


“Lo Stato c’è e si deve vedere”
“Spaccio, immigrazione e degrado” questo il titolo razzista con cui il 22 gennaio 2023 Il Resto del Carlino – giornale storicamente voce di camerati e padronato – comunica l’esito del patto integrato sulla sicurezza tra Prefettura e Comune di Bologna, siglato con la visita del Ministro dell’Interno Piantedosi in città.
Un titolo che sinergicamente esprime e rilancia l’evidente proposito dell’incontro: mistificare la realtà delle cose per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica gli abusi di potere sempre più frequenti delle forze dell’ordine e nascondere sotto al tappeto le reali problematiche di quest’organizzazione sociale e di questo modello di sviluppo insensato.
Il nuovo nemico pubblico sono giovani e adolescenti, minori non accompagnati, soprattutto, stranieri, seconde e terze generazioni cresciute ai margini delle metropoli, nelle periferie e per le strade dei quartieri popolari.
Emergenza micro-criminalità, emergenza droga, emergenza immigrazione, emergenza babygang, emergenza malamovida. E m e r g e n z a, parolina dai risvolti repressivi certi, quando è usata dai padroni.
Degrado, spaccio, prostituzione, accattonaggio, danneggiamento al patrimonio pubblico e privato, insediamenti abusivi… questi i focus citati nell’incontro col ministro a Bologna.
Nel mirino corpi randagi, dissidenti, senza fissa dimora, sex workers, senza documenti, e naturalmente chi lotta per la libertà di tutte, contro tutte le gabbie che sorreggono questo sistema di oppressione.
Un’escalation securitaria che attraverso il governo poliziesco delle marginalità mira a sostenere il processo di ristrutturazione neoliberista e a contenere il conflitto sociale all’interno delle città. Una vera e propria guerra ai poveri e alle dissidenze, che con le retoriche della riqualificazione, dell’innovazione urbana e del degrado intende mettere a profitto ogni angolo di quartiere e annientare qualsiasi possibilità di autodeterminazione, relazione e solidarietà dal basso, oltre che qualsivoglia forma di tensione, conflitto e messa in discussione del presente. Un’intensificazione della repressione che opera anche attraverso l’interiorizzazione dell’autorità da parte delle masse sfruttate, sempre più passive e addomesticate. La solidarietà precipita all’interno di rapporti completamente colonizzati dalle logiche dei padroni.
E cosi assistiamo a rastrellamenti quotidiani, morti, abusi e uccisioni che si consumano pressoché nell’indifferenza.
Isabella P., trasferita dall'articolazione salute mentale del carcere di Bologna a quella del carcere di Pozzuoli, morta il 15 febbraio 2021 a causa delle massicce dosi di psicofarmaci e dei trattamenti ricevuti. (Bologna, il repartino psichiatrico con la sezione "nido" accanto". Presidio al carcere della Dozza.) Matteo Tenni, ucciso dalle forze dell'ordine il 9 aprile 2021 a Pilcante per una semplice infrazione al codice della strada trasformatasi in una violenta e predatoria caccia al «matto» finita nel sangue sulla sua porta di casa. (Quello che è successo a me non può essere solo mio) Abdel Latif, 26 anni, rimasto per dieci giorni su una nave-quarantena, trasferito nel Cpr di Ponte Galeria e poi morto al San Camillo di Roma il 26 novembre del 2021, legato mani e piedi per giorni. (Contenzioni ed espulsioni ingranaggi nella società dell'esclusione) Cloe Bianco, prof trasgender prima sospesa dal lavoro poi allontanata definitivamente dall’insegnamento, che ha scelto il fuoco all'interno del suo camper pur di smettere di subire le violenze dì questa società. (Oggi la mia libera morte. La tragica scelta di Cloe Bianco) Alika Ogorchukwu aggredito e ammazzato per strada a Civitanova Marche a luglio del 2022 mentre intorno i passanti riprendevano coi telefonini. (Giustizia per Alika Ogorchukwu) Yessenia, uccisa a Roma insieme ad altre due sex workers a novembre 2022. (Tutte le sex workers uccise sono nostre sorelle) Oussama Ben Rebha, 23 anni, raccolto dalle acque del Brenta senza vita il 10 gennaio 2023 dopo un fermo di polizia. (Verità e giustizia per Oussama e contro gli abusi della polizia, corteo dalla stazione centrale di Padova.)
La lista è infinita. Ad unire queste uccisioni il fatto di non essere episodi, tragiche fatalità, ma il preciso esito della medesima violenza strutturale accettata tutti i giorni.
Un sistema di neutralizzazione selettiva che si gioca sempre sulle linee del privilegio, volta ad annientare tutti quei soggetti sociali non utili alla macchina neoliberista e problematici al discorso del potere.
Come il trentaseienne trovato morto in via Carracci a Bologna pochi giorni fa o l’anziano senza tetto settantacinquenne morto di freddo il mese scorso in via San felice, sempre a Bologna, entrambi spirati in pieno centro, a pochi passi da molteplici servizi e attività commerciali.
Intanto la sanità sprofonda inesorabilmente verso il baratro sotto gli occhi – e sulla pelle – di tutti, mentre Stato e amministrazioni si organizzano per portare la polizia anche all’interno degli ospedali e dei servizi socio-sanitari. Si parte da Roma, Milano, Napoli, ma si valuta anche per altre città e naturalmente per Bologna, dove al policlinico Sant’Orsola sono già stati sperimentati giubbotti antiggressione per gli infermieri.
Un approccio securitario che tende ad investire e a travolgere anche ambiti in cui tali ingerenze non sempre storicamente sono state così accettate, come a scuola, in cui l’intervento militare e poliziesco si fa sempre più violento.
A Parma il 12 ottobre 2022 presso l’istituto tecnico Bodoni hanno fatto irruzione due agenti di polizia che hanno atterrato e immobilizzato con la forza uno studente di 14 anni. (Parma: fuori la polizia dalle scuole)
Nel 2021 a Fano un giovane studente è stato sottoposto a Tso (trattamento sanitario obbligatorio) e ricoverato al reparto psichiatrico di Pesaro soltanto perchè si rifiutava di indossare la mascherina. (Fano Tso su studente)
Gli studenti del Liceo Manzoni di Milano sono stati invece puniti per le loro rivendicazioni sui muri durante l’occupazione. Recitava il murals dipinto in palestra “Non saremo merce per chi lucra sulle nostre vite, stop alternanza”. E poi altre sparse “Salvini appeso”, “Meloni in piazzale Loreto”, “Fuoco sull’autorità”. Non essendo stato possibile individuare i responsabili tutte le famiglie sono state chiamate a risarcire. (Liceo Manzoni, i danni per le scritte li pagano le famglie)
Come per le rivolte dei detenuti, le sollevazioni degli studenti che hanno infiammato l’Italia dopo decine di mesi di isolamento sono finite duramente represse, finanche col carcere. Sono stati quattro i giovani che hanno pagato con mesi di misure cautelari l’aver osato alzare la testa contro l’aternanza scuola lavoro.
Ciò che è chiaro è che non conta da dove arriva la rabbia, la paura, la frustrazione e la sofferenza in crescente aumento, non importa cos’ha da dire chi non ha mai avuto voce, l’importante è contenere, sedare e reprimere.
E dove non arriva la polizia, arriva la psichiatria. (Su spazio pubblico, spazio privato e psichiatrizzazione della dissidenza)
Organizziamoci contro chi ci fa la guerra!
Il proliferare di pratiche psichiatriche va di pari passo ai processi che vedono le città configurarsi sempre più come industrie di sfruttamento e controllo. Metropoli mediate da aziende private, interconnesse e digitalmente sorvegliate, disciplinate sempre più in senso autoritario e iper-razionale, centri di profitto burocratizzati, scientificamente normati e igienizzati, tra telecamere “intelligenti”, “innovazione” urbana, sofisticate architetture e panchine antidegrado. Speculazione edilizia e militarizzazione dei territori aprono la strada ad affitti impossibili, sfratti e sgomberi, oltre che a progetti di ipocrisia sociale all’insegna del greenwashing, del socialwashing, della menzogna tecnologica [la smart city] e della falsa coscienza. A colpi di riqualificazione, decoro e repressione, si esaspera l’inesorabile processo di espulsione – legittimato da culture securitarie – di tutte quelle soggettività considerate problematiche al discorso del potere e non utili al profitto. Lungo le strade in ogni città rastrellamenti quotidiani si abbattono sulle fasce più marginalizzate della società. Una “sicurezza” sempre più “preventiva” , volta ad asfaltare tutti gli spazi di fiducia, libertà, relazione, intersezione, prossimità e solidarietà dal basso.
Assistiamo all’uso sempre più frequente e capillare del daspo urbano per allontanare persone “sgradite”, e della manipolabilissima categoria di “pericolosità sociale” di derivazione psichiatrica e fascista per reprimere il conflitto e contenere/sedare diseguaglianze e oppressioni. Vediamo continuamente puntare il dito contro la “malamovida”, neologismo che si vuole contrapposto a “buona movida”, cioè a quella socialità che rientra perfettamente negli spazi e nei tempi del consumo. Anche l’infanzia è nel mirino: attraverso la costruzione mediatica del “bullo” e della “baby gang”, giovani e adolescenti sono continuamente trattati e rappresentati come un problema di ordine pubblico da reprimere mentre rimangono intatti quei modelli che il sistema stesso riproduce ed esalta, pesci grandi che mangiano pesci piccoli all’interno di realtà dove solo chi ha soldi e potere è preso in considerazione, e chi non accetta di essere un cavallino da corsa non è nessuno. Nel frattempo imprese e attività commerciali sono incentivate a tappezzare i marciapiedi di telecamere con la promessa di detrazioni fiscali, gli individui sono incoraggiati a sorvegliare le strade a loro volta, forti di una crescente accessibilità dell’intervento delle forze dell’ordine, cementificandone il ruolo di controllo e repressione anche all’interno dei singoli, costantemente spinti alla delazione piuttosto che alla relazione.




Tom Swift e il suo fucile elettrico;




