LETTERA DI GUI DAL CARCERE DI VARESE

Riceviamo oggi, a 16 giorni dalla data di invio, questa lettera di  Gui che era in quel momento reclusx nel carcere di Varese. Al momento si trova ai domiciliari da sua madre, lontanx da casa sua e dai suoi affetti, con il divieto di comunicare con l’esterno e l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico.

22/09/2025 – Carcere di Varese

ciao amix 🙂

ormai dieci giorni fa, non senza una certa difficoltà, vi avevo mandato una bella lettera, piena di speranza e tenacia, per raccontarvi come stavo, come sono le condizioni qua dentro, cosa pensavo in quei primi giorni dietro queste sbarre. non so bene cosa sia andato storto, forse le poste l’hanno persa, forse gli sbirri se la sono tenuta – anche se mi assicurano sia stata spedita e, in caso di sequestro, sono tenuti a farmi una notifica. in ogni caso, quella lettera a casa non ci è mai arrivata. in questi tredici giorni dentro è cambiato tutto e niente.

il mio primo concellino ha ottenuto i domiciliari, è arrivato un altro ragazzo qui con me che ha più meno la mia età, i miei gusti musicali e un bel po’ di altre passioni in comune. i giorni passano, appunto, sempre uguali ma diversi. ogni giorno con gli altri detenuti constatiamo che stiamo “bene ma male, male ma bene”. loro mi insegnano un po’ di arabo, io un po’ di francese, ormai conosco tutti e tutti conoscono me in sezione, c’è affetto, mutuo aiuto, solidarietà e più leggerezza possibile sotto al peso di queste sbarre. so di essere in una posizione di privilegio rispetto alla maggior parte di queste persone, e cerco di sfruttarla meglio che posso.

chi ne ha bisogno sa che mi può chiedere un tabacco, un caffè, una cassetta d’acqua, di dire qualcosa a qualcunx fuori, di cercare unx buonx avvocatx per qualcuno che non lo ha. tutti dicono che uscirò presto pensando ai reati che mi sono imputati, io non ne sono così sicuro sapendo che sotto accusa non ci sono quei reati ma il mio stesso modo di essere, pensare, legarmi allx altrx. in aula non vanno imbrattamenti e minacce che loro sostengono io abbia perpetrato, ma il mio essere anarchicx, il mio criticare sistema, stato e polizia. in due settimane ho subito due perquisizioni, col forte sospetto che nascondessero un secondo fine, che fosse la semplice pressione psicologica o l’installazione di qualcuna delle loro diavolerie tecnologiche.

in due settimane mi sono state sequestrate, per ordine del pm, due lettere indirizzate allo stesso, caro amico. ficcano il naso ovunque, cercano di entrarmi nella testa e togliermi questo beffardo sorriso che continuo a portare, fierx e sicurx delle mie idee e delle mie ragioni. tutto ciò rasenta, dal mio punto di vista, il ridicolo ed evidenzia la loro impotenza di fronte al nostro essere e restare così intensamente, profondamente e radicalmente umanx. loro non possono nulla, noi tutto. non lo nascondo, questi sequestri della mia corrispondenza privata mi fanno imbufalire, io quando scrivo a qualcunx che amo rovescio nella busta una parte delle mie budella e odio, odio, odio profondamente che quelle budella finiscano sul tavolo di qualche magistrato.

mi fa schifo. quella gente non merita di sapere cosa provo, cosa sento verso lx mix amix e verso questo mondo infame. che schifezza, che merdosissima odiosa schifezza infame. ma questa specifica, insulsa rabbia dura ben poco, presto tornano la rabbia vera e profonda, universale, mossa dall’odio mosso dall’amore che provo per voi e per questo mondo per il quale non perdo mai la speranza.

fino a che di ogni stato, galera, cpr, soldato, bulldozer e banconota non resteranno che ceneri e macerie. tuttx liberx, subito e per sempre. morte allo stato. un abbraccio fortissimo, stretto stretto, a chiunque là fuori e qua dentro mantenga la proprià umanità e la capacità di pensar(si)e libertà. grazie per ogni segno che mi avete mandato finora, vi sento intensamente.
a presto, gui <3

BOLOGNA: ANCHE I DETENUTI LAVORATORI IN SCIOPERO


Diffondiamo:

Preso atto di quello che sta avvenendo a Gaza, noi dipendenti della F.I.D abbiamo deciso di scioperare il 3.10.25.
Per noi reclusi andare a lavorare è un momento di libertà dal contesto carcerario in cui viviamo. Nonostante ciò, rinunciamo a un giorno di libertà e al nostro stipendio. Questa decisione è stata presa per manifestare tutta la nostra indignazione per il genocidio in atto e per supportare le persone della Flotilla, arrestate con l’unica colpa di essere ambasciatori di umanità. Questo è il minimo che possiamo fare per poter ringraziare tutti quei cittadini che ogni giorno si battono per i diritti dei detenuti.

NOTIZIE DALL’UDIENZA SUL RIESAME PER ANDRE, BAK E GUI (COMPAGNX ARRESTATX PER I FATTI DI MESSINA): INFAMI NON SPEZZERETE LA SOLIDARIETA’

Diffondiamo:

Ieri mattina si è svolta l’udienza del riesame per mettere in discussione la scelta della detenzione carceraria come misure cautelari per Bak, Andre e Gui.
E’ durata circa una ventina di minuti, questo il tempo che basta – secondo loro – per discutere della sottrazione totale della libertà, senza processo, a tre ventiduenni incensuratx .
La difesa aveva già presentato istanza al giudice per richiedere pene alternative al carcere per scontare le cautelari. è stata contestata l’assurdità delle ragioni con cui viene giustificata la detenzione – connesse semplicemente all’ipotesi che, non avendo rispettato le prescrizioni per la piazza dell’1 marzo a Messina, lx imputatx sarebbero inclini al mancato rispetto delle istituzioni e dunque a rischio di violazione di eventuali misure alternative al carcere.

L’accusa ha presentato dettagliate relazioni dei vari presidi in solidarietà che si sono svolti nelle ultime settimane in diverse città e anche di fronte alle carceri, strumentalizzandoli allo scopo di dimostrare che il forte legame dellx compagnx accusati con “gruppi antagonisti” possa rappresentare un rischio di reiterazione di reati. Sulla scorta di questi infami tentativi di spostare sullx solidalx la colpa della prosecuzione del trattenimento, l’accusa ha dunque richiesto alla corte di confermare la detenzione carceraria come forma di misura cautelare.
La difesa ha contestato questo intento di ritorsione degli atti solidali, compiuti da soggetti altrui, contro lx compagnx sotto accusa.
La corte ora si riserva di decidere e ha due giorni lavorativi di tempo per informare le parti sulla decisione presa. Essendoci il weekend nel mezzo, la risposta potrebbe essere nota soltanto lunedì.

Lo schema dell’accusa è volto a privare della libertà lx compagnx in virtù della profilazione che gli inquirenti fanno di loro, descrivendone la presunta “pericolosità sociale” attribuita agli ideali cui aderiscono – molto più che alle azioni in sé di cui vengono accusatx. Credere in un mondo senza frontiere né cpr, senza grandi opere devastanti come il ponte sullo stretto, credere nella fine del capitalismo è considerato un atto criminale per chi ha tutto l’interesse che questo mondo d’oppressione rimanga esattamente com’è.

Pare evidente che, a questo punto, ad essere a processo non sono solo le accuse di “lesioni gravissime” ma le idee politiche e le affinità ad una rete di amicizie che lo stato infame vuole tentare di distruggere, sedare e arrestare.
La paura che i carcerieri provano per la solidarietà fra oppressi non ci è nuova, né lo sono i loro ridicoli e inutili tentativi di soffocarla. Sanno bene quanto sono pericolose per la tenuta delle loro gabbie la rabbia e l’amore solidali che incendiano i cuori di chi lotta. Per loro la solidarietà che si insinua fra le mura delle carceri e arriva allx recluse che vorrebbero isolare è un grosso problema, rendiamolo ancora più grosso! Considerano pericolosa la rete di affetti che supporta, sostiene e si fa complice contro le violenze che lo stato sta scagliando sullx nostrx tre compagnx rinchiusx in gabbia, rendiamola ancora più pericolosa!

Avevano già provato a spezzarla quando, la mattina dopo il caldo saluto portato ad Andre fuori dalle mura del carcere di Bari nella sua seconda notte in cella, hanno effettuato un trasferimento punitivo nel carcere di Potenza, pensando così di poterlx isolare… La notte seguente, anche fuori da quelle mura, una batteria di fuochi d’artificio ha illuminato il cielo, a dimostrare che per quanto lo stato ed i suoi sgherri, provino ad annientare la solidarietà, quella è imprevedibile e continuerà ad esplodere, scomposta e incontrollata, pronta a creare crepe nei loro muri infami.

Riprendiamo le parole di un compagno, per esprimere meglio un concetto che vorremmo fosse chiaro ad ogni difensore della legge e guardiano: “ Perché la solidarietà è l’unica arma che non potranno mai scipparci dalle viscere”, che quindi se vogliono darci a bere, e quindi giustificare, la detenzione per colpa della solidarietà, ecco, rimandiamo indietro questo boccale avvelenato.
Ai politicanti, come il ministro dell’interno, che si scaglia contro chi finalmente incendia le strade in solidarietà per Gaza, che gioisce dell’arresto di Andre, Gui e Bak, che criminalizza la lotta contro le grandi opere, che propone di far pagare allx organizzatricx delle mobilitazioni i danni della rabbia, e della violenza di cui non lasceremo il monopolio allo stato, rimandiamo indietro, e con più forza le infamanti accuse. Che pagasse lui i ponti che crollano, le autostrade fatiscenti, le vite delle persone intossicate per l’arsenico nelle falde acquifere a Messina.

E’ di ieri la notizia che la CEDU ha respinto il ricorso di Alfredo, detenuto nel carcere di Bancali, contro il regime carcerario del 41bis, carcere duro ed infame che condivide con altrx 749 detenutx. La corte dice che l’italia, ha fornito valide ragioni per mantenere il suo stato di detenzione sotto regime speciale, nonostante il suo stato di salute si sia aggravato, ma solo in seguito allo sciopero della fame. Mettendo così a tacere le forme di resistenza che da dentro si provano ad avere contro questo regime infamante, ma non ci stupisce, occorre infatti ricordare che Nadia Lioce resta al 41bis nonostante il suo cancro progredisce e lentamente la uccide.
Che Nadia ha partecipato ad ogni battitura per abolire il regime di carcere speciale ad Anna e Silvia, detenutx nello stesso carcere in regime di alta sicurezza.
Che tra compagnx la solidarietà non si spezza, in qualsiasi gabbia ci ficcheranno dentro, da aquella ureremo con rabbia, con amore verso la libertà, con odio verso lo stato ed oppressori.

Noi siamo con chi della rivolta ne fa la quotidianità, siamo con chi sta nelle piazze e nelle strade, nei lager di stato chiamati cpr, siamo con chi ha paura di essere deportato e rinchiuso solo per non avere un pezzo di carta in tasca. La libertà non si comanda e l’aula di un tribunale non ci toglierà il sogno e la speranza di vedere ogni singola gabbia in frantumi.

FUOCO ALLE GALERE
FUOCO AI TRIBUNALI

BARI: PRESIDIO PER ANDRE, BAK E GUI – CONTRO IL PONTE, CONTRO LA REPRESSIONE

Diffondiamo

Il 9 settembre, Andre e Bak di Bari e Gui di Varese, sono statx arrestatx per eventi relativi al corteo “Carnevale No Ponte” del 1 Marzo 2025 a Messina.

Tra le accuse, resistenza e lesioni gravissime. In concomitanza degli arresti sono state effettuate diverse perquisizioni, anche a casa di altrx compagnx, con il sequestro di materiale informatico e di propaganda.

Bak è statx arrestatx a Napoli ed è rinchiusx nel carcere di Poggioreale, Andre è statx trasferitx dal carcere di Bari a quello di Potenza come probabile ritorsione, mentre Gui è rinchiuso nel carcere di Varese.

Il ponte di Messina è un’opera devastante, colonialisita ed in linea con le prospettive militariste dello stato. Essa porta con se estrattivismo e devastazione in un territorio già sfruttato e martoriato come quello siciliano. Lo stato, che da sempre difende il ponte, con intensa militarizzazione e repressione oggi decide di punire tre compagnx, poco più che ventenni. Un chiaro tentativo per sedare e intimorire qualsiasi forma di opposizione.

Diamo una forte risposta di solidarietà con lx compagnx arrestatx! Dimostriamo che la repressione del dissenso e le sterili intimidazioni da parte della polizia altro non fanno che unirci sempre di più e ci motivano a scendere in piazza ancora più determinatx. Alla repressione rispondiamo con la solidarietà!

Complici con chi resiste e si oppone al progetto del Ponte di Messina e non solo.

PER ANDRE, BAK E GUI.
CON AMORE E COMPLICITÀ
FREEDOM HURRIYA LIBERTÀ

DI POSTA, PACCHI E COLLOQUI IN CARCERE: FACCIAMO CHE IL NOSTRO PROBLEMA DIVENTI UN PROBLEMA LORO

Riceviamo e diffondiamo:

Dopo 9 giorni dall’arresto per l’esecuzione della misura cautelare in carcere nella sezione comune di Poggioreale, legata ai fatti del corteo di carnevale contro il ponte sullo Stretto, Gabri non ha ancora mai avuto la possibilità di chiamare il suo avvocato.

Già per Andre la possibilità di incontrarlo prima e durante l’interrogatorio di garanzia fu impedita da un trasferimento dell’ultimo minuto al carcere di Potenza e da una connessione malfuzionante della videoconferenza; così come a Guí, al momento dell’arresto, avevano negato di nominare un avvocato di fiducia.

Trascorsi diversi giorni, a Gabri non sono state fornite le informazioni adeguate per poter sentire il suo avvocato difensore, per cui non lo ha ancora chiamato. In più non hanno fatto entrare il pacco di emergenza né quelli inviati successivamente, né ha ancora potuto effettuare i colloqui con le persone familiari. Fortunatamente, sappiamo che la solidarietá e il mutuo aiuto tra detenutx non è mancata.

Intanto, il riesame per Gabri, Guí e Andre, accusatx nello stesso procedimento, è stato fissato per il 25 settembre presso il tribunale del riesame di Messina.

A quanto abbiamo capito, si tratterebbe di intoppi procedurali e burocratici del carcere stesso di Poggioreale, una condizione strutturale legata al sovraffollamento, cosa comune specie in quei luoghi in cui masse di persone vengono riversate quotidianamente nelle galere, come fosse una discarica sociale.

Come Gabri, probabilmente, centinaia di detenutx nelle galere napoletane e in particolare a Poggioreale, uno dei più sovraffollati d’Italia (circa del 160%), vivono questo tipo di problemi come la normalità. Così come è normalità la logorante attesa delle persone detenute e loro affetti di una firma del magistrato di sorveglianza che validi le scartoffie già pronte da mesi sulla sua scrivania per concedere benefici, lavoro esterno per art. 21 o pene alternative.

“Sono veloci quando si tratta di portarti dentro e mai quando devi uscire”. 

Anche se per ragioni e contesto molto diversi, come compagnx diciamo che l’isolamento di chi è detenutx, non ci è nuovo.

Diversx prigionierx anarchicx o rivoluzionarx, nel tempo, così come nell’ultimo periodo, sia in sezioni comuni che di AS, sono statx ostacolatx o hanno subíto privazioni nelle comunicazioni con l’esterno.

Per il compagno anarchico Alfredo, ancora rinchiuso al 41bis di Bancali (Sassari), da tempo la corrispondenza è ormai totalmente bloccata, cosí come l’accesso alla biblioteca e ai pochi libri e CD giá autorizzati. La posta, anche senza passare dalla censura, sparisce nel nulla.

Al compagno anarchico Ghespe, detenuto al carcere di Spoleto, è stata applicata la censura; non abbiamo modo di sapere se la posta sparisca in entrata o uscita e una censura informale è di certo applicata ai pieghi di libri.

Al compagno Paolo, detenuto a Uta (Cagliari), è applicata ormai una censura informale per cui la posta si perde in entrata o in uscita, salvo che non sia posta raccomandata.

Che gli impedimenti a colloqui, pacchi e corrispondenza siano dati da sottorganico dell’amministrazione penitenziaria o da scopi punitivi e vendette politiche, l’effetto afflittivo sulle persone detenute e quelle a loro vicine o solidali non cambia. Allora diciamo che da un problema nostro dobbiamo farlo diventare un problema loro!

Isolare è un modo per punire chi continua a resistere anche dentro le carceri, non accettando di piegarsi ad un sistema oppressivo e repressivo. Il sistema carcerario impone un isolamento dall’esterno, dagli affetti e dallx compagnx, per cui poter ricevere lettere e pacchi è l’unico modo che si ha per oltrepassare quelle mura e mostrare vicinanza.

Negare la possibilità di comunicare con il proprio avvocato è gravissimo, poichè rappresenta la privazione di una minima consapevolezza sulla propria situazione.

Non poter ricevere il minimo indispensabile per l’igiene e una presenza dignitosa in cella è inaccettabile.

La lotta avviene sia dentro che fuori le gabbie, lo insegnano Alfredo, Anan, e tuttx lx compagnx reclusx.

In questi momenti è importante essere complici con lx compagnx, e mettere in difficoltà chi ostacola chi continua a lottare da dentro.

Raccogliendo i vari inviti a scrivere loro, come forma immediata per far sentire la nostra presenza in questi tempi bui e intasare gli uffici della burocrazia, scriviamo a tuttx!!

Sperando sia cosa apprezzata, riportiamo qui gli indirizzi di alcunx prigionierx a cui poter mandare un saluto scrivendo lettere e cartoline:

Gabriele Maria Venturi
C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”
Via nuova Poggioreale 167, 80143 – Napoli (NA)

Guido Chiarappa
C/o Casa Circondariale di Varese,
Via Felicità Morandi, 5, 21100 Varese (VA).

Andrea Berardi
C/o C. c. di Potenza “Andrea Santoro”
Via Appia 175, 85100 Potenza (PZ)

Alfredo Cospito
C. C. “G. Bacchiddu”
strada provinciale 56 n. 4
Località Bancali
07100 Sassari

(per Stecco scrivere a:)
Luca Dolce
C. C. di Sanremo
strada Armea 144
18038 Sanremo (IM)

Paolo Todde
C. C. “E. Scalas”
09068 Uta (CA)

(Per Ghespe scrivere a:)
Salvatore Vespertino
C. D. R. Spoleto,
Loc. Maiano 10
06049 Spoleto (PG)

Anan Yaeesh
C.c. di Terni
Str. delle Campore, 32,
05100 Terni TR

Mauro Rossetti Busa
C. R. di Opera
via Camporgnano 40
20141 Milano

Juan Antonio Sorroche Fernandez
C. C. di Terni
strada delle Campore 32
05100 Terni

Anna Beniamino
C. C. “G. Stefanini” – Rebibbia
via Bartolo Longo 92
00156 Roma

Dayvid Ceccarelli
C. C. “San Lazzaro”
via delle Novate 65
29122 Piacenza

Antonio Recati
c.c. Scandicci
via Minervini 2r
50142 Firenze Sollicciano (FI)

Claudio Cipriani
Via Roma Verso Scampia, 350,
80144 Napoli (NA)

Per Alfredo, Paolo e Ghespe, è preferibile scrivere tramite posta raccomandata.

Per mandare pieghi di libri è meglio informarsi prima tramite lx prigionierx o persone solidali su cosa fa piacere o meno ricevere.

LE GABBIE RINCHIUDONO I CORPI MA NON SPENGONO I FUOCHI

Diffondiamo un intervento letto durante il saluto al carcere di Varese del 13/09:

Oggi siamo qui perché un nostro compagno è stato portato in questo carcere infame per aver preso parte a una manifestazione contro la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. L’ennesima opera devastante e colonialista che vorrebbero imporci in una terra, come la Sicilia, già colonia dello stato italiano, una terra martoriata da basi militari americane, petrolchimici, radiazioni elettromagnetiche. Tutto per la gloria dello stato, i profitti del capitale, il ricatto del lavoro, il mito del “progresso” e dello sviluppo.

Ancora una volta vediamo come lo Stato affila i suoi artigli, utilizzando tutti gli strumenti che ha a disposizione, per reprimere qualsiasi manifestazione di dissenso, ma anche e soprattutto per metterci paura, per provare a spezzare la solidarietà, per darci un avvertimento forte e chiaro: per chi intende sfidare l’ordine costituito, per chi intende opporsi a questo modello di sviluppo, il destino è uno solo: dietro le sbarre.

Noi non ci faremo intimorire da queste rappresaglie, perché abbiamo scelto da che parte stare, perché sappiamo bene che in questo mondo di merda in cui ci ritroviamo a vivere, l’unica via possibile è quella della lotta.

Oggi siamo qui per portare un caloroso saluto e tutta la nostra solidarietà al nostro compagno ma anche a tutte le persone rinchiuse qua dentro, speriamo che la solidarietà trapassi queste mura infami.

Il nostro pensiero va a chi sta subendo la vendetta dello stato, a chi è rinchiuso dentro un CPR solo per non avere i documenti giusti, a chi continua a lottare dentro e fuori le galere.

Perché le gabbie possono rinchiudere i corpi, ma non possono spegnere i fuochi 

Con amore e complicità 

Freedom Hurriya Libertà 

 

“NON È UN FILM” – UN’ALTRA OPERAZIONE SBIRRESCA CHE IRROMPE NELLE NOSTRE CASE

Diffondiamo:

Verso la mezzanotte di martedì 9 settembre, una decina di sbirri, tra cui qualche faccia nota della digos di Varese, è entrata nella casa di un nostro compagno. Hanno circondato le persone presenti intorno al divano obbligandole a stare sedutx e hanno subito ritirato i telefoni che hanno trovato in giro, senza dare informazioni o mostrare alcun mandato. L’unica informazione comunicata era che si trattava di notificare un avviso di garanzia.

Hanno iniziato una perquisizione superficiale della casa, distraendo dai loro movimenti le persone presenti e intimando loro di stare fermx, pertanto la perquisizione è avvenuta senza che nessunx compagnx potesse sincerarsi di cosa stesse avvenendo nelle stanze accanto.

La richiesta di poter contattare unx avvocatx è stata negata subito: “Non è un film”, hanno risposto.

La sbirraglia si è mossa indisturbata fra tutte le stanze della casa, senza comunicare nulla di quanto preso e lasciato. Hanno chiesto a Guido tutti i suoi altri dispositivi, sequestrando computer, tablet, un altro computer e il telefono.

Dopo essersene appropriati, hanno detto a Guido che doveva andare in questura con loro.
Inizialmente sembrava fosse solo per verbalizzare la perquisizione, ma alla richiesta di spiegazioni non davano risposta. Gli hanno poi detto di preparare una borsa con dei vestiti, aggiungendo in seguito che doveva portare cinque cambi con sé. Le motivazioni su quanto stava accadendo venivano date solo in seguito alle azioni, con modalità confuse e arroganti.
Alla domanda sul perché dovesse essere portato in questura e passarci la notte, due degli sbirri presenti si sono fatti riconoscere, chiedendogli se si ricordasse di loro. Il compagno non ricordava, quindi, scambiandosi prima uno sguardo e poi la domanda “glielo diciamo?”, gli hanno rivelato di essere gli sbirri di Messina e gli hanno consegnato il foglio con le accuse (violenza) che hanno portato al suo arresto.

Queste sono riferite ai fatti avvenuti durante e dopo il corteo NoPonte di marzo. Hanno aggiunto la frase “il collega ha ancora il braccio rotto”. Per queste accuse hanno proceduto con la notifica dell’applicazione di una misura cautelare. Non siamo riuscite a leggere che tipo di misura nello specifico. Al momento Gui si trova nel carcere di Varese: sappiamo che dovrà rimanerci perché entro cinque giorni gli verrà fatto un interrogatorio di garanzia.

Evidentemente ci vien da aggiungere che se da Marzo il braccio del collega è ancora rotto, probabilmente “era già così”.

Sappiamo anche che ci sono altrx due compagnx coinvoltx in questa operazione repressiva. Arrestatx a Napoli e Bari, attualmente detenutx al carcere di Poggioreale e di Bari, a seguito di perquisizioni in casa e la notte passata in questura. A loro va tutta la nostra solidarietà.

SOLIDARIETÀ A GUI BAK E ANDRE

L’UNICO PONTE CHE VOGLIAMO È LA SOLIDARIETÀ TRA INSORTX

Per scrivere:

Casa Circondariale di Varese
Via Felicità Morandi, 5
21100 Varese (VA)
NOME COGNOME

Gabriele Maria Venturi
C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”
Via nuova Poggioreale 167
80143  Napoli

Andrea Berardi
C/o Casa circondariale di Bari “Francesco Rucci”
Via Alcide De Gasperi 307
70125 Bari

SOSTENIAMO IL LIBRO DI CLAUDIO!

Diffondiamo

PER NON DIMENTICARE I MORTI NELLA STRAGE DI STATO NELLE CARCERI DEL 2020, E PER CHI CONTINUA A LOTTARE NELLE GALERE, SOSTENIAMO IL LIBRO DI CLAUDIO

A marzo del 2020, in concomitanza con l’inizio del lockdown, decine e decine di rivolte scoppiarono nelle carceri italiane. Tra evasioni tentate e in parte riuscite e la distruzione di intere sezioni carcerarie, centinaia di persone detenute si ribellavano a quei veri e propri luoghi di sofferenza e morte, che sono le galere dello Stato italiano.

Per sedare questo stato di agitazione che aveva per un frangente messo in crisi quel sistema, lo Stato rispondeva ancora una volta con torture, mancati soccorsi e uccisioni: 14 detenuti morirono tra il carcere Sant’Anna di Modena e i trasferimenti verso altri penitenziari. Nel mondo di fuori, con pochi mezzi ma tanto cuore, un moto di solidarietà verso le persone detenute si è mosso in diverse parti della penisola, tra azioni dirette, presidi, controinformazione e relazioni umane tra persone sconosciute ma unite dal comune orizzonte di abbattimento dei muri delle galere.

Per alcuni frangenti, l’isolamento tra fuori e dentro che lo Stato cerca in ogni modo di difendere è stato spezzato. Non si trattò solo della più grande ondata di rivolte e proteste di detenuti comuni e della più grande strage di stato dal secondo dopoguerra nelle carceri italiane: fu anche un momento storico importante che dobbiamo tenere a mente per comprendere anche il presente della condizione detentiva attuale. A 5 anni di distanza, dopo le archiviazioni di Stato e la rimozione dalla memoria collettiva, c’è chi ancora tiene vivido ricordo di quelle giornate e che vuole estenderne memoria viva, non soltanto per chi ha perso la vita per vigliacca mano di guardie e amministrazione penitenziaria e che impunemente continuano la loro misera vita per complicità di giudici e tribunali, ma anche come monito per tutte quelle persone più giovani cui lo Stato vuole destinare una vita di galera e pena costante.

Infatti, Claudio, uno dei cinque detenuti che per primi decisero di esporsi nel 2020 presentando un esposto in cui denunciavano ciò che lo Stato aveva agito in quei giorni, tuttora detenuto nel carcere di Secondigliano (Napoli), ha scritto un libro che ripercorre dalla sua prospettiva gli accadimenti di quelle giornate e presenta un’analisi della situazione carceraria a partire dalla sua diretta esperienza in diversi penitenziari. La pubblicazione di questo libro, da parte di tutti lx compagni che hanno supportato il suo processo di realizzazione, rappresenta per noi una di quelle fratture al muro di isolamento “tra dentro e fuori” creato dallo Stato e per questo crediamo nell’importanza di sostenerne la più ampia diffusione.

Il libro sta per approdare alla fase di stampa, per cui invitiamo chiunque voglia contribuire economicamente a farlo attraverso questa cena o altre modalità che ritenga opportune. Ci teniamo anche a ricordare che per volontà di Claudio, il ricavato del libro, una volta che sarà pronto per la distribuzione, sarà destinato a sostenere la battaglia per la verità, portata avanti dalle famiglie dei detenuti morti nella strage di Modena. Consapevoli che allo Stato lasciamo le “verità ufficiali”, mentre noi ci teniamo i pezzi di storia raccontati dal lato di chi è oppressi.

CHE LA SOLIDARIETÀ FACCIA MACERIE DI OGNI GALERA
STRAGISTA È LO STATO

 

SETTIMANA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETÀ CON LX PRIGIONIERX ANARCHICX [23-30 AGOSTO]

Diffondiamo

Contro la società carceraria, creiamo legami.

Quando ci troviamo davanti a una prigione, ci troviamo di fronte alla dura realtà dell’alienazione e della separazione: un muro, una recinzione, torri di guardia, telecamere, cemento e gabbie d’acciaio progettate per tenere gli imputati e i condannati isolati dal resto della società.

Concetti come “riabilitazione” e “pentimento” sono costruiti dalle ideologie degli Stati per sostenere il loro potere, mantenere i territori sotto un’identità nazionale e punire chi si discosta da ciò che considerano legale, progresso o moralità capitalista. Ma una volta fuori dalle mura, possiamo vedere che non sono altro che costruzioni tangibili. È un muro, è materia. Coloro che lo fanno funzionare sono esseri viventi. Sì, la prigione ci isola, ma solo se le diamo quel potere. Quando accettiamo la separazione, i muri diventano permanenti. Per chi sta dentro, l’oblio non è possibile: ogni giorno affrontano la durezza della reclusione. Finché esisteranno gli Stati, ci saranno prigioni e noi saremo dentro le loro mura.

Nella memoria di coloro che ci hanno preceduto manteniamo viva la lotta, dando continuità alle idee e alle azioni di coloro che sono stati segregati dietro sbarre e cemento. Le lotte aldilà delle sbarre fanno parte della memoria collettiva della resistenza.

Dalle dittature più brutali alle “democrazie” dove la violenza di Stato ha un altro volto, ogni Stato cerca di soffocare l’insubordinazione. Anche le idee che sfuggono ai suoi schemi sono perseguitate.

La solidarietà assume molte forme: connessioni, amicizie, scambio di idee, dialoghi e momenti di attacco condivisi. Lx nostrx compagnx non sono isolatx: sono parte viva delle nostre lotte.

In solidarietà con coloro che attraversano le frontiere, con lx fuggitivx, lx esiliatx, lx detenutx in isolamento e coloro che sono caduti nel corso dell’azione o sono stati incriminati.

Contro tutte le prigioni.
Abbiamo scelto una vita di tensione e insubordinazione per cercare una connessione reale.
La forza della vita non può essere sepolta!

https://lapeste.org/semana-internacional-en-solidaridad-por-lxs-presxs-anarquistas-23-al-30-agosto/