Ferrara: rider in coma. L’azienda: “caso risolto, la pratica è stata gestita”

03 Aprile 2021

Fonte: https://bologna.repubblica.it/cronaca/2021/04/03/news/ferrara_rider-294908967/

FERRARA  – E’ caduto mentre in bicicletta stava effettuando una consegna e ora è ricoverato all’ospedale ferrarese di Cona in coma farmacologico. Protagonista della vicenda, un rider 23enne di origine pakistana che adesso – lamenta la fidanzata  – si trova a combattere anche con la burocrazia del lavoro: per aprire la pratica di infortunio, infatti l’azienda per cui effettua consegne, Deliveroo, chiede che sia comunicato il suo codice identificativo. Che solo lui conosce e che non può essere comunicato a voce, essendo in coma. […] Il caso è stato reso noto dall’appello, lanciato su La Nuova Ferrara, dalla fidanzata del giovane fattorino: è risultato inutile fornire nome, data di nascita, fotocopia del documento, visto che, dice, “questi ragazzi sono ridotti a un numero“, il cosiddetto ‘Id Rider’ […] I fatti risalgono al primo pomeriggio di martedì scorso quando il 23enne stava pedalando per lavoro lungo le vie di Ferrara e, per evitare un’auto, è caduto. Portato in ospedale, svolte le analisi e gli accertamenti del caso, il ragazzo è tornato a casa ma poi, continuando a stare male, è stato portato dal 118 all’ospedale di Cona dove hanno scoperto una perforazione intestinale, operata d’urgenza. […] Dall’azienda, che fornisce tutela in caso di infortuni durante le consegne, è stato detto alla fidanzata che, per l’apertura della pratica, non si può fare nulla senza il codice Id del rider. Un inghippo burocratico che fa riemergere le condizioni di scarse tutele in cui lavorano i ciclofattorini. La pratica si è poi mossa. Caso risolto, ora c’è solo da sperare che le condizioni del rider migliorino. […] “La pratica infortunistica è stata gestita e trasmessa all’Inail in linea con quanto previsto dalla normativa: il ‘rider id’ non è un dato necessario per avviare la pratica. Il rider è assicurato e confermiamo che la pratica è stata gestita – comunica l’azienda in una nota.


“Nessuna risposta e nessuna assistenza umana.” Tra le dichiarazioni rilasciate dalla ragazza.
Insomma una società a portata di click dove a 23 anni per alzare due soldi finisci a fare un lavoro pericoloso senza nessuna forma di tutela. In coma farmacologico senza nessuna assistenza o contatto da parte dell’azienda, che infine, posta sotto i riflettori, risolve tutto con lo stesso click: “la pratica è stata gestita”.

Una lettura per riflettere su questo particolare “inghippo burocratico”, come viene definito nell’articolo senza nemmeno provare vergogna.

“Consegne a domicilio, anzi, in qualsiasi domicilio geolocalizzabile, di qualsiasi merce immaginabile. Questa era vera libertà! Che magnifico periodo! Ma poi qualcosa cominciò a guastarsi. Dapprima sembravano semplici errori locali, disturbi del tutto puntuali di un sistema sempre più preciso ed efficiente. Poi, improvvisamente ma decisamente, la situazione peggiorò. “

“Prima ancora, cominciò a diventare difficile dimostrare di essere se stessi, perché, per timore di furti di identità, odiatori e altre spiacevoli evenienze, i sistemi di sicurezza cominciarono a farsi sempre più esigenti. Non si limitavano a chiedere un numero di cellulare aggiuntivo, il nome da nubile della mamma o la conferma di almeno tre amici, nome, cognome e indirizzo, per resettare la password. Cominciarono a chiedere scansioni della retina. Riconoscimento facciale per punti di densità. DNA della cacca del cane con cui vivi, del gatto, di altri eventuali animali di compagnia. E nessuno fu più certo di poter accedere ai propri profili disseminati in Rete… nei cloud, nelle nuvole… “

Da: https://ima.circex.org/storie/0-intro/index.html
Agnese Trocchi ~ Internet Mon Amour ~ CC 4.0 (BY-NC-SA)

Complici e solidali con chi lotta

L’escalation repressiva “di strategica valenza preventiva” iniziata a marzo scorso con la proclamazione dello stato d’emergenza sta mostrando tutto il suo volto e colpendo tutti i piani del movimento.

Ora il pugno sempre più duro sulle lotte operaie, perché stanno alzando troppo la testa e tenendo aperti diversi fronti di lotta con resistenza e determinazione. Misure cautelari per aver scelto di non rimanere chini a subire. 21 perquisizioni, 5 divieti di dimora per resistenza aggravata, lesioni e violenza privata.

La macchina della repressione ha sempre pronto come ribaltare il senso della violenza per criminalizzare chi sceglie di difendersi.

Si entra a casa della gente sempre più facilmente, si sequestrano computer, cellulari, si incarcera.

Nell’ambito di una profonda crisi economica e sociale destinata ad ampliarsi in maniera esponenziale lo Stato mostra il suo volto affrontando in termini di repressione chiunque si opponga apertamente alle condizioni di sfruttamento cui è sottoposto. Colpire forte perché sia d’esempio e da monito per tutte e tutti.

Quest’ennesima operazione repressiva dimostra come il carcere, strumento di gestione delle diseguaglianze e del conflitto sociale, stia diventando ogni giorno sempre di più un orizzonte concreto per gli oppressi e le oppresse e per chi ha scelto di lottare.

Chi saranno le prossime e i prossimi?

Ciò che sta succedendo è lo specchio di ciò che avverrà esponenzialmente sempre più. Tutte le menzogne democratiche di un sistema patriarcale basato sul dominio si stanno svelando. Si sta giocando una partita epocale tra chi è disposto a lottare per la riappropriazione della propria vita e contro ogni forma di oppressione, e chi porta avanti un sistema predatorio che annienta la vita di persone, territori e comunità , ed è pronto a reprimere duramente chiunque sia disposto a metterlo in discussione.

Un messaggio invece è importante che emerga chiaro, se colpiranno forte, colpiremo ancora più forte, diciamo a questa gente che non staremo fermi a subire mentre il cappio ci si stringe intorno.

Complici e solidali con chi lotta

ARAFAT E CARLO LIBERI SUBITO