DUE NOTE SULL’ISOLAMENTO DEL CPR DI BARI-PALESE E DEI SUOI DETENUTI. VERSO IL PRESIDIO DEL 22 FEBBRAIO

Riceviamo e diffondiamo

Il CPR di Bari Palese (come il CARA) si trova nei pressi dell’aeroporto internazionale di Bari – Karol Wojtyla, vicino al quartiere San Paolo. In un’area oltre che periferica, completamente militarizzata, dallo stesso aeroporto ma soprattutto dalla Guardia di Finanza con gli edifici, le mura e il filo spinato del gruppo operativo Bari 1 e della Legione Allievi Finanzieri. A primo impatto sembra un grande residence di lusso perché spiccano i palazzi alti, in mezzo al nulla, con i loro balconi e finestre, poi quando ti avvicini e vedi le mura, le targhe, qualcosa inizia a puzzare… Quelle mura nella parte a nord del lato est combaciano con quelle di un’altra struttura, molto più piccola, che di alto non ha nessun palazzo e non ha nessun balcone: è il centro di tortura di stato chiamato “ufficialmente” Centro di Permanenza per i Rimpatri, dove vengono detenute le persone in movimento sprovviste dei documenti richiesti dall’Unione Razzista Europea.

L’ingresso del CPR non è sulla strada principale, la stessa strada della GdF, ma infondo ad un viale alberato che costeggia le mura della GdF.

Il CPR di Bari Palese dunque ha un perimetro rettangolare. Vicino all’angolo sud ovest, sul lato sud c’è il cancello in direzione del viale alberato, poi si sviluppa verso est con una decina di moduli: un paio per gli uffici, uno per l’infermeria e gli altri sono celle. Oltre le celle e i moduli, a contenere i prigionieri c’è una prima cinta di mura, poi una seconda in cemento, alta 6 metri.

Negli ultimi anni ci sono state importanti rivolte dentro al CPR di Bari Palese, una in particolare che causò l’inagibilità di una parte, riducendo la capienza del lager di stato. Ma sappiamo che quello non fu un caso isolato, chi è rinchiusx dentro il CPR lotta ogni giorno. Grazie alle testimonianze dei reclusi o di chi lo è stato, possiamo farci un’idea della violenza che viene usata per sedare le proteste, da quella più diretta della celere al momento della rivolta, a quella indiretta degli psicofarmaci, dell’assenza dei servizi sanitari, dell’isolamento.

Sempre negli ultimi anni la repressione dentro e fuori il centro di tortura di Bari Palese è cresciuta: per aumentare l’isolamento e vanificare i presidi a sostegno di chi è colpito dal razzismo di stato dentro i CPR, la questura di Bari tramite prescrizioni o tramite il dispiegamento dei powerrangers con casco e manganello, ha allontanato il presidio dalla strada adiacente al CPR, obbligando le persone a stare lontane, annullando le possibilità di interazione con chi è imprigionato, ostacolando il più possibile anche solo la vista del CPR.

Noi questo CPR -come gli altri- lo immaginiamo preso dalle fiamme della rabbia di chi è rinchiuso e vogliamo dare loro tutta la solidarietà e il coraggio possibile per la lotta verso la libertà. Sabato 22 febbraio alle 14 rompiamo l’isolamento al centro di tortura di stato CPR di Bari Palese.

PRESIDIO CONTRO IL CPR DI BARI-PALESE

Diffondiamo

In Puglia abbiamo 2 CPR: Bari Palese e Brindisi Restinco.

Nel corso degli anni entrambi hanno conosciuto la rabbia di chi ci era reclus3, entrambi sono stati dati alle fiamme da chi non riusciva più a subire le torture, le umiliazioni e la sofferenza. Fuoco nato da chi preferirebbe la morte che il rimpatrio, chi si è messo in gioco per far sì che non ci fosse più un posto dove rinchiudere il prossimo migrante ritenuto irregolare.

I CPR sono dei luoghi di tortura e non ci sono politici o studiosi/e che possano dire il contrario senza mentire. Questo orrore è confermato da una sentenza del Tribunale di Bari e della Suprema Corte che ha condannato il Ministero dell’Interno a risarcire il Comune e la Provincia per il danno d’immagine subito a causa dei trattamenti disumani nei Cpr, ma questo non basta. Nessun danno d’immagine può essere paragonabile alle condizioni di vita a cui sono soggetti i detenuti in CPR.

Le condizioni dei CPR, privilegiata fonte di profitto per le cooperative che si occupano di ‘’accoglienza’’ sono le stesse, aggravate dalla privazione della libertà personale e dall’isolamento dalla società imposto alle persone recluse.

Nel 2023 i CPR di Brindisi e Bari sono stati definiti dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale ”ambienti estremamente degradati”, le condizioni dei servizi igienici ”indecorose e insalubri”. Le persone recluse sono costrette a vivere senza riscaldamento, privacy e servizi di assistenza di base, da quella legale a quella sanitaria.

Il trattenimento in questi luoghi costringe le persone recluse ad un tempo sospeso e vuoto, isolate dagli affetti e dai legami e private del diritto di comprendere ed agire autonomamente, private anche della speranza di una prospettiva migliore.

Sabato 22 Febbraio alle ore 14.00 saremo sotto il Cpr di Bari Palese in solidarietà ai reclusi e contro le istituzioni e i soggetti che permettono il funzionamento di questi lager.

FUOCO AI CPR

SOLIDARIETÀ AI RIVOLTOSI DI GRADISCA D’ISONZO: PRESIDIO CONTRO I CPR

Diffondiamo

Il 21 gennaio, nel CPR di Gradisca d’Isonzo, la paura e l’isolamento hanno cambiato campo. Dopo due giorni di scontri, diversi fuochi sono stati accesi nella notte. Com’era già successo durante la notte di capodanno, alcuni prigionieri sono saliti sul tetto in segno di protesta. Sono così iniziati degli scontri all’interno del Cpr quasi ininterrotti.

La risposta della polizia è stata manganelli, lacrimogeni e getti d’acqua contro chi si è ribellato alle torture e violenze. Le rivolte hanno portato alla chiusura dell’area rossa e 35 detenuti sono stati deportati in Tunisia e Marocco o trasferiti in carcere.

Torniamo ancora una volta sotto a quel muro che nasconde un lager etnico legalizzato, torniamo per portare solidarietà e rompere silenzio e isolamento verso chi continua a lottare per la libertà e non piega la testa verso uno Stato razzista che vuole l’omogeneità e la pacificazione sociale.

Perché i CPR si chiudono con il fuoco non sia solo uno slogan.
SABATO 8 FEBBRAIO ORE 15:30 DAVANTI AL CARA

FREDOOM-HURRIYA-LIBERTÀ
Assemblea no cpr


SULLA LOTTA DI INIZIO ANNO NEL CPR DI GRADISCA D’ISONZO:

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2025/02/02/sulla-lotta-di-inizio-anno-nel-cpr-di-gradisca-disonzo/

NUOVO OPUSCOLO: PRIMI PASSI… ATTRAVERSO IL DDL SICUREZZA VERSO UNO STATO DI GUERRA

A cura di Materiale Piroclastico

«È la preparazione della guerra in altri ambiti – politici e sociali – che da lungo si preparano ad essere qui arrivati ad un punto di svolta. Dopo i passi che la legislazione emergenziale ha approntato in questi anni, con il ddl 1660-1236 è la volta di scoprire le carte, con un bel salto in avanti. Il terreno è finalmente fertile per l’accrescersi del sentimento patriottico, il pozzo è avvelenato, la costruzione del nemico è ultimata, le forche sono distribuite ai passanti.»

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ROMA: PRESIDIO AL CPR DI PONTE GALERIA

Diffondiamo

Domenica 2 febbraio ore 15.30
Presidio davanti alle mura del cpr di Ponte Galeria

Torniamo lì, dove il ferro e il cemento segnano l’invisibilità di chi è reclusx per il solo fatto di esistere, per non essere natx nel luogo giusto. Torniamo davanti alle mura del CPR di Ponte Galeria per essere fianco a fianco di chi, dentro e fuori quelle mura, combatte ogni giorno contro l’annientamento che lo Stato infligge con il razzismo e l’esclusione.

Lo Stato sta affinando la sua guerra e lavora con nuovi strumenti per segregare, selezionare, controllare ed espellere. Il decreto Cutro trasforma ogni angolo della città in un potenziale campo di concentramento. Ogni stanzino di un edificio pubblico può diventare un temporaneo luogo di prigionia e tortura. Deve vincere l’isolamento per evitare che le persone si organizzino insieme, nelle rivolte e nelle evasioni. Ecco che il CPR di Gradisca d’Isonzo, come sta avvenendo nelle ultime settimane, ci parla di dignità, di una parte di popolazione che resiste e un’altra che opprime.

Il razzismo sistemico si riproduce ogni giorno. Ogni volo di linea è un luogo in cui può avvenire un’espulsione e ogni espulsione è questa società che si riproduce nel nome della sicurezza come strumento di propaganda.

Ogni operazione di polizia, ogni retata in quartiere o nelle campagne, è la propaganda del razzismo che si alimenta sulla vita delle persone: è la politica di questo governo, è la natura della sua democrazia.

Ogni zona rossa vuole essere una prigione sotto il cielo. Uno strumento pensato per legittimare sempre più l’uso della polizia e della sua violenza. Lo abbiamo visto a Corvetto, dove il quartiere è diventato una cassa di risonanza per giustificare gli abusi della polizia, ma nello stesso tempo grido di riscatto e coraggio. Dove ogni corpo, ogni volto, viene sottoposto alla violenza del razzismo e della conseguente criminalizzazione. Tutto per difendere la sicurezza dei ricchi di continuare a sfruttare, tutto per alimentare la guerra contro chi non ha diritto di esistere dove ha scelto di stare.

A Quarticciolo la guerra assume l’altra faccia della stessa medaglia. La polizia, le retate, i modelli Caivano, le deportazioni: una guerra che fa leva sull’umiliazione, sulla separazione, sull’esclusione. È la guerra dei governi, la guerra sulla pelle di chi non può essere altro che una merce da spostare, da annientare, da sottomettere.

A chi si ribella, a chi prova ad alzare la testa, lo Stato risponde con la sua violenza. La risposta è un corpo strappato via dalla vita, deportato in un lager legalizzato, pestato e torturato affinché non si ribelli, affinché non sia di esempio.

Vogliamo tornare là, davanti alle mura di Ponte Galeria, dove l’unica sezione femminile del Paese è chiusa in un angolo dimenticato posto ai confini della città.

Per sostenere le resistenze quotidiane di chi è reclusx, chi lotta ogni giorno per la propria libertà, per la propria dignità. Vogliamo tornare là per dire, ancora una volta, che non avranno il silenzio di cui necessitano le torture.

Hanno un solo nome: infami.

Vogliamo tornare davanti alle mura di Ponte Galeria, dove ogni giorno si riscrive la storia di chi rifiuta la prigione: nelle sezioni che prendono fuoco, nelle evasioni, nella dignità della vita in un sistema di morte.

FREEDOM HURRIYA LIBERTÀ

Assemblea di solidarietà e lotta

BARI: ATTACCO AL MUNICIPIO

Riceviamo e diffondiamo

UN COMUNE SENSIBILE

Dal 2006 un pezzo del territorio del comune di Bari è occupato da una struttura detentiva per migranti, ieri CIE oggi CPR.
Secondo la “legge” (infame) i responsabili della presenza di questi lager sono: Ministero dell’Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Prefettura di Bari.
– Col ministero e il Ministro Piantedosi ce la prenderemo al momento giusto, ora ci concentriamo su altro –
Abbiamo la certezza di chi sono i soggetti giuridici responsabili grazie ad una sentenza del Tribunale di Bari e dopo della Suprema Corte. La sentenza condanna il Ministero dell’Interno e la Presidenza del Consiglio dei Ministri a risarcire al Comune di Bari e alla Provincia (oggi città metropolitana) di Bari il relativo danno, liquidato in € 32.766,00, oltre accessori. DI CHE DANNO SI PARLA? Danno all’immagine di comunità capaci di accoglienza, consacrata nella secolare storia di dominazioni straniere e di intrecci di culture religiose e laiche, di rapporto con l’Est Europa ed il Mediterraneo, simboleggiati dal culto di S.Nicola, in comune con la Russia e il mondo ortodosso.

DaL 2006 lx cittadinx di Bari, il comune e qualsiasi altra istituzione coinvolta con l’esistenza e il funzionamento del CPR di Bari Palese sono responsabili delle torture subite nei centri, per le torture e morti subite subite nei paesi di rimpatrio e per tutto lo schifo subito nei lager del XXI secolo.

Il comune e il prefetto sono enti separati ma complici. – Non ci dilungheremo a lungo sui dettagli, ci saranno altre occasioni –

__Vogliamo rivendicare l’azione a danno del comune e d’intimidazione alla Prefettura e al Prefetto Russo__

A Novembre un’operazione “straordinaria di controllo del territorio” effettuata dall’arma dei carabinieri e della polizia di stato, con una “specifica interlocuzione con la prefettura”, ha portato all’espulsione di 17 irregolari. Anche la Polizia Locale ha partecipato all’operazione.

Il 18 novembre un fratello di 42 anni proveniente dal Senegal, di cui i media non hanno rilasciato il nome poiché è solo un “migrante senzatetto” è morto in strada, da solo, probabilmente al freddo, diventato da un essere vivente a un pretesto per i consiglieri di Fratelli d’Italia per fare propaganda contro il degrado.

Il 22 novembre, alla vigilia dei funerali del 33enne Bangaly Soumaoro, avviene un’operazione della Polizia volta a individuare e ad espellere cittadini irregolari che “vivono” “abusivamente” nel CARA di Bari. Probabilmente una ritorsione per la protesta che aveva attraversato la città nei giorni precedenti.

Il 30 novembre, in seguito a un aumento dei controlli della Polizia Locale nella zona dei portici di Via Capruzzi, un cittadino irregolare è stato identificato e portato nel Cpr di Brindisi in attesa di espulsione.

Il 3 dicembre due cittadini irregolari sono stati colpiti da un decreto d’espulsione, uno dei due, un ragazzo di 19 anni è stato portato al Cpr di Bari Palese.

Il 9 dicembre alcunx compagnx riferiscono di un rastrellamento contro poveri e migranti sempre in Via Capruzzi, nessun media riferirà notizia.

Questi sono alcuni dei vostri crimini, questa lista è per rendervi consapevoli che c’è chi vi guarda e non resta indifferente.

Inizieremo a colpire, a volte colpiremo forte, altre neanche ve ne accorgerete, siete tuttx obbiettivi, dal vigile al generale, dal comune alla prefettura.  – Sopravvivere e sabotare, individuare e colpire – Il fuoco necessario a chiudere I CPR può essere acceso solo dalla rabbia dex reclusx, noi saremo il fuoco della vendetta.

Nemiche di ogni gabbia – Nemiche di ogni stato e istituzione – Solidarietà a tuttx lx anarchicx colpite dalla repressione dell’operazione “Scintillla” – Solidarietà a tuttx lx anarchicx colpite dalla repressione dell’operazione “NotteTempo” – In memoria di Kyriakos e tuttx lx anarchicx rivoluzioinarix – FUOCO AI CPR – Per Ramy e contro tutta la polizia – Che la paura cambi campo.

 

OPUSCOLO: NON È FORSE QUESTA GUERRA?

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“Non è forse questa guerra?!” è stato scritto cercando di portare nella discussione collettiva, o individuale che sia, alcune tematiche riguardanti gli intrecci tra alcuni luoghi della Terra, nella fattispecie le rive dello Stretto, e le dinamiche predatorie del capitalismo.
La domanda che titola queste riflessioni e colletta di informazioni non vuole essere retorica, ma la messa a fuoco di un totale dilagare della forma guerra. La riorganizzazione dell’economia mondo sul modello del conflitto totale porta con se un alito mortale di cambiamenti e rinnovate frenesie; il nuovo capitale espande i suoi confini e necessita di tutta una rete di rinnovate infrastrutture a questo dedicate.

Nel corso di queste pagine si sono voluti mettere in evidenza alcuni processi o progetti che costituiscono parte degli sforzi indirizzati alla riorganizzazione del territorio sulla base delle necessità di un élite sempre più lontana dalle persone sulle quali impone i propri piani di accumulo. Qui la questione non è prendere il loro posto, bensì puntare un faro sul come e il chi ci affligge una tale prospettiva talmente mefitica e comprendere come scardinarne l’esistenza.

Elemento fondamentale di questa riflessione è il sempre più acuto sistema repressivo che il legislatore sta mettendo in atto nei confini del ‘bel paese’. Un sistema, quello paventato dal nuovo decreto sicurezza, sempre più stringente ed improntato sulla restrizione della libertà delle persone e la loro sempre più eventuale localizzazione forzata nelle varie forme detentive previste dalla genetica dell’ordine costituito. L’intento che ha mosso la stesura delle pagine di “Non è forse questa guerra?!” è stato quello di raccogliere tra loro dei tasselli che agli occhi di chi scrive costituiscono un più complessivo piano di appropriazione delle esistenze o, quanto meno, una replica di quanto già messo in atto altrove tanto nel suo complesso quanto in maniera frammentata. Dal progetto ponte, alle “smart cities” sino agli interessi che si cuciono sui corpi reclusi, migranti, arginati, incarcerati si evince l’esistenza di un filo rosso, pesante come mille catene, che svela gli intenti di quelle manacce che si allungano minacciose su queste zone del pianeta.

Con la coscienza che questa è una delle tante interpretazioni possibili di elementi ed avvenimenti, si vuole porre nel dibattito questo modo di intrecciarli tra loro. Condividere saperi e percorsi di significazione e conoscenza vuole essere un passo verso una sempre più fitta condivisioni di pratiche. Le informazioni raccolte nel corso di “Non è forse questa guerra?!” sono intrise delle emozioni di chi le intercettava e queste pagine non vogliono essere un triste nenia di rassegnazione, quanto un punto segnato in una, necessariamente, più vasta costellazione emozionale che sia invito ad un’azione sempre più di massa, ossia sempre meno mediata da strutture di delega e rappresentanza.

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TRIESTE: CONTRO IL RAZZISMO DI STATO. UNO SGUARDO SULLA DETENZIONE AMMINISTRATIVA

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Incontro e benefit per le persone recluse nel CPR di Gradisca

17 gennaio 2024 – ore 18

Via Tarabocchia 3, Trieste

La macchina del razzismo istituzionale, in Italia come in Europa, ha potenziato una strumento particolare, quello della detenzione amministrativa. Si tratta di una forma “eccezionale” di trattenimento e segregazione, già ampiamente utilizzato storicamente durante il colonialismo europeo in Africa, in Palestina fin dai tempi del mandato britannico e dal 1948 dall’entità coloniale sionista, per la repressione dei dissidenti e della resistenza, ma anche nel resto del territorio europeo, americano o australiano. Uno strumento che diventa sempre più la norma nella gestione dei cosiddetti flussi migratori e in più generale nel controllo della popolazione straniera.

In Italia trova espressione oggi nei CPR – prima CPT e CIE – cioè nei centri di tortura e deportazione per le persone senza documenti. Ma negli ultimi anni, dalle misure sull’immigrazione (come il “decreto Cutro” o i vari “pacchetti sicurezza”) al nuovo patto europeo sulle migrazioni e l’asilo, passando per l’accordo Italia-Albania, questo strumento ha trovato nuovi spazi e tempi: è il caso degli hotspot, dove vengono trattenuti per l’identificazione i migranti; dei nuovi centri di detenzione temporanei per le procedure d’asilo ed espulsione accelerate nei luoghi di sbarco – denominati Ctra – per quei paesi di provenienza ritenuti arbitrariamente sicuri; ma anche dei cosiddetti luoghi idonei, individuati nelle camere di sicurezza delle questure o delle stazioni di polizia. Per ragioni di sicurezza, identificazione e deportazione si diffondono sempre più capillarmente nuove forme di restrizione della libertà, applicate senza alcun tipo di garanzia legale, in primis alle persone migranti e razzializzate.

Non si tratta di misure isolate, ma di un complesso di dispositivi di segregazione e controllo che, in un contesto di razzismo sistemico, mirano a ricattare e terrorizzare chi non ha i documenti giusti, e così rafforzare, tra gli altri, i meccanismi di selezione e sfruttamento della forza lavoro immigrata. Vorremmo provare ad approfondire questi temi in una serata di confronto e informazione, in una prospettiva di solidarietà e complicità con le persone che si trovano incagliate in queste strutture (raramente sottomesse, come dimostrano le ribellioni nei CPR e le lotte dei braccianti).

La serata sarà anche un benefit per il sostegno alle lotte e alla solidarietà con quanti si trovano reclusi nelle galere etniche, tra cui il CPR di Gradisca d’Isonzo, a pochi chilometri da Trieste.

TORINO: SANITALIA COMPLICE DEI LAGER DI STATO / ESTRATTO DA UNA VISITA ALLA SEDE

  

Riceviamo e diffondiamo

SANITALIA COMPLICE DEI LAGER DI STATO

Sanitalia si e’ aggiudicata il bando da 8,4 milioni di euro per la gestione del CPR di Torino, chiuso dalle rivolte nel marzo 2023. Dalla partnership con la squadra del TORO, alle cliniche per persone affette da alzheimer, Sanitalia punta anche al business dell’accoglienza. Da 27 mila euro di fatturato nel 2013, passa a 14 milioni nel 2023, soprattutto grazie ai ricchi bandi di gestione di parte della macchina del razzismo di Stato: gestisce CAS nell’astigiano e a Chiaves in val di Susa e nel 2024 tenta la scalata per la gestione dei centri di espulsione in Albania, a Milano e anche a Torino.

La retorica dell’accoglienza dello Stato italiano maschera un sistema razzista che funziona e opera a piu’ livelli: dallo sfruttamento lavorativo, al controllo dei corpi, dei documenti e del movimento.

Il CPR non e’ che una delle parti di questo meccanismo e Sanitalia come tutte le altre aziende, enti e cooperative che collaborano per farlo funzionare ne sono complici dirette.

CONTRO IL RAZZISMO DI STATO, OGNI GABBIA E CHI NE E’ COMPLICE.