BOLOGNA 8 MARZO: SAREMO TUTTE LIBERE SOLO QUANDO TUTTE SARANNO LIBERE

Contro la guerra, contro la pace, del patriarcato, dei produttori di armi, delle stragi sul lavoro, nelle carceri, alle frontiere
Stragista è lo Stato non chi lo combatte! Alfredo, Anna, liberx tuttx
Contro le basi Nato in Sardegna e ovunque! Con le compagne in lotta
Scalinata del Pincio, Bologna.
Saremo tutte libere solo quanto tutte saranno libere. Fuoco alle galere

Di seguito un testo scritto da alcune compagne l’anno scorso, ristampato e distribuito con qualche piccolo aggiornamento legato al contesto attuale, l’8 marzo 2023 a Bologna.

NIENTE DA SPARTIRE

– Niente da spartire nè col machismo omofobo, transfobico, misogino e assassino di Putin, nè con la chiamata alle armi degli alleati Nato, pronti a dividersi il mondo a costo di un bagno di sangue.

– Niente da spartire con le analisi geopolitiche, non è affar nostro scegliere sull’altare di quale stato e a quali interessi si può sacrificare la vita delle persone.

– Niente da spartire con i mercanti e produttori di armi, prestigioso comparto dell’export Made in Italy che fanno soldi a palate e non hanno cessato i loro sporchi traffici neanche un giorno in piena pandemia, attività essenziali, dicevano, mentre milioni di persone vivevano confinate nelle loro case senza deroghe a costo di sofferenze mentali e fisiche.

– Niente da spartire con l’economia della guerra su cui il capitalismo strutturalmente si regge.

– Niente da spartire con lo spettacolo della guerra. I media sciacalli vanno in cerca instancabilmente di immagini e storie tragiche da dare in pasto all’opinione pubblica al servizio della propaganda guerrafondaia dell’Occidente.

– Niente da spartire con le retoriche del pietismo e dell’eroismo dei politicanti di turno sulla pelle delle donne ucraine,
che fino a quando non sono diventate funzionali alla narrazione dei governati di casa nostra erano invisibili, democraticamente sfruttate e ricattate col cappio al collo dei permessi di soggiorno.

– Niente da spartire con il razzismo dell’accoglienza per cui sulla linea del colore si decide chi far passare e chi far inseguire coi cani alle frontiere e far morire in mare.

– Niente da spartire con i signori del nucleare e della guerra (che sono gli stessi, fatalmente) quelli che di mestiere producono devastazione ambientale e morte. Sono il problema e non la soluzione.

– Niente da spartire con chi ha fatto dei nostri territori una polveriera disseminando basi Nato massicciamente nel sud dell’italia e nelle isole,e reprimendo duramente chi vi si oppone. In queste periferie dell’impero, a Taranto, in Sardegna e in Sicilia le acciaierie e l’industria pesante avvelena e fa ammalare ad ogni respiro e uno dei motivi per cui non si può dismettere è la natura “strategica” della produzione per l’autarchia dell’industria bellica.

– Niente da spartire col silenzio complice di tanta società “civile” di fronte ad uno Stato che pur di difendere un dispositivo di tortura, sta uccidendo un compagno nelle patrie galere.

Sappiamo di vivere in un mondo che si regge sulle stragi in mare, al lavoro, nelle carceri, nelle case, nei campi di concentramento ai confini dell’Occidente in cui milioni di persone vengono usate come strumenti di pressione e merce di scambio, una guerra a bassa intensità in cui, come per la pandemia, il problema dei governanti è stabilire quante morti e quanta sofferenza è “tollerabile” dalla società civile come danno collaterale procurando di spostare il limite sempre un po’ più in là. Sappiamo altresì che la rimozione collettiva di questa ferocia serve allo Stato per conservare saldamente il primato della violenza.

Guerra alla vostra guerra e Guerra alla vostra pace

CESENA: SOLIDARIETÀ AI COMPAGNX COLPITI DALLA REPRESSIONE PER I FATTI DEL CORTEO CONTRO IL GREEN PASS

Con colpevole ritardo condividiamo questo manifesto  in solidarietà ai compagnx colpiti dalla repressione per i fatti del corteo contro il green pass a Cesena il 13 novembre 2021, e un testo portato quel giorno.


Un testo portato da alcuni compagnx il giorno del corteo, che integra materiale proveniente da differenti contributi, in particolare condivisi su le Brughiere, scritti nati da collettivi ed individualità che si sono interrogate sui problemi quali greenpass, autotutela della salute, sfruttamento in ambito lavorativo e criticità rispetto ad una Scienza presentata come monolite perfetto o neutro. Per ricordare, a dispetto del processo di rimozione collettiva.

Torniamo in strada – Corteo a Cesena

A riprova di quest’ultima antinomia endemica, Stato e padroni non prendono in considerazione un cambiamento strutturale ma cavalcano in ogni ambito un soluzionismo tecno-scientifico che avrà solo l’effetto di rendere invisibili le contraddizioni strutturali dell’organizzazione capitalista all’interno delle città e nei luoghi dello sfruttamento di massa. La retorica militare della “guerra” al virus, trasversale a tutte le forze politiche ed economiche, rende chi per qualunque motivo non ha le carte in regola, chi non è conforme, chi si ribella ad un ulteriore strumento classista e discriminatorio, un nemico interno.
Ciò che è grave è la legittimazione di un’ulteriore estensione del potere datoriale sul corpo dei lavoratori (di fatto, già consegnato a Stato e padroni) sulle condizioni di salute e le scelte di natura sanitaria, sfere che fino a prima di questa emergenza trovavano dei limiti quanto meno formali.
Si tratta di un’ulteriore stretta autoritaria nel mondo del lavoro e più in generale nella società, un pericoloso precedente, che non riguarda esclusivamente la minoranza relativa di chi non vuole/non può vaccinarsi. Le norme messe in campo appaiono infatti più legate ad un interesse che libera i padroni da ogni responsabilità scaricandole sui singoli, che alla reale volontà di tutelare la salute delle persone che le subiscono. Essere contro la coercizione e l’obbligo vaccinale non ci impedisce di interrogarci sulla necessità di tutelarci dal contagio del virus, soprattutto per quanto riguarda chi è più esposto e vulnerabile nei luoghi di reclusione e dello sfruttamento di massa, dove le relazioni sono imposte e non volute.
E’ evidente che dove non c’è spazio per la soggettivazione e la cura reciproca, per la relazione e il consenso, si fa strada la burocrazia e la coercizione, e che a pagarne il prezzo, oggi come ieri, saranno sempre e comunque tutte quelle vite già discriminate, considerate di scarso valore o ritenute “improduttive”. Lo stesso Stato che ha sempre tutelato solo e soltanto gli interessi dei padroni, tenta oggi d’un sol colpo di pulirsi la coscienza sbandierando un’ipocrita volontà di proteggere i più fragili, quando l’eccezionalità della pandemia nel contesto capitalista ha reso evidente quanto i profitti legati alle merci siano sempre venuti prima delle persone. La diffusione globale del virus ha viaggiato infatti in business class alla stessa velocità dei numeri in borsa, non annegando sui barconi nel mediterraneo. Ma le morti contano solo se hanno effetto sui mercati, le vite valgono soltanto se è possibile metterle a profitto.
Inoltre, una riflessione critica alla scienza e alla cura nel contesto capitalista che sia realmente antiautoritaria non può sedersi sul proprio privilegio e ridursi ad un’amputazione ideologica della realtà, la trama complessa dei contesti di sfruttamento è infatti composta da molteplici oppressioni. Irrompono nel dibattito collettivo le problematicità legate alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, al capitalismo della sorveglianza, al mercato delle tecnologie legate alla salute, al corpo e alle relazioni in mano a grandi multinazionali, nonché l’ambiguità di una scienza mercificata e subordinata al profitto. Emerge come la tecnologia industriale si sia servita del lavoro di milioni di lavoratrici e lavoratori per creare la ricchezza della “classe dirigente” che aliena, sfrutta e tortura, mentre i corpi oppressi sono ridotti ad oggetti e funzioni in relazione a chi detiene i maggiori privilegi sociali ed economici.
Si tratta di mettere in luce le interrelazioni tra le diverse oppressioni che stanno attraversando la vita di milioni di persone in un contesto di sfruttamento sistemico, globalizzato e interconnesso. Mentre gli ambienti di vita e di lavoro diventano sempre più piccoli, ristretti e atomizzati, aumenta e si amplifica a dismisura la varietà della divisione del lavoro e dello sfruttamento. La drastica riduzione degli spazi fisici di soggettivazione ha spostato l’alienazione dei Tempi moderni di Chaplin, dalle fabbriche all’individuo.
Fa da contraltare a questo isolamento dei corpi sempre più stringente, un sistema di sfruttamento capillarizzato ed in costante crescita. In tutto questo il green pass tutela soltanto gli interessi dei soliti noti: liberi si, ma di tornare a sfruttare, mentre le disuguaglianze che hanno segnato la pandemia sin dall’inizio continueranno ad esistere e i profitti sulla pelle di chi è sfruttato non verranno mai messi in discussione. L’emergenza si è rivelata un’occasione epocale di attacco alle condizioni di vita di milioni di sfruttati ma la deriva dominante è un becero attendismo progressista, composto e democratico.
Nonostante gli ultimi due anni abbiano messo in luce tutta la ferocia che sottende al mantenimento di questo sistema di sfruttamento: le risposte sono state deboli o isolate e, addirittura, l’abdicare dei movimenti a qualsiasi confronto o conflitto circa le possibilità di autodeterminazione critica dal basso rispetto alla gestione sicuritaria ed emergenziale della pandemia ha lasciato campo libero ad iniziative reazionarie.
Liquidare tutto il malcontento diffuso soltanto come interesse borghese o fascista è riduttivo e fa solo il gioco dei padroni: questa narrazione dominante rende ancora più invisibili alcune delle oppressioni, delle diseguaglianze e delle tante contraddizioni che attraversano le strade e quelle piazze. È però vero che, in nostra assenza, le forze neofasciste sono state abili a strumentalizzare il malessere generato dall’emergenza. Dall’inizio della pandemia in troppi hanno rinunciato ad una riflessione critica che tenesse conto delle complessità legate al contesto emergenziale che si è venuto a creare. Questo ha lasciato campo libero a fratture che si sono insidiate nei gruppi, spianando la strada a sterili dicotomie (salute, cura – sorveglianza, sicurezza / si vax – no vax…) che ricalcano la propaganda di Stato e fanno solo il gioco delle destre e dei padroni mentre i tre quarti del mondo subisce le conseguenze del neoliberismo senza nè scelta nè accesso a livelli di benessere minimi.
Quindi se un discorso pro o contro la vaccinazione in astratto è un cortocircuito costruito e fasullo buono solo a coprire le falle di un sistema che inizia a fare acqua da tutte le parti e in modo evidente, è chiaro come il nemico rimanga uno Stato paternalista che ha bisogno di infantilizzare i corpi per tutelare esclusivamente i propri interessi economici.
Non sappiamo bene “che fare”, domanda antica, forse ci sono tante cose da fare, sappiamo bene però, un passo alla volta, dove tutto sta andando. Sappiamo che non vogliamo tornare alla “normalità”. Sappiamo che il vaccino non basta e non basterà, sappiamo che il green pass non tutelerà la salute di nessuno e si tradurrà soltanto in un’ulteriore strumento di controllo, sappiamo che finché si rinuncerà alla rabbia, alla critica e al conflitto, non ci sarà libertà e salute per nessuno.
Intimamente convinti che in un sistema che genera morte, malattia, disuguaglianza e alienazione come il capitalismo, una malattia non sia solo un’etichetta diagnostica ma sia frutto di interazioni e connessioni tra cultura, società, umanità e ambiente, crediamo sia necessario non smettere di interrogarci sulle contraddizioni, sui dubbi, sugli interessi, sulle oppressioni in campo legate al nuovo contesto che stiamo vivendo.

Un abbraccio complice e solidale a tuttx le compagne ed i compagni detenuti, TUTTE E TUTTI LIBERX

BOLOGNA: DALLA ZONA UNIVERSITARIA CONTRO IL 41-BIS E AL FIANCO DI ALFREDO

Nella mattinata di oggi, giorno in cui è attesa la sentenza della Cassazione che confermerà o meno il 41 bis ad Alfredo, un gruppo di studentx universitarx si è riunito in Piazza Verdi per portare la propria solidarietà ad Alfredo Cospito e a tutte le persone detenute. Al microfono si sono susseguiti vari interventi che hanno ribadito che il 41 bis è tortura e che il carcere va abolito, non riformato. Si sono poi ricordate le altre misure di privazione della libertà, come la sorveglianza speciale, che colpiscono in modo sistematico compagnx anarchicx e non solo. Dalla zona universitaria siamo complici e solidali con Alfredo e con chi lotta dentro e fuori le galere!

PER UN MONDO SENZA CARCERE E SENZA FRONTIERE
LIBERE TUTTE

BOLOGNA: INIZIATIVE IN SOLIDARIETÀ CON ALFREDO COSPITO

Venerdì 24 febbraio la Cassazione è chiamata ad esprimersi circa la revoca del 41bis ad Alfredo Cospito, di seguito le iniziative previste a Bologna al fianco di Alfredo, per continuare a lottare contro il 41 bis e il carcere tutto.

Piazza Verdi: dalle 11:00 presidio studentesco a oltranza
( Porta il tuo banchetto)

Piazza Nettuno: dalle 18:00 presidio