MILANO: ANCORA IN PIAZZA DOMENICA 15 GENNAIO CONTRO IL CARCERE E IL 41BIS

Uno sciopero della fame a oltranza per la libertà di tutte e tutti.

Il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame a oltranza dal 20 ottobre contro il regime del 41 bis e l’ergastolo ostativo. Da otto mesi si trova rinchiuso in 41 bis nel carcere di Bancali, Sassari, per un’azione contro la caserma allievi carabinieri a Fossano (CN) che non ha provocato né morti né feriti ma che la Cassazione ha riqualificato come strage politica con conseguente possibile condanna all’ergastolo ostativo. Neppure per piazza Fontana, per la stazione di Bologna o per le stragi di Falcone e Borsellino è stata applicata questa tipologia di accusa.

Ha perso 35 chili e i parametri vitali sono al limite. Il 19 dicembre il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha confermato la sua detenzione in 41 bis, di fatto firmandone la condanna a morte. La sua lotta ha avuto la forza di aprire uno squarcio sulla ferocia di questo regime a cui nessuno prima poteva portare critiche senza essere accusato di collusione con i “mafiosi” e di indebolire la lotta dell’Antimafia.

Il 41 bis, per come lo conosciamo ora, esiste dal 1992 e non ci risulta, dopo trent’anni, che le organizzazioni di stampo mafioso abbiano subito un indebolimento. Infatti il vero intento di questo trattamento penitenziario non è impedire i contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza all’esterno, come recita il provvedimento che lo istituì, ma di costringere a dissociarsi, a pentirsi, ad accusare qualcun altro da mandare dentro al posto di chi così spera di uscirne.

Isolare, punire, seppellire. Questo è lo scopo di un regime che ormai in tanti definiscono di tortura, in cui si è totalmente tagliati fuori dal mondo, da qualunque rapporto anche con altri detenuti che non siano quelli decisi dalle direzioni, chiusi in celle spoglie, spesso sottoterra, nelle quali anche l’esposizione di una foto e qualsivoglia materiale compresi i giornali. La possibilità di leggere, limitata a 4 libri al mese, è sottoposta a censura e alla decisione dei direttori. I colloqui, uno al mese, si svolgono dietro al pannello di plexiglas. Né i familiari né gli avvocati possono portare fuori neppure una parola del detenuto, pena denuncia con rischio di condanne da 3 a 7 anni di carcere.

In tutto il paese e in tante parti di Europa e del mondo si sono attivate numerose iniziative di solidarietà che hanno riaperto il dibattito pubblico sugli aspetti repressivi del sistema carcerario italiano di cui il 41bis è la punta di diamante.

L’ampia adesione alla giornata di mobilitazione milanese del 29 dicembre, nonostante il divieto posto dalla Questura proprio per scoraggiare la partecipazione, dimostra che la solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo e al regime di tortura del 41 bis sono elementi riconosciuti come propri da settori militanti, sindacali e sociali non quindi circoscritti alla sola area anarchica.

Le notizie invece diffuse dai media hanno il chiaro intento di confinare la breccia apertasi, con la coraggiosa lotta di Alfredo, nel consenso o silenzio che regnava sul regime di tortura del 41 bis, vera pietra angolare che regola l’approfondirsi dell’arbitrio carcerario attraverso l’onnipotenza di strutture come la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Va mantenuta viva e concreta la critica al regime di tortura del 41 bis, dell’ergastolo ostativo e in generale al criterio della “collaborazione” quale strumento premiale o punitivo di mobilità fra i circuiti carcerari che istituzionalizza l’arbitrio e il baratto.

Il 41 bis, l’ergastolo ostativo sono solo la punta estrema di un sistema repressivo le cui ricadute e i cui effetti li misuriamo ogni giorno: va contrastata la crescente criminalizzazione delle lotte sociali – il tributo pagato è già altissimo in termini di repressione, misure preventive e carcere – in particolare della componente anarchica e compresa la sua natura strumentale finalizzata a generalizzare un continuo inasprimento dell’azione repressiva come la storia di questo paese ben ci ha insegnato.

La repressione colpisce e minaccia chiunque non abbassa la testa di fronte allo sfruttamento nei luoghi di lavoro, nella scuola con l’alternanza scuola-lavoro, alla distruzione dell’ambiente, al saccheggio dei territori, alla guerra e al razzismo di stato.

Domenica 15 gennaio: manifestazione
Ore 15 Porta Genova – Milano

Assemblea cittadina Contro carcere, 41 bis, ergastolo ostativo

Fuori Alfredo dal 41 bis
Solidali con chi lotta nelle carceri

BOLOGNA: ASSEMBLEA APERTA, CONFRONTI E PROPOSTE SULLA LOTTA CONTRO IL 41BIS, L’ERGASTOLO OSTATIVO E IL CARCERE, IN SOLIDARIETA AD ALFREDO IN SCIOPERO DELLA FAME

Lo sciopero della fame del compagno anarchico Alfredo Cospito contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo prosegue, nel silenzio delle istituzioni e nella determinazione della solidarietà attiva che non sta smettendo di farsi sentire in ogni parte del globo.
Negli ultimi mesi abbiamo inoltre assistito a rivolte ed evasioni nelle carceri minorili e il conteggio di fine anno dei suicidi in carcere è raccapricciante.
Il carcere ha tanti volti, il 41 bis contro cui Alfredo sta lottando è solo la punta dell’iceberg di un sistema carcerario che va combattuto nel suo complesso.
Invitiamo ad un’assemblea di confronto e proposte territoriali sulla lotta contro il 41 bis, ergastolo ostativo e in solidarietà al compagno Alfredo Cospito.

MARTEDÌ 10 GENNAIO ORE 20.00 – SPAZIO DI DOCUMENTAZIONE ANARCHICO “IL TRIBOLO” via D.Creti 69/2, Bologna

CARCERE, IL VOSTRO RECORD È UNA STRAGE!

Diffondiamo, da Quarticciolo Ribelle:

Carcere, il vostro record è una strage.

82 suicidi nel 2022, detenuti che avrebbero dovuto scontare pochi mesi, detenuti ancora in attesa di giudizio, detenuti con fragilità psichiche. Appesi ai lenzuoli, imbottiti di farmaci, inalano bombolette del gas. Un record che è una strage.

Ivrea, Torino, Siena, Rieti, Santa Maria Capua Vetere, Bari… centinaia di mele marce tra i secondìni. Centinaia di detenuti torturati. Casi isolati, episodi per cui si faranno lunghi processi. Processi in cui il Ministero della Giustizia si costituisce parte civile: si sentono infangati nella loro reputazione, lamentano il danno di immagine a via arenula, come potevano immaginare cosa combinavano quei secondìni nel buio delle prigioni?

Eppure casi tutti identici: le perquisizioni con i modi forti, le squadrette, gli isolamenti punitivi, le cellette adibite a stanze delle torture, le chat tra gli agenti che si vantano delle loro gesta, i medici che non si accorgono di nulla e alla fine i trasferimenti per chi sopravvive.

Più di 700 detenuti in libertà vigilata da due anni che dovranno tornare in carcere alla fine delle feste perché il parlamento si è scordato di legiferare sul loro caso. Penitenziari sovraffollati, penitenziari senza acqua potabile, educatori sotto organico, psicologi sotto organico. Solo le guardie e i detenuti.

È in corso una strage, non c’è nessuna fatalità in quello che sta accadendo nelle patrie galere ma il freddo burocratico calcolo di un sistema penale che conta i morti e accumula voti per chi invoca la forca.

Ad essere condannati per strage sono però Juan, Anna e Alfredo. Per azioni dimostrative in cui nessuno è morto. Alfredo ha superato i due mesi di sciopero della fame. Alfredo è rinchiuso al 41bis in un regime che è una tortura. Non lasciamolo solo

Ci vediamo il 31 dicembre, come ogni anno, sotto il carcere di Rebibbia.

ODIO IL CARCERE e la società che ne ha bisogno

Radio Onda Rossa 87.9

(la scritta nella foto dice “81 suicidi”, mentre veniva realizzata i giornali rendevano noto l’82esimo suicidio di questo 2022, a Bergamo. Non si fa in tempo neanche a denunciare quanti sono che aumentano)

NAPOLI QUIR PUNK 14 E 15 GENNAIO 2023

L’epifania non tutte le feste porta via… Il 14 e 15 gennaio al Giardino Liberato di Materdei (Napoli) si terrà una giorno e mezzo di D.I.Y. frociolellatransenonbinaria e spettacoli e concerti punk contro patriarcato, Stato, galere, frontiere e repressione. Ci saranno: serigrafie, stampe, fanzine, scarabocchi, intagli&tagli, esplosioni creative, fantasie appuntite, matite ben affilate… Per noi il punk è un modo di stare al mondo e il queer è lotta e liberazione, non marchi commerciali, estetica social o trend del momento. Queer per noi è resistenza quotidiana in un mondo etero-cis-patriarcale che ci soffoca, queer è crescere come erbe infestanti sull’asfalto ripulito delle città, creare reticolati di affetti diffusi e desideri contro-norma, queer è dare fastidio come il fischio di un microfono, come un urlo rauco che taglia i timpani. Spesso ci troviamo a dover sgomitare per riuscire a stare negli spazi che attraversiamo, così come sui palchi, nelle palestre, nei festival di autoproduzioni che in questi spazi si organizzano. È per questo che abbiamo deciso di organizzare un festival per noi e per chi condivide questo bisogno, un festivalino che sia queer e antisessista nei contenuti e nell’atmosfera. Alcuni eventi, come i laboratori e gli incontri, saranno separati (no maschi cis-et) perché abbiamo bisogno di uno spazio in cui conoscerci e riconoscerci lontano dallo sguardo patriarcale e riappropriarci dei saperi di cui la narrazione binaria dei ruoli di genere ci ha espropriatx. L’esposizione e i concerti, invece, saranno aperti a tuttx, tranne ovviamente machi, fasci e sbirri. il festival sarà benefit cassa antirep transfemminista, che va a supportare compagnx donne, lesbiche, trans* colpitx dalla repressione per essersi autodifesx dalla violenza di Stato e patriarcato.

La Vampa – Casa TransFemminista Occupata

BOLOGNA: SEX WORK IS WORK!

Diffondiamo:

Dopo il triplice femminicidio avvenuto a Roma a ridosso del 25 novembre è imprescindibile prendere parola oggi, 17 dicembre, giornata internazionale contro la violenza su sex worker, abbiamo diffuso in tutta la città le nostre parole per ribadire che non accettiamo alcun tipo di criminalizzazione sui nostri corpi e che rivendichiamo il diritto al lavoro sessuale in sicurezza. Siamo a fianco alle lavoratrici in lotta.

Il lavoro sessuale non è la vendita del corpo, è lavoro di cura e si situa nell’ambito della riproduzione sociale rompendone le regole attraverso l’attribuzione di un costo esplicito e la delimitazione di prestazioni in cui il corpo viene impiegato in pratiche concordate. Come ben sappiamo non esistono mansioni nell’organizzazione capitalista del lavoro in cui non sia previsto l’uso del corpo per lavorare: il problema è il capitalismo non sono le puttane! La rottura delle regole patriarcali che impongono la gratuità delle prestazioni sessuoaffettive porta a una denaturalizzazione delle stesse: perché il lavoro di cura nel matrimonio è accettato e invisibilizzato, mentre se viene palesato attraverso una transazione economica esplicita diventa qualcosa da criminalizzare? Non ci ritroviamo, forse, per disparità di accesso al reddito, in posizioni di costante ricattabilità economica? Non è forse il matrimonio un patto basato più che sull’amore sui ruoli di genere imposti?

È importante uscire dalla logica dicotomica prostituzione per scelta o costrizione, il lavoro sessuale è LAVORO e come tale rappresenta un mezzo di sopravvivenza utilizzato per le più svariate circostanze: non sarà lo stato a decidere se il lavoro sessuale è legittimo o meno, è l’esistenza del lavoro sessuale che apre all’imprescindibile necessità di tutela di chi esercita.

Le proposte di modifica della legge Merlin, che ciclicamente vengono presentate in parlamento con intenti strumentali e propagandistici, mostrano come il dibattito sul lavoro sessuale sia fermo su un piano ideologico che non tiene conto delle istanze e delle ripercussioni che le leggi hanno sulla materialità delle vite. L’ultimo disegno di legge è stato presentato da Alessandra Maiorino, esponente del Movimento Cinque Stelle, la cui proposta è chiara: importare il modello svedese in Italia. La proposta di Maiorino emula un approccio al lavoro sessuale diffusosi nell’Europa del nord che si distingue dalla criminalizzazione classica per la mancata perseguibilità delle lavoratrici e dei lavoratori sessuali, a fronte della criminalizzazione del solo cliente. Si tratta di un approccio insidioso, che si fonda su un finto intento salvifico delle lavoratrici, considerate tutte vittime da salvare, incapaci di autodeterminarsi e che persegue l’intento ideologico di eliminazione della prostituzione. Si tratta di una logica paternalista e patriarcale che fa leva sulla retorica delle “donne costrette a vendere il proprio corpo” e non si cura degli effetti che la criminalizzazione della domanda ha su chi vende. Come si può pensare di non colpire direttamente le sex workers se si incide sull’attività da cui queste fanno dipendere il proprio sostentamento? Come si può spacciare un simile modello per femminista se fa leva su una retorica stigmatizzante e patriarcale come la vendita del corpo? Il modello svedese si è gia rivelato fallimentare, sia nell’intento di eliminazione della prostituzione che in quello di tutela delle sex workers. Nei paesi in cui viene applicato, le sex workers per lavorare sono costrette a contrattare le condizioni di lavoro nel minor tempo possibile e sono impossibilitate a denunciare abusi, lavorare in gruppo o in luoghi visibili per non mettere in pericolo i propri clienti. Al contrario di quello che si prefigge la legge, il modello svedese favorisce lo sfruttamento, costringendo le sex workers a trovare protezione da parte di terzi, cedendo parte del loro guadagno.

Nello specifico, il ddl Maiorino presenta anche delle parti di natura esplicitamente transfobica, in quanto nell’elencare i presunti motivi che spingerebbero una persona trans a fare lavoro sessuale fa esplicitamente riferimento a “motivazioni del tutto peculiari di natura psicologica legate all’identità di genere”.
Le persone trans hanno meno accesso al mondo del lavoro a causa della transfobia ancora oggi imperante: non vogliamo riprodurre lo stigma per il lavoro sessuale né possiamo accettare retoriche patologizzanti, vogliamo invece un accesso al reddito per tutt*!

Lo stigma della puttana è una forma di controllo della sessualità di donne e soggettività dissidenti: per noi puttana è un parola cruciale per la nostra lotta, una rivendicazione di autodeterminazione!

Le realtà transfemministe di Bologna

 

BOLOGNA: SCENDIAMO IN STRADA AL FIANCO DI ALFREDO

Il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame a oltranza dal 20 ottobre. Il 19 dicembre il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha confermato la sua detenzione nel regime di tortura di 41bis, di fatto firmandone la condanna a morte.

SCENDIAMO IN STRADA, ANCORA AL FIANCO DI ALFREDO CONTRO IL 41bis ED ERGASTOLO OSTATIVO. STATO TORTURATORE ASSASSINO!

MERCOLEDÌ 21 DICEMBRE ORE 19
PIAZZA VERDI – BOLOGNA

BOLOGNA: OCCUPATA UNA GRU ACCANTO LE DUE TORRI IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO

Diffondiamo:

All’alba del sessantesimo giorno di sciopero della fame dell’anarchico Alfredo Cospito contro 41 bis ed ergastolo ostativo, due compagnx hanno occupato una gru nel centro di Bologna e calato uno striscione con la scritta “Il 41 bis uccide. Alfredo libero. Tuttx liberx. Morte allo stato”. Altrx compagnx sono in presidio sotto la gru.
Da sessanta giorni, in ogni parte del globo, si susseguono iniziative e azioni in solidarietà con Alfredo e con lx prigionierx che con lui hanno intrapreso questo sciopero della fame. Da diciotto giorni il tribunale di sorveglianza di Roma -chiamato ad esprimersi sulla reclusione di Alfredo in regime di 41 bis- si è barricato in un assordante silenzio. Ogni giorno che passa la vita del nostro compagno è sempre più in pericolo. Alfredo è determinato nel voler proseguire ad oltranza questa battaglia.
Sta a tuttx noi continuare a lottare al suo fianco e dar voce ai nemici dello stato che si vorrebbero mettere a tacere nelle patrie galere.
Stato stragista e assassino.
41 bis ed ergastolo ostativo sono tortura.

BOLOGNA: CONTRO LA SORVEGLIANZA SPECIALE

Esperienze a confronto

!! Attenzione !!
A causa dello sgombero dello spazio occupato in via Stalingrado 31, l’iniziativa si svolgerà allo spazio di documentazione anarchico “Il Tribolo” in via Donato Creti 69/2. La proiezione è invece annullata.

La misura della sorveglianza speciale (non legata a specifiche accuse di reato ma ad arbitrarie analisi della personalità dell’individuo e dei possibili reati futuri, e i cui provvedimenti sono altrettanto discrezionali) è stata usata sempre più di frequente negli ultimi anni per tentare di fiaccare persone, rapporti sociali e realtà di lotta. Come l’abbiamo sempre avversata continueremo a farlo e a essere solidali con chi viene colpito da questa misura di fascisti natali.