CHIMICA E RIVOLTA AL CASAL DEL MARMO DI ROMA

Riceviamo e diffondiamo:

Chimica e rivolta al Casal del Marmo di Roma

I sentieri per la Francia sono pieni di scarti di buste di gaviscon. Chi esce in qualche modo da un CPR, dal carcere, o scappa da una delle tante comunità o appartamenti delle cooperative, spesso ha bruciori di stomaco lancinanti provocati dalle dosi massicce di antidepressivi che si porta dietro. Alle volte capita che a qualcuno venga un attacco epilettico mentre attraversa la frontiera. Sono gli effetti collaterali di una brusca interruzione del rivotril, ansiolitico antiepilettico anche detto “eroina dei poveri”1, somministrato in dosi massicce in tutti i luoghi di reclusione, e spacciato fuori vicino alle stazioni. Ieri 11 Gennaio 2023 al carcere minorile Casal del Marmo di Roma è scoppiata una rivolta e sono andati a fuoco alcuni materassi perché non arrivavano gli ansiolitici della sera2. Non ce la facevano più e sono scoppiati, dei ragazzini di 15 anni. Come si dice quando una persona spacca tutto perché non trova una sostanza? Dipendenza, tossicità. Ma tossico è soprattutto lo Stato che sceglie di creare decine di migliaia di ragazzi e ragazze dipendenti, che crea marginalità come aveva fatto con l’eroina di stato negli anni 70. Le carceri statali sono una “fabbrica di tossicodipendenza”3. Gli stessi medici che lavorano in carcere testimoniano la “responsabilità epidemiologica e la problematica restituzione alla società, a fine pena, di centinaia di soggetti in difficoltà nella gestione di forme di dipendenza problematiche”4. Allargando lo sguardo, negli ultimi anni in gran parte degli stati industrializzati, la percentuale delle persone con una diagnosi psichiatrica in cura a carico dei sistemi sanitari è sempre più risicata, mentre sale invece la percentuale di problematiche psichiatriche in persone rinchiuse in carcere. Questo può voler dire più cose: l’inefficacia dei sistemi di cura pubblici e privati da una parte, la rinnovata tensione a custodire e reprimere la follia e la sragione, il cambiamento della popolazione carceraria e delle storie personali che attraversano il carcere, l’utilizzo di diagnosi e contenzione chimica sempre più frequente e massiccio nelle galere.

Il 43% dei detenuti assume sedativi o ipnotici, mentre il 20% risulta assumere regolarmente stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Le percentuali schizzano nei cpr5 dove per contenere il rischio suicidario dei tranquillanti minori si prescrivono insieme gli antidepressivi. Poi c’è il metadone e il subutex per chi una dipendenza già ce l’aveva quando è entrato/a. I farmaci a volte possono salvarti la pelle ma sono sempre e solo l’inizio di un percorso, nelle carceri davanti non hai niente verso cui andare, nel tempo e nello spazio. Nessun futuro in un non-luogo di una soggettività negata. La farmacologia diventa in questo contesto culturale e di rapporti di forza camicia di forza chimica e i manicomi si ricreano in carcere, un po’ come una volta le carceri si ricreavano in manicomio con gli ergastoli bianchi e le sbarre. Non è un caso dunque se i movimenti antipsichiatrici si occupano sempre più spesso di carcere6-7, che comunque è un esperienza che accomuna gran parte della popolazione psichiatrica in carico ad altri istituti non penali: SPDC, SERT e carcere hanno le porte scorrevoli tra loro. È importante che lo facciano, che le compagnə parlino di psichiatria in carcere, perché altrimenti la retorica “neomanicomiale” e la cosiddetta “emergenza psichiatrica” vengono utilizzate dai sindacati di polizia e dal DAP per ottenere trasferimenti dei detenuti, più potere nel governo delle carceri e nuove risorse per la repressione della vita privata della libertà.

Da ieri, dopo questo fortuito sabotaggio dovuto a un ritardo nella consegna dei farmaci, è palese ed autoevidente a cosa serve la psichiatria in carcere: a sedare le rivolte, perchè senza pasticche o gocce le gabbie non sarebbero sostenibili per una popolazione carceraria che è cambiata, che “il carcere non lo sa fare”, che fuori non ha nessuno che aspetta, che chiede con disperazione e insistenza talvolta violenta di chiudere gli occhi almeno di notte, che senza non si dorme, di morire almeno per un attimo, il tempo che dura l’effetto dello xanax. Il dolore vivo che celano le carceri nelle loro varie forme va anestetizzato, legato, ucciso. Nessuna cura è possibile in un luogo nato per provocare dolore. Sedare, reprimere, addormentare e fare in modo che i prigionieri e le prigioniere non si suicidino. Quest’ultimo è il mandato che riesce meno e che ha sulla coscienza ha 83 suicidi nel 2022, a cui andrebbero aggiunti tutti quei decessi causati dagli effetti collaterali degli psicofarmaci, come è successo a Isabella, morta a Pozzuoli in seguito alle crisi respiratorie causate dagli psicofarmaci8. In breve la psichiatria serve a gestire, con gravi danni di salute, tutte quelle situazioni che sfuggono al auto-controllo e all’amministrazione della premialità e della pena individualizzata9. Chi non accetta il bastone e la carota non può che essere matto infondo.

p.u.c.k@anche.no


NOTE:

1 https://www.psicoattivo.com/rivotril-nuova-sostanza-dabuso-vecchio-ansiolitico-e-antiepilettico/

2 https://ilmanifesto.it/carceri-minorili-la-rivolta-dei-farmaci

3 http://www.ristretti.it/areestudio/salute/mentale/bartolini/capitolo8.htm

4 https://www.rapportoantigone.it/diciassettesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/la-manica-stretta-ipotesi-di-regolazione-della-somministrazione-di-psicofarmaci-in-carcere/

5 https://radioblackout.org/podcast/nessuna-cura-del-18-01-22/

6 https://radioblackout.org/podcast/carceri-invisibili-del-20-09-22/

7 https://www.osservatoriorepressione.info/carcere-psichiatria-strumenti-controllo/

8 https://internapoli.it/isabella-morta-carcere-pozzuoli/

9 https://tamulibri.com/negozio/il-carcere-invisibile-etnografia-dei-saperi-medici-e-psichiatrici-nell-arcipelago-carcerario

PERQUISIZIONI A BOLOGNA

All’alba di oggi 11 gennaio 2023, Digos di Bologna e polizia scientifica si sono presentati alle abitazioni di 2 compagne e di 1 compagno, per perquisizione. Una di loro è indagata, insieme ad ignoti, per il reato di minacce aggravate in concorso (art 612 co 2 e 10 con varie aggravanti) nei confronti di Marta Cartabia, oltre che per resistenza e imbrattamento. L’episodio contestato è l’esposizione di striscioni con scritto “Marta Cartabia merda” e “41bis: tortura. Alfredo Cospito libero” e lo sversamento di letame davanti al cancello della facoltà di teologia durante l’inaugurazione dell’anno accademico a cui era stata invitata la Cartabia per tenere una conferenza dal titolo “Ristabilire la giustizia. Domande per lo spazio pubblico e per la teologia”.
È stato sequestrato vario materiale (cartaceo, informatico, indumenti) e sono state fotografate molte altre cose presenti nelle abitazioni e nelle auto.

Nessun passo indietro nella solidarietà ad Alfredo, contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo!

MILANO: ANCORA IN PIAZZA DOMENICA 15 GENNAIO CONTRO IL CARCERE E IL 41BIS

Uno sciopero della fame a oltranza per la libertà di tutte e tutti.

Il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame a oltranza dal 20 ottobre contro il regime del 41 bis e l’ergastolo ostativo. Da otto mesi si trova rinchiuso in 41 bis nel carcere di Bancali, Sassari, per un’azione contro la caserma allievi carabinieri a Fossano (CN) che non ha provocato né morti né feriti ma che la Cassazione ha riqualificato come strage politica con conseguente possibile condanna all’ergastolo ostativo. Neppure per piazza Fontana, per la stazione di Bologna o per le stragi di Falcone e Borsellino è stata applicata questa tipologia di accusa.

Ha perso 35 chili e i parametri vitali sono al limite. Il 19 dicembre il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha confermato la sua detenzione in 41 bis, di fatto firmandone la condanna a morte. La sua lotta ha avuto la forza di aprire uno squarcio sulla ferocia di questo regime a cui nessuno prima poteva portare critiche senza essere accusato di collusione con i “mafiosi” e di indebolire la lotta dell’Antimafia.

Il 41 bis, per come lo conosciamo ora, esiste dal 1992 e non ci risulta, dopo trent’anni, che le organizzazioni di stampo mafioso abbiano subito un indebolimento. Infatti il vero intento di questo trattamento penitenziario non è impedire i contatti con l’organizzazione criminale di appartenenza all’esterno, come recita il provvedimento che lo istituì, ma di costringere a dissociarsi, a pentirsi, ad accusare qualcun altro da mandare dentro al posto di chi così spera di uscirne.

Isolare, punire, seppellire. Questo è lo scopo di un regime che ormai in tanti definiscono di tortura, in cui si è totalmente tagliati fuori dal mondo, da qualunque rapporto anche con altri detenuti che non siano quelli decisi dalle direzioni, chiusi in celle spoglie, spesso sottoterra, nelle quali anche l’esposizione di una foto e qualsivoglia materiale compresi i giornali. La possibilità di leggere, limitata a 4 libri al mese, è sottoposta a censura e alla decisione dei direttori. I colloqui, uno al mese, si svolgono dietro al pannello di plexiglas. Né i familiari né gli avvocati possono portare fuori neppure una parola del detenuto, pena denuncia con rischio di condanne da 3 a 7 anni di carcere.

In tutto il paese e in tante parti di Europa e del mondo si sono attivate numerose iniziative di solidarietà che hanno riaperto il dibattito pubblico sugli aspetti repressivi del sistema carcerario italiano di cui il 41bis è la punta di diamante.

L’ampia adesione alla giornata di mobilitazione milanese del 29 dicembre, nonostante il divieto posto dalla Questura proprio per scoraggiare la partecipazione, dimostra che la solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo e al regime di tortura del 41 bis sono elementi riconosciuti come propri da settori militanti, sindacali e sociali non quindi circoscritti alla sola area anarchica.

Le notizie invece diffuse dai media hanno il chiaro intento di confinare la breccia apertasi, con la coraggiosa lotta di Alfredo, nel consenso o silenzio che regnava sul regime di tortura del 41 bis, vera pietra angolare che regola l’approfondirsi dell’arbitrio carcerario attraverso l’onnipotenza di strutture come la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Va mantenuta viva e concreta la critica al regime di tortura del 41 bis, dell’ergastolo ostativo e in generale al criterio della “collaborazione” quale strumento premiale o punitivo di mobilità fra i circuiti carcerari che istituzionalizza l’arbitrio e il baratto.

Il 41 bis, l’ergastolo ostativo sono solo la punta estrema di un sistema repressivo le cui ricadute e i cui effetti li misuriamo ogni giorno: va contrastata la crescente criminalizzazione delle lotte sociali – il tributo pagato è già altissimo in termini di repressione, misure preventive e carcere – in particolare della componente anarchica e compresa la sua natura strumentale finalizzata a generalizzare un continuo inasprimento dell’azione repressiva come la storia di questo paese ben ci ha insegnato.

La repressione colpisce e minaccia chiunque non abbassa la testa di fronte allo sfruttamento nei luoghi di lavoro, nella scuola con l’alternanza scuola-lavoro, alla distruzione dell’ambiente, al saccheggio dei territori, alla guerra e al razzismo di stato.

Domenica 15 gennaio: manifestazione
Ore 15 Porta Genova – Milano

Assemblea cittadina Contro carcere, 41 bis, ergastolo ostativo

Fuori Alfredo dal 41 bis
Solidali con chi lotta nelle carceri

BOLOGNA: ASSEMBLEA APERTA, CONFRONTI E PROPOSTE SULLA LOTTA CONTRO IL 41BIS, L’ERGASTOLO OSTATIVO E IL CARCERE, IN SOLIDARIETA AD ALFREDO IN SCIOPERO DELLA FAME

Lo sciopero della fame del compagno anarchico Alfredo Cospito contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo prosegue, nel silenzio delle istituzioni e nella determinazione della solidarietà attiva che non sta smettendo di farsi sentire in ogni parte del globo.
Negli ultimi mesi abbiamo inoltre assistito a rivolte ed evasioni nelle carceri minorili e il conteggio di fine anno dei suicidi in carcere è raccapricciante.
Il carcere ha tanti volti, il 41 bis contro cui Alfredo sta lottando è solo la punta dell’iceberg di un sistema carcerario che va combattuto nel suo complesso.
Invitiamo ad un’assemblea di confronto e proposte territoriali sulla lotta contro il 41 bis, ergastolo ostativo e in solidarietà al compagno Alfredo Cospito.

MARTEDÌ 10 GENNAIO ORE 20.00 – SPAZIO DI DOCUMENTAZIONE ANARCHICO “IL TRIBOLO” via D.Creti 69/2, Bologna

ALFREDO: OLTRE LE MURA, OLTRE LE SBARRE, FACCIAMO SENTIRE LA SOLIDARIETÀ!

Diffondiamo:

Mercoledì 4 gennaio si terrà un presidio al carcere di Bancali, a Sassari, in solidarietà ad Alfredo, in sciopero della fame contro il 41bis e l’ergastolo ostativo da quasi 80 giorni e ai/alle prigionieri/e in lotta.

Sappiamo che Alfredo riesce a sentire i saluti, che si sono intensificati nelle scorse settimane, MANDATE I VOSTRI SALUTI, MESSAGGI E DEDICHE durante ACAB- Aperitivo Controinformativo Ardecore Balengo 105.250 fm, dalle 18.30 alle 20.00, e verranno rimbalzati in diretta dal presidio.

Su Radio Blackout 105.250 FM e https://stream.radioblackout.org/

Cellulare della Radio +39 346 6673263 per SMS, WhatsApp, telegram, signal

Fisso della Radio 011 2495669 per intervenire in diretta

FACCIAMOCI SENTIRE! CHE LA NOSTRA SOLIDARIETÀ SIA FORTE, CHIARA E RUMOROSA!

ESTRATTI DAL LIBRO DI MAU “QUELLI ERANO I TEMPI”

Di fatto, nella società c’era stato un approfondimento della lotta di classe, a cominciare dal 1975, proseguito nel ’76 e ancora più duro da un punto di vista di classe, il ’77. […] Nelle fabbriche i capi dovevano stare attenti, erano sotto tiro. Così anche dentro le carceri, come nelle scuole e nelle università. […] La “violenza proletaria”, tanto in fabbrica che nelle scuole, aveva preso piede e non era facile né arrestarla né condannarla. Le azioni andavano dall’occupazione delle aule dei tribunali, al blocco stradale ecc., insomma i padroni e lo Stato si scontravano con una risposta che oggi non c’è più. […] anche per quanto accadde a Roma in risposta all’uccisione, avvenuta a Bologna il giorno prima, di Francesco Lorusso, un compagno di Lotta Continua attivo in università. […] Avevano preso un pezzo di città, ne avevano buttato fuori la polizia, poi erano entrati in queste due armerie: ci vuole anche del tempo per fare un esproprio del genere. Per ore e ore, interi quartieri… A Bologna dovettero mandare addirittura i carri armati, nella zona universitaria in via Zamboni, per fermare la rivolta nelle strade, anche qui con espropri nelle armerie e saccheggi nei locali per ricchi.

Di scontri molto grossi ce n’erano già stati anche a Milano, per esempio contro la sede dei fasci in via Mancini, nell’aprile del ’75: non parliamo di Napoli, dove situazioni del genere erano piuttosto frequenti. Queste azioni erano espressione di un potere proletario effettivo. La polizia non andava più a sgomberare le case, soprattutto in certi quartieri come Quarto Oggiaro, a Milano, o San Basilio, a Roma. Le case si prendevano e si difendevano: «la casa si prende, l’affitto non si paga» era diventata una parola d’ordine di massa in quei momenti. Era una sollevazione di tutti. […] Gli operai erano talmente forti che i giovani appena entrati erano subito combattivi: andavano in fabbrica proprio per combattere il lavoro salariato. […] in queste fabbriche tra Milano e Torino c’erano nuclei operai che ai capi impedivano di comandare. Scioperavano e, se i capi non ci stavano, gli bruciavano la macchina. […] Avevano un’idea di brigata allargata, che prendeva tutti gli ambiti, dalla fabbrica al quartiere, per esempio il supermarket, entravano e lo ripulivano, e guai se c’erano fascisti! […] Quindi capi, gerarchie, giudici, polizia, scuola, lo Stato nel suo insieme, erano tutte cose che venivano messe in discussione e affrontate diversamente. E questo succedeva nelle carceri, nelle scuole, nelle case, nei quartieri anche, specialmente a Roma, ma anche a Torino, a Milano un po’ meno.
Le conquiste nella scuola, per esempio: i familiari tenevano i bambini insieme, i compiti li si faceva insieme, le classi si erano mischiate, c’era tutto un modo di agire sociale che ce lo sogniamo oggi, non c’è proprio più. Gli ospedali erano aperti, guai a maltrattare qualcuno, la psichiatria era stata molto criticata e anche messa da parte […] l’ampiezza che la lotta, compreso il femminismo, aveva assunto, […] c’erano tutti gli strati sociali […] esisteva un movimento talmente esteso da avere la forza di rivendicare il salario politico, come l’affitto, che doveva essere un tot per cento del salario […] c’era questa spinta dal basso a uscire dai ghetti e a conquistarsi spazi […]

PDF: ESTRATTI DAL LIBRO DI MAU “QUELLI ERANO I TEMPI”

… e un augurio di buon anno nuovo, dalle Brughiere!

 

NAPOLI QUIR PUNK 14 E 15 GENNAIO 2023

L’epifania non tutte le feste porta via… Il 14 e 15 gennaio al Giardino Liberato di Materdei (Napoli) si terrà una giorno e mezzo di D.I.Y. frociolellatransenonbinaria e spettacoli e concerti punk contro patriarcato, Stato, galere, frontiere e repressione. Ci saranno: serigrafie, stampe, fanzine, scarabocchi, intagli&tagli, esplosioni creative, fantasie appuntite, matite ben affilate… Per noi il punk è un modo di stare al mondo e il queer è lotta e liberazione, non marchi commerciali, estetica social o trend del momento. Queer per noi è resistenza quotidiana in un mondo etero-cis-patriarcale che ci soffoca, queer è crescere come erbe infestanti sull’asfalto ripulito delle città, creare reticolati di affetti diffusi e desideri contro-norma, queer è dare fastidio come il fischio di un microfono, come un urlo rauco che taglia i timpani. Spesso ci troviamo a dover sgomitare per riuscire a stare negli spazi che attraversiamo, così come sui palchi, nelle palestre, nei festival di autoproduzioni che in questi spazi si organizzano. È per questo che abbiamo deciso di organizzare un festival per noi e per chi condivide questo bisogno, un festivalino che sia queer e antisessista nei contenuti e nell’atmosfera. Alcuni eventi, come i laboratori e gli incontri, saranno separati (no maschi cis-et) perché abbiamo bisogno di uno spazio in cui conoscerci e riconoscerci lontano dallo sguardo patriarcale e riappropriarci dei saperi di cui la narrazione binaria dei ruoli di genere ci ha espropriatx. L’esposizione e i concerti, invece, saranno aperti a tuttx, tranne ovviamente machi, fasci e sbirri. il festival sarà benefit cassa antirep transfemminista, che va a supportare compagnx donne, lesbiche, trans* colpitx dalla repressione per essersi autodifesx dalla violenza di Stato e patriarcato.

La Vampa – Casa TransFemminista Occupata

T.S.O. GUIDA MOLTO PRATICA ALL’AUTODIFESA

Diffondiamo quest’utile guida da: antipsi.noblogs.org

Trattamento Sanitario Obbligatorio. Guida molto pratica all’autodifesa. Cosa può fare chi è dentro. Cosa può fare chi è fuori.

“Pur non riconoscendo nessuna validità né alla psichiatria, né alle istituzioni che la praticano, né alle leggi che la regolano, dobbiamo riconoscere che il più delle volte l’unico modo per liberarsi da un ricovero coatto è ricorrere alle procedure di autotutela che la legge prevede. Con questo non vogliamo negare il diritto di ognunx all’affermazione di se stessx, né tantomeno la libertà di ribellarci a chi cerca di recluderci o modificare la nostra volontà. Ma in ogni caso consigliamo, per tutti indistintamente, di adoperarsi per conoscere le leggi che, pur conferendo alla psichiatria il potere di rinchiuderci, possono, per la loro stupidità, aprirci anche spazi di possibile liberazione dalla psichiatria stessa.
Molti T.S.O. presentano grossolani errori sia nella forma che nel contenuto, cioè vengono eseguiti con delle irregolarità a cui ci si può appellare sia per evitare il ricovero che per chiederne eventuale revoca o impedirne il rinnovo.”

PDF: T.S.O. GUIDA MOLTO PRATICA ALL’AUTODIFESA

MILANO E BOLOGNA: RIVOLTE ED EVASIONI NELLE CARCERI MINORILI

A MILANO SETTE GIOVANI RECLUSI EVADONO DAL CARCERE MINORILE BECCARIA

“I fuggiaschi avrebbero approfittato dei lavori in corso, che perdurano da svariato tempo, per aprirsi un varco nella recinzione e poi scavalcare il muro di cinta.”

“Sono quattro gli agenti di Polizia penitenziaria portati in ospedale dopo essere rimasti intossicati ieri sera dal fumo causato dalle fiamme appiccate nelle celle da alcuni detenuti dell’istituto minorile Beccaria di Milano, dopo che sette reclusi erano scappati.”

Link: qui.

A BOLOGNA RIVOLTE AL CARCERE MINORILE DEL PRATELLO

Anche a Bologna le settimane scorse dopo l’incendio di una cella c’è stata una rivolta dei giovani reclusi.

“Alcuni detenuti hanno scardinato il blindato d’ingresso di una camera di pernottamento, mentre altre due stanze sono state incendiate, subito dopo il trasferimento di quattro ragazzi resisi responsabili delle intemperanze di questi giorni.”

Link: qui.