REPRESSIONE A BOLOGNA: CAMPIONAMENTO GENETICO DEL DISSENSO

Estratti dalla puntata del 18 dicembre 2023 di Bello Come Una Prigione Che Brucia

Torniamo a parlare delle strategie repressive messe in atto contro compagne e compagni anarchici a Bologna (operazione che coinvolge anche Lombardia e Trentino), soffermandoci sull’approvazione del prelievo coatto di DNA: per cercare una corrispondenza rispetto a un campione genetico riconducibile a una persona di sesso maschile, il giudice ha approvato la schedatura genetica di 19 individui, tra le quali persone di sesso femminile o imputate di aver partecipato a un presidio.

Grazie al contributo di una compagna di Bologna approfondiamo questi eventi e la cornice tecno-repressiva in cui si inseriscono:

BOLOGNA: CAMPIONAMENTO GENETICO DEL DISSENSO – 41BIS – PSICOFARMACI

BOLOGNA: CONTRO LO STATO, CONTRO LA SCHEDATURA GENETICA

Diffondiamo un intervento portato al presidio che si è svolto oggi contro il prelievo coatto del DNA a cui saranno sottoposti 19 compagnx.

CONTRO LO STATO, CONTRO LA SCHEDATURA GENETICA

La mobilitazione che l’anno scorso ha sostenuto il compagno Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il regime di 41-bis e l’ergastolo ostativo ha coinvolto moltissime persone in tutti i continenti, persone con convinzioni ed esperienze politiche anche diverse, ma che, ognuna con le proprie pratiche, si sono mosse per squarciare il muro di silenzio, ipocrisia e omertà sulla tortura del carcere duro.

Anche a Bologna in tantə si sono attivatə in questa lotta accanto ad Alfredo, contro il proposito dello Stato di murare il nostro compagno in una tomba per vivi sperando così di tappargli definitivamente la bocca: non sono mancati momenti collettivi, momenti di piazza, azioni, presidi, cortei, street parade… E’ giusto perciò restituire pubblicamente cosa sta accadendo a 19 compagnx, che nei prossimi giorni saranno sottopostx a prelievo coatto del DNA.

Per farlo bisogna partire da un’indagine per associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico aperta in città per colpire la solidarietà che si è mossa, vivace e trasversale, un’ipotesi associativa che vedrebbe coinvolte 11 persone, più altre 8.

Un’operazione che si è articolata in modo inconsueto, connotata fin da subito da tecniche di indagine pseudo-scientifiche:
– nessuna roboante richiesta di misure cautelari
– perquisizioni a diversi mesi dalla notifica di apertura delle indagini
– accertamenti tecnici irripetibili su materiale repertato, che necessitano, per essere seguiti, di costosi periti
– disposizione generalizzata di prelievo coatto del DNA, anche a persone che hanno portato la loro solidarietà solo ad un presidio.

Parliamo di quella stessa pseudo-scienza con cui oggi il potere cerca di irregimentare la sua forza in ogni campo, ammantandola di oggettività.

Un’indagine che riflette un cambio di paradigma della procedura repressiva: se prima si dovevano avere delle prove da associare a dei presunti sospettati, adesso si trovano dei sospettati predeterminati su cui cucire delle prove.

É evidente che questa richiesta di prelievo coatto si inserisce nella progressiva e sempre più pervasiva necessità di sorveglianza da parte dello Stato: se a livello internazionale massacri, guerre e genocidi si intensificano, a livello locale aumenta lo sfruttamento, il disciplinamento e il controllo sociale.

Lo Stato teme le idee anarchiche perché c’è un contesto che sempre più ne da’ ragione!

In ogni città sfratti e sgomberi sono all’ordine del giorno, le lotte per la casa, così come quelle ambientali ed ecologiste, vengono duramente represse! La scuola mostra sempre più il suo volto di agenzia al soldo del potere, volta a selezionare la nuova classe dirigente e la nuova classe da sfruttare, sempre più territorio di conquista militare. Ciò che rimane della sanità pubblica e territoriale viene inesorabilmente smantellato e privatizzato, per privilegiare paradigmi discrezionali di stampo classista e autoritario. Dentro le carceri, nei cpr, alle frontiere, si muore, mentre all’esterno vivere diventa sempre più difficile per moltx.

Un mondo che assomiglia sempre più ad un carcere a cielo aperto, dove mentre nelle stanze ai piani alti tecnici e padroni ingrassano, ai piani inferiori sfruttatx e oppressi muoiono di solitudine, povertà, deprivazione e isolamento.

Siamo di fronte al tentativo di schedare coloro che non fanno mistero di manifestare la loro ostilità a un sistema capitalista e patriarcale sempre più predatorio che annienta l’esistenza di individui, comunità e territori.

Una schedatura genetica su base ideologica che oggi colpisce le anarchiche e gli anarchici, e chi ha portato loro solidarietà, e domani chissà!

Non si tratta perciò solo di banale violazione della privacy, istanza che piace molto a progressisti e sinceri democratici, ma di una raffinata tecnica di controllo di massa che ha lo scopo di spaventare, annichilire e contrastare tutti coloro che non hanno intenzione di rassegnarsi a questo stato di cose, né di smettere di portare avanti piani di conflittualità.

Se tenteranno di spaventarci e dividerci, risponderemo ancora più unitx! Fanculo al prelievo del DNA, fanculo alla schedatura genetica.

BOLOGNA: PRESIDIO CONTRO LA SCHEDATURA GENETICA

Diffondiamo:

In seguito alle lotte contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo dell’autunno-inverno scorso, 19 compagni/e saranno sottoposti/e al prelievo coatto di DNA. Il loro profilo genetico sarà loro estorto per essere infilato nei database dei carabinieri che su di loro stanno indagando.

SABATO 16 DICEMBRE sotto le due torri a Bologna alle 17:30

CONTRO LA PROFILAZIONE DEL DNA
CONTRO LA SCHEDATURA SU BASE IDEOLOGICA

SENTENZA DI SECONDO GRADO PROCESSO BIALYSTOK

Da: Il Rovescio

Martedì 28 Novembre è stata emessa la sentenza di secondo grado riguardo l’“Op. Bialystok”. La richiesta d’appello del Pubblico Ministero è parsa fin dall’inizio povera dal punto di vista motivazionale, tanto che il Procuratore Generale (rappresentante l’accusa in questa fase di giudizio) ha chiesto alla fine della fase dibattimentale la conferma delle pene inflitte nel primo grado.

La Corte ha confermato l’assoluzione della persona già assolta per la collocazione dell’ordigno esplosivo presso la caserma dei Carabinieri di San Giovanni e l’ha ulteriormente assolto anche dalle altre accuse. L’anarchico condannato precedentemente per le macchine del car sharing Eni-enjoy andate a fuoco si è visto confermare la pena (1 anno di reclusione, pena sospesa).

L’anarchica condannata in primo grado a 7 mesi è stata assolta da tutte le accuse, mentre altrx 3 si sono vistx ridurre le pene a 3 mesi in seguito all’assoluzione da alcuni reati specifici minori.

I giudici hanno i soliti 90 giorni per depositare le motivazioni della sentenza.

L’ennesimo castello di carte della Procura (o meglio del ROS) ordito per colpire l’anarchismo nostrano è in buona parte caduto, per l’inconsistenza non solo delle prove specifiche, giudicate insufficienti ai fini di una condanna per quanto riguarda i reati scopo, ma anche dell’impianto accusatorio stesso che prevedeva l’ipotesi di un’associazione di tipo terroristico in linea con le proposte organizzative informali dell’anarchico prigioniero Alfredo Cospito. Accogliamo positivamente questa sentenza in quanto ci sembra che essa vada a togliere un ulteriore tassello della rete tessuta dalla DNAA per tentare di isolare e silenziare i contributi di Alfredo, costruendone un profilo di “pericolosità sociale” atto a giustificarne la collocazione all’interno del regime di 41bis.

Sorridiamo di fronte a quest’ennesimo fallimento dei progetti repressivi dello Stato, e salutiamo con l’occasione tuttx x prigionierx anarchicx e ribellx rinchiusx in ogni parte del mondo, tuttx coloro che sono colpitx da misure giudiziarie o di polizia, x indagatx, quellx sotto processo e tuttx quellx che sfuggono alle maglie del potere.

Come sempre per l’Anarchia e la liberazione totale!

Alcunx di Bialystok

GIORNATA DI MOBILITAZIONE CONTRO L’ESTRADIZIONE DI GABRIELE, PER LA LIBERTÀ DI TUTTE/I LE ANTIFA [5 DICEMBRE]

Diffondiamo:

Chiamiamo per il 5 dicembre, data fondamentale per le sorti di Gabriele, una giornata di solidarietà per fare sentire forza e vicinanza a lui come a tutti e tutte le altre compagne coinvolte in questo caso! Invitiamo in questo giorno chiunque a mostrare striscioni, scritte, graffiti, scendere in strada o utilizzare la propria fantasia per portargli solidarietà ed esprimersi contro la sua estradizione. Gabri deve rimanere in Italia!

Tra il 20 e il 21 novembre a Milano il nostro compagno Gabriele è stato raggiunto da un Mandato d’Arresto Europeo per i fatti accaduti a Budapest nel febbraio 2023. In quel contesto nella capitale ungherese migliaia di neonazisti si sono ritrovati per la commemorazione del “giorno dell’onore” e alcuni di loro sono stati attaccati. Ilaria e Tobias si trovano da febbraio in carcere a Budapest con l’ accusa di aver partecipato a queste azioni e Gabriele è ora agli arresti domiciliari a Milano in attesa dell’udienza, fissata per il 5 dicembre, che deciderà per la sua estradizione in Ungheria.Alcune/i compagne/i tedesche/i su cui pendono altri MAE per gli stessi fatti sono latitanti da mesi.

Di fronte a questo pesante attacco repressivo verso compagni e compagne antifascisti/e che si protrae da 10 mesi rispondiamo con la solidarietà! “Innocenti” o “colpevoli” saremo sempre al loro fianco!

NO ESTRADIZIONE! Gabri Libero!
Ilaria e Tobias liberi!
Solidarietà a tutte e tutti i latitanti
Liberi tutti
Libere tutte


AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA PER I FATTI DI BUDAPEST

IMPERIA: PROCESSO A STECCO [4 DICEMBRE]

Da Il Rovescio

Il nostro amico e compagno Stecco, arrestato il mese scorso dopo due anni di latitanza, sarà processato lunedì prossimo presso il tribunale di Imperia per il documento falso che aveva con sé in occasione del suo arresto. Visto che il compagno sarà presente in aula, si tratta di un’occasione per salutarlo e fargli sentire la nostra solidarietà. L’udienza è alle ore 12,00.

AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA PER I FATTI DI BUDAPEST

Diffondiamo da: Osservatorio Repressione:

Ilaria, anarchica e antifascista, è da nove mesi in carcere a Budapest (Ungheria) per i fatti avvenuti durante la cosidetta “Giornata dell’onore”, ovvero il raduno internazionale di neonazisti dell’Est Europa svoltosi nella capitale ungherese lo scorso febbraio.

In una lettera scritta ai propri legali, Ilaria denuncia una situazione da incubo: detenuti al “guinzaglio”, obbligo di guardare il muro durante le soste nei corridoi, “malnutrizione”, scarafaggi, topi e cimici “nelle celle e nei corridoi”, “una sola ora di aria al giorno”. Per più di 6 mesi Ilaria non ha “potuto comunicare con la famiglia”, mentre durante l’unico interrogatorio, avvenuto senza avvocato, è stata umiliata pubblicamente, costretta “a indossare vestiti sporchi, malconci e puzzolenti”. La missiva – costituita di diciotto pagine scritte a mano – è stata depositata presso la Corte d’Appello di Milano dai difensori per chiedere di non dare esecuzione al mandato d’arresto europeo, e quindi al trasferimento in un penitenziario ungherese, di Gabriele, antifascista milanese arrestato qualche giorno fa e ora ai domiciliari.

L’udienza relativa all’estradizione o meno in Ungheria di Gabriele si svolgerà il 5 dicembre, nell’ambito del maxiprocesso intentato dalla magistratura magiara contro una ventina di antifascisti di mezza Europa, arrivati a Budapest lo scorso febbraio per opporsi alla calata continentale dei neonazisti per la cosiddetta “Giornata dell’onore”.

Antifasciste e Antifascisti sono accusati di avere contrastato i nazisti per le strade, provocando ad alcuni di loro ferite giudicate guaribili nel giro di pochi giorni o settimane. Nonostante questo sono accusati di lesioni aggravate o addirittura tentato omicidio, tanto che a Ilaria è stato proposto un patteggiamento per 11 anni di carcere.

Radio Onda d’Urto ne ha parlato con Eugenio Losco, avvocato di Ilaria e Gabriele insieme a Mauro Straini


AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA A BUDAPEST

UN ALTRO ARRESTATO PER I FATTI DELL’11 FEBBRAIO A BUDAPEST

NOTE A MARGINE SULLE PERQUISIZIONI DI BOLOGNA

Riceviamo e diffondiamo un testo a cura di alcunx indagatx con qualche riflessione a seguito delle 19 perquisizioni avvenute il 16 novembre scorso tra Bologna, la Lombardia e il Trentino. Qui la versione in pdf.

NOTE A MARGINE SULLE PERQUISIZIONI A BOLOGNA

Dopo una pigra estate di accertamenti da parte dei RIS di Parma sui materiali rinvenuti nei luoghi dei fatti contestati, l’indagine che vedeva 6 compagni/e coinvolte ha preso un nuovo slancio. Le perquisizioni avvenute a metà novembre a carico di 19 persone (due in trentino, una nel bergamasco e le restanti a Bologna) ci rendono noto come il bacino di accusati/e si sia allargato. La presunta associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico è ora a carico di 11 persone, cui ne vanno aggiunte 8, considerate di fatto alla stregua di pedine, a cui sono addossati alcuni dei fatti specifici.
Tutte le azioni – e più in generale la finalità della presunta associazione – avrebbero come movente la solidarietà ad Alfredo, la lotta al 41bis e al carcere in generale e, nel caso di alcuni ripetitori incendiati, l’opposizione alla partecipazione dell’Italia alla guerra in Ucraina. Questi fatti ci danno l’opportunità di spendere qualche parola di carattere generale su quello che sta accadendo a noi e ad altri compagni/e in questo paese.

L’azione repressiva che ci coinvolge va ovviamente interpretata nel contesto più ampio della stagione anti-anarchica che sta seguendo la campagna di lotta contro il 41bis e per la libertà di Alfredo.
Ci pare chiaro il presupposto da cui partono le procure di tutta Italia e i ROS.
Si tratta dello stesso sillogismo fatto proprio dal ministro Nordio, e che sta tenendo Alfredo al 41bis: la lotta anarchica porta ad organizzarsi senza scrupolo di legge, l’assenza di legge è violenza, dunque l’anarchismo è violenza e criminalità finalizzata a ricattare lo Stato.

Muovendo da questo assunto, la strategia della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che sta dietro l’azione degli sgherri dell’Arma sembra articolarsi su due fronti.
Da una parte la proliferazione di operazioni di piccola entità calate sulle specificità locali, ma con un impianto accusatorio simile. Il fine è che in questa gran massa ne scappi fuori qualche precedente utile per la futura repressione a tappeto di ogni manifestazione dell’attività anarchica.
Dall’altra, sebbene non si tratti di una novità, ci pare aver subìto un’accelerata in una sorta di “banalizzazione” del reato di terrorismo. Passateci il termine, lo usiamo in mancanza di altro, lungi da noi affermare che ci sia una corretta applicazione del reato in questione e dichiararci vittime di un’aberrazione dello stato di diritto. Quello che vogliamo dire è che ci troviamo di fronte ad un’applicazione su vasta scala del reato in questione, e per altro non solo ai danni dell’azione anarchica, volta ad aggravare atti di limitata gravità penale (reati di opinione, manifestazioni non autorizzate, danneggiamenti, imbrattamenti).

UN TERRENO DA TESTARE

Azioni repressive simili sono avvenute in tutta Italia. Ognuna con le sue specificità e con l’obiettivo di colpire specifici gruppi di compagne/i, ma tutte accomunate da un rinnovato 270 bis. Rinnovato, ahinoi, sulla base della sentenza Scripta Manent, di cui nelle carte a noi presentate troviamo un vero e proprio copia-incolla. Un insieme di anarchici/che in lotta diventerebbe di necessità “un’associazione di stampo anarco-insurrezionalista che si propone il compimento di atti di violenza con finalità di eversione dell’ordine democratico, strutturata in modo non gerarchico e spontaneista secondo il patto di ‘mutuo appoggio’ ed attraverso la ‘solidarietà rivoluzionaria’ (…) con l’accordo sulla scelta dell’azione diretta compiuta mediante l’uso di ogni mezzo”. A ciò è bene aggiungere come il codice penale italiano detti che “sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che (…) sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto”. Nel caso di questa inchiesta non si parla nemmeno di “poteri pubblici” ma delle politiche delle multinazionali. Si legge infatti nelle carte che l’associazione in questione si prefiggerebbe l’obiettivo di compiere azioni dirette e/o di sabotaggio, tutte connotate da violenza politica, aventi come fine ultimo la cessazione delle politiche perseguite dalle grandi multinazionali italiane anche in ragione del recente conflitto russo-ucraino, la liberazione da tutte le carceri e la liberazione del militante Cospito Alfredo dal regime detentivo previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario.

Sarebbe interessante conoscere la genesi dell’indagine a cui siamo sottoposte/i. Assistiamo infatti, per certi aspetti, a un copione inedito: nessuna pomposa operazione da prima pagina con misure cautelari fondate su roboanti reati associativi, che poi si cerca di validare in corso d’opera.
Invece, dopo un anno e mezzo di indagini si richiedono analisi di laboratorio che informano 6 compagne/i, (già oggetto, negli ultimi tre anni, chi di operazioni analoghe con tanto di misure cautelari a seguito, chi di condanne definitive e chi di richieste di sorveglianza speciale) di essere sottoposti ad un’indagine per 270bis con diversi reati specifici (tra cui un 280bis); dopo altri 5 mesi seguono un ampliamento della rosa delle persone indagate e 19 perquisizioni. Ci pare verosimile che a questo punto gli inquirenti vogliano arrivare a richiedere delle misure cautelari fondate su qualcosa di ben architettato, e chissà, magari trovare finalmente il modo di liberarsi per un pò di questi sei personaggi scomodi”. Interpretare questo nuovo copione ci risulta difficile; possiamo tuttavia ipotizzare che, almeno sul piano locale, la memoria dell’operazione Ritrovo del 2020 possa avere indotto la controparte ad adottare un approccio più cauto, almeno sin qui.

SULLA BANALIZZAZIONE DEL REATO DI TERRORISMO

Merita notare che in questa indagine lievi reati di piazza contestati alle 8 persone non incluse nell’associazione diventino però, grazie all’aggravante dell’eversione dell’ordine democratico, un pretesto per avviare intercettazioni, richiedere il prelievo di DNA, avanzare possibili richieste cautelari.
Capiremo col tempo se un giudice si prenderà effettivamente la briga di firmare un’ordinanza per il prelievo coatto del DNA, per tutte le persone coinvolte nelle perquisizioni, indipendentemente dall’entità dei fatti di reato contestati.
Pare che sul movimento anarchico si stia tentando un intervento simile a quello impiegato nel contrasto al cosiddetto “islamismo jihadista” che, seppur distante anni luce dall’idea anarchica, è stato un fenomeno sulla cui gestione lo Stato ha dovuto scervellarsi producendo strumenti giuridici e impianti accusatori che oggi si prova a impiegare nella repressione anti-anarchica. Sebbene la tattica e gli strumenti impiegati differiscano, la strategia è la medesima: applicare una sanzione spropositata per gesti di incisività modesta. Visitare il sito sbagliato, frequentare la piazza sbagliata, sventolare la bandiera sbagliata, urlare lo slogan sbagliato sono il pretesto per trasformare qualcosa che un tempo avremmo concepito come semplice dissenso, in terrorismo. Così facendo anche gesti banali diventano impraticabili, figurarsi poi cosa può diventare un’azione un po’ più decisa. Su certi pensieri e pratiche cala una pesante cappa di paura, e il terrore che rimane fa tabula rasa di ogni pensiero sovversivo e radicale.

Il recente pacchetto sicurezza varato dal governo sulla scia dei DL Cutro e Caivano, la repressione delle lotte del sindacalismo di base e dei movimenti ambientalisti, la repressione contro i “no vax”, così come la recente repressione anti-anarchica, stanno tutte assieme nel clima di attuale irrigidimento securitario.
Perché lo Stato stia agendo così è una domanda che merita porsi. Esiste un governo che necessita di nemici e emergenze costruite ad arte, di un fronte interno insomma da combattere per deviare l’attenzione dal fatto che il vento di cambiamento che da anni la destra ha promesso all’elettorato, è evidente, sarà men che un alito, e che le condizioni di vita andranno irrimediabilmente peggiorando. Gente insomma cui addossare i mali di un’Italia in declino. Ed esiste poi uno Stato che, ci pare, ha almeno due orizzonti che ne muovono l’azione: la possibilità di una guerra in cui sarà necessario in un prossimo futuro dover intervenire direttamente, e la necessità di una riconversione energetica. A fronte di ciò è necessario perseguire non tanto la pace sociale, che è traguardo ormai utopico per chi ci governa, ma una società accettabilmente pacificata, dove gli inevitabili conflitti risultino gestibili e bastonabili prima che deraglino.
Se da una parte è sempre stato proprio dello Stato italiano negli ultimi decenni quello di abbassare gradualmente, o per piccoli balzi, il livello del conflitto ed impegnarsi in una repressione dal carattere costante e preventivo, ci pare che questa ampia diffusione repressiva sia sintomo di un’altrettanto diffusa paura, fra chi ci governa, della possibilità che situazioni difficilmente gestibili e pericolose si possano improvvisamente verificare. In questo senso le rivolte nelle carceri del 2020 sono state davvero un inedito e possibile avviso di quello che significa perdere il controllo della situazione. Cose simili è imperativo che non succedano, si stanno ripetendo i governanti.

Nella città di Bologna la lotta in solidarietà con Alfredo si è espressa vivace, con azioni diurne, notturne, azioni simboliche, momenti di piazza, iniziative -va pure ricordato- portate avanti non solo da anarchiche/ci. Non certo una situazione che deraglia, ma sicuramente l’espressione di un conflitto vivo, estesosi anche fuori dai margini dell’anarchismo, e quindi fastidioso. Restringere ciò all’azione premeditata di un gruppo di 11 teste calde anarchiche ci pare quantomeno eccessivo. I fatti specifici su cui si fonda questa indagine, lo ripetiamo sono cinque, ovvero: il tentato danneggiamento di alcuni mezzi della MARR, il danneggiamento di alcuni ripetitori, l’interruzione di una messa, l’occupazione di una gru e il blocco di una via con dei cassonetti incendiati; su di essi non ha senso entrare nel merito, se non per dire che sono gesti che riteniamo giusti e assolutamente comprensibili all’interno del clima di lotta in cui si sono espressi. Ci sentiamo semmai di discostarci dall’ennesima trovata associativa della procura di Bologna, proprio perché a livello politico ci addossa la responsabilità di una lotta di cui siamo stati/e partecipanti fra tanti/e; è una responsabilità che, a prescindere dalle implicazioni penali, moralmente non ci sentiamo di avere, non sarebbe giusto nei confronti di tutte quelle persone che hanno lottato per la libertà del nostro compagno. Una libertà che continuiamo a tenere nel cuore.

Alcunx indagatx

BOLOGNA: CONTRO IL RAZZISMO DI STATO SOLIDARIETÀ A CHI SI RIVOLTA

Riceviamo e diffondiamo:

L’11 e 12 giugno 2020 scoppia una rivolta all’interno del CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) Ex Caserma Serena di Casier, alle porte di Treviso.

In quell’estate di COVID, la gestione statale del virus aveva reso evidente quali fossero le persone che lo stato vuole proteggere a scapito e a danno di quelle da cui si vuole difendere (detenut3, migrant3, non bianch3, pover3 ….).
All’Ex Caserma Serena, mentre un operatore della Cooperativa Nova Facility srl, che gestisce il centro, risulta positivo al tampone, l’ASL locale e la Cooperativa, in collaborazione con Questura e Prefettura, decidono la chiusura totale degli accessi e delle uscite dalla struttura, anche per chi ha un tampone negativo. Centinaia di persone, migranti e non bianche, si trovano quindi di fatto imprigionate, condannate a perdere il lavoro per chi ce l’ha, e esposte più che mai al rischio contagio.

Quell’11 e 12 giugno 2020 chi sta rinchiuso all’ex Caserma decide di ribellarsi, protestando in varie forme.
La questura trasformò questa protesta multipla in responsabilità singola, individuando quattro “ospiti” del Centro come principali fautori e denunciandoli per devastazione e saccheggio, sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale. Uno di loro, Chaka, morirà nel carcere di Verona, in isolamento, il 7 novembre 2020.

Il 20 ottobre 2023 il Tribunale di Treviso ha pronunciato la sentenza di primo grado nei confronti degli altri tre denunciati: Mohammed, Amadou e Abdourahmane. Cadono tutte le accuse, a parte quelle relative ad un episodio avvenuto il 12 giugno, riconosciuto dal giudice come sequestro di persona. I tre sono stati condannati a 1 anno e 8 mesi (Mohammed e Abdourahmane) e 2 anni (Amadou), ciascuno con pena sospesa.

La repressione che i tre hanno subito fino a qui ha voluto fin da subito essere esemplare: si voleva punire una rivolta per dare un segnale a tutte le altre, in un’estate in cui le proteste si moltiplicavano in tutti i luoghi di reclusione per persone immigrate in italia.
Abdou, Mohammed e Amadou, dopo tre anni di carcere, arresti domiciliari, obblighi di firma, sono liberi con pena sospesa. Eppure ancora sotto il ricatto quotidiano di non riuscire più a ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, di non avere abbastanza mezzi economici e reti sociali per sostenere non solo le spese legali, ma anche quelle quotidiane e relative alla loro salute, peggiorata di molto dopo questi tre anni.

Per parlare di questa storia e per confrontarci sulle rivolte, sul razzismo di stato, sulla repressione e sulle solidarietà, venite numeros3 al benefit in sostegno ai tre compagni ! Sarà il 9 dicembre alla casa del mondo, via di vincenzo 18a (Bologna)

In programma :
– Alle 18.30 discussione sui fatti dell’ex caserma e sulle lotte delle persone immigrate dentro all’accoglienza
– Alle 21
Zazza e Dj Nosci (rap + dj set)

Ci sarà un bar e cibo per tutt. Il tutto per sostenere i tre compagni inguaiati. Fate girare!

Se la solidarietà è un’arma, bisognerà anche cominciare ad usarla.
tutt3 liber3!