FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA [PARTE 1]

Riceviamo e diffondiamo la prima parte di un testo scritto a diverse mani da compagnx che lottano contro cpr e frontiere tra Italia e Francia. Nel testo si prova a fare una sintesi delle tendenze europee degli ultimi mesi e dei recenti decreti varati dal governo.

A questo link la seconda parte.

I discorsi sulle ripetute “crisi migratorie” sono un grande classico dei politici e dei giornali nostrani ed europei. Queste narrazioni servono a giustificare la repressione e lo sfruttamento delle persone migranti sul territorio europeo. In termini pratici, sfruttamento e repressione razzista sono sostenuti a livello nazionale da una produzione legislativa fatta di decreti legge, e a livello sovranazionale, dall’incessante definizione di trattati e accordi. La presenza sempre più consistente di confini militarizzati, sbirri e galere per persone senza documenti sono il risvolto concreto di queste politiche.

La “crisi di Lampedusa” degli ultimi mesi, che ha visto migliaia di persone bloccate in una situazione semi-carceraria sull’isola, sembra aver accelerato certe tendenze nella gestione italiana delle migrazioni e delle frontiere. Questo testo vuole provare a soffermarsi su alcuni cambiamenti recenti (soprattutto dal punto di vista legislativo), per dare qualche piccolo elemento di analisi a chi si batte contro il razzismo di stato, le sue galere e le sue frontiere. In particolare, proveremo a tracciare gli ultimi sviluppi rispetto al ruolo di Frontex in Europa; le tendenze di alcuni paesi europei sul tema della detenzione amministrativa e delle deportazioni; e gli ultimi decreti in Italia.

IL RUOLO DI FRONTEX NEL GOVERNO DELLE FRONTIERE EUROPEE

Prima di vedere cosa si è inventato il governo italiano negli ultimi mesi, partiamo da alcune tendenze generali, dettate dalle linee guida e politiche comunitarie interne alla UE. La gestione delle frontiere interne dei paesi europei è fortemente collegata all’attività di sorveglianza e repressione che viene svolta lungo i confini con i paesi non europei.
Questa attività si manifesta concretamente in due modi. Da un lato si traduce nella militarizzazione dei confini, attraverso il potenziamento delle operazioni condotte dalle agenzie europee incaricate della difesa dei confini nazionali, in primis Frontex. Dall’altro si assiste a un processo sempre più sistematico di esternalizzazione delle frontiere europee, attraverso l’investimento di ingenti somme di denaro destinate a finanziare tecnologie di sorveglianza via via più affilate e con la creazione di centri e campi in paesi non europei e di transito.

Senza voler risalire troppo indietro nel tempo, cerchiamo di tracciare alcune linee sugli investimenti in materia dell’Unione Europa nell’ultimo anno, in particolare a partire dallo scoppio della guerra in Ucraina. Il conflitto ha prodotto un maggiore controllo delle frontiere orientali dell’Europa, attraversate da un flusso significativo di persone in fuga e da un flusso ancora maggiore di armamenti inviati al fronte (1). L’Ucraina riveste storicamente un ruolo di regolazione della frontiera orientale dell’Europa, di conseguenza l’instabilità che ha investito questa zona ha determinato un rafforzamento del ruolo di Frontex nei suoi territori.

L’inizio del 2022 è segnato dalla messa in atto di Joint Operation Terra, un’operazione che vede schierate decine di truppe attraverso dodici stati europei, in particolare nelle regioni est europee (Estonia, Romania, Slovacchia). Inoltre l’agenzia ha dato avvio a diverse operazioni congiunte con gli stati confinanti con tali le regioni, finalizzate alla formazione delle forze armate locali e della polizia di frontiera. Lo scopo dichiarato è quello di aumentare la capacità di questi paesi di tutelare i propri confini combattendo l’immigrazione “illegale” e il “traffico di persone migranti”, difendendo di conseguenza le frontiere dell’Europa. L’intervento di Frontex nel 2023 si è concentrato in Ucraina e in Moldavia, per via della forte pressione esercitata dalle persone in fuga dal conflitto russo-ucraino, e nell’area balcarnica, in particolare in Macedonia e in Romania. (2)

La gestione della frontiera nel Mediterraneo occidentale funziona in modo ben diverso e segue il modello dell’emergenza strutturale. Se in Ucraina si aprono corridoi umanitari preferenziali che vedono il transito di numerose persone migranti (bianche), nel Mediterraneo si registrano, nel 2022, 2367 persone morte in mare. Nei primi sette mesi del 2023 sono morte circa duemila persone, di cui alcune centinaia in due naufragi tra febbraio e giugno. Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio un’imbarcazione sbatte in una secca a largo di Cutro, in Calabria, e si rovescia tra le onde, portando alla morte di 94 persone. A seguito della strage saranno numerose le polemiche sul ruolo di Frontex e della guardia costiera italiana nella previsione del naufragio (3). Il 16 giugno 2023 un peschereccio cola a picco a largo di Pylos, in Grecia, causando la morte di 750 persone, uno dei naufragi di più grossa entità degli ultimi anni, un’ennesima strage provocata dalle mortifere politiche europee di gestione delle frontiere. Anche in questo caso si parla di responsabilità della guardia costiera (4). Nel frattempo, l’attività di monitoraggio da parte di Frontex nel Mediterraneo sottolinea la forte presenza di immigrazione irregolare in questa regione, e giustifica cosi l’intensa attività repressiva che viene condotta dall’agenzia europea nelle acque tra la Sicilia e il nord Africa.

In questo quadro si arriva agli ultimi mesi dell’estate 2023, quando in breve tempo numerose imbarcazioni attraversano il Mediterraneo determinando un aumento degli sbarchi a Lampedusa, in parte determinati dal braccio di ferro tra Saied, il presidente tunisino, e Bruxelles riguardo allo sblocco dei finanziamenti previsti dai memorandum con la Tunisia.
Di fronte alla gestione manu militari invocata dalla premier Meloni e sostenuta dai proclami di Von Der Leyen, che dichiarano il pugno duro contro i “trafficanti responsabili delle migliaia di sbarchi”, Frontex afferma che incrementerà il proprio sostegno alle forze di polizia italiane, duplicando il numero di ore di pattugliamento sul Mediterraneo e stanziando contingenti a Reggio Calabria e Messina, che facilitino e accelerino le procedure di identificazione ed espulsione delle persone migranti irregolari. Inoltre, Frontex ha precisato di essere pronta a organizzare delle missioni di identificazione nei paesi non europei, per facilitare le procedure di rimpatrio sulla base delle esigenze delle autorità italiane (5). Ricordiamo che l’agenzia è presente in Italia attraverso l’operazione Themis, che consiste di 283 unità, cinque imbarcazioni, sette velivoli, 18 uffici mobili e 4 veicoli per il controllo delle migrazioni. In questo scenario, nella logica dell’esternalizzazione, Frontex vorrebbe espandere la propria influenza in Africa. L’agenzia è in trattativa con i governi del Senegal e della Mauritania per un’azione diretta sul territorio tramite l’installazione di un proprio contingente (6).

Possiamo vedere che, per quanto riguarda la gestione delle frontiere esterne dell’Europa, i paesi della UE tendono a delegare sempre di più ai paesi non europei il blocco dei flussi, attraverso operazioni militari condotte da Frontex e finanziando economicamente le forze armate locali. Allo stesso tempo, il discorso dell'”emergenza migratoria” permette di giustificare delle misure sempre più repressive che vengono scontate sulla pelle di chi prova ad attraversare i confini. Questo ha delle conseguenze anche dal punto di vista delle leggi emanate a livello europeo.

TENDENZE EUROPEE : PIÙ CARCERI E PIÙ DEPORTAZIONI

Sia ciò che si muove alle frontiere esterne del continente, che l’ultimo ciclo di decreti in Italia, deve essere letto in parallelo con le tendenze in corso nello spazio europeo nel suo complesso. Due dimensioni ci sembrano particolarmente importanti : il patto europeo sulla migrazione e l’asilo, e i piani nazionali di ristrutturazione dei sistemi di trattenimento e espulsione.

Il patto europeo sulla migrazione e l’asilo é un progetto dell’unione europea che non é ancora stato adottato ma dovrebbe passare nel 2024, prima delle elezioni europee. Anche se é stato presentato come una grande novità (repressiva, ovviamente), questo patto non sembra essersi inventato granché, ma potrebbe accelerare dei meccanismi già in atto. Il patto prevede, tra le varie cose :
– di vincolare in maniera più stretta l’ottenimento da parte dei paesi extra-europei di visti per viaggiare in Europa in cambio di lascia-passare consolari per poter espellere in questi stessi paesi ancora più persone senza documenti. La Francia lo fa da parecchio tempo : o accetti di “rimpatriare” i/le tuX clandestinX, oppure ti taglio i visti.
– di sistematizzare la selezione delle domande di asilo alla frontiera esterna, in continuità con l’approccio hotspot e con gli ultimi decreti italiani
– la riforma del trattato di Schengen : possibilità di ristabilire dei controlli alle frontiere tra paesi europei (come succede in realtà da anni tra Francia e Italia), e di lanciare operazioni poliziesche congiunte contro “i movimenti irregolari”
– di rinforzare ulteriormente i database europei in cui registrare le identità dellX stranierX che arrivano sul continente in maniera “illegale” e/o richiedenti asilo (per esempio, estendendo i tempi in cui conservare le impronte delle persone intercettate alla frontiera, in modo che diventi ancora più complesso chiedere asilo in un paese diverso da quello in cui si arriva)
– di sospendere tutto “in caso di crisi” o di “strumentalizzazione” : procedure d’asilo accelerate un po’ per tuttX, imprigionamento nei CPR se c’é un “rischio di fuga”, etc.

In realtà, non sono misure nuove, ed é difficile sapere a che punto il patto trasformerà la situazione attuale o si limiterà a legalizzare a livello europeo quello che già succede in vari paesi. Il punto che sembra invece più innovativo é quello che riguarda i meccanismi di ridistribuzione delle persone richiedenti asilo (il famoso regolamento di Dublino), che é sempre stato un elemento importante di tensione tra i governi dei paesi alle frontiere meridionali e orientali dell’Europa e quelli del centro e del nord. Tutto il teatrino che sta facendo il governo italiano in queste settimane é legato anche a questo: che stato deve “occuparsi” dellX nuovX arrivanti, rinchiudendolX in dei centri, giudicando se possono restare sul territorio, e eventualmente rinviandoli·e da dove vengono?
Il patto europeo prevede 3 opzioni per i paesi dell’unione europea :
– o accettano di “ricollocare” (manco fossero dei pacchi) le persone richiedenti asilo intercettate alle frontiere esterne
– oppure devono contribuire finanziariamente alle espulsioni da parte di altri stati europei
– o ancora, devono partecipare (dal punto di vista economico e logistico) ai controlli alle frontiere esterne europee.
Tutta questa roba si chiama “solidarietà europea”: se non vuoi partecipare al controllo e alla selezione deX immigratX poverX, caccia i soldi per espellerlX.

Al di là della cornice legale su cui stanno lavorando a livello europeo, vari paesi dell’UE stanno già mettendo in atto dei meccanismi simili rispetto al sistema di detenzione amministrativa e di espulsione. Diversi stati europei stanno perfezionando la macchina delle espulsioni, come la Spagna, dove due anni fa hanno costruito quello che é probabilmente il più grande CPR d’Europa ad Algeciras, 500 posti (7), o come la Germania, dove il CPR dell’aeroporto berlinese di Brandenburg sta passando da 24 a 108 posti (8), e dove si sta parlando di allungare la detenzione amministrativa da 10 a 28 giorni (9).
Più nello specifico – e non sappiamo se ci siano delle indicazioni da parte dell’UE in tal senso – il progetto che sta portando avanti il governo Meloni (e altri prima di lei) di sistematizzare l’imprigionamento delle persone senza documenti aumentando la durata della detenzione amministrative e costruendo un CPR in ogni regione é esattamente quello che sta succedendo in Francia da qualche tempo. Nel 2019, si passa da 45 a 90 giorni di detenzione. Entro il 2025, secondo i piani del governo Macron, i posti aggiuntivi nei luoghi di detenzione amministrativa saranno di un migliaio : più o meno 75 000 prigionierX in più all’anno. Un nuovo CRA (i CPR francesi) é stato inaugurato a Lione, vari centri sono stati aperti a Mayotte (isola al largo dell’oceano indiano considerata come un dipartimento francese) durante l’operazione neocoloniale detta Wambushu, e nuove costruzioni sono previste a Orléans, a Nantes, a Bordeaux, a Dunkerque, a Parigi (di fianco all’aeroporto Charles de Gaulle, dove già c’é un CRA) (10). Non é finita : a inizio ottobre il ministro degli interni francese Darmanin ha annunciato altri 6 nuovi CRA, per raddoppiare i posti in detenzione amministrativa, e ora si parla anche in Francia di allungare la detenzione amministrative a 18 mesi per le persone “straniere delinquenti”.


NOTE

(1) Ricordiamo che pochi mesi prima dello scoppio del conflitto un’altra “crisi migratoria” è scoppiata al confine tra Polonia e Bielorussia. La pressione di centinaia di persone provenienti da Medio Oriente e Africa in transito in Bielorussia ha portato a massicci attraversamenti della frontiera tra dicembre del 2022 a marzo del 2023, con una conseguente militarizzazione del confine polacco e la costruzione di un muro di filo spinato tra i due stati.

(2) Tutte le operazioni in cui è impegnato Frontex sono pubblicamente reperibili nella sezione news del loro sito.

(3) https://www.repubblica.it/cronaca/2023/09/06/news/cutro_naufragio_dati_frontex_migranti-413503943/

(4) https://www.rainews.it/articoli/2023/06/il-naufragio-di-pylos-per-alcuni-sopravvissuti-sarebbe-stato-provocato-dalla-guardia-costiera-86e1bdb0-3b4e-4bba-8f90-9346cd9e8134.html

(5) https://frontex.europa.eu/media-centre/news/news-release/frontex-boosts-support-to-italy-IHEK3y

(6) https://www.statewatch.org/news/2023/july/push-back-frontex-campaign-in-senegal-targets-deployment-of-eu-border-agency/

(7) https://www.europasur.es/algeciras/Comienzan-movimientos-construccion-nuevo-CIE_0_1583243154.html

(8) https://www.theleftberlin.com/ber-airports-new-deportation-centre/#:~:text=Not%20many%20people%20know%20that,question%20by%20the%20German%20state.

(9) https://www.infomigrants.net/en/post/50836/german-interior-minister-proposes-making-returns-and-deportations-easier

(10) https://abaslescra.noblogs.org/retours-de-plusieurs-villes-sur-la-journee-de-lutte-du-18-fevrier-2023-contre-la-loi-sur-limmigration-et-les-cra/

 

TREVISO: SENTENZA DI PRIMO GRADO PER LE PROTESTE NEL CENTRO DI ACCOGLIENZA EX CASERMA SERENA

Diffondiamo:

Sentenza di primo grado per le proteste nel centro di accoglienza Ex Caserma Serena (Treviso): solidarietà a Mohammed, Abdou e Amadou!

Il 20 ottobre il Tribunale di Treviso ha pronunciato la sentenza di primo grado nei confronti di Mohammed, Amadou e Abdourahmane, per le proteste avvenute l’11 e 12 giugno 2020 dentro il centro di accoglienza Ex Caserma Serena di Treviso, di cui i tre erano accusati.
L’accusa di devastazione e saccheggio è caduta, ma è rimasta quella di sequestro di persona per i fatti del 12 giugno. Il PM aveva inizialmente chiesto condanne di 6 anni, ma al termine di questa udienza due di loro sono stati condannati a 1 anno e 8 mesi, e l’altro a 2 anni.

La repressione che i tre hanno subìto ha voluto fin da subito essere esemplare: si voleva punire una rivolta per dare un segnale a tutte le altre, in un’estate in cui le proteste si moltiplicavano in tutti i luoghi di reclusione per persone immigrate in Italia.
Il quarto imputato di questo processo, Chaka Ouattara è morto in isolamento nel carcere di Verona il 7 novembre 2020 nel silenzio e nell’indifferenza generale.

Abdou, Mohammed e Amadou hanno passato tre anni tra carcere, arresti domiciliari e obblighi di firma. A tutto questo si aggiunge il ricatto quotidiano di non riuscire più a ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, di non avere abbastanza mezzi economici e reti di relazioni per sostenere le spese legali e tutto il peso della repressione.
Per questo è importante tenere viva la solidarietà nei confronti dei tre e di tutt* quell* che spesso nell’isolamento più totale lottano per la propria libertà.

Venerdì mentre il Tribunale di Treviso pronunciava la sua sentenza, c’è stato un presidio solidale davanti al tribunale e diversi striscioni di solidarietà sono apparsi in diverse città d’Italia: a Torino, a Roma in occasione del corteo per la Palestina nelle strade di Torpignattara, e anche a Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, per ribadire ancora una volta che chi lotta non è mai solo.

Per Chaka, in solidarietà con Abdou, Mohammed e Amadou, TUTT LIBER!

DUEMILA EURO PER ACCEDERE AL SERVIZIO SANITARIO

I cittadini extracomunitari residenti in Italia dovranno versare un contributo di 2mila euro all’anno per iscriversi al Servizio sanitario nazionale. L’importo sarà ridotto solo per chi ha il permesso di soggiorno per motivi di studio.

Link: https://www.osservatoriorepressione.info/manovra-bilancio-migranti-dovranno-pagare-2000-euro-accedere-al-servizio-sanitario/


Aggiornamento:

In merito al contributo di duemila euro per l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, qui un’avvocata specifica cosa prevede il provvedimento e quali  categorie di permesso saranno coinvolte.

CENTRI DI DETENZIONE PER MIGRANTI: DAGLI ANNI 90 AL 2023

Radio Ondarossa: puntata di lunedì 16 ottobre 2023

Insieme a 3 compagne e compagni del fu Asilo occupato, che per 15 anni hanno portato avanti un percorso di lotta contro i Cpt-Cie-Cpr per il quale l’occupazione fu sgomberata e loro accusati di associazione sovversiva contro lo Stato, processo che a breve entra nel vivo del secondo grado di giudizio e con Gianluca Vitale dell’ASGI parliamo di centri di detenzione per migranti.

Nella prima parte del redazionale facciamo un excursus storico sulla nascita della detenzione amministrativa dei migranti, dai primi sbarchi di massa in Puglia provenienti dai Balcani, fino ai CIE e ai CPR, passando per il ruolo di Frontex. Parliamo inoltre delle lotte dei migranti dentro ai centri, che hanno portato a chiusure ripetute di diversi di essi, e del sostegno a queste lotte di solidali in tutta Italia.

Nella seconda parte approfondiamo dal punto di vista giuridico l’approccio tenuto fino ad oggi dal governo di destra attuale, con il DL Cutro e le successive disposizioni ministeriali sul tema delle migrazioni, che prevedono l’inasprirsi di una vera e propria lotta ai migranti, visti come invasori e nemici da tenere lontani dalle frontiere di una fortezza Europa che continua a fare il conto dei cadaveri nel mediterraneo e delle vite recluse dentro centri di accoglienza e di detenzione, per la sola ragione di non avere il corretto foglio di carta fra le mani, o di 5000 da corrispondere allo stato italiano.

Link: http://www.ondarossa.info/redazionali/2023/10/centri-detenzione-migranti-dagli-anni-90

MODENA: STREET RAVE PARADE

SMASH REPRESSION/MODENA – 28 OTTOBRE 2023

Ad un anno esatto dal rave di Modena nord e dalla legge anti-rave, un anno di sgomberi, repressione e ostilità, per le strade e nei quartieri, nella città che ha visto la strage al carcere Sant’Anna, contro la società del proibizionismo, delle gabbie e dei CPR, in solidarietà ai rave, alle TAZ, agli spazi sociali e a chi lotta… tuttx a Modena il 28 ottobre! 🏴‍☠️

SOSTENIAMO LA SOLIDARIETÀ PER I CONDANNATI/E DEL BRENNERO

Condividiamo da Oltre il ponte l’appello alla solidarietà per le/i condannati del Brennero:

Una cassa di solidarietà per i condannati/e del Brennero

La sentenza d’appello nel processo per la manifestazione al Brennero del 7 maggio 2016 ha distribuito più di 120 anni di carcere. Se le condanne fossero confermate in Cassazione, una trentina tra compagne e compagni potrebbero finire dietro le sbarre, vari altri avranno bisogno di una casa dove svolgere i domiciliari e in tutti i casi non mancheranno le spese da sostenere.

Collettiva è stata la manifestazione “Abbattere le frontiere” e più collettivo possibile vorremmo che fosse il modo di affrontare la repressione, affinché nessuno/a si ritrovi solo/a.

Per questo abbiamo deciso di creare un’apposita Cassa di solidarietà.

Non solo un numero di conto a cui far arrivare contributi economici, ma anche un contatto per avere materiale informativo, concordare eventuali interventi a concerti o altre iniziative di solidarietà, uno spazio in cui confrontarsi.

Mentre continuano le stragi di immigrati in mare, si allargano i recinti della detenzione amministrativa e aumenta il terrore poliziesco verso chi non ha in tasca i documenti giusti; mentre i lavoratori della logistica e delle campagne si organizzano e resistono contro il razzismo di Stato e lo sfruttamento padronale; mentre s’intensificano i piani di riarmo e di guerra, che sradicano milioni di umani dal loro mondo e colpiscono chi non si allinea; mentre il controllo tecnologico separa sempre di più gli inclusi dagli esclusi, le ragioni per cui siamo andati/e al Brennero quel 7 maggio non hanno fatto che moltiplicarsi. Se è soprattutto nella continuazione della lotta contro guerra e frontiere che si esprime la solidarietà ai condannati/e per quella giornata, una cassa di sostegno è un piccolo – ma necessario – pezzo.

I contributi economici possono essere versati sull’IBAN:

IT04H3608105138216260316268

intestato a Kamilla Bezerra (specificando “solidarietà Brennero”).

Per contatti: cassasolidarietabrennero@riseup.net


Qui alcuni link utili sui motivi, le modalità e le conseguenze della manifestazione del Brennero:

https://abbatterelefrontiere.blogspot.com/p/documenti.html

https://abbatterelefrontiere.blogspot.com/2016/05/7-maggio-una-giornata-di-lotta.html

https://ilrovescio.info/2021/05/16/manifestazione-al-brennero-condanne-per-166-anni/

https://ilrovescio.info/2023/02/03/dichiarazione-al-processo-dappello-per-la-manifestazione-del-brennero/

https://ilrovescio.info/2023/03/19/sentenza-dappello-del-processo-brennero

BOLOGNA: PIANTEDOSI DI NUOVO IN CITTÀ 

Dopo le maxi operazioni securitarie e repressive intraprese nei quartieri Bolognina e Pilastro nei mesi scorsi, inaugurate con la stretta di mano a inizio anno tra Lepore e Piantedosi, e l’ormai tristemente celebre “Lo Stato c’è e si deve vedere”, dopo il bagno di ipocrisia con la presenza del ministro al corteo del 2 agosto per la strage di Bologna del 1980, dai media apprendiamo che ieri Piantedosi è tornato nuovamente in città per un “vertice a tema migranti” in prefettura. Presenti anche Bonaccini e alcuni sindaci fra i quali quelli di Modena e Ravenna, oltre che Matteo Lepore. L’incontro ha istituito un tavolo permanente in prefettura a Bologna, valido per tutta la Regione, con la partecipazione del commissario per l’immigrazione Valenti, per quanto riguarda le recenti indicazioni di governo in tema di migrazioni, ascoltabili qui:

[Attenzione, potrebbe urtare la sensibilità]

Piantedosi parla di “ricognizione” per l’individuazione di “luoghi idonei” per la costruzione di nuovi CPR e “la gestione di questo problema” anche “in riferimento ad alcuni episodi di cronaca” legati a persone  “con un percorso di irregolarità e di pericolosità accertata”. La strumentalizzazione di alcuni episodi di cronaca accompagna l’equazione riduzionista securitaria e razzista di governo della “pericolosità sociale” per cui la costruzione di nuovi CPR lager e la detenzione preventiva della popolazione migrante “irregolare” sarebbe utile alla “prevenzione di reati” e alla “sicurezza nazionale”.

Per quanto riguarda le condizioni di detenzione Piantedosi arriva a dire che laddove all’interno dei CPR siano emerse situazioni “non pienamente soddisfacenti” in tema di dignità umana, questo sarebbe riconducibile alle azioni delle persone migranti trattenute, alle ribellioni e ai diversi  danneggiamenti posti in essere, non alla natura stessa dei CPR e alle condizioni inumane cui le persone sono costrette al loro interno.

Il sindaco di Bologna chiede più agenti.

NO ALLA COSTRUZIONE DI NUOVI CPR! FUOCO ALLE FRONTIERE!

 

MUSTAFA FANNANE, UCCISO DAI CPR

Affinché il suo nome viva nelle nostre lotte, ritorniamo sulla storia di Mustafa Fannane, ucciso dai CPR.

Da Napoli Monitor, testo a cura di Luna Casarotti – Yairaiha ets.*

Mustafa Fannane non è morto in carcere, ma dopo tre settimane dall’uscita da un Centro di permanenza per rimpatri, uno di quei luoghi dove i migranti vengono  trattenuti e reclusi senza aver commesso alcun reato, per scontare una detenzione amministrativa in quanto privi di permesso di soggiorno.

Un’amica di Mustafa ci ha raccontato la sua storia.

Lo ha conosciuto nell’estate del 2020 nel quartiere Torpignattara, a Roma. Era seduta su una panchina ad ascoltare musica e un ragazzo sconosciuto le si avvicinò con gentilezza chiedendole di poter sentire una canzone marocchina che gli piaceva tanto, intitolata Mamma non piangere. La canzone parla di un ragazzo che ha avuto sfortuna e non è riuscito a realizzare i propri sogni, a differenza dei suoi amici; in seguito alle proprie vicissitudini è rimasto solo, al freddo, senza nessuno che potesse aiutarlo o proteggerlo.

Mustafa aveva trentotto anni, era in Italia dal 2007, arrivato come tanti in cerca di un futuro migliore, con un visto per motivi lavorativi. Era originario di Fquih Ben Salah, comune marocchino a meno di duecento chilometri da Casablanca e Marrakech, dove ancora abita la sua famiglia, che provava ad aiutare. Per anni ha lavorato, soprattutto come ambulante, alzandosi prestissimo al mattino. Nel 2014 ha perso il lavoro, e dopo poco, come conseguenza, la casa. Ha cominciato un percorso di progressiva marginalizzazione, è rimasto solo e si è visto negare il rinnovo del permesso di soggiorno. Nel 2015 è stato raggiunto da un decreto di espulsione. Nel 2019 ha trascorso tutti i sei mesi previsti dalla legge Salvini all’interno del Cpr di Roma. Durante l’estate 2020, nonostante le condizioni di salute precarie, il disagio psicologico ed economico, è stato nuovamente condotto nel Cpr di Torino, per poi uscire dopo novanta giorni. Secondo la ricostruzione di DinamoPress, in quelle settimane Mustafa diviene vittima di una vera e propria campagna di espulsione dal quartiere romano in cui viveva, caldeggiata da partiti e difensori del decoro vari, come il Movimento 5 stelle, Fratelli d’Italia e il giornale Il Tempo.

Il 31 agosto viene nuovamente arrestato: il quotidiano on-line Roma Today racconta di un marocchino classe ’84 accusato di aver minacciato un passante con un coltello per avere il suo cellulare. Mustafa viene portato ancora una volta in Cpr, a Ponte Galeria. Viene ritenuto idoneo al trattenimento nonostante i numerosi segni di autolesionismo che ne evidenziano le condizioni problematiche e la tendenza a cercare pratiche estreme e suicidarie. Chi è fuori non ha sue notizie per un po’, la stessa amica con cui parliamo scoprirà dopo un mese, grazie a una telefonata di Mustafa, della sua detenzione.

A metà novembre il volto di Mustafa inizia a gonfiarsi e il suo spirito a divenire apatico. Le cartelle cliniche del Cpr evidenziano un peggioramento delle condizioni fisiche e dei parametri vitali (frequenza cardiaca e pressione arteriosa). Alla sua amica dice: «Non sono ingrassato, sono ancora uguale a prima. Eppure quando mi vedrai non mi riconoscerai!». Il 28 novembre viene rilasciato. Il 2 dicembre quattro testimoni dichiareranno che era molto gonfio, probabilmente imbottito di psicofarmaci, in particolare una delle caviglie era gonfissima. A distanza di tre settimane dall’uscita dal Cpr Mustafa viene rinvenuto privo di conoscenza per strada e troverà poco dopo la morte, in ospedale, per arresto cardiocircolatorio. La polizia lo manda in obitorio come “paziente ignoto” cosa che complica anche il riconoscimento della salma, effettuato successivamente dai parenti contattati dall’amica del giovane. Un procedimento viene aperto dal procuratore aggiuntivo e un’autopsia viene disposta.

Tuttavia, molti aspetti di questa vicenda non sono stati ancora chiariti, neppure nella documentazione consegnata ai legali. Persino le dimissioni dalla struttura non sono state registrate, né viene indicata con sufficiente chiarezza la gestione del piano terapeutico a base di Diazepam, uno psicofarmaco il cui uso è praticamente di routine, ormai, all’interno dei Cpr (lo testimonia bene l’inchiesta Rinchiusi e sedati. L’abuso di psicofarmaci nei Cpr italiani, di Luca Rondi e Lorenzo Figoni).

L’avvocatessa nominata dal fratello di Moustafà, e naturalmente tutta la sua famiglia, e le persone che gli volevano bene, chiedono ora che siano accertati i fatti e le responsabilità per il mancato intervento a soccorso di una persona che non era in alcun modo nelle condizioni di poter affrontare quell’assurda detenzione che chiamano Cpr.

Il 7 settembre, il governo Meloni ha allungato, nell’ambito del decreto legge cosiddetto “per il Sud”, fino a diciotto mesi il periodo in cui è possibile trattenere persone all’interno dei Cpr, e ha aumentato i posti disponibili per il loro trattenimento in questo tipo di strutture.

 


* Il Gruppo di supporto psicologico per i familiari dei detenuti che si sono tolti la vita o che sono deceduti per altre cause in carcere nasce nel mese di luglio, dopo un contatto tra alcuni attivisti e attiviste e i familiari di un ragazzo che si sarebbe suicidato inalando il gas del suo fornelletto, nel carcere di Modena.

È possibile seguire le riunioni del gruppo ogni venerdì, dalle 17:45 alle 20:00. Le riunioni avvengono tramite una piattaforma on-line, con il supporto del dottor Vito Totire, psichiatra, attivista e portavoce del circolo “Chico Mendez” di Bologna. Durante gli incontri ognuno può raccontare la propria storia, parlare del proprio dolore e confrontarsi con altre persone che hanno vissuto la tragica esperienza di familiari morti all’interno delle carceri. Il link per accedere alla riunione settimanale viene pubblicato qualche giorno prima dell’incontro sul gruppo Telegram “Morti in carcere” e su quello Whatsapp “Sportello di supporto psicologico per i familiari dei morti in carcere” .

È possibile ricevere informazioni, ma anche raccontare in forma scritta la storia propria e del proprio familiare, anche scrivendo all’indirizzo e-mail dell’associazione Yairahia Ets (yairaiha@gmail.com).