
Diffondiamo
sabato 25 ottobre ore 17
S’Atobiu Kastedhu Internescional
Via Lamarmora 126 (Cagliari)
Chiacchierata su carcere e latitanza
Con Giovanni Farina e Claudio Lavazza
A seguire bar a prezzi popolari
benefit cassa prigionieri
Cresciamo nei terreni incolti, nelle zone asciutte e sassose, ai bordi dei viottoli

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sabato 25 ottobre ore 17
S’Atobiu Kastedhu Internescional
Via Lamarmora 126 (Cagliari)
Chiacchierata su carcere e latitanza
Con Giovanni Farina e Claudio Lavazza
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Diffondiamo
ANAN LIBERO
LA RESISTENZA NON SI ARRESTA
26 ottobre ore 15.30
Presidio davanti al carcere di Melfi (Via Lecce)
Presidio di solidarietà per la Palestina libera
Reti per la Palestina di Basilicata
Campagna Free Anan

Diffondiamo
Il carcere fa schifo, e oltre alle disposizioni del giudice in quanto a restrizioni, interviene anche il patriarcato.
La famiglia eteropatriarcale rimane l’unica intermediaria legalmente valida a ricevere tutte le comunicazioni che vanno dal giudice ai legali.
Impedendo e rendendo difficile un percorso collettivo.
Dopo anni a cercare di allontanarci dall’idea della famiglia tradizionale e cercare con difficoltà di decostruire e ricostruire tutto quello che abbiamo imparato dalla nascita sulle relazioni monogame, romantiche ed eteronormate, che rientrano in tutti i binari di genere che cerchiamo di ridurre in frantumi con chiacchiere e autocoscenze, ci ritroviamo a scegliere chi tra gli affetti deve firmare un foglio in cui si dichiara di essere lx fidanzata dellx nostr amic in gabbia.
Quando la scelta basata sulle gerarchie è una delle cose, che, per chi vive l’anarchia relazionale viene totalmente rifiutata.
Le gerarchie non esistono e l’amore tra le amiche ce lo immaginiamo come un grande cerchio in cui siamo tutt sulla stessa linea, una linea molle e volubile, che si muove in maniere diverse, con rapporti declinati in base ad accordi che si autoalimentano e autorigenerano, vivendo le giornate assieme.
“Signor giudice la mia polecola è al gabbio ci deve accettare i colloqui insieme, mica separate!”
Skerzi a parte, fa davvero male non vedere riconosciute le proprie relazioni.
Noi questo stato lo vogliamo in frantumi con tutti i suoi costrutti e regole di merda, la legge non ci rappresenta e manco la concezione di famiglia tradizionale, che guarda caso nel momento in cui si entra in carcere diventa l’unica interlocutrice.
Chiudere tutto all’interno delle 4 mura di casa è una violenza, e violento è lo stato che non permette deviazione.
La galera è pesante, per chi sta dentro e per chi sta fuori. Il lavoro di cura è costante, da entrambe le parti, e se tutto questo peso grava su genitori e familiari diventa un peso insormontabile, economico ed emotivo.
Per non parlare poi, di chi questo privilegio non ce l’ha. Perché le famiglia o non ce le ha più o sono lontane, lontanissime e irraggiungibili. E quindi le persone rimangono isolate, senza un supporto emotivo e materiale, perché le informazioni, a chi sta fuori e non è riconosciuto in quanto tale, non può averle e non é dato sapere neanche queste persone dove si trovano e come stanno.
Parlo delle persone in movimento, corpi che vengono quotidianamente criminalizzati e rinchiusi in galere e cpr. Le comunicazioni dai cpr sono piu semplici a volte, ma se vengono trasferiti in carcere e non c’è nessunx familiare fuori, recuperare i contatti diventa difficile, quasi impossibile.
Il processo di allontanamento dagli affetti, quelli non riconosciuti come importanti e fondamentali è la prima mossa infame che lo stato attua sulle ame recluse, perché la solidarietà fa paura, l’amore , la sorellanza e la vicinanza ad ogni costo fa tremare lo stato, debole e solo, siamo potenti e fortissime insieme, piu di qualsiasi tribunale e magistrato, siamo la forza che farà crollare le mura infami e deboli che rinchiudono corpi.
La nostra quotidianità era fatta di amore, di nanne strett nei letti insieme, di carezze, baci e abbracci , di spazi messi in ordine e disordine in base a come e quanto tempo volevamo dedicare alle nostre amicizie. Decostruire la gelosia , la monogamia , il patriarcato, il machismo e l’eteronormatività di cui siamo intrise sin dalla nascita è un processo lungo e che fa anche male, ed era la strada che stavamo percorrendo.
Il pugno nello stomaco che forzatamente ci riporta a subire la violenza patriarcale che vuole sovradeterminare affetti e relazioni è l’ennesima dimostrazione di quanto lo stato sia viscido e violento verso le nostre vite. Violenza alla violenza e morte allo stato.
VIOLENZA ALLA VIOLENZA
MORTE ALLO STATO
Dopo aver scritto questo testo e aver parlato con amiche che stanno vivendo in modo simile la repressione dei propri affetti, é nata l’idea di scrivere una zine.
L’istituzione rende meccanici tutti i rapporti che in realtà sono umani, a prescindere da quale tipo di relazioni si sceglie di vivere.
Se ti va di realizzarla insieme e mandare un contributo, scritto o disegnato sul tema, questa é la mail: fuocoaicprpuglia@distruzione.org
É una mail sicura, x favore usa solo mail sicure x inviare
I contributi rimarranno anonimi
Baci anarchici

Diffondiamo:
Ieri in tante ci siamo raccolte in presidio davanti all’ingresso del carcere della Dozza per portare solidarietà a tuttx i/le detenute e per farci sentire dalla giovane arrestata nella piazza del 7 ottobre contro il genocidio e in sostegno alla resistenza palestinese. È stato fatto un saluto prima in prossimità delle sezioni femminili, poi da quelle maschili, per rompere il muro di isolamento che divide le lotte tra dentro e fuori. È stato condiviso quanto avvenuto in questi giorni a Bologna come in tutta Italia, i blocchi e le mobilitazioni, è stata ribadita la complicità dello Stato italiano al genocidio in Palestina e l’ipocrisia del comune di Bologna, che millanta solidarietà mentre stringe appalti con aziende come Alstom, complici del genocidio, e vieta le piazze in sostegno alla resistenza palestinese. È stata letta una lettera di Anan, prigioniero palestinese in sciopero della fame dal 4 ottobre, recluso ora al carcere di Melfi, e sono stati lasciati i riferimenti di Mezz’ora d’aria, trasmissione contro il carcere in onda ogni sabato alle 17:30 sulle frequenze di Radio Citta Fujiko, FM 103.1.
Dentro, nonostante le minacce che sempre guardie e secondini riservano ai/alle recluse, la solidarietà per una Palestina libera si è sentita, forte e chiara, contro il governo meloni fascista, contro la complicità dello stato al genocidio, contro le infami galere, specchio di questo stato razzista.
Infine ci si è spostate all’ingresso: il giudice non ha convalidato l’arresto della giovane, ritenendolo illegittimo, Cristina è stata liberata e ha potuto riabbracciare i suoi affetti, amici e amiche.
Rifiutiamo la condanna della resistenza da parte di chi arma il genocidio e sostiene politicamente ed economicamente l’occupazione sionista.
Continueremo a lottare, finché la Palestina non sarà libera dal fiume fino al mare!

Diffondiamo:
Domenica 12 ottobre ore 18
Presidio solidale al carcere di Marassi (lato Coop)
Contro galere e Cpr, al fianco di tutte le persone colpite dalla repressione
Solidarietà con Leonardo Bertulazzi e Anan Yaeesh, in sciopero della fame
per info: prexon@anche.no
telegram: zena.info

Riceviamo oggi, a 16 giorni dalla data di invio, questa lettera di Gui che era in quel momento reclusx nel carcere di Varese. Al momento si trova ai domiciliari da sua madre, lontanx da casa sua e dai suoi affetti, con il divieto di comunicare con l’esterno e l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico.
22/09/2025 – Carcere di Varese
ciao amix 🙂
ormai dieci giorni fa, non senza una certa difficoltà, vi avevo mandato una bella lettera, piena di speranza e tenacia, per raccontarvi come stavo, come sono le condizioni qua dentro, cosa pensavo in quei primi giorni dietro queste sbarre. non so bene cosa sia andato storto, forse le poste l’hanno persa, forse gli sbirri se la sono tenuta – anche se mi assicurano sia stata spedita e, in caso di sequestro, sono tenuti a farmi una notifica. in ogni caso, quella lettera a casa non ci è mai arrivata. in questi tredici giorni dentro è cambiato tutto e niente.
il mio primo concellino ha ottenuto i domiciliari, è arrivato un altro ragazzo qui con me che ha più meno la mia età, i miei gusti musicali e un bel po’ di altre passioni in comune. i giorni passano, appunto, sempre uguali ma diversi. ogni giorno con gli altri detenuti constatiamo che stiamo “bene ma male, male ma bene”. loro mi insegnano un po’ di arabo, io un po’ di francese, ormai conosco tutti e tutti conoscono me in sezione, c’è affetto, mutuo aiuto, solidarietà e più leggerezza possibile sotto al peso di queste sbarre. so di essere in una posizione di privilegio rispetto alla maggior parte di queste persone, e cerco di sfruttarla meglio che posso.
chi ne ha bisogno sa che mi può chiedere un tabacco, un caffè, una cassetta d’acqua, di dire qualcosa a qualcunx fuori, di cercare unx buonx avvocatx per qualcuno che non lo ha. tutti dicono che uscirò presto pensando ai reati che mi sono imputati, io non ne sono così sicuro sapendo che sotto accusa non ci sono quei reati ma il mio stesso modo di essere, pensare, legarmi allx altrx. in aula non vanno imbrattamenti e minacce che loro sostengono io abbia perpetrato, ma il mio essere anarchicx, il mio criticare sistema, stato e polizia. in due settimane ho subito due perquisizioni, col forte sospetto che nascondessero un secondo fine, che fosse la semplice pressione psicologica o l’installazione di qualcuna delle loro diavolerie tecnologiche.
in due settimane mi sono state sequestrate, per ordine del pm, due lettere indirizzate allo stesso, caro amico. ficcano il naso ovunque, cercano di entrarmi nella testa e togliermi questo beffardo sorriso che continuo a portare, fierx e sicurx delle mie idee e delle mie ragioni. tutto ciò rasenta, dal mio punto di vista, il ridicolo ed evidenzia la loro impotenza di fronte al nostro essere e restare così intensamente, profondamente e radicalmente umanx. loro non possono nulla, noi tutto. non lo nascondo, questi sequestri della mia corrispondenza privata mi fanno imbufalire, io quando scrivo a qualcunx che amo rovescio nella busta una parte delle mie budella e odio, odio, odio profondamente che quelle budella finiscano sul tavolo di qualche magistrato.
mi fa schifo. quella gente non merita di sapere cosa provo, cosa sento verso lx mix amix e verso questo mondo infame. che schifezza, che merdosissima odiosa schifezza infame. ma questa specifica, insulsa rabbia dura ben poco, presto tornano la rabbia vera e profonda, universale, mossa dall’odio mosso dall’amore che provo per voi e per questo mondo per il quale non perdo mai la speranza.
fino a che di ogni stato, galera, cpr, soldato, bulldozer e banconota non resteranno che ceneri e macerie. tuttx liberx, subito e per sempre. morte allo stato. un abbraccio fortissimo, stretto stretto, a chiunque là fuori e qua dentro mantenga la proprià umanità e la capacità di pensar(si)e libertà. grazie per ogni segno che mi avete mandato finora, vi sento intensamente.
a presto, gui <3

Diffondiamo:
Preso atto di quello che sta avvenendo a Gaza, noi dipendenti della F.I.D abbiamo deciso di scioperare il 3.10.25.
Per noi reclusi andare a lavorare è un momento di libertà dal contesto carcerario in cui viviamo. Nonostante ciò, rinunciamo a un giorno di libertà e al nostro stipendio. Questa decisione è stata presa per manifestare tutta la nostra indignazione per il genocidio in atto e per supportare le persone della Flotilla, arrestate con l’unica colpa di essere ambasciatori di umanità. Questo è il minimo che possiamo fare per poter ringraziare tutti quei cittadini che ogni giorno si battono per i diritti dei detenuti.

Diffondiamo:
Ieri mattina si è svolta l’udienza del riesame per mettere in discussione la scelta della detenzione carceraria come misure cautelari per Bak, Andre e Gui.
E’ durata circa una ventina di minuti, questo il tempo che basta – secondo loro – per discutere della sottrazione totale della libertà, senza processo, a tre ventiduenni incensuratx .
La difesa aveva già presentato istanza al giudice per richiedere pene alternative al carcere per scontare le cautelari. è stata contestata l’assurdità delle ragioni con cui viene giustificata la detenzione – connesse semplicemente all’ipotesi che, non avendo rispettato le prescrizioni per la piazza dell’1 marzo a Messina, lx imputatx sarebbero inclini al mancato rispetto delle istituzioni e dunque a rischio di violazione di eventuali misure alternative al carcere.
L’accusa ha presentato dettagliate relazioni dei vari presidi in solidarietà che si sono svolti nelle ultime settimane in diverse città e anche di fronte alle carceri, strumentalizzandoli allo scopo di dimostrare che il forte legame dellx compagnx accusati con “gruppi antagonisti” possa rappresentare un rischio di reiterazione di reati. Sulla scorta di questi infami tentativi di spostare sullx solidalx la colpa della prosecuzione del trattenimento, l’accusa ha dunque richiesto alla corte di confermare la detenzione carceraria come forma di misura cautelare.
La difesa ha contestato questo intento di ritorsione degli atti solidali, compiuti da soggetti altrui, contro lx compagnx sotto accusa.
La corte ora si riserva di decidere e ha due giorni lavorativi di tempo per informare le parti sulla decisione presa. Essendoci il weekend nel mezzo, la risposta potrebbe essere nota soltanto lunedì.
Lo schema dell’accusa è volto a privare della libertà lx compagnx in virtù della profilazione che gli inquirenti fanno di loro, descrivendone la presunta “pericolosità sociale” attribuita agli ideali cui aderiscono – molto più che alle azioni in sé di cui vengono accusatx. Credere in un mondo senza frontiere né cpr, senza grandi opere devastanti come il ponte sullo stretto, credere nella fine del capitalismo è considerato un atto criminale per chi ha tutto l’interesse che questo mondo d’oppressione rimanga esattamente com’è.
Pare evidente che, a questo punto, ad essere a processo non sono solo le accuse di “lesioni gravissime” ma le idee politiche e le affinità ad una rete di amicizie che lo stato infame vuole tentare di distruggere, sedare e arrestare.
La paura che i carcerieri provano per la solidarietà fra oppressi non ci è nuova, né lo sono i loro ridicoli e inutili tentativi di soffocarla. Sanno bene quanto sono pericolose per la tenuta delle loro gabbie la rabbia e l’amore solidali che incendiano i cuori di chi lotta. Per loro la solidarietà che si insinua fra le mura delle carceri e arriva allx recluse che vorrebbero isolare è un grosso problema, rendiamolo ancora più grosso! Considerano pericolosa la rete di affetti che supporta, sostiene e si fa complice contro le violenze che lo stato sta scagliando sullx nostrx tre compagnx rinchiusx in gabbia, rendiamola ancora più pericolosa!
Avevano già provato a spezzarla quando, la mattina dopo il caldo saluto portato ad Andre fuori dalle mura del carcere di Bari nella sua seconda notte in cella, hanno effettuato un trasferimento punitivo nel carcere di Potenza, pensando così di poterlx isolare… La notte seguente, anche fuori da quelle mura, una batteria di fuochi d’artificio ha illuminato il cielo, a dimostrare che per quanto lo stato ed i suoi sgherri, provino ad annientare la solidarietà, quella è imprevedibile e continuerà ad esplodere, scomposta e incontrollata, pronta a creare crepe nei loro muri infami.
Riprendiamo le parole di un compagno, per esprimere meglio un concetto che vorremmo fosse chiaro ad ogni difensore della legge e guardiano: “ Perché la solidarietà è l’unica arma che non potranno mai scipparci dalle viscere”, che quindi se vogliono darci a bere, e quindi giustificare, la detenzione per colpa della solidarietà, ecco, rimandiamo indietro questo boccale avvelenato.
Ai politicanti, come il ministro dell’interno, che si scaglia contro chi finalmente incendia le strade in solidarietà per Gaza, che gioisce dell’arresto di Andre, Gui e Bak, che criminalizza la lotta contro le grandi opere, che propone di far pagare allx organizzatricx delle mobilitazioni i danni della rabbia, e della violenza di cui non lasceremo il monopolio allo stato, rimandiamo indietro, e con più forza le infamanti accuse. Che pagasse lui i ponti che crollano, le autostrade fatiscenti, le vite delle persone intossicate per l’arsenico nelle falde acquifere a Messina.
E’ di ieri la notizia che la CEDU ha respinto il ricorso di Alfredo, detenuto nel carcere di Bancali, contro il regime carcerario del 41bis, carcere duro ed infame che condivide con altrx 749 detenutx. La corte dice che l’italia, ha fornito valide ragioni per mantenere il suo stato di detenzione sotto regime speciale, nonostante il suo stato di salute si sia aggravato, ma solo in seguito allo sciopero della fame. Mettendo così a tacere le forme di resistenza che da dentro si provano ad avere contro questo regime infamante, ma non ci stupisce, occorre infatti ricordare che Nadia Lioce resta al 41bis nonostante il suo cancro progredisce e lentamente la uccide.
Che Nadia ha partecipato ad ogni battitura per abolire il regime di carcere speciale ad Anna e Silvia, detenutx nello stesso carcere in regime di alta sicurezza.
Che tra compagnx la solidarietà non si spezza, in qualsiasi gabbia ci ficcheranno dentro, da aquella ureremo con rabbia, con amore verso la libertà, con odio verso lo stato ed oppressori.
Noi siamo con chi della rivolta ne fa la quotidianità, siamo con chi sta nelle piazze e nelle strade, nei lager di stato chiamati cpr, siamo con chi ha paura di essere deportato e rinchiuso solo per non avere un pezzo di carta in tasca. La libertà non si comanda e l’aula di un tribunale non ci toglierà il sogno e la speranza di vedere ogni singola gabbia in frantumi.
FUOCO ALLE GALERE
FUOCO AI TRIBUNALI

Diffondiamo
Il 9 settembre, Andre e Bak di Bari e Gui di Varese, sono statx arrestatx per eventi relativi al corteo “Carnevale No Ponte” del 1 Marzo 2025 a Messina.
Tra le accuse, resistenza e lesioni gravissime. In concomitanza degli arresti sono state effettuate diverse perquisizioni, anche a casa di altrx compagnx, con il sequestro di materiale informatico e di propaganda.
Bak è statx arrestatx a Napoli ed è rinchiusx nel carcere di Poggioreale, Andre è statx trasferitx dal carcere di Bari a quello di Potenza come probabile ritorsione, mentre Gui è rinchiuso nel carcere di Varese.
Il ponte di Messina è un’opera devastante, colonialisita ed in linea con le prospettive militariste dello stato. Essa porta con se estrattivismo e devastazione in un territorio già sfruttato e martoriato come quello siciliano. Lo stato, che da sempre difende il ponte, con intensa militarizzazione e repressione oggi decide di punire tre compagnx, poco più che ventenni. Un chiaro tentativo per sedare e intimorire qualsiasi forma di opposizione.
Diamo una forte risposta di solidarietà con lx compagnx arrestatx! Dimostriamo che la repressione del dissenso e le sterili intimidazioni da parte della polizia altro non fanno che unirci sempre di più e ci motivano a scendere in piazza ancora più determinatx. Alla repressione rispondiamo con la solidarietà!
Complici con chi resiste e si oppone al progetto del Ponte di Messina e non solo.
PER ANDRE, BAK E GUI.
CON AMORE E COMPLICITÀ
FREEDOM HURRIYA LIBERTÀ

Riceviamo e diffondiamo:
Dopo 9 giorni dall’arresto per l’esecuzione della misura cautelare in carcere nella sezione comune di Poggioreale, legata ai fatti del corteo di carnevale contro il ponte sullo Stretto, Gabri non ha ancora mai avuto la possibilità di chiamare il suo avvocato.
Già per Andre la possibilità di incontrarlo prima e durante l’interrogatorio di garanzia fu impedita da un trasferimento dell’ultimo minuto al carcere di Potenza e da una connessione malfuzionante della videoconferenza; così come a Guí, al momento dell’arresto, avevano negato di nominare un avvocato di fiducia.
Trascorsi diversi giorni, a Gabri non sono state fornite le informazioni adeguate per poter sentire il suo avvocato difensore, per cui non lo ha ancora chiamato. In più non hanno fatto entrare il pacco di emergenza né quelli inviati successivamente, né ha ancora potuto effettuare i colloqui con le persone familiari. Fortunatamente, sappiamo che la solidarietá e il mutuo aiuto tra detenutx non è mancata.
Intanto, il riesame per Gabri, Guí e Andre, accusatx nello stesso procedimento, è stato fissato per il 25 settembre presso il tribunale del riesame di Messina.
A quanto abbiamo capito, si tratterebbe di intoppi procedurali e burocratici del carcere stesso di Poggioreale, una condizione strutturale legata al sovraffollamento, cosa comune specie in quei luoghi in cui masse di persone vengono riversate quotidianamente nelle galere, come fosse una discarica sociale.
Come Gabri, probabilmente, centinaia di detenutx nelle galere napoletane e in particolare a Poggioreale, uno dei più sovraffollati d’Italia (circa del 160%), vivono questo tipo di problemi come la normalità. Così come è normalità la logorante attesa delle persone detenute e loro affetti di una firma del magistrato di sorveglianza che validi le scartoffie già pronte da mesi sulla sua scrivania per concedere benefici, lavoro esterno per art. 21 o pene alternative.
“Sono veloci quando si tratta di portarti dentro e mai quando devi uscire”.
Anche se per ragioni e contesto molto diversi, come compagnx diciamo che l’isolamento di chi è detenutx, non ci è nuovo.
Diversx prigionierx anarchicx o rivoluzionarx, nel tempo, così come nell’ultimo periodo, sia in sezioni comuni che di AS, sono statx ostacolatx o hanno subíto privazioni nelle comunicazioni con l’esterno.
Per il compagno anarchico Alfredo, ancora rinchiuso al 41bis di Bancali (Sassari), da tempo la corrispondenza è ormai totalmente bloccata, cosí come l’accesso alla biblioteca e ai pochi libri e CD giá autorizzati. La posta, anche senza passare dalla censura, sparisce nel nulla.
Al compagno anarchico Ghespe, detenuto al carcere di Spoleto, è stata applicata la censura; non abbiamo modo di sapere se la posta sparisca in entrata o uscita e una censura informale è di certo applicata ai pieghi di libri.
Al compagno Paolo, detenuto a Uta (Cagliari), è applicata ormai una censura informale per cui la posta si perde in entrata o in uscita, salvo che non sia posta raccomandata.
Che gli impedimenti a colloqui, pacchi e corrispondenza siano dati da sottorganico dell’amministrazione penitenziaria o da scopi punitivi e vendette politiche, l’effetto afflittivo sulle persone detenute e quelle a loro vicine o solidali non cambia. Allora diciamo che da un problema nostro dobbiamo farlo diventare un problema loro!
Isolare è un modo per punire chi continua a resistere anche dentro le carceri, non accettando di piegarsi ad un sistema oppressivo e repressivo. Il sistema carcerario impone un isolamento dall’esterno, dagli affetti e dallx compagnx, per cui poter ricevere lettere e pacchi è l’unico modo che si ha per oltrepassare quelle mura e mostrare vicinanza.
Negare la possibilità di comunicare con il proprio avvocato è gravissimo, poichè rappresenta la privazione di una minima consapevolezza sulla propria situazione.
Non poter ricevere il minimo indispensabile per l’igiene e una presenza dignitosa in cella è inaccettabile.
La lotta avviene sia dentro che fuori le gabbie, lo insegnano Alfredo, Anan, e tuttx lx compagnx reclusx.
In questi momenti è importante essere complici con lx compagnx, e mettere in difficoltà chi ostacola chi continua a lottare da dentro.
Raccogliendo i vari inviti a scrivere loro, come forma immediata per far sentire la nostra presenza in questi tempi bui e intasare gli uffici della burocrazia, scriviamo a tuttx!!
Sperando sia cosa apprezzata, riportiamo qui gli indirizzi di alcunx prigionierx a cui poter mandare un saluto scrivendo lettere e cartoline:
Gabriele Maria Venturi
C/o C.c. di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”
Via nuova Poggioreale 167, 80143 – Napoli (NA)
Guido Chiarappa
C/o Casa Circondariale di Varese,
Via Felicità Morandi, 5, 21100 Varese (VA).
Andrea Berardi
C/o C. c. di Potenza “Andrea Santoro”
Via Appia 175, 85100 Potenza (PZ)
Alfredo Cospito
C. C. “G. Bacchiddu”
strada provinciale 56 n. 4
Località Bancali
07100 Sassari
(per Stecco scrivere a:)
Luca Dolce
C. C. di Sanremo
strada Armea 144
18038 Sanremo (IM)
Paolo Todde
C. C. “E. Scalas”
09068 Uta (CA)
(Per Ghespe scrivere a:)
Salvatore Vespertino
C. D. R. Spoleto,
Loc. Maiano 10
06049 Spoleto (PG)
Anan Yaeesh
C.c. di Terni
Str. delle Campore, 32,
05100 Terni TR
Mauro Rossetti Busa
C. R. di Opera
via Camporgnano 40
20141 Milano
Juan Antonio Sorroche Fernandez
C. C. di Terni
strada delle Campore 32
05100 Terni
Anna Beniamino
C. C. “G. Stefanini” – Rebibbia
via Bartolo Longo 92
00156 Roma
Dayvid Ceccarelli
C. C. “San Lazzaro”
via delle Novate 65
29122 Piacenza
Antonio Recati
c.c. Scandicci
via Minervini 2r
50142 Firenze Sollicciano (FI)
Claudio Cipriani
Via Roma Verso Scampia, 350,
80144 Napoli (NA)
Per Alfredo, Paolo e Ghespe, è preferibile scrivere tramite posta raccomandata.
Per mandare pieghi di libri è meglio informarsi prima tramite lx prigionierx o persone solidali su cosa fa piacere o meno ricevere.