Di carcere e di accoglienza si muore. Solidarietà con gli imputati dell’ex caserma Serena

Dalla pagina fb del Comitato lavoratori delle campagne,(qui)


Il 17 giugno, nel tribunale di Treviso, si è tenuta l’udienza preliminare del processo contro Amadou, Abdourahmane e Mohammed, accusati di “aver guidato” a giugno 2020 la protesta dentro al centro di accoglienza ex caserma Serena di Treviso (1). Le accuse sono pesanti: devastazione e saccheggio e sequestro di persona, reati che prevedono pene che vanno fino a 15 anni di prigione.
Devastazione e saccheggio è un reato di stampo fascista, nato per reprimere chi si ribella e chi sceglie di lottare, da sempre utilizzato in questo senso. Un reato, questo, che ha già strappato la libertà a moltissime persone, in importanti momenti di piazza, alle frontiere (non ultimo il processo per il corteo contro le frontiere al Brennero), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (ad esempio la rivolta del 29 dicembre 2015 nel CARA di Mineo, quella nel CARA di Borgo Mezzanone nel 2017, quella a Bari nel 2014) e nei centri di permanenza per il rimpatrio (come le rivolte che distrussero il CIE di Crotone nel 2012 o quello di Caltanissetta nel 2017) (2). E non stupisce infatti che sia stato usato anche nell’ultimo anno contro gli immigrati che hanno lottato nel centro di accoglienza di Treviso, ma anche contro chi ha partecipato alle coraggiose rivolte nelle carceri di tutta italia a partire da marzo 2020. Decine e decine di detenuti di diverse carceri, come quelle di Milano, Pavia, Roma, Frosinone, per citarne alcune, sono indagate con queste accuse. Di qualche giorno fa è la notizia che i 21 detenuti accusati di devastazione e saccheggio per la rivolta nel carcere di Frosinone l’8 marzo 2020 sono stati assolti. I rivoltosi di Rebibbia avranno l’udienza invece il prossimo 30 giugno. La stessa accusa è rivolta anche contro ragazzi giovanissimi per le proteste inerenti la mancanza di reddito (come quelle a Torino nell’ottobre del 2020) (3). Un reato utilizzato contro tanti e tante che lottano, screditandone ogni forma di rivendicazione politica, come se dietro delle carceri o dei centri di accoglienza danneggiati non ci fosse un rifiuto delle proprie condizioni di vita e detenzione e la volontà di tutelare la propria vita e la propria salute da una quotidianità fatta di segregazione e soprusi.
E di pari passo con la dura rappresaglia contro chi lotta, tutte le responsabilità dei massacri che lo Stato e i suoi apparati hanno compiuto vengono negate e nascoste. Messo in isolamento nel carcere di Verona, Chaka Ouattara, uno dei quattro arrestati dell’ex caserma Serena di Treviso, viene trovato morto nella sua cella. Si parlerà di suicidio e poi più niente. Così come per gli 8 morti, tutti immigrati, nel carcere di Sant’Anna. Nonostante le numerose testimonianze di pestaggi, di violenze, della strage avvenuta, il 17 giugno scorso le indagini su queste morti sono state archiviate. Un massacro mascherato da suicidio di massa per impedire che sia fatta verità.
Al coraggio di chi, in un campo o in un carcere, ha lottato contro le leggi razziste, contro lo sfruttamento, contro la detenzione, deve corrispondere la nostra solidarietà concreta. Di fronte a tutte queste morti e davanti alla repressione che in tanti e tante devono affrontare, non possiamo restare in silenzio.

Contro la repressione e il razzismo, solidarietà agli imputati!


Link:

Un testo di Divine sulla sua espulsione dall’Italia

Un saluto a tutt*

La mattina del giorno 15/07/2019, mi ritrovai gli sbirri in casa che mi chiesero di seguirli per la firma di una notifica.
Arrivati in questura scoprii che la notifica riguardava la mia espulsione per il giorno seguente, così mi portarono e trattennero all’aereoporto di malpensa.
Naturalmente lo stesso giorno del trattenimento ci fu un processo in stile medievale con tutto già deciso in partenza.
Il giorno seguente, a Malpensa, mi fu detto da uno sbirro che l’espusione era stata bloccata dalla CEDU (corte europea dei diritti umani), così che invece di liberarmi e basta, non soddisfatti degli esiti della corte europea, decisero di rinchiudermi nel cpr di Bari.
Se fino allora gli sbirri erano stati legalisti, nel cpr di Bari gli sbirri sono tutt’altro che sbirri “legalisti”. Vorrei soffermarmi su alcune precisazioni riguardanti il cpr;

1) All’interno del cpr è vietato introdurre telecamere o cose simili.

2) I telefoni vengono forniti dalla struttura stessa (a me personalmente non è mai stato dato…)

3) All’entrata del cpr vieni perquisito come all’entrata di un carcere (il carcere è decisamente meglio) i tuoi effetti personali vengono custoditi da loro, e nel caso tu abbia soldi verranno contati ed anche essi “custoditi” (o meglio incustoditi in tasca altrui dato che all’uscita mi sono quasi fatto menare per averli indietro).

4) La struttura è formata da bracci (spesso nei bracci vieni messo con i tuoi connazionali) ed io ero all’interno di un braccio con una prevalenza di Albanesi.
All’interno del braccio l’aria è nauseante (un mischio di urina e feci), i bagni sono di fronte alle camere, inoltre c’è un soggiorno con una tv dove si mangia ed un campetto dove stare all’aperto.
-Le camere sono formate da semplici file di letti nei quali non ci sono nemmeno lenzuola.
-I bagni sono senza water e l’aria è irrespirabile, con pezzi di escrementi e urina decennali attaccati sulle pareti del bagno e delle docce (le docce sono di fianco al water)
i lavandini anche essi di fianco ai water (ugualmente sporchi di escrementi).

5) Il cibo viene drogato di psicofarmaci tranquillizzanti.

Ora, a distanza di quasi due anni, si è tenuta l’udienza definitiva della corte europea, la quale ha delegato la decisione sulla mia espulsione al governo italiano, che ovviamente mi ha espulso.

L’elenco è lungo ma le cose principali sono queste. Io non sono sorpreso dal trattamento riservato ai senza documenti. Non sono sorpreso dal fatto che mi vogliano espellere; del resto lo stato è lo stato, e come tale vuole salvaguardare i suoi interessi! Sappiamo tutti come si comporta lo stato con i suoi nemici. E nulla ci deve più sorprendere, ma al contrario prepararci a sferrare un pugno più potente cercando di schivare i colpi. Siamo noi che dobbiamo sorprendere loro e non viceversa.

Divine.


Link: https://roundrobin.info/2021/06/un-testo-di-divine-sulla-sua-espulsione-dallitalia/

Bologna: contro tutte le frontiere e la loro violenza solidarietà alle/i imputate/i del Brennero

Liberiamo nelle brughiere:

Oggi 14 maggio, mentre nel tribunale di Bolzano si stava pronunciando la sentenza per 63 compagne\i accusate\i di devastazione e saccheggio per il corteo contro le frontiere al Brennero del 7 maggio 2016, per le\i quali l’accusa ha chiesto oltre 300 anni di carcere, un gruppo di compagne è entrato nella stazione di Bologna raggiungendo il binario da cui partiva il treno Obb diretto a Munich, treno che attraversa quella frontiera dove si sarebbe dovuta costruire nel 2016 una barriera anti-immigrati voluta dallo stato italiano e austriaco. Per mesi su quei treni chiunque non avesse una faccia bianca veniva sottoposto ai controlli della polizia. Questa mattina, su quel binario è stato quindi aperto uno striscione e fatto un intervento, mentre venivano distribuiti dei volantini ai passeggeri del treno, per ricordare loro e a tutti che le frontiere continuano ad uccidere e che chi vi si oppone o cerca di attraversarle è duramente represso.

CONTRO TUTTE LE FRONTIERE E LA LORO VIOLENZA!
IN SOLIDARIETA’ ALLE/I IMPUTATE/I DEL CORTEO AL BRENNERO!

Proteste nel CAS di via Mattei

A Bologna i migranti nel CAS di via Mattei hanno protestato con un blocco per le condizioni di vita all’interno del centro. –> qui e qui

“In più di duecento viviamo ammassati nello stesso campo: il CAS di Via Mattei a Bologna. Alcuni di noi sono in Italia da pochi mesi, altri vivono nel CAS da anni. Siamo sfruttati da agenzie e cooperative nei magazzini della logistica, come quelli dell’Interporto, oppure lavoriamo come rider. Altri di noi non hanno lavoro e non vedono davanti a sé alcuna prospettiva. Le condizioni in cui viviamo sono state enormemente peggiorate dalla pandemia, perciò abbiamo deciso di denunciare pubblicamente la nostra situazione.”

“Viviamo in camerate, o container, con poca areazione, che ospitano oltre dodici persone. Non viene mai misurata la temperatura, né a migranti né a operatori che entrano ed escono dal centro continuamente, di giorno e di notte. Una sola volta ci hanno fatto un tampone senza dire alla città e alla stampa quanti di noi erano positivi. Non sappiamo chi di noi è positivo al Covid-19, viviamo tutti costantemente esposti al pericolo del contagio e non sappiamo se e quando verremo vaccinati.Spesso capita che, nonostante la presenza di un medico, chi sta male o si ferisce venga lasciato solo, senza cura o assistenza. Molti di noi non hanno medico di base né un codice fiscale e non hanno quindi la possibilità di curarsi come si deve. Chi va dal medico della struttura poi deve recarsi in farmacia o negli ospedali pagando le cure di tasca propria, senza possibilità di riduzioni. Chi non lavora non può permettersi nemmeno un biglietto dell’autobus per raggiungere medici e ospedali. Molto spesso ci viene dato del cibo insufficiente e cattivo.”

Qui tutta la lettera


L’anno scorso a Treviso anche il CAS nell’ex caserma Serena aveva visto numerose proteste e rivolte. A causa del contagio di un operatore, chi si trovava nel CAS era stato rinchiuso, senza alcuna informazione, senza alcuna tutela, senza isolamento dei contagiati, senza possibilità di comunicare con l’esterno…
Per quei fatti il 19 agosto 2020 Mohammed, Amadou, Abdourahmane e Chaka vengono arrestati per devastazione, saccheggio e sequestro di persona e portati nel carcere di Treviso.
Il 7 novembre 2020 uno di loro – Chaka – è morto nel carcere di Verona.

Ad oggi due persone sono ancora in carcere e una agli arresti domiciliari.

“Il 19 agosto Mohammed, Amadou, Abdourahmane e Chaka vengono arrestati per devastazione, saccheggio e sequestro di persona e portati nel carcere di Treviso. Il 7 novembre Chaka, 23 anni, viene trovato morto nel carcere di Verona.

Secondo le accuse, sono colpevoli di aver “capeggiato” le proteste che tra giugno e luglio hanno travolto il Cas ex caserma Serena di Treviso.”

Qui info dalla pagina facebook del Comitato lavoratori delle campagne