laboratori e di una sala polifunzionale uso teatro, vanno avanti. I garanti hanno promosso lo scorso dicembre una “marcia silenziosa e non violenta”, con tanto di rosa bianca in mano, dal duomo al carcere “per festeggiare la conclusione dei lavori del polo culturale e didattico e dolersi per il mancato inizio lavori per la prima sezione”, come se questa ennesima negligenza fosse colpa del destino avverso, che è necessario propiziarsi, o di qualche divinità, e non una precisa responsabilità dell’amministrazione penitenziaria e dell’ASL che evita di controllare e di intervenire sull’area sanitaria.
A lavori ultimati dunque, la “società civile” di questa società distopica potrà provare l’emozione di andare a teatro dentro le mura del carcere, mentre nelle sezioni i detenuti vivono in condizioni disumane, patiscono maltrattamenti fisici e psicologici, vengono psichiatrizzati attraverso la somministrazione di psicofarmaci e metadone.
Il garante regionale, pragmatico, già direttore del carcere di Trieste, non si lagna, ha la soluzione per risolvere il problema del sovraffollamento: costruire “una nuova e moderna struttura carceraria in regione” in modo da realizzare “una sorta di bacino di espansione di fronte al flusso non arrestabile di persone detenute, flusso che non tenderà a decrescere nei prossimi mesi e anni”. Ecco, le persone che vengono imprigionate diventano un flusso…
Nei prossimi mesi ed anni lo Stato infatti, attraverso il Pacchetto sicurezza, la creazione di nuovi reati, le zone rosse, il proliferare dei dispositivi di controllo,… vorrebbe chiudere il cerchio del suo dominio, attraverso la guerra a poveri e marginali, a migranti e ribelli, alle persone detenute nelle carceri e nei CPR, mentre è sempre più attivo nelle guerre guerreggiate con l’industria bellica, le missioni militari, le imprese neo-coloniali, lo sfruttamento e la devastazione della Terra e del vivente.
Qua fuori, la città di Udine, già mostruosamente militarizzata, video-sorvegliata e blindata, è ora diventata una estesa zona rossa, invasa dalle forze dell’ordine, con una control room e un progetto comunale di istigazione alla delazione detto “sicurezza partecipata”.
Noi rifiutiamo di far parte di una società sottomessa che guarda un marchingegno illuminato mentre tutto va in rovina, vogliamo invece guardarci attorno, metterci in mezzo, cogliere gli sguardi dei fratelli e delle sorelle, dei compagni e delle compagne, lottare insieme per continuare a lottare, ancora e ancora…
SABATO 15 FEBBRAIO 2025 PRESIDIO SOLIDALE CON I DETENUTI DEL CARCERE DI UDINE
MUSICA, PAROLE, SALUTI, URLA DI LIBERTÀ E DI VICINANZA
Diffondiamo da No Cpr Torino
La violenza poliziesca non è fatta di soli manganelli; si manifesta anche attraverso l’ingerenza e l’invasività nel privato. Seguire gli spostamenti, osservare e ascoltare il quotidiano fanno parte di un odioso bagaglio di strumenti che la polizia da sempre mette in campo.
Ad oggi, però – attraverso intense partnership con paesi, come Israele, in grado di sviluppare sistemi di sorveglianza capaci di manomettere e accedere facilmente ai dispositivi mobili (smartphone, tablet e PC) – l’accesso da parte delle polizie e dei governi ad informazioni riservate, dettagliate e sensibili può rivelarsi estremamente più pervasivo di quanto si possa immaginare. Il sistema spyware PARAGON ne è un esempio. Il servizio fornito, invece, da Cellebrite è di diverso tipo ed è quello di cui vorremo parlare qui.
Decidiamo di scrivere questo testo – invitando a condividerlo ampiamente – perché riteniamo indispensabile fornire informazioni minime a nostra disposizione, che possano aiutare ad autotutelarsi dalla pervasività della sorveglianza da parte delle autorità.
Stante l’abbassamento dei costi di tali servizi di spionaggio e l’intensificarsi delle relazioni con le aziende del settore, tentare di rompere il velo di mistero attorno a tali strumenti ci sembra tanto doveroso, quanto necessario.
Ci sembra importante, innanzitutto, precisare che le persone a cui sono stati sequestrati e manomessi i telefoni vivono e si organizzano a Torino; qui, portano avanti un percorso di lotta contro la detenzione amministrativa (CPR) e penale e hanno preso parte alla mobilitazione contro 41bis ed ergastolo ostativo. Ciò rende lo sgradevole rapporto con la polizia e le sue indagini – quelle della DIGOS in particolare – abbastanza frequente.
Lo precisiamo non per attestarci un qualche palcoscenico nello spettacolo della repressione, ma perché vogliamo evitare di creare allarmismi e paranoie orwelliane sul controllo totale. Non pensiamo, infatti, sia in atto un controllo di massa. Piuttosto che chi decide di portare avanti lotte o anche solo pratiche di dissenso possa finire tra le maglie di queste forme di spionaggio e necessiti, quindi, di informazioni utili per tutelarsi.
I FATTI
Il 20 Marzo 2024 – a seguito del blocco di un volo di linea della Royal Air Marocc, con il quale stava per essere deportata una persona di origine marocchina dall’aeroporto di Malpensa – 3 smartphone vengono sequestrati dalla polizia di frontiera prima che il fermo di 5 persone si trasformi in arresto per 4 di queste.
Quel giorno, l’arrivo al Terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa fu scandito dalla fretta e dall’urgenza politica ed umana di tentare di impedire la deportazione. La macchina accostò – a una delle porte di ingresso dell’aerea partenze – 5 minuti esatti prima dell’orario previsto del decollo del volo per Casablanca. La valutazione del rischio, fatta da chi si trovava in quella macchina, non prevedeva: né che fosse così “semplice” e “realistico” bucare i cosiddetti sistemi di sicurezza dell’aeroporto ed arrivare alla pista di decollo, né che le polizie europee usassero i prodotti di spionaggio dei telefoni ideati in Israele da Cellebrite. Nei pochi secondi a disposizione, nell’imprevedibilità della situazione e considerando il bisogno di comunicare con solidalx, compagnx e avvocatx, venne scelto di portare 3 dei 6 telefoni presenti in macchina. Oggi sappiamo che quei 3 telefoni, poi sequestrati dalla polizia, sono stati spiati e manomessi per mano delle forze dell’ordine o suoi collaboratori, con modalità totalmente silenziate, mai ufficialmente comunicate e senza alcuna convocazione del perito informatico della difesa.
È difficile valutare se in quei pochi minuti, di corsa tra un macchina e un aereo, sarebbe stato possibile – o sensato – fare una scelta differente. Eppure, con questo breve testo invitiamo tuttx a tenere sempre a mente che esiste una zona grigia, alquanto sconosciuta, di utilizzo di tecnologie della sorveglianza da parte della controparte.
I TELEFONI
A tal proposito, e premesso che ci sono parecchi aspetti che non siamo ancora riusciti a chiarire, condividiamo invece quello sappiamo ad ora.
I telefoni al centro di questa vicenda sono degli Android abbastanza comuni, tutti e tre protetti da PIN (o sequenza), abbastanza recenti, aggiornati e con cifratura abilitata. Al dissequestro, i PIN di due dei tre telefoni sono stati trovati scritti a penna su un adesivo posizionato sul retro: non un buon inizio.
Uno degli strumenti che si utilizza in questi casi per dare un’occhiata ai dispositivi si chiama MVT (Mobile Verification Toolkit, https://mvt.re), che permette – riassumendo – di effettuare un’analisi forense consensuale, alla ricerca di indicatori di compromissione già noti. In questo caso non sono state subito trovate tracce note, ma MVT evidenzia anche eventuali altre stranezze come, nel nostro caso, la presenza di due file sospetti in un posto dove non avrebbero dovuto trovarsi.
Verificando la data di creazione di questi file – risultata successiva alla data del sequestro – abbiamo potuto dare per certa la compromissione del dispositivo da parte delle forze di polizia. Questo ci ha stupito perché fino a non molto tempo fa veniva ritenuto abbastanza macchinoso, e soprattutto costoso, superare determinate pratiche di sicurezza.
Dopo qualche ricerca – e a partire dai nomi dei file trovati ed i loro hash (identificativi univoci) – viene trovato e studiato un report pubblicato di recente da Amnesty International in cui compare lo stesso file (definito: falcon) su alcuni dispositivi sequestrati in Serbia.
Questo studio ci fornisce la possibilità di attribuire a Cellebrite – e in particolare al loro servizio UFED / Inseyets – l’operazione di manomissione dei telefoni; inizialmente sequestrati dalla Polizia di Frontiera a Malpensa, poi passati alla Procura di Busto Arsizio, poi chissà ancora dove ed infine ritornati a Torino.
Molti pezzi di questa singola storia sono ancora mancanti, sconosciuti e forse secretati. Ciò che ci preme chiarire è che per certo sappiamo che le Procure e le forze dell’ordine italiane hanno a disposizione le tecnologie di manomissione dei telefoni prodotte in Israele da Cellebrite.
A tal proposito lasciamo un link per chi volesse approfondire: https://discuss.grapheneos.org/d/14344-cellebrite-premium-july-2024-documentation
IL MODELLO ISRAELE E LE SUE PARTNERSHIP INTERNAZIONALI
Israele è da sempre un partner strategico, pressoché indispensabile, per l’Occidente, soprattutto in ambito bellico e securitario. Quello che questa storia contribuisce a delineare sono le conseguenze di un business ormai esistente da decenni, basato proprio sullo sviluppo e l’esportazione di tecnologie securitarie e repressive. Un percorso che, da una parte, vede enormi investimenti israeliani alla fase di sviluppo tecnologico e, dall’altra, ingenti finanziamenti da Europa e USA per acquisire il primato e l’esclusiva sul prodotto terminato.
Attraverso la sperimentazione sulla pelle del popolo palestinese, si ottiene la “miglior versione possibile”, soprattutto economicamente competitiva sul mercato. Da qui la riproposizione nel nostro contesto del “modello Israele”, autoritario, securitario e fondato sulla cultura del nemico interno ed esterno; un modello da importare non solo ai costi di mercato – sempre più accessibili – ma soprattutto al costo di una totale sottomissione e immobilismo delle cosiddette “democrazie occidentali” di fronte a 15 mesi di genocidio.
Nella speranza che ognuno possa cogliere da questa vicenda ciò che ritiene utile ai fini di incrementare il proprio livello di sicurezza, proteggersi dall’occhio dello Stato e dei suoi scagnozzi, nonché immaginare con creatività le proprie strade di lotta: vorremmo chiedere che a questa informazione sia data ampia diffusione.
PALESTINA LIBERA!
TUTTE LIBERE! TUTTI LIBERI!