UN SALUTO AL CPR DI TRAPANI MILO. SCIOPERI DELLA FAME, DELLA SETE E DEI MEDICINALI, RIVOLTE E VENDETTA DI STATO

Diffondiamo da Sicilia NoBorder:

Lunedì sera, un gruppo di solidali ha deciso di recarsi sotto le mura del CPR di Milo per mostrare solidarietà ai prigionieri in sciopero della fame, della sete e dei medicinali da più di una settimana.

Le ultime informazioni circolate da dentro parlavano di tentativi di suicidio. Di una rivolta, la notte di venerdi 28, che avrebbe comportato un danneggiamento alla struttura.

Di sequestro degli ultimi telefoni personali rimasti in mano diretta ai detenuti e del blocco delle comunicazioni con l’esterno anche tramite i telefoni del CPR, finora utilizzabili a pagamento, sorvegliati e con lungo tempo di attesa. Questi sono ora fuori uso e non si sa se e quando li aggiusteranno e renderanno di nuovo funzionanti.

Isolare definitivamente sembra essere la punizione scelta dallo stato di fronte al fatto che, nei giorni scorsi, è stato diffuso su alcuni media un video in cui si sentono chiaramente le aggressioni poliziesche e le invocazioni di aiuto da parte dei prigionieri, le loro grida. È chiaro il bisogno di chi tortura di non lasciar passare informazioni su come le persone recluse vengono maltrattate e disumanizzate.

Di fronte a tutto questo e al tremendo isolamento dei prigionieri, si è sentita forte l’esigenza di andare sotto quelle mura, per portare solidarietà e calore e provare ad ascoltare quello che succede lì dentro dalle stesse voci dei reclusi e poterlo così diffondere fuori.

Appena le solidali son arrivatx, è bastato qualche coro per sentire da subito i detenuti rispondere con battiture, urla e canti che invocavano libertà, ripetuti più volte nei minuti trascorsi insieme.

Nonostante il calore della solidarietà che questi scambi hanno suscitato, si percepiva chiaramente la stanchezza di chi non solo è sottoposto a una guerra quotidiana (“qui dentro è guerra”, continuavano a gridare), ma ha anche la forza di scioperare e resistere organizzandosi con i compagni.

E nel frattempo, le condizioni dentro continuano a peggiorare. Manca il cibo e addirittura la carta igienica.

Abbiamo sentito anche del silenzio nella sezione più vicina ai solidali: probabilmente si tratta della parte della struttura che è stata resa inagibile dalla rivolta di venerdi 28 e dalla repressione poliziesca che ne è seguita. Alcuni detenuti hanno dovuto dormire a terra nei giorni seguenti. Alcuni sono stati trasferiti al CPR di Brindisi. Facile chiedersi se da lì non passeranno invece presto in Albania, dove potranno diventare nuovamente merce fresca.

Hanno voluto riempire Milo per metterlo a pieno regime, per il loro profitto. Ci hanno portato anche persone che venivano da altri CPR del nord Italia in cui il telefono in sessione è conservabile. Le persone si sono ribellate al fatto che qui viene invece sottratto. E ora lo stato si scontra con questa nuova ingovernabilità. Infame, la vuole far pagare a chi è detenuto. I reclusi hanno confermato che le sette persone punite per le ultime rivolte sono state trasferite in carcere. I giornali parlano di resistenza a pubblico ufficiale, minacce e danneggiamento. Non lo si sa. Intanto stanno al carcere di Trapani. Un’altra persona è stata deportata direttamente via mare in Tunisia. Di nuovo, deportazione e anni di galera sono la vendetta di stato per chi prova a difendersi dalle torture.

Ricordiamo che la macchina della deportazione intanto continua incessante. Oltre ai voli settimanali per la Tunisia del martedi e del giovedì, sempre venerdì 28 è partito il solito volo mensile da Palermo verso l’Egitto. A differenza delle ultime volte in cui è stata l’italiana Aeroitalia a effettuare la deportazione, che ne effettua anche per la Tunisia, questo mese la compagnia è stata la croata Trade Air.

Dopo mezz’ora di dialogo, con l’interno gli scambi sono stati interrotti dalle sirene delle volanti della polizia che hanno iniziato a seguirci lungo la recinzione.

Ad aspettarci all’uscita c’era una macchina della digos a bloccare la stradina di campagna, pochi metri dopo sono arrivate altre volanti a chiuderci dai due lati della strada che stavamo percorrendo per raggiungere le macchine. Siamo rimastx bloccatx per un po’ ma dopo qualche coro e canzoncina, rigorosamente ripreso, si sono accontentati di identificare 5 persone e annotare le targhe delle macchine. Non sono mancati manganelli sguainati. Un carabiniere che proveniva da dentro il CPR aveva con sé un taser, confermando che è un’altra arma che hanno a disposizione lì dentro.

In quel momento a Milo, oltre a detenuti, guardie e solidali, c’erano solo le persone che vanno a giocare al Circolo del Tennis, ignare, indifferenti o complici del fatto che accanto a loro ci sia un carcere razzista dove si tortura (questo circolo si trova al civico n. 40/B di Contrada Milo Errante). Una vicina si è affacciata preoccupata, ma poi è tornata a chiudersi dentro casa.

Il silenzio di Milo è stato rotto solo dalle urla di chi si ribella e dellx solidali. Le sirene delle volanti e i manganelli degli sbirri sono un ennesimo tentativo di provare a isolare ancora di più i prigionieri reprimendo chi porta solidarietà diretta fuori dalle mura di questi luoghi infami. Manco a farlo apposta, qualche ora prima del saluto una parlamentare siciliana del PD ha visitato il CPR, accompagnata da un presidio della CGIL all’esterno (e portandosi dietro una maggiore presenza poliziesca intorno alla struttura che è rimasta anche nelle ore successive al suo passaggio.) Ci era già entrata nel gennaio 2024, sollecitata dal mondo dell’associazionismo. Aveva scelto di farsi accompagnare da una collega di partito che lavora per Badia Grande, la cooperativa sociale che si occupa di integrazione, “disabili e immigrati” e per anni ha avuto tra le mani la gestione del CPR di Milo. Ora la parlamentare si è detta scioccata dal fatto che le persone in questi luoghi siano detenute e non accolte. I giornali hanno ripreso queste dichiarazioni e dato il là all’ennesimo processo di mistificazione della realtà.

Per scrupolo, ci teniamo a ribadirlo: i CPR non hanno mai accolto, ma solo torturato e ucciso. Non c’è mai stato un parlamentare che li abbia fatti chiudere, sono piuttosto loro ad aprirli. Solo la rabbia dei reclusi, le loro rivolte e le fiamme da loro appiccate hanno reso inagibili queste strutture. Lo stato non accoglie, né in CPR, né in altri luoghi chiamati con nomi diversi (centri d’accoglienza, hotspot e via dicendo). Lo stato reprime e uccide, prova a tagliare e spezzare le catene della solidarietà tra oppressx.

E noi a tutto questo ci opponiamo.

Torneremo sotto quelle mura infami, chi lotta e si ribella dentro le patrie galere non verrà lasciato solo.

La liberté c’est d’abord dans nos cœurs

La liberté, la liberté

La liberté nous, ça nous fait pas peur

La libertà è in cima ai nostri cuori

La libertà, la libertà

La libertà a noi non fa paura

Ogni sbirro è una frontiera

Acab sempre e fuoco ai Cpr

Liberx Tuttx

NO ALLO SFRATTO DI CASA GALEONE!

Diffondiamo

IL GALEONE IN TEMPESTA

Nel 2022, venuti a conoscenza delle intenzioni di sfratto della proprietà nonostante non fossimo mai stati morosi e sussistessero noti accordi con il legittimo proprietario Arnaldo Natali, spalle al muro abbiamo deciso di opporci agli sfratti in sede processuale, forti delle nostre ragioni e delle evidenze che credevamo incontestabili.

Ci siamo imbarcati in un’impresa costosa, lunga e complicata su un terreno ostile che non è mai stato il nostro. In tribunale ci siamo sempre andati o perchè trascinati dalle guardie o per sostenere compagni/e inguaiati/e con la legge. Mai volontariamente a cercare “giustizia”. E così doveva rimanere.

Una volta saliti su questo carrozzone siamo stati travolti da schemi che ci hanno obbligato a contrarre la nostra attitudine al conflitto, sovradeterminando le nostre pratiche e sottraendo energia alle lotte e ai progetti per dedicarci alla raccolta fondi perché, a differenza della proprietà che ha a disposizione fondi illimitati piovuti dal cielo, noi possiamo contare solo sulle nostre forze e sulla solidarietà dei nostri compagni e delle nostre compagne.

Il 12/02/2025 nel giudizio n.r.g. 225/2024 la Sezione specializzata agraria del tribunale di Macerata ha emesso la sentenza in merito al procedimento sulla supposta finita locazione dell’immobile abitativo decretando l’obbligo del rilascio non oltre il 31 Maggio 2025.

Con la stessa ci condannano, inoltre, al pagamento delle spese legali sostenute dalla proprietà e al pagamento degli affitti non versati dal 2023 ad oggi.

Tutte le nostre richieste in merito alla natura del contratto, di fatto agrario e non di civile abitazione, e soprattutto a quelle relative a un importante controcredito che vanteremmo in seguito ai numerosi e dettagliati lavori di ristrutturazione sono state rigettate malamente.

Il 22/11/2024 nel giudizio 1119/2022-535/2023 r. g. vertenti, la corte d’appello d’ Ancona respinge il nostro ricorso condannandoci al rilascio della terra liberandola tempestivamente di ogni soprassuolo e ovviamente siamo stati anche condannati a rifondere spese legali e canoni. Abbiamo infine ricorso in cassazione sperando che, non essendo ancora andato in giudicato, avrebbe “puntellato” l’impianto delle nostre istanze in merito alla questione abitativa.

Un disastro.

Abbiamo infine offerto in extremis, per l’acquisto della casa, una cifra spropositata. Molto più alta del reale valore dell’immobile. Una cifra a cui, solo una manciata di mesi prima, la proprietà ci aveva chiesto di arrivare per la sua cessione e alla quale abbiamo ricevuto come risposta un laconico: “non esistono i presupposti per improntare una qualsivoglia trattativa”. Che tradotto probabilmente significa: “piuttosto la bruciamo”.

Che vi fosse un problema ideologico di fondo lo aveva candidamente confessato il loro avvocato, tale Michelangelo Seri di Civitanova Marche, dobbiamo dire a tratti più realista del re, che probabilmente dietro mandato della Luna srl ha cercato, nelle varie udienze, di inserire la questione politica e morale nel dibattimento. In particolare, durante le mobilitazioni in solidarietà dell’anarchico Alfredo Cospito ha millantato la nostra “pericolosità sociale” perché protagonisti di un’esperienza agricola comunitaria di stampo libertario, arrivando poi a ridicolizzarsi nel tentativo di stigmatizzare come esotico e ambiguo il nostro modello di vita in comune, e definendo inoltre “fantasie agresti” le nostre pratiche contadine.

Probabilmente il problema nasce quando, la non ancora erede Miriam Natali, durante una visita a Casa Galeone accompagnata dal fido Lino Sopranzi, commercialista con delega di amministratore di sostegno del vecchio Arnaldo oramai infermo, si imbatté nel nostro frigorifero a doppia anta. Sicuramente l’elettrodomestico che più di tutti gli altri manifesta il suo Antifascismo. Secondo il loro terzista pare che alla vista di tutti quegli adesivi colorati e inequivocabili, ne sia uscita particolarmente turbata… Il famoso problema ideologico di fondo.

Non vogliamo negare né la profonda tristezza, né la grande rabbia per questo sopruso, né l’oggettiva difficoltà a coprire le spese legali.

Sappiamo che difficilmente gli spazi di casa nostra saranno nuovamente abitati perché sull’immobile pendono una serie di vincoli oltre che una frana attiva che dovrebbero dissuadere anche il più sprovveduto acquirente, e quindi questi spazi così pieni vita, progetti, disagio, ricordi sono destinati all’abbandono, al silenzio.

Sappiamo che a breve la nostra terra che abbiamo trasformato da un campo arido e avvelenato in luogo fertile e ricco di biodiversità verrà riconsegnata all’agroindustria che in una sola stagione procederà allo sterminio dei micro-ecosistemi che vi erano rinati.

In questi giorni stiamo cercando disperatamente un altro posto dove continuare il progetto di casa galeone ma non è semplice. Per niente. Non è semplice immaginare un altro luogo dove ricominciare, organizzare un trasloco in odore di esodo, asportare tutti gli impianti e le migliorie approntate in questi anni, immaginare che una nuova bimba possa nascere proprio nei giorni dello sfratto e pensare di abbandonare un luogo a cui abbiamo dato così tanto e che così tanto ci ha dato. Non è semplice.

Noi comunque non molliamo e i conti non si chiuderanno di certo così.
Non riusciamo ad immaginare un altro modo di vivere e di lottare.

Vorremmo concludere citando testualmente il presidente della commissione speciale agraria del tribunale di Macerata quando per richiamare a gran voce gli avvocati e i suoi colleghi alla lettura dell’ultima sentenza dice:

ADESSO TOCCA AGLI ANARCHICI

CATALOGNA: NUOVO CASO DI INFILTRAZIONE POLIZIESCA NEI MOVIMENTI SOCIALI

Diffondiamo

È di oggi la scoperta dell’undicesimo caso di infiltrazione poliziesca nei movimenti sociali in Spagna: Álvaro Gaztelu Alcaire, sotto la falsa identità di Joan LLobet Garcia, dal 2019 al 2021 ha portato avanti un’attività di spionaggio a Lleida (Catalogna) all’interno del SEPC (Sindacato di studenti dei paesi catalani), Endavant (sezione ecologista) e Ateneo la Baula. Ha anche partecipato agli eventi della PAP (Piattaforma antirepressiva di ponente), e alle mobilitazioni contro l’incarcerazione del rapper Pablo Hesel.

«Con le ultime infiltrazioni, ci chiediamo: quanti ancora? Non abbiamo una risposta, ma abbiamo chiaro che già sono troppi! (…) Le infiltrazioni sono una pratica abituale: gli ultimi casi riconfermano l’idea che si passano il testimone l’un l’altro, condividono informazioni e utilizzano alibi e infrastrutture comuni. Uno va quando un altro, o più, sono già sul posto e la loro infiltrazione ha iniziato a consolidarsi. Vogliamo chiarire che questa pratica dello Stato riguarda tutti noi: non è qualcosa di nuovo o isolato, è il modo in cui lo Stato lavora per distruggere i movimenti sociali e politici, un ulteriore meccanismo di repressione e controllo poliziesco. Non permettiamo che l’infiltrazione della polizia e le violazioni della vita di così tante persone si normalizzino a un livello così grave. Non normalizziamo la TORTURA come strumento repressivo dello Stato, né la brutale repressione della dissidenza politica. Continueremo a lottare e a denunciare queste pratiche fino all’ultimo, fino a quando non le avremo trovate tutte. Perché, se abbiamo imparato una cosa, è che fanno degli errori e sappiamo già come sbrogliare la matassa per scoprire le loro montature e le loro bugie. UNITX CONTRO LO SPIONAGGIO DI STATO»

Fonti:

ACCIÓ contra l’espionatge d’estat

La Directa

CPR DI MACOMER: PERQUISIZIONI, DENUNCE E FOGLI DI VIA

Diffondiamo

Oggi alcuni solidali si sono presentati di fronte al cpr di Macomer per portare un po’ di vicinanza ai reclusi. Al loro arrivo hanno trovato una jeep dei carabinieri e, ai tentativi di comunicazione con i reclusi, c’è stata una risposta, subito silenziata da una camionetta della celere già presente dentro.
Le forze dell’ordine hanno immediatamente bloccato i solidali, pretendendo di portarli in caserma per effettuare foto segnalazioni  e delle perquisizioni personali più accurate delle compagne presenti, nella ricerca di armi.
I solidali si sono negati di spostarsi in caserma e, dopo aver minacciato di trattenerli sino a notte,gli sbirri hanno proceduto alle perquisizioni personali e delle auto sequestrando diverso materiale, sono stati notificati fogli di via e diverse denunce.

Nel lager di Macomer sono al momento recluse una cinquantina di persone, la maggior parte portati da altri cpr per motivi punitivi. Si trova in un posto isolato, difficile da raggiungere e costantemente presidiato dalle forze dell’ordine, che impediscono a chiunque di avvicinarsi a meno di 500 metri. Alle persone recluse viene costantemente impedito di contattare avvocati, accedere al telefono, ricevere pacchi. Ad ogni saluto, la repressione e il tentativo di silenziare la solidarietà aumenta. Ma i legami si rafforzano, i cpr continuano a bruciare, e noi restiamo al fianco di chi lotta per la libertà.

SALUTO AL CARCERE DI TARANTO

Diffondiamo:

“Un manicomio di pazzi” così, il SAPPE nel 2018 definiva il carcere di Taranto.
“Un vero e proprio manicomio con detenuti pazzi con licenza d’uccidere poiché tanto non pagheranno nulla”, così continuava nella sua orribile descrizione.
Questi “pazzi” secondo il sindacato sarebbero la causa dei continui disordini che si registrano nel carcere di Taranto, uno tra i carceri di grandi dimensioni più affollati d’Italia, con 940 detenut* su una capienza di 500, di cui 720 definitiv*, costrette a scontare lunghe pene in condizioni di disagio.

Dal 2018 ad oggi non è cambiato molto, neanche le scuse usate dalle istituzioni per giustificare le condizioni disumane delle galere. Una relazione del Procuratore Generale della Corte d’appello di Lecce evidenzia come il sovraffollamento non è il problema principale, ma lo sarebbero appunto i cosiddetti pazzi dal Sappe. L* detenut* affett* da disturbi psichiatrici sono 52 secondo il report e l* detenut* in affidamento al serd intramurale, poiché (ex)consumatori di sostanze, sono 258.
Dal report sappiamo anche che dal 1 luglio 2023 al 20 giugno 2024 non si sono verificati suicidi ma ci sono stati ben 27 tentati suicidi, 18 aggressioni ai secondini e 12 risse tra detenut* e qui sentiamo un’ altra lagna dal sindacato: “Per la capienza regolare della struttura (500 posti) servirebbero 349 guardie, il personale in servizio attivo per 940 detenut* invece raggiunge solo 311 e, ancora più importante, l’età media è di 46 anni… chiedetevi: perché nessun* vuole fare l* sbirr*?

Hanno distrutto un territorio, il bello che è rimasto stanno cercando di svenderlo come stanno provando a fare col fiume Tara, dove l’Acquedotto Pugliese vuole costruire un “impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del fiume Tara” vendendolo come un progetto che porterà acqua potabile a 385.000 persone, ma che sappiamo bene che porterà solo speculazione e distruzione.
Siamo tossic*, delinquent* e pazz* per colpa vostra, siamo malat* per colpa vostra: secondo un report scientifico del 2020 pubblicato su Nature nel 2024, I bambini di età compresa tra 6 e 11 anni identificati nei comuni di Taranto/Statte avevano una prevalenza statisticamente significativa più alta di bambin* affett* da autismo (ASD) rispetto ai bambin* di altri comuni.

I risultati osservati in questo studio sono indicativi dell’associazione tra la vicinanza residenziale alle strutture industriali che emettono inquinanti atmosferici (Ilva) e una maggiore prevalenza di ASD.
Speriamo ci saranno sempre meno sbirri per le vostre carceri e purtroppo, tra zone rosse e repressione in aumento, ci saranno sempre più pazz*, tossic* e delinquent* in quei posti, le vostre carceri crolleranno e noi speriamo di essere ancora lì fuori a supportare chi si rivolta e combatte per farle crollare.
Per questo, la sera del 28 marzo, un gruppo di solidali ha voluto portare un po’ di sana pazzia fuori dal carcere di Taranto, con cori,fuochi e un piccolo discorso si è sovvertita la monotonia e distanza che regna sovrana nei luoghi di detenzione.
Un’ immediata risposta è arrivata dall’interno con cori e battiture, abbiamo sentito la gratitudine dellx reclusx che ci hanno anche avvisatx dell’arrivo delle guardie data la loro posizione di maggiore visibilità. Il loro calore ci ha ricordato ancora una volta quanta potenza, vicinanza e complicità può esplodere con un gesto così piccolo come un saluto.

Solidarietà a l* compagn* fermate e denunciate a Taranto la notte tra il 12 e il 13 marzo.
Tutt* Liber*
Pazz*, tossic* e delinquent* a volte anarchic

BRINDISI: RESOCONTO DEL PRESIDIO AL CPR DI BRINDISI RESTINICO

Riceviamo e diffondiamo

Mercoledì 19 marzo un gruppo di solidali è stato fuori dal CPR di Brindisi Restinco per un breve saluto allx reclusx. Come altri cpr sul suolo italiano, il luogo si trova fuori dalla città, in un’area militarizzata, con alti muri di cinta e pali ancor più alti muniti di telecamere 360°.  La struttura detentiva si trova nello stesso vetusto complesso del CARA, separata all’interno da un altro muro. É paradigmatico del trattamento delle strutture detentive (non solo per soggetti migranti) in questo paese l’aver non solo relegato in remota periferia il CPR/CARA, ma anche la virtuale impossibilità di trovarne traccia sulle mappe, che riportano solo la dicitura “CARA”. Questo è per noi un ulteriore tassello dell’invisibilizzazione e marginalizzazione delle persone deportate in questi luoghi e, perché no, della loro disumanizzazione agli occhi della cosiddetta “società civile” tutta.

Lx solidalx hanno iniziato a gridare cori di solidarietà a cui subito è arrivata risposta da dentro, colpi sulle celle e grida che dicevano “libertà”, “aiuto” e “siamo bambini”. Si è provato a chiedere cosa intendessero con quest’ultima frase ma non si è ricevuta risposta e non si sa bene come interpretarla, probabilmente è in riferimento al fatto che ci sono persone molto giovani rinchiuse lì dentro. Lo scambio è durato poco e sono stati portati i saluti anche dallx compagnx di Napoli e tutta la solidarietà possibile ad M e A, che sono ora rinchiusi nel cpr di Brindisi. Loro vivevano a Napoli da decenni, prima di essere arrestati dopo un blitz nell’ex-chiesa in cui dormivano con altre persone, portati nella questura di Napoli e subito dopo nel cpr. Poco importano le situazioni personali e familiari di M e A: il giudice di pace ha da poco confermato la convalida delle loro detenzioni. L’obiettivo è sempre quello, rinchiudere e deportare chi non ha i “buoni” documenti, ancora di più se è poverx e non biancx. La storia di M e A mostra anche che i cpr sono utilizzati anche per quei territori, come Napoli, in cui non ci sono centri di espulsione. La logistica della detenzione e dell’espulsione funziona senza sosta e in ogni punto del territorio, bastano uno sbirro zelante, un controllo di documenti, una cella di sicurezza in una questura.

Questo avviene ancor di più nei centri urbani, attraverso l’ introduzione delle zone rosse, volte all’ allontanamento dei soggetti “pericolosi”, parcheggiatori abusivi, o comunque gente marginalizzata dalle piazze che ancora non sono turistiche, come stiamo vedendo accadere a Bari.

Per questa ragione,come rete attiva sul territorio contro ogni struttura detentiva, sentiamo la necessità di opporci all’inasprimento della repressione che tutela il mantenimento del divario fra la città vetrina e il ghetto, attraverso la costruzione di ponti e relazioni fra chi combatte ogni giorno per espandere il fuoco della solidarietà.

 

TORINO: PRESIDIO SOTTO LE MURA DEL CPR E ASSEMBLEA PUBBLICA

Diffondiamo:

I CPR BRUCIANO ANCORA:
CONTRO IL RAZZISMO DI STATO E I SUOI COMPLICI

PRESIDIO SOTTO LE MURA DEL CPR
DOMENICA 30 MARZO ORE 14.30
C.SO BRUNELLESCHI ANGOLO VIA MONGINEVRO

Dopo due giornate di presidi e cortei per le strade adiacenti al Cpr di corso Brunelleschi, che hanno bloccato la normalità del quartiere di Pozzo Strada per qualche ora e dimostrato la propria ostilità nei confronti della riapertura di un lager di stato, sentiamo la necessità di continuare a stare sotto quelle mura per portare solidarietà a chi viene privato della libertà.

Poco più di due anni fa, il CPR di Torino veniva distrutto dalla rabbia dei reclusi, rendendo materialmente più fragile un tassello della macchina delle espulsioni. Dopo quelle infuocate giornate invernali, numerose sono state le rivolte, le evasioni e gli scontri con la polizia, che hanno caratterizzato e continuano tutt’ora a scandire la quotidianità all’interno dei centri di detenzione amministrativa. Per due anni Torino è stata privata di uno strumento di tortura e deterrenza verso le persone senza un documento europeo; ora il governo italiano, con la complicità del nuovo ente gestore Sanitalia, a partire dallo scorso lunedì 24 marzo ha reso di nuovo operativo il Cpr per continuare a propagandare e guadagnare sulla vita delle persone razzializzate e povere.

Sta a noi cercare di ostacolare il razzismo di Stato e rendere la solidarietà il più tangibile possibile: è sempre più urgente e fondamentale provare a stare in strada, creare nuove complicità e supportare chi è costretto a subire la violenza strutturale della detenzione amministrativa.

CAGLIARI: I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO. CONTRO TUTTE LE GALERE

Diffondiamo:

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO
CONTRO TUTTE LE GALERE
CAGLIARI – 29 MARZO ORE 18
Spazio Opposto (Via Martini 23)

La Sardegna, da sempre colonia dello stato italiano, ha visto gran parte del suo territorio sottratto almeno parzialmente ai suoi cittadini in forme differenti nei diversi periodi storici. Luogo di punizione per i pubblici ufficiali che avevano trasgredito alle regole sino alla fine degli anni ’60, luogo di deportazione per i rom durante il periodo fascista (un campo era stato allestito a Perdasdefogu); luogo di deportazione (il carcere dell’Asinara) per i prigionieri politici negli anni ’70-’90; luogo di addestramento interforze (in Sardegna si trova il 60% del territorio militare italiano) e dei servizi segreti (Gladio). Luogo di sviluppo di industrie inquinanti (per esempio la Saras, la più grande raffineria del Mediterraneo), industrie di armi (Leonardo e RWM), aziende del Mossad (Telit), o di devastazione a causa delle imprese green costruttrici di pale eoliche (Terna e c.); sino all’avvento del turismo di massa che, oltre a sottrarre case e portare sfruttamento,esclude i cittadini da zone particolari che restano dedicate solo ai turisti che se le possono permettere.

In un contesto di questo tipo è evidente che le carceri, quasi sempre distanti dai centri abitati, ma da sempre presenti, hanno la funzione, dati anche l’habitat relativamente disperso e i collegamenti non facili, di ribadire che la Sardegna è un luogo in cui si può essere deportati e in cui si può rimanere completamente isolati, esattamente come in una Cayenna. Non a caso nelle strutture detentive dell’isola sono concentrate un gran numero di persone detenute in regime di Alta sicurezza, nonché di coloro che sono detenuti in regime di 41 bis. Un regime di tortura e annientamento all’apice del sistema repressivo dello Stato italiano.

Il potere, in un contesto di preparazione di una guerra capitalista tesa ad evitare una possibile guerra sociale, certamente più dolorosa per il sistema, definisce nuovi nomi e nuove funzioni per i luoghi e introduce le zone rosse, sperimentate in qualche modo nel periodo COVID. Zone sterili, prive non solo fisicamente di nemici sociali e quindi assolutamente conformi alle leggi del potere.

Il CPR di Macomer riassume in sé stesso questa assai sommaria descrizione.

Macomer, situato nel centro della Sardegna, distante dai principali centri abitati, era sede di uno dei Centri Addestramenti Reclute dell’Esercito italiano, in cui talora si veniva destinati per motivi punitivi. Alla fine della leva obbligatoria, rimane una struttura militare (con anche dei settori interforze) ma il paese riacquista il suo ruolo originario nel 2014 con l’apertura di un carcere speciale per “terroristi islamici” nel periodo in cui il nemico era Al Qaeda. Il carcere venne fatto chiudere dalla CEDU per la mancanza dei requisiti minimi previsti dalla UE e, senza ristrutturazione alcuna venne riaperto da Minniti nel 2019 come CPR. La struttura affidata tramite bandi gestiti dalla prefettura ovviamente in maniera “superficiale” è passata tra diverse mani famigerate (ORS, Ekene e ora Officine Sociali) rimanendo sempre lo stesso lager, in cui sono frequenti le rivolte represse con la violenza da tutte le forze dell’ordine presenti (PS, CC e GDF) e dall’esercito. Se nel primo anno di esistenza del CPR chi tentava di avvicinarsi veniva denunciato, negli ultimi due anni il questore Polverino ha decretato la sua zona rossa, estesa a tutta la provincia di Nuoro) emettendo fogli di via per tre anni per tutti coloro che vanno a portare solidarietà ai prigionieri o a tentare di comunicare con gli abitanti del paese e denunciandoli quando partecipano a qualsiasi iniziativa anticarceraria in provincia. Sono almeno una quindicina i fogli di via + emessi negli ultimi due anni: un numero elevatissimo viste le dimensioni del movimento, che continua a lottare anche grazie a chi decide di accollarsi altre denunce per violarli.

In definitiva la lotta contro il CPR è parte integrante della lotta contro tutte le facce del sistema in Sardegna: quella che devasta l’ambiente, quella che si prepara agli stermini di popolazioni, quella che rende parte dell’isola un paradiso per chi ha denaro e un inferno per chi viene sfruttato all’interno del paradiso. Quella che prepara luoghi di annientamento di intensità e forme diverse per chi, in maniera diretta o indiretta, non può accettare lo stato di cose presenti e pertanto deve essere non visibile a nessuno per non turbare, per chi ha eletto il consumo a suo stile di vita, la vivibilità di un’isola considerata tra le più “belle” del mondo, perché si fa finta di non conoscere l’intensità dello sterminio che viene protratto nel suo interno.

PERQUISIZIONI A PISA E CARRARA

Diffondiamo

All’alba di mercoledì 26 marzo 2025 hanno avuto luogo, nelle città di Pisa e Carrara, due perquisizioni domiciliari per gli articoli 110, 56, 424 del cod. pen., aggravati dall’articolo 270 bis 1, in merito all’avvenuta collocazione di un ordigno incendiario presso il tribunale di Pisa rinvenuto dalle forze di difesa dello Stato italiano nel febbraio del 2023. Fatto quest’ultimo che si inseriva nella vasta mobilitazione in solidarietà con Alfredo Cospito contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo.

L’indagine, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Firenze, vuole, come d’altronde tutte le indagini contro il movimento anarchico, minacciare i rivoluzionari e lo spirito d’iniziativa che li contrassegna.

La lotta continua.

Gli indagati

TRIESTE: PRESENTAZIONE HAIKU SENZA HAIKU

Diffondiamo:

Il prigioniero anarchico Juan Sorroche si trova nella sezione di alta sorveglianza del carcere di Terni dal 2019 e nell’autunno 2023 ha lanciato un appello a inviare scritti di versi e immagini per creare un dialogo con le persone recluse, per non smettere di lottare, di sognare, di immaginare e realizzare infiniti mondi nuovi!
Un pomeriggio in strada con la poesia dal basso – per presentare il progetto Haiku Senza Haiku-Versi scatenati: creare in modo non meccanicistico le condizioni adatte per un incontro di poesia povera, perché “la poesia non è un lusso”, uno stare assieme per creare ponti non alienati con l’altro, fare due chiacchiere, mangiare e bere, sorridendo o piangendo per conoscersi e riconoscersi nella diversità.

Sabato 5 aprile 2025, Trieste, Campo San Giacomo dalle 16


Assemblea permanente
contro il carcere e la repressione
del Friuli e di Trieste

liberetutti@autistiche.org