BOLOGNA: SEX WORK IS WORK!

Diffondiamo:

Dopo il triplice femminicidio avvenuto a Roma a ridosso del 25 novembre è imprescindibile prendere parola oggi, 17 dicembre, giornata internazionale contro la violenza su sex worker, abbiamo diffuso in tutta la città le nostre parole per ribadire che non accettiamo alcun tipo di criminalizzazione sui nostri corpi e che rivendichiamo il diritto al lavoro sessuale in sicurezza. Siamo a fianco alle lavoratrici in lotta.

Il lavoro sessuale non è la vendita del corpo, è lavoro di cura e si situa nell’ambito della riproduzione sociale rompendone le regole attraverso l’attribuzione di un costo esplicito e la delimitazione di prestazioni in cui il corpo viene impiegato in pratiche concordate. Come ben sappiamo non esistono mansioni nell’organizzazione capitalista del lavoro in cui non sia previsto l’uso del corpo per lavorare: il problema è il capitalismo non sono le puttane! La rottura delle regole patriarcali che impongono la gratuità delle prestazioni sessuoaffettive porta a una denaturalizzazione delle stesse: perché il lavoro di cura nel matrimonio è accettato e invisibilizzato, mentre se viene palesato attraverso una transazione economica esplicita diventa qualcosa da criminalizzare? Non ci ritroviamo, forse, per disparità di accesso al reddito, in posizioni di costante ricattabilità economica? Non è forse il matrimonio un patto basato più che sull’amore sui ruoli di genere imposti?

È importante uscire dalla logica dicotomica prostituzione per scelta o costrizione, il lavoro sessuale è LAVORO e come tale rappresenta un mezzo di sopravvivenza utilizzato per le più svariate circostanze: non sarà lo stato a decidere se il lavoro sessuale è legittimo o meno, è l’esistenza del lavoro sessuale che apre all’imprescindibile necessità di tutela di chi esercita.

Le proposte di modifica della legge Merlin, che ciclicamente vengono presentate in parlamento con intenti strumentali e propagandistici, mostrano come il dibattito sul lavoro sessuale sia fermo su un piano ideologico che non tiene conto delle istanze e delle ripercussioni che le leggi hanno sulla materialità delle vite. L’ultimo disegno di legge è stato presentato da Alessandra Maiorino, esponente del Movimento Cinque Stelle, la cui proposta è chiara: importare il modello svedese in Italia. La proposta di Maiorino emula un approccio al lavoro sessuale diffusosi nell’Europa del nord che si distingue dalla criminalizzazione classica per la mancata perseguibilità delle lavoratrici e dei lavoratori sessuali, a fronte della criminalizzazione del solo cliente. Si tratta di un approccio insidioso, che si fonda su un finto intento salvifico delle lavoratrici, considerate tutte vittime da salvare, incapaci di autodeterminarsi e che persegue l’intento ideologico di eliminazione della prostituzione. Si tratta di una logica paternalista e patriarcale che fa leva sulla retorica delle “donne costrette a vendere il proprio corpo” e non si cura degli effetti che la criminalizzazione della domanda ha su chi vende. Come si può pensare di non colpire direttamente le sex workers se si incide sull’attività da cui queste fanno dipendere il proprio sostentamento? Come si può spacciare un simile modello per femminista se fa leva su una retorica stigmatizzante e patriarcale come la vendita del corpo? Il modello svedese si è gia rivelato fallimentare, sia nell’intento di eliminazione della prostituzione che in quello di tutela delle sex workers. Nei paesi in cui viene applicato, le sex workers per lavorare sono costrette a contrattare le condizioni di lavoro nel minor tempo possibile e sono impossibilitate a denunciare abusi, lavorare in gruppo o in luoghi visibili per non mettere in pericolo i propri clienti. Al contrario di quello che si prefigge la legge, il modello svedese favorisce lo sfruttamento, costringendo le sex workers a trovare protezione da parte di terzi, cedendo parte del loro guadagno.

Nello specifico, il ddl Maiorino presenta anche delle parti di natura esplicitamente transfobica, in quanto nell’elencare i presunti motivi che spingerebbero una persona trans a fare lavoro sessuale fa esplicitamente riferimento a “motivazioni del tutto peculiari di natura psicologica legate all’identità di genere”.
Le persone trans hanno meno accesso al mondo del lavoro a causa della transfobia ancora oggi imperante: non vogliamo riprodurre lo stigma per il lavoro sessuale né possiamo accettare retoriche patologizzanti, vogliamo invece un accesso al reddito per tutt*!

Lo stigma della puttana è una forma di controllo della sessualità di donne e soggettività dissidenti: per noi puttana è un parola cruciale per la nostra lotta, una rivendicazione di autodeterminazione!

Le realtà transfemministe di Bologna

 

BOLOGNA: SCENDIAMO IN STRADA AL FIANCO DI ALFREDO

Il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame a oltranza dal 20 ottobre. Il 19 dicembre il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha confermato la sua detenzione nel regime di tortura di 41bis, di fatto firmandone la condanna a morte.

SCENDIAMO IN STRADA, ANCORA AL FIANCO DI ALFREDO CONTRO IL 41bis ED ERGASTOLO OSTATIVO. STATO TORTURATORE ASSASSINO!

MERCOLEDÌ 21 DICEMBRE ORE 19
PIAZZA VERDI – BOLOGNA

BOLOGNA: OCCUPATA UNA GRU ACCANTO LE DUE TORRI IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO

Diffondiamo:

All’alba del sessantesimo giorno di sciopero della fame dell’anarchico Alfredo Cospito contro 41 bis ed ergastolo ostativo, due compagnx hanno occupato una gru nel centro di Bologna e calato uno striscione con la scritta “Il 41 bis uccide. Alfredo libero. Tuttx liberx. Morte allo stato”. Altrx compagnx sono in presidio sotto la gru.
Da sessanta giorni, in ogni parte del globo, si susseguono iniziative e azioni in solidarietà con Alfredo e con lx prigionierx che con lui hanno intrapreso questo sciopero della fame. Da diciotto giorni il tribunale di sorveglianza di Roma -chiamato ad esprimersi sulla reclusione di Alfredo in regime di 41 bis- si è barricato in un assordante silenzio. Ogni giorno che passa la vita del nostro compagno è sempre più in pericolo. Alfredo è determinato nel voler proseguire ad oltranza questa battaglia.
Sta a tuttx noi continuare a lottare al suo fianco e dar voce ai nemici dello stato che si vorrebbero mettere a tacere nelle patrie galere.
Stato stragista e assassino.
41 bis ed ergastolo ostativo sono tortura.

CONTRO IL CARCERE, L’ERGASTOLO OSTATIVO E IL 41-BIS, CON ALFREDO IN SCIOPERO DELLA FAME, PER LA LIBERTA DI TUTTX!

Un volantino distribuito a Bologna  alla street del 17 dicembre contro il decreto antirave “SMASH REPRESSION”

Nel decreto antirave sono state inserite misure che aggirano le indicazioni della corte costituzionale sull’ergastolo ostativo e le condizioni ostative, rendendo ancora più difficile la concessione dei benefici penitenziari per quei reclusi che non collaborano con la giustizia.

Nell’aprile 2021 la corte ha infatti dichiarato incostituzionale il tipo di regime penitenziario previsto dall’art. 4 bis che esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari gli autori di alcuni reati tranne in caso di collaborazione con la giustizia. Il decreto legge del governo Meloni del 31 ottobre stabilisce che non sia però la collaborazione del detenuto l’unico strumento per accedere ai benefici di legge, per usufruirne, il detenuto dovrà dimostrare di aver aderito a specifiche condizioni e obblighi, civili e di riparazione pecuniaria, o «dimostrare l’assoluta impossibilità di tali adempimenti». Queste condizioni risultano però una trappola in quanto quasi impossibili da dimostrare, per cui di fatto l’operazione non fa altro che aggirare le indicazioni di incostituzionalità, riconfermando l’ergastolo ostativo e riconsolidando le condizioni ostative.

Stato e padroni stanno difendendo un dispositivo in cui la collaborazione diventa l’unico modo per recuperare la libertà. Questo non può che riguardarci tutte e tutti. Il “fine pena mai” dell’ergastolo ostativo si traduce in una morte a vita.

Dal fenomeno della criminalità organizzata che lo Stato finge di combattere, è stato istituito ed esteso un regime penitenziario differenziato volto a costringere alla collaborazione una variegata serie di condannati eterogenei, accomunati da una presunzione di pericolosità. Una presunzione assoluta, perché non superabile da altro se non dalla collaborazione stessa che esclude il prigioniero/a “in radice”, dall’accesso ai benefici penitenziari. L’immediata equivalenza tra l’assenza di collaborazione e la presunzione inconfutabile di pericolosità sociale, non permette di tenere conto di altri fattori che potrebbero condizionare e permettere altre valutazioni.

E’ anche bene ribadire che l’ordinamento penitenziario prevede già un dispositivo per costringere alla collaborazione, il 41-bis, ed oggi siamo qui anche contro questo regime di tortura.

Il 41 bis serve per isolare completamente il detenuto dall’esterno, l’unico modo per uscirne è quello di pentirsi e collaborare. Si tratta di un regime di annientamento e tortura studiato per provocare danni fisici e mentali tramite la tecnica della deprivazione sensoriale e per indurre sofferenza allo scopo di estorcere confessioni o dichiarazioni. Una condanna alla morte politica e sociale volta a recidere ogni forma di contatto con l’esterno e ad annullare la personalità del recluso.

Le prigioni sono lo strumento che Stato e padroni usano per mantenere l’ordine attuale, fatto di sfruttati e sfruttatori. Una guerra a bassa intensità affinché il processo di accumulazione capitalista proceda senza soluzioni di continuità, che mira a spostare il limite di tolleranza delle sfruttate e degli sfruttati, sempre un po’ più in là. Quando qualcuno prova a rompere questo monopolio, restituendo un’infinitesimale parte della violenza statale, viene duramente represso come avvenuto dopo le rivolte del marzo 2020.

È lo stesso Stato che sta tombando nelle patrie galere Alfredo Cospito, compagno anarchico recluso in 41-bis dal 5 maggio 2022 con un decreto firmato dall’allora ministra della giustizia Marta Cartabia.
Alfredo è in sciopero della fame dal 20 ottobre contro il regime detentivo del 41 bis e contro l’ergastolo ostativo. Una battaglia che non intende interrompere, fino al proprio decesso.

La sua lotta riguarda tutte le detenute e i detenuti, fra i quali ricordiamo i tre militanti delle Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente rinchiusi da oltre 17 anni in 41 bis (Nadia Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma). Nel 2009 la compagna Diana Blefari, della stessa organizzazione, si tolse la vita dopo la permanenza in questo duro regime carcerario. Solo comprendendo questi regimi di isolamento come mezzo di pressione, come tortura, per estorcere il pentimento, possiamo capire il carattere politico degli scioperi della fame fino alla morte attuati da molti compagnx rivoluzionarx.

Attualmente detenuto nel carcere di Bancali, in Sardegna, Alfredo si trova recluso ininterrottamente da dieci anni nelle sezioni di Alta Sicurezza e ora in regime di 41 bis. Alfredo è sempre stato in prima linea nelle lotte, mai disposto a compromessi o ad arrendersi, attivo nella difesa dei compagni colpiti dalla repressione, in ogni angolo del mondo. Dopo l’arresto avvenuto nel 2012, nel corso del processo che ne è seguito, ha rivendicato il ferimento del dirigente di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, uno dei massimi responsabili del nucleare in Europa. Nel 2016 è stato coinvolto nell’operazione Scripta Manent in cui è stata riformulata la condanna per lo stesso Alfredo e per Anna Beniamino in “strage politica” – la cui unica pena prevista è l’ergastolo – cosa mai applicata nemmeno al massacro del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna o a quello del 12 dicembre 1969 di Piazza Fontana a Milano. Lo Stato italiano complice delle peggiori carneficine fasciste sta condannando per strage due anarchici per un attacco che di fatto non ha provocato né vittime né feriti.

Condividiamo con Alfredo la necessità di lottare contro una società basata sullo sfruttamento e l’annichilimento di ogni forma di vita. Sappiamo che sono tempi ideali per mettere in atto svolte autoritarie da parte dei governi, lottare contro la miseria di questo mondo ci riguarda tutte!

NO AL 41-BIS, NO ALL’ERGASTOLO OSTATIVO LIBERX TUTTX


PDF: CONTRO IL CARCERE, L’ERGASTOLO OSTATIVO E IL 41 BIS, CON ALFREDO IN SCIOPERO DELLA FAME, PER LA LIBERTÀ DI TUTTX!


BOLOGNA: SMASH REPRESSION! [FOTO E CONTRIBUTI]

Foto e contributi dalla street rave di Bologna del 17 dicembre contro il decreto antirave “SMASH REPRESSION”

In aggiornamento…


Un contributo e un volantino distribuito durante la street:

https://brughiere.noblogs.org/post/2022/12/18/contro-il-carcere-lergastolo-ostativo-e-il-41-bis-con-alfredo-in-sciopero-della-fame-per-la-liberta-di-tuttx/


Contributi dal Collettivo antipsichiatrico “Strappi”

Martedì 13/12 con un maxi intervento di polizia è stata sgomberata l’occupazione di via Stalingrado 31. Un’occupazione che come soggettività in lotta contro il carcere, la psichiatria e la società che li producono, abbiamo profondamente sostenuto, consapevoli della sempre maggiore necessità di spazi di incontro liberi dal disciplinamento istituzionale. Un’occupazione durata solo poche settimane ma che a molti di noi sono sembrati mesi per l’intensità e la qualità delle interazioni che si sono sviluppate e che ancora ci scaldano il cuore.

La violenza con cui in ogni città si sta annientando qualsiasi spazio di libertà non ci vedrà passive! 
Siamo qui per dire che intendiamo opporci con ogni mezzo ad un mondo che ci vuole sempre più addomesticate e sottomesse. Vogliamo essere sabbia negli ingranaggi del potere! 
Ci rivendichiamo di sentirci disadattate all’interno di questo modello di sviluppo insensato e irrazionale. La loro “normalità” ci fa schifo! 
A colpi di riqualificazione, decoro e repressione, lungo le strade in ogni città vediamo rastrellamenti quotidiani abbattersi sulle fasce più marginalizzate della società. E’ questa la loro ‘normalità’! 
Il taser viene sempre più legittimato contro i poveri e chi vive un’esistenza fuori dagli schemi normati imposti dalla società.
Assistiamo all’uso sempre più frequente e capillare del daspo urbano per allontanare persone “sgradite”, e della manipolabilissima categoria di “pericolosità sociale” di derivazione psichiatrica e fascista per reprimere il conflitto e contenere/sedare diseguaglianze e oppressioni.
Vediamo continuamente puntare il dito contro la “malamovida”, neologismo che si vuole contrapposto a “buona movida”, cioè a quella socialità che rientra perfettamente negli spazi e nei tempi del consumo. 
Anche l’infanzia è nel mirino: attraverso la costruzione mediatica del “bullo” e della “baby gang”, giovani e adolescenti sono continuamente trattati e rappresentati come un problema di ordine pubblico da reprimere mentre rimangono intatti quei modelli che il sistema stesso riproduce ed esalta, pesci grandi che mangiano pesci piccoli all’interno di una realtà dove solo chi ha soldi e potere è preso in considerazione, e chi non accetta di essere un cavallino da corsa non è nessuno. 
In nome delle bandiere del decoro e del degrado assistiamo alla costruzione di sempre nuovi “mostri” su cui scaricare insicurezza e timori per fomentare tutte quelle paure che possono essere strumentalizzate in funzione di consenso: l’obbiettivo è spezzare qualsiasi possibilità di solidarietà e impedire qualsivoglia forma di messa in discussione del presente. Una “sicurezza” sempre più “preventiva”, volta ad asfaltare tutti gli spazi di fiducia, libertà, relazione, intersezione, prossimità e solidarietà dal basso.
La psichiatria è pronta a raccogliere i cortocircuiti di queste oppressioni e a colonizzare con nuovo slancio il quotidiano e l’individuo: la platea di “difetti” e “tare” da “curare” è destinata ad aumentare proporzionalmente allo sfruttamento e all’oggettivazione che attraversano sempre più infanzia ed età adulta. L’isolamento e il disciplinamento esasperato di ogni aspetto della vita, l’insicurezza legata al presente e al futuro, la vede infatti in prima fila nell’individuazione di nuovi “disturbi” e “terapie” per “contenere” con nuove diagnosi e nomenclature le “ansie”, legato a rabbia, paura e frustrazione in crescente aumento.
Non vogliono che stiamo bene, vogliono che stiamo buone!
Conosciamo psichiatria e polizia, conosciamo le loro “cure” e i loro trattamenti. Riappropriamoci della nostra rabbia, della nostra gioia!
Vogliamo essere liberx di ballare e di esplodere con tutta la nostra vitalità
Restituiamo al mittente un briciolo di quella frustrazione che ci è impostata ogni giorno all’interno di una vita che non ci appartiene e che vorremmo radicalmente diversa.

Rompiamo i ruoli imposti! Riprendiamoci il tempo, lo spazio, riprendiamoci le strade, riprendiamoci il presente!


Siamo matte, schifose, balorde, tossiche, criminali, feccia!
Siamo l’anomalia.
Quando c’è un’anomalia del grande quadro capitalistico, la identificano, la etichettano, la stigmatizzano, la demonizzano finché non diventa identitaria, finché non viene allontanata, ingabbiata, ricoverata, anestetizzata, sterminata.
Così agisce la repressione. Agisce con violenza, o in maniera più silenziosa facendo sì che l’autodeterminazione diventi una diagnosi e il libero arbitrio diventi il rispetto indiscutibile delle regole.
Siamo strane e quindi diventa un dovere reprimerci. Sgomberano spazi in cui le persone hanno la possibilità di parlare del loro disagio senza dover incorrere in un iter burocratico e ospedaliero fatto di soldi da spendere, farmaci da prendere, sguardi da scansare, cicatrici difficili da guarire. Creano leggi che impediscono il divertimento autogestito senza fini produttivi o lucro, perchè la socialità si può fare sì ma come da normativa. Noi gente allegra abbiamo bisogno di ballare, urlare, ridere e giocare, con la nostra libertà, stiamo male se ciò non avviene, tutti stanno male, tutti. Se il controllo avviene anche sul tempo libero, in un mondo che monetizza il valore del tempo, ecco che la repressione funziona, ed ecco che ci ammaliamo. La malattia è un segnale che qualcosa non va e tutto conduce a qualcosa che non va dentro di noi, malate da sempre. La malattia è e deve essere un segnale che qualcosa non va là fuori. Che la responsabilità non è sempre nostra, dei nostri sensi di colpa cristiani, dei nostri errori. La responsabilità è politica (porco dio).
Rinchiudono compagni, chiudono le loro bocche, gettano nell’oblio delle celle le loro identità. Una tortura, ecco cos’è il 41 bis. Una tortura. Che ha lo scopo di annullare la persona. Ma non sono riusciti a cancellare i nostri compagni Alfredo e Juan, e la nostra compagna Anna! La loro lotta risuona e rimane nelle loro azioni e in noi che stiamo al di là delle sbarre. La loro lotta contro il sistema è diventata la lotta contro l’atrocità del carcere e le misure detentive. Non solo per i compagni e compagne anarchiche, ma per tutte le individualità che subiscono la reclusione. Le galere sono l’arma del boia che è questa società e infonde paura. La paura è il manganello che fa più male. La paura di finire in gabbia, chiude le bocche e spacca le teste. La paura di non vedere più il cielo nella sua immensità fa raddrizzare lo storto. E se ciò non avviene ecco che il sistema ti vomita in faccia l’esempio negativo del balordo o balorda del quartiere, delle periferie che ha preso la strada sbagliata e che ha la punizione che si merita. Quella strada sbagliata, quei ghetti li ha creati lo stesso sistema che invece protegge i grandi centri in cui l’economia invece si muove in banche, carte e conti finanziari al posto delle buste di plastica, bilancini e doppi pavimenti delle periferie e province.
Ricoverano in modo disumano le persone che soffrono. Il ricovero coatto, il tso è la pratica che forse lede più di tutto la libertà di scelta di una persona. Viene imposta una cura violenta, sbattendo nello stigma in modo brutale e permanente la persona che lo subisce e che sta vivendo una sofferenza. Non è un momento, il tso te lo porti tutta la vita. Una pratica inaccettabile. Lo schizzato non è capace di intendere e di volere e per gestirlo è giusto attuare una misura violenta e obbligatoria. Questa è la giustificazione. Declassando una persona a un oggetto dannoso, una persona diventa una bomba che va spenta e distrutta. Con lacci, lettini, punture, infermieri e sbirri. Ma dopo che l’hanno spenta, l’obiettivo è che mai più si riaccenderà. Inaccettabile. La coercizione detentiva del tso è ciò che più rappresenta  l’incapacità del potere di prendersi cura del disagio creato dallo stesso. E allora ecco l’ennesimo strumento repressivo. Perchè quando emerge l’anomalia, si deve rinchiudere, obbligare a guarirla, se si ha fortuna reinserire il soggetto nella produttività, se no emarginarlo, mettergli un marchio e annichilirlo.

Mostri, quando li guardo mi sembrano mostri. Quelli lì, col caschetto lo scudo e la divisa,  quelli lì seduti in poltrone, in giacca e cravatta… e io di mostri nella mia testa ne ho visti parecchi, ma quelli lì, quei mostri, vi assicuro che fanno molta più paura.
Noi non siamo mostri!  urliamo contro la loro mostruosità, contro la loro repressione, urliamo insieme per non avere più paura.
Contro i loro abiti cuciti con tessuto di odio,di violenza, di galere, di sgomberi, di emarginazione, di tortura, di paura, di controllo, noi siamo e saremo strappi.


Contributo infestante:

Voglio raccontarvi una storia, tenete bene a mente queste parole:
Il possibile sta in quello che riusciamo a immaginare e nella nostra forza collettiva
Lo scorso martedì, a Bologna, c’è stato uno sgombero coatto. L’ennesimo sgombero da parte di chi in questa città non ne vuole sapere di spazi liberi e autogestiti. Negli ultimi mesi a Bologna sono nate diverse occupazioni, come non se ne vedevano da anni, ma la risposta del potere è sempre la stessa. Sbirri e questura fanno il loro solito lavoro, a servizio dei potenti vari.

Per chi non lo sapesse o non fosse riuscita a passarci, vi racconto quello che è successo in via Stalingrado 31, quello che con la forza di tuttə siamo riuscite a creare in neanche un mese di tempo:
Abbiamo realizzato un ciclo di incontri sul tema feste: la festa è un evento che è stato spoliticizzato e messo a profitto e su come questo decreto tenda a inasprire le libertá di tuttə, non solo di chi va alle feste
C’era un collettivo di socialitá antipsi e letture contro il carcere, perché siamo contro isolamento, detenzione e emarginazione e vogliamo che i nostri spazi siano accessibili e attraversabili anche da chi vive un disagio
C’erano uno sportello trans e laboratori transfeministqueer, perchè dobbiamo ribadirlo anche e soprattutto oggi che sessismo, discriminazione e violenza di genere sono nemici di tuttə e tuttə insieme dobbiamo combatterle, ogni giorno, anche oggi, anche dentro questa street
C’era un laboratorio di filosofia politica perchè siamo pirati e piratesse e sentiamo la necessità di coordinate folli che guidino il nostro galeone
C’erano un corso di uncinetto e giochi da tavolo perchè insieme dobbiamo tessere trame e pensare nuove strategie di assalto ai luoghi del potere
E poi c’erano un laboratorio hacker, una cucina popolare a prezzi bassi e accessibili, una pelucheria per renderci bellissime, un mercatino di autoproduzioni e una serigrafia, perché il diy dev’essere una pratica di tuttə

E poi c’era un murales bellissimo, che avevano realizzato i nostri fratelli e compagni Ericailcane e Infinite. L’abbiamo cancellato, come volevano loro, perché l’arte non si privatizza, non si addomestica in dei musei o in dei palazzi privati. L’arte dev’essere per tutte e tutti, dal basso, senza prezzi senza biglietti.

Questa street vuole e deve essere una festa, un momento di socialitá libero dove insieme ci autodeterminiamo. Ma è anche un momento di protesta, dove alziamo la voce e la testa contro questo ennesimo inasprimento repressivo, contro questo clima di crescente fascistizzazione e militarizzazione delle nostre vite e dei nostri corpi.

In questa street noi, come infestazioni, vogliamo creare anche un disagio all’amministrazione di questa città, che sia il comune, il prefetto, la questura o privati vari come Unipol. Loro credono di avere le mani sulla cittá, vogliono ridurci al silenzio e isolarci, ma se ancora non l’han capito, noi ad ogni sgombero risponderemo diffondendo autogestioni, perché non ci facciamo addomesticare e perché saremo sempre prontə a sgangherare i loro piani, con tutto l’amore la rabbia e la follia che ci contraddistingue.


Un intervento infestante:

Oggi siamo in piazza perchè il tentativo di limitare la nostra libertà non può passare. Siamo in piazza per affrontare un decreto che si presenta come un azione muscolare di un governo di fascisti.  Siamo in piazza perchè vogliamo autodeterminarci, perchè vogliamo luoghi di  socialità ed espressione radicalmente diversi, perchè vogliamo una vita radicalmente diversa.  Non chiediamo nulla a chi risponde col nulla e ci prendiamo tutto poichè c’è chi ha tutto e chi  niente. La voce sinora urlata piano dei raver oggi si alza e con loro quella degli spazi autogestiti la  voce di chi ha ben presente la differenza tra legalità e giustizia.
Il 13 12 abbiamo subito uno sgombero con un dispiegamento di forze militare. Crediamo che questo sia un buon segno: vuol dire che stiamo andando nella direzione giusta, che stiamo tenendo alto il conflitto in città, che gli facciamo paura. Il 13 12 abbiamo subito lo sgombero dello
spazio di via stalingrado 31 un motivo in più per urlare insieme ACAB. Siamo uscite da quello  sgombero col sorriso, sotto la neve con il morale altissimo perchè sapevamo e sappiamo che non è un esercito di sbirri che fermerà un ideale, che fermerà l’ infestazione. La marea di persone che ho davanti è la dimostrazione che abbiamo la forza di rompere ogni tentativo repressivo. Alziamo il volume contro ogni giogo, battiamo i piedi contro ogni autorità, occupiamo per una vita libera e radicalmente diversa.


ROMA: STUDENTESSE E STUDENTI DE LA SAPIENZA CONTRO IL 41 BIS

Riceviamo e diffondiamo:

Stamattina 15 dicembre gli studenti de La Sapienza appendono uno striscione di 10 metri dall’entrata principale di Aldo Moro.

“41 bis = tortura”

Sono passate 3 settimane da quando è stato chiesto alla Rettrice Antonella
Polimeni di prendere una posizione, come è stato fatto per chiedere
giustizia e verità per Giulio Regeni.

È stata scritta una lettera aperta, firmata tra i vari anche da Erri Del Luca e Massimo Cacciari. Eppure nessuna risposta finora.

Si è andati in una ventina sotto il rettorato a chiedere spiegazioni.
L’entrata era blindata da una schiera di poliziotti. Non ci hanno ricevuto
nè nessuno è sceso.

Le dichiarazione di studentesse e studenti:

 “Alfredo Cospito è in sciopero della fame dal 20 ottobre. Il 41 bis è una
tortura e va abolito. La questione va ben al di là dell’identità anarchica,
oggi sono loro, domani saranno i dissenzienti. Dove è finito il garantismo? Se Alfredo muore sarà un omicidio.”

ANNA BENIAMINO INTERROMPE LO SCIOPERO DELLA FAME

Da: Infernourbano

Tramite telefonata apprendiamo che nella sera di oggi, mercoledì 14 dicembre, Anna interrompe lo sciopero della fame avviato 38 giorni fa al fianco di Alfredo, ristretto in 41 bis. Al termine dello sciopero Anna risulta aver perso 13 chili, con una pressione arteriosa di 50 la minima, 80 la massima. Alcuni valori del profilo epatico superano i parametri ritenuti accettabili dal punto di vista sanitario. Nell’ultimo periodo le è stato prospettato più volte da parte del carcere il ricovero in ospedale, ricovero che ha sempre rifiutato.

In questa lotta è in gioco la vita dei nostri compagni in prigione. A tutti noi anarchici e rivoluzionari spetta il compito di fare in modo che venga salvaguardata. Questo vale tanto più nei riguardi di Alfredo, giunto al 56° giorno di sciopero e le cui condizioni si fanno sempre più critiche in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza.

BOLOGNA: CONTRO LA SORVEGLIANZA SPECIALE

Esperienze a confronto

!! Attenzione !!
A causa dello sgombero dello spazio occupato in via Stalingrado 31, l’iniziativa si svolgerà allo spazio di documentazione anarchico “Il Tribolo” in via Donato Creti 69/2. La proiezione è invece annullata.

La misura della sorveglianza speciale (non legata a specifiche accuse di reato ma ad arbitrarie analisi della personalità dell’individuo e dei possibili reati futuri, e i cui provvedimenti sono altrettanto discrezionali) è stata usata sempre più di frequente negli ultimi anni per tentare di fiaccare persone, rapporti sociali e realtà di lotta. Come l’abbiamo sempre avversata continueremo a farlo e a essere solidali con chi viene colpito da questa misura di fascisti natali.