DA NAPOLI: SOLIDARIETÀ A TUTTX LX RIVOLTOSX

Diffondiamo da: La Vampa – Napoli

Da due settimane le banlieue della Francia continentale e dell’oltremare bruciano per il fuoco delle rivolte scatenate in seguito all’omicidio da parte di un poliziotto del giovane Nahel a Nanterre, banlieue dell’ovest parigino. Dall’esagono ai territori di oltremare la rabbia contro gli omicidi di stato e le quotidiane violenze della polizia, braccio armato dello stato colonialista francese, si è riversata nelle strade prendendo come obiettivi commissariati, municipi, banche e supermercati. Nei giorni successivi, oltre alla gogna mediatica e alle dichiarazioni paternaliste e razziste dei vari ministri che biasimano le famiglie dex rivoltosx, una forte repressione ha portato a migliaia di arresti. Oltre alla violenta repressione di strada, nei tribunali i giudici perpetrano la violenza razzista con condanne considerate esemplari. Nessuno stupore per questi servi dello stato, ma le immagini delle rivolte e la rabbia non si possono cancellare.
Nel frattempo da questa parte delle Alpi la procura di Modena non si fa scrupoli a decretare l’archiviazione del processo per i morti del Sant’Anna a marzo 2020, quando alle rivolte delle persone detenute lasciate a morire come topi lo stato rispose con una sanguinosa strage. Sappiamo che giustizia e sbirri lavorano insieme : insomma, una mano lava l’altra. Mentre compagni e compagne vengono accusat di stragi e atti terroristici anche per cassonetti incendiati e striscioni, lo stato ribadisce di essere l’unico legittimato a commettere stragi.
Dopo anni di indagini e perizie rimandate e costanti tentativi di screditare la lotta di parenti e amici, a Napoli si è aperto ieri il processo per l’omicidio di Ugo Russo, ragazzo dei quartieri spagnoli freddato alle spalle da un carabiniere nel febbraio 2020. Ancora una volta è chiaro quanto vale la vita di un ragazzo dei quartieri popolari di questa città. Come Ugo, ricordiamo con rabbia le morti di Davide, Luigi e molti altri.
Di fronte alla violenza della polizia sorgono ovunque resistenze, che permettono a volte di aprire delle crepe nel muro di silenzio che vorrebbero costruirci attorno. Questo è successo anche nel cpr di via Corelli a Milano, dove la rabbia dei reclusi ha portato alla distruzione di alcune aree del centro, ora inagibili.
Oltre Oceano, la resistenza si organizza da mesi ad Atlanta contro il progetto di costruzione della Cop city. La lotta negli ultimi mesi non si è fermata, soprattutto dopo la morte di un compagno, Tortuguita, per mano degli sbirri.
Di fronte a queste morti, e con gli occhi e i cuori ancora pieni delle resistenze e rivolte nate in risposta, esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà a tuttx lx rivoltosx.

Per Nahel, Tortuguita, Ugo, Sasá e tutte e ciascuna le persone ammazzate dalle guardie dello stato stragista.

Napoli, 12 luglio 2023
Alcunx compagnx

SGOMBERATA LA CASA DI UNA COMPAGNA SOTTOPOSTA A DIVIETO DI DIMORA DA MILANO

Da: Galipettes Milano

Questa mattina è avvenuto l’ennesimo sgombero nel quartiere di Corvetto, non è una novità, in queste poche vie infatti aler e polizia si presentano una volta a settimana a sgomberare da ormai tanto tempo. Oggi è stato il turno della casa di una compagna che in questo momento si trovava vuota perché è sottoposta a misura cautelare dal recente 26 giugno: un divieto di dimora dal comune di Milano per il corteo dell’ 11 febbraio in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito. La casa era occupata da diversi anni. Con quest’intervento Aler va a completare ció che la magistratura aveva iniziato ovvero cacciare una persona “scomoda” dalla città, spezzando ciò che la radicava qui: portandole via la casa, il lavoro, e cercando di l rendere piú difficili i legami sociali e politici. È l oramai evidente come le politiche nazionali l contro le occupazioni si stiano inasprendo, l questo va ad aggravare il processo, in corso da anni, di espulsione di persone considerate non utili al funzionamento della città. Abbiamo l diversi esempi recenti: la difficoltà che l’occupazione di via Esterle ha nel tenersi la propria casa, i diversi sgomberi subiti dalla rete “Ci siamo”, appena due settimane fa una grossa occupazione della stessa rete è stata sgomberata nel giro di poche ore, e sabato è stato fatto un corteo contro la speculazione edilizia; nei mesi scorsi altri due spazi milanesi, Baronata e Proprietà Pirata, sono stati chiusi.
È importante continuare organizzarsi per non farsi togliere spazi di vita e di lotta, soprattutto in una città dove il problema della casa riguarda sempre più persone.

L’immagine è di un graffito fatto in piazza Gabrio Rosa durante un’iniziativa in quartiere.

AGGIORNAMENTI SU DOMENICO E NATALE IN SCIOPERO DELLA FAME A BANCALI

Domenico Porcelli continua lo sciopero della fame iniziato 5 mesi fa. Ha gli esami del sangue sballati, dolori alle ossa e bassa saturazione del sangue. Non ha ancora ricevuto nessuna risposta dal ministro Nordio. La sua udienza sul 41bis risulta ancora fissata a fine ottobre!

Natale ha interrotto martedì 11 luglio a causa dei suoi valori glicemici. Iniziava ad essere in uno stato soporoso anche di giorno e senza forze, con gravi rischi.

AGGIORNAMENTI SULLA RECENTE INDAGINE PER 270BIS E SULL’OPERAZIONE “RITROVO” DEL 2020 A BOLOGNA

Diffondiamo un aggiornamento sulla recente indagine per 270 bis che sta coinvolgendo compagnx bolognesi e trentini, e un aggiornamento sull’operazione “Ritrovo” del 2020 a Bologna.

Bologna, 30 maggio 2020- corteo in solidarietà all* arrestat* nell’operazione “Ritrovo”.

Il 5 luglio i R.I.S. di Parma hanno iniziato ad analizzare, tramite accertamenti irripetibili, il materiale repertato in fase di indagine e inviato loro dai R.O.S. , nell’ambito dell’indagine per 270bis depositata il 13 giugno dal procuratore Gustapane per 4 compagni e compagne di Bologna e due a Rovereto. Curiostà: i reperti in questione sono arrivati all’attenzione dei R.I.S. tramite pacco Amazon, che a quanto pare per loro è il mezzo più sicuro per il trasporto di tali oggetti. Le fasi di analisi sono state seguite da un perito nominato dall* indagat* e si sono concentrate sulla ricerca, sul materiale repertato, di eventuale materiale biologico ed ematico nonché impronte digitali e indagini merceologiche. Il materiale analizzato il 5 luglio riguarda volantini, bottiglie di plastica e resti di materiale combusto. Precedenti analisi di questo tipo erano già state effettuate su altri reperti, di cui non siamo ancora a conoscenza, prima che gli indagati da ignoti passassero a noti, così come è stata già effettuata in precedenza l’analisi di liquidi repertati, per evitarne il degradamento in tempi lunghi.
Nel frattempo è stata fissata al 20 ottobre l’udienza preliminare dell’operazione Ritrovo. In fase di riesame era caduto il reato associativo, restano in piedi i reati specifici di concorso in istigazione a delinquere, danneggiamento, imbrattamento e danneggiamento mezzo incendio. L’operazione Ritrovo era scattata il 13 maggio 2020 e aveva portato in carcere 7 compagni e compagne a Bologna più altre 5 con firme e obblighi di dimora. Alla base dell’operazione c’era l’accusa di 270bis per tutti/ le indagate/i, dopo anni di indagini da parte dei R.O.S. relative a compagni e compagne anarchiche e allo spazio di documentazione Il Tribolo, apparse al G.I.P. meritevoli di custodie cautelari come “prevenzione sociale” nel clima di lockdown e soprattutto in conseguenza della solidarietà portata ai rivoltosi del marzo 2020 nelle carceri italiane. Dopo 18 giorni il riesame aveva portato alla caduta del reato associativo e all’uscita dal carcere dei/lle compagni/e, alcuni/e dei quali erano state sottoposte ad obbligo di dimora per sei mesi. Come strascico dell’operazione Ritrovo erano state chieste 6 sorveglianze speciali, di cui una sola è stata eseguita per un compagno nell’autunno 2022, dopo 1 anno e mezzo da quando gli era stata comminata, per la durata di due anni. Nel corso delle indagini, chiuse a gennaio 2021, altre tre persone sono state iscritte nel registro degli indagati per reati di danneggiamento e imbrattamento in episodi di piazza.
Seguiranno aggiornamenti.

FREE CRIME IS NOT A PARTY. SPEZZIAMO LE CATENE DELLA REPRESSIONE

Riceviamo e diffondiamo questo testo su free party e repressione:

È il 10 ottobre 2022 quando il governo italiano appena insediato, guidato da Giorgia Meloni, emana il cosiddetto “decreto anti-rave”, convertito in legge dopo pochi mesi. Sull’onda dell’indignazione generale di politici e media, causata dal Witchtek di Modena, il decreto è finalizzato al “contrasto di raduni illegali” ed introduce un nuovo reato, disciplinato dall’art. 633-bis: invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica. Tale reato è punito con la reclusione da 3 a 6 anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro, oltre che con la confisca del sound e delle attrezzature.

La repressione delle feste è la parte folkloristica del decreto da dare in pasto all’elettorato. Per capirne le vere intenzioni, cioè quelle di togliere ogni margine al dissenso non fine a se stesso, dobbiamo ricordarci che introduce nuove disposizioni che regolano l’ergastolo ostativo: se non collabori con la giustizia, infamando qualcun altro, molto difficilmente ti verranno concesse misure come la semilibertà, i permessi premio o la libertà condizionale.

In Italia abbiamo visto in questi mesi un’escalation repressiva che in nome di un giustizialismo forsennato ha portato ad una vera e propria caccia alle streghe nei confronti di chi, di volta in volta, è stato additato come il nemico pubblico di turno – i ravers, i migranti, gli ecologisti, gli anarchici – con leggi create ad hoc per colpire queste individualità e le loro azioni.

Lo Stato che fa la guerra ai free party è lo stesso Stato che quotidianamente lascia morire persone dentro la cella di un carcere o in mare, lo stesso Stato che quotidianamente tortura e abusa dentro galere e CPR – come hanno messo in luce alcuni compagni e compagne con il loro sciopero della fame contro il regime di tortura del 41 bis. È lo stesso Stato che schiera la polizia a difesa delle fabbriche, picchiando chi decide di scioperare per ottenere condizioni di lavoro migliori. È lo stesso Stato che vorrebbe seppellire vivi i nostri compagni e le nostre compagne a colpi di sentenze di tribunale e anni di galera.

Ogni volta che si manifesta una forma di conflitto, un tentativo di sovvertire l’esistente, la repressione colpisce con forza. Per questo crediamo che la lotta contro il decreto anti-rave non possa essere una lotta isolata, ma vada inserita in una cornice più ampia che renda evidente, da una parte, il tentativo di disciplinamento da parte dello Stato – che vorrebbe annichilire qualsiasi forma di azione diretta – dall’altra, l’intersecarsi di tutte le lotte – da quella contro il carcere e il 41 bis, a quella contro il TAV, le basi militari e le grandi opere.

Per questo crediamo sia importante non delegittimare il potenziale sovversivo dei free party, non cercare il dialogo con gli sbirri, non giustificarsi dicendo che “non stiamo facendo niente di male” o “non siamo criminali”. Il nostro posizionamento non è neutro: anche la festa è un momento conflittuale.

L’arrivo degli sbirri non equivale necessariamente alla fine della festa! Ci sono modi diversi dalla ritirata per affrontarli: se siamo i primi a credere alla loro invincibilità, abbiamo già perso in partenza. Una comunicazione onesta e una solidarietà pratica tra le varie anime della festa potrebbero consentire di trovare la soluzione migliore per ogni caso specifico.

Crediamo sia importante evitare il fuggi-fuggi generale e non lasciare da sole le crew, le quali tuttavia non possono pensare di essere gli unici
soggetti ad avere voce in capitolo su come affrontare la situazione.

Capiamo bene che il rischio di perdere migliaia di euro di attrezzature sia un valido motivo di preoccupazione: questo dovrebbe essere tenuto in considerazione da tutti i presenti alla festa. Tuttavia, pensare di poter gestire la risposta alla violenza poliziesca mettendo a tacere qualsiasi atto conflittuale che si discosti dal subire passivamente (come avvenuto al Witchtek di Modena nel 2022), crea una gerarchia tra chi organizza e chi partecipa alla festa.

Il rave è un atto illegale e come tale implica il conflitto con l’autorità. Non vogliamo e non dobbiamo giustificarci agli occhi dello Stato, non vogliamo ottenere alcuna legittimità, vogliamo continuare a ribadire la nostra perenne ostilità a questa realtà fatta di sfruttamento ed oppressione.

Perché una società che abolisce tutte le avventure, rende la distruzione di questa società l’unica avventura possibile.

Luglio 2023
Nemiche dello Stato


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Riproduci, stampa, diffondi!

COS’È SUCCESSO AL TOSCANA PRIDE DI FIRENZE

Diffondiamo il comunicato della Favoloska Ribellione di Firenze, ringraziando le compagnx che l’8 luglio si sono presx l’onere e la gioia di portare la loro scomoda presenza nell’ambito del Toscana Pride, aprendo una conflittualità che crediamo non solo necessaria, ma auspicabile e desiderabile. Speriamo sia un esempio per moltx, speriamo sia solo l’inizio!

Dopo essere stat3 circondate dalla digos che non voleva farci unire al pride, dopo che è stata “concessa” all3 froc3 la testa del corteo, lo stesso Toscana Pride che si rivendica le rivolte di Stonewall ci ha impedito di fare un intervento sul palco, davanti a una piazza mezza vuota, facendoci allontanare dalla celere a suon di manganellate. Toscana Pride si rivendica di difendere i nostri corpi, e allo stesso tempo ci schiera contro la polizia che, secondo loro, “non è un pericolo per le persone queer”.

Siamo fier3 delle manganellate che ci siamo pres3 sotto quel palco,
perché sono la dimostrazione dell’ipocrisia di Toscana Pride e di tutte le associazioni che ne fanno parte, che pretendono di parlare a nome di tutt3 13 froc3 e allo stesso tempo ci silenziano con l’uso della forza della polizia, dicendoci che “ce le siamo cercate” e che “non ce ne hanno date abbastanza”, e poi ci scherniscono da sopra un palco sul quale noi froc3 non conformi e non silenzios3, a quanto pare, non siamo 13 benvenut3.

Le istituzioni e i pride istituzionali e commercializzati, come si dimostrava quello di ieri con il suo carro di Student Hotel, sono la bugia continua che ci mantiene oppress3.

“Con un mattone è iniziato, con un manganello è finito” avevamo scritto in un altro comunicato, bene state sicur3 che i manganelli di ieri non pongono fine a niente, così come non hanno mai posto fine alla lotta frocia.

Secondo l’intenzione era quella di spaventarci, noi rispondiamo che i manganelli non ci hanno mai fatto paura. Ci subiamo violenza quotidiana da tutta la società e sempre, come adesso, rispondiamo con orgoglio, lotta e RESISTENZA FROCIA!

LE SOLITE. SULL’OPERAZIONE DEI ROS DI POTENZA DEL 26 GIUGNO

La mattina del ventisei giugno alle cinque di mattina scatta un’operazione dei ROS di Potenza in varie parti della penisola. Dodici persone vedono le proprie case o quelle delle proprie famiglie essere invase dai reparti del ROS, alla ricerca di materiale che potesse legare i diversi individui interessatx all’area anarchica. Mentre i/le compagnx venivano tenutx per diverse ore in caserma per perquisizioni, tra cui quella informatica (copia dei dati del cellulare), le loro famiglie (residenti nel territorio lucano) erano trattenute in ostaggio per altrettante ore dai reparti speciali con la scusa della perquisizione domiciliare.

L’operazione prende avvio dall’apertura di un’indagine per 270 bis nella quale non paiono risultare una contestazione di fatti materiali (salvo la citazione di un danneggiamento nei confronti dell’ENI), quanto più di appartenenza ad un’associazione anarchica e atti di apologia e propaganda (nella quale viene inserita anche la lotta in solidarietà ad Alfredo).

È evidente come tale ennesima operazione s’inscrive in un contesto
repressivo nazionale volto a spezzare qualunque solidarietà tra gli individui.

Un affettuoso saluto a tutte le persone private della loro libertà e col fiato della repressione sul collo.

Seguiranno aggiornamenti.

ACCORDO UE SUL PIANO PER LA PRODUZIONE DI MUNIZIONI

Previsto un fondo da 500 milioni, ratifica finale entro luglio.

“L’Unione europea ha raggiunto l’accordo politico sul piano per aumentare la produzione di munizioni a un milione di pezzi l’anno. L’Act in support of ammunition production (Asap), proposto a maggio dalla Commissione Ue, prevede un fondo da 500 milioni di euro dal bilancio comunitario per il co-finanziamento dei progetti industriali nazionali per le munizioni e apre la strada alla possibilità per i Paesi di usare parte dei fondi del Pnrr e di coesione per sostenere la produzione. Il piano contribuirà ad aumentare le consegne di armi da artiglieria all’Ucraina. La firma finale e l’entrata in vigore sono attese entro fine luglio.”

Fonte: https://www.ansa.it/amp/sito/notizie/mondo/europa/2023/07/07/accordo-ue-sul-piano-per-la-produzione-di-munizioni_87a9ccda-b11f-4aae-b3a2-a2299e431a78.html

 

IT-ALERT, NUOVO SISTEMA DI ALLARME PUBBLICO NAZIONALE

“IT-alert, il nuovo sistema di allarme pubblico nazionale, arriva nella nostra regione con un messaggio di test che, una volta a regime, potrà essere attivato per informare direttamente i cittadini in caso di gravi emergenze imminenti o in corso.” Fonte: sito della Regione Emilia Romagna

Lunedì 10 luglio tutti i cellulari collegati a celle di telefonia mobile dell’Emilia-Romagna squilleranno contemporaneamente ma con un suono diverso rispetto a quello delle normali notifiche. Si tratta del nuovo sistema di allerta di cui si sta dotando l’Italia, già sperimentato in Toscana, Sicilia, Sardegna, Calabria (già al quarto test).

IT-alert diventerà operativo nel 2024 e si attiverà in caso di gravi emergenze o eventi catastrofici imminenti o in corso, come incidenti nucleari o emergenze radiologiche, incidenti rilevanti in stabilimenti industriali, maremoti, collasso di grandi dighe, attività vulcanica.

Il procedere della crisi del sistema capitalista sta esasperando sia le politiche di guerra e di contenzione dell’immigrazione, sia le politiche di precarizzazione e di attacco alle classi sublaterne, determinando una corsa sempre più rapida alla conquista di risorse e mercati nel mondo. In questo contesto risulta evidente a tutte/i quanto emergenze ed eventi critici non possono più essere affrontati come “incidenti di percorso” da denunciare ogniqualvolta ci colpiscono, direttamente o indirettamente (diventando a tutti gli effetti strumenti di ricatto e vessazione in mano ai padroni) ma come elementi strutturali che pongono l’urgenza materiale di una critica radicale e di un’opposizione concreta a questo modello di sviluppo insensato, allo sfruttamento di persone e territori, allo stato di cose presenti.

TRADUZIONI IN CASTIGLIANO DI ALCUNI TESTI SULL’ALLUVIONE PUBBLICATI DI RECENTE

Riceviamo e diffondiamo le traduzioni in castigliano di alcuni contributi pubblicati di recente sull’alluvione.

Reflexiones de un compañero el día siguiente a la inundación

Aluvión, mi solidaridad es selectiva

CON EL AGUA AL CUELLO. Una visión anarquista del aluvión en Romaña


Reflexiones de un compañero el día siguiente a la inundación:

Mientras algunos ríos en Emilia y en Romaña siguen desbordados, con muchos pueblos y ciudades de la llanura inundados y el fango que sigue avanzando aguas abajo, siento la exigencia de expresar algunas reflexiones en caliente sobre los que está ocurriendo en el territorio donde vivo desde hace unos años. No cabe duda que la cantidad de agua caída estos días es excepcional, sin embargo hace tiempo que sabemos, cada vez con mayor certeza, que los eventos atmosféricos extremos son y serán cada vez más frecuentes. A pesar de esto, palpar las consecuencias de unas precipitaciones tan fuertes y concentradas en pocas horas, es algo que me coge desprevenido, emotiva y materialmente. Me he visto en un intercambio continuo de mensajes y llamadas para tener actualizaciones de la situación que están viviendo varias personas de mi entorno, mirando con preocupación al cielo, las laderas de colinas y montañas que van dejando detritos en cada chaparrón, los lechos de torrentes normalmente amigables, cada vez más caudalosos y amenazantes. El verano pasado decíamos una frase medio en broma, para quitar un poco de hierro al asunto: “es el verano más caliente que he vivido. Pero también es el más fresco de los que viviré”. Si traslado este discurso a la pluviometría me produce escalofríos. Escalofríos de miedo, porque está en juego la integridad y la seguridad de personas queridas. Y escalofríos de rabia, porque se que ya hay quienes se están frotando las manos pensando en el dinero que harán con la reconstrucción. Y son los mismos que engordan en un sistema en el que yo y quienes me rodean peleamos por la mera supervivencia material, cuando va bien. El simulacro de la seguridad y de la invulnerabilidad es algo que quiero destruir y dejar atrás, pero para dar cabida a un modo diferente de vivir, de establecer vínculos y compromisos con el carácter imprevisible del ambiente de mi entorno. No para garantizar el tranquilo engorde de quienes reproducen un mundo basado en el dominio. Entonces impedir esa cantera, esa ampliación de la autopista, ese remonte, esa presa, se vuelve algo mucho más urgente, porque lo que está en juego no es algo futuro, imaginario, simbólico o ideal. Es en el presente donde ejercen su furia homicida. Son nuestras propias vidas las que ya están en juego. Ahora que esto me ha quedado más claro, puede que necesite menos valor para arrojar el corazón por encima del obstáculo.

Traducidos de: https://brughiere.noblogs.org/post/2023/05/20/sullalluvione-in-emilia-romagna/#PENSIERI


Aluvión, mi solidaridad es selectiva

Artículo publicado en Bezmotivny, año III número 10

Aproximadamente a partir del martes 16 de mayo, y al hilo de la emergencia del aluvión que ha golpeado parte de la región de Emilia-Romaña, los exponentes de algunas organizaciones políticas autoproclamadas antagonistas del territorio boloñés y algunos grupos de personas congregadas espontáneamente han decidido crear Brigadas de solidaridad con el objetivo de “autogestionar” intervenciones de ayuda a las poblaciones de Emilia-Romaña afectadas por el aluvión de las que todavía se habla mucho. Quizás no sea oportuno detenerse sobre cómo se habla de este aluvión que, ciertamente no es una excepción ni una calamidad inesperada sino que se inserta en la cadena de catástrofes producidas por el modo de producción que devasta la vida y los lugares donde habitan millones de explotados y otros seres, así como por los hombres y mujeres con responsabilidades políticas, técnicas y decisorias concretas a nivel municipal, regional y nacional; ni sobre la forma en que los principales periódicos y medios del régimen afrontan el aluvión, en qué tono (más bien sosegado) y con qué contenidos (dirigidos a no cuestionar seriamente la sociedad que produce estas catástrofes y a salvaguardar la imagen de los responsables de carne y hueso de las mismas).

Lejos de juzgar negativamente a las diversas personas (sin importar si son compañeros o no) que espontáneamente han decidido intentar ayudar con sus propios medios, también y sobre todo individualmente en lugar de organizándose informalmente con los propios amigos, es decir, sin crear organismos de carácter parapolítico (por estar ligadas a organizaciones políticas y/o sindicales – más o menos institucionales – preexistentes), quiero reflexionar de forma polémica sobre esas organizaciones (sin perder tiempo citando sus siglas) que se han aprovechado inmediatamente de la disponibilidad de muchas personas no afectadas directamente por el aluvión de implicarse en la organización de iniciativas de solidaridad genérica, si queremos llamarla así.

Y así es como, en los días sucesivos a los acontecimientos más críticos, en un grupo telegram de coordinación y organización de las ayudas vinculado a una de estas organizaciones “antagonistas” se manifestaba el entusiasmo suscitado por el hecho de que varios periódicos hubieran nombrado las siglas de esta misma organización con elogios, que en las redes sociales se hubieran republicado numerosas veces las fotos de los activistas de la organización junto a otros “voluntarios” –presumo ingenuamente desconocedores de estas payasadas políticas– dispuestos a retirar fango en las localidades afectadas del ayuntamiento de Castel Bolognese.

Apesta, en definitiva, y, que quede claro, no porque personalmente haga apología de las prácticas de ayuda “desinteresada” y religiosamente dirigida a todos los seres humanos (por ejemplo, entre tantos afectados para mí no es prioritario ayudar a burgueses a salvar los bienes encerrados en la mansión de tres pisos); apesta porque quien se llena la boca de solidaridad y apoyo mutuo no tiene reparos en tratar de obtener consenso, visibilidad y reconocimiento político instrumentalizando ciertas tensiones y de ciertas prácticas, hegemonizándolas y haciéndolas pasar por “autogestión desde abajo”.

La solidaridad para mí no es algo universal, es resumen, no es algo que quiera dirigir a todo el mundo, a cualquier ser humano en cuanto tal, para limpiar mi conciencia y olvidarme del hecho de que, cada día, si no cuestiono realmente la sociedad industrial, el capitalismo voraz de recursos, energía y metales raros, la explotación, la gentrificación, el consumo de suelo desenfrenado a beneficio de grandes y pequeñas empresas capitalistas (por lo que respecta a la logística por ejemplo, el Instituto Superior para la Protección y la Investigación Ambiental, certifica un récord absoluto para la región de Emilia-Romaña, que entre 2006 y 2021 ha ocupado casi 400 hectáreas construyendo almacenes y polos logísticos), estoy alimentando y legitimando este ciclo de catástrofes. Si la solidaridad en estas contingencias es prestar ayuda a no importa quien entonces no soy solidario, entonces no me importa una mierda implicarme en la ayuda, y participar en la creación de brigadas a uso y consumo de politicuchos leninistas de poca monta.

Yo decido a quien doy solidaridad, ayuda y cercanía, en base a mis conocimientos, mis afinidades, mis relaciones de confianza y amistad, pero también a una conciencia de clase. La solidaridad que concibo es una solidaridad selectiva, no me avergüenzo de tal afirmación.

No quiero servir de mano de obra a las perspectivas políticas de organismos políticos que desprecio y que me hacen vomitar, no quiero obtener ningún consenso de las prácticas de ayuda y cercanía, no quiero explotar la dialéctica de socorrista-socorido para “consolidarme” políticamente, para mostrar a la gente que soy capaz de tapar los agujeros producidos por la sociedad del Estado y Capital. Quizás valga la pena tener en cuenta este aspecto de selectividad en la práctica de la solidaridad, a fin de evitar dejarse instrumentalizar, para tener la certeza de autogestionar realmente esas prácticas de asistencia y ayuda evitando que se conviertan en un instrumento de chantaje, de espectacularización política, y humanamente, añadiría, en un rito de redención.

Traducidos de: https://brughiere.noblogs.org/post/2023/05/20/sullalluvione-in-emilia-romagna/#SOLIDARIET%C3%80%20SELETTIVA


CON EL AGUA AL CUELLO
Una visión anarquista del aluvión en Romaña

Después del fin de la llamada segunda fase del aluvión, hace unos diez días, he estado en Romaña. Siendo sincera, lo que me ha empujado a acercarme ha sido un espíritu espontáneo de solidaridad hacia humanos y animales. Solidaridad de clase o “selectiva1”. Cierto, lo doy por descontado, pero lo especifico para evitar malentendidos. No estoy hablando de una solidaridad entendida de modo genérico, hacia todo el género humano. No puedo amar a quien me explota. La solidaridad la siento hacia mis similares: los/las oprimido/as, los/las explotados/as, los/as excluido/as. Es con estos con quienes intento crear dinámicas de apoyo-mutuo. En el texto la palabra solidaridad va entendida en este sentido.

Consciente de que en situaciones de emergencia el Estado pone en marcha sus dispositivos, decidí acercarme a un refugio que en ese momento alojaba animales inundados a poca distancia de las zonas más afectadas. Esto me hacía temer una eventual colaboración/compromiso con las autoridades, con las cuales como anarquista no quería tener nada que ver, aunque sabía que seguramente me los encontraría en las “zonas calientes”. Mi intento de mantenerme alejada de estos lugares no tuvo éxito. Una vez en el lugar, pude ver que la emergencia animal estaba controlada y que no hacía falta ayuda en el refugio. Así, me dirigí a los pueblos más afectados por el aluvión, algunos de los cuales estaban afrontando la “segunda emergencia2”.

El instintivo espíritu de solidaridad que me empujó a moverme venció mis temores al compromiso. No sólo me ha dado la oportunidad de ver de cerca un dispositivo de emergencia, también ha regulado mis acciones. No me dí cuenta de ello hasta más tarde. Al principio entré en los pueblos con pies de plomo.

Ciudadanos sin Estado

Mi miedo al compromiso con las autoridades se desvaneció de inmediato. Entrando en los pueblos descubrí que Protección Civil no trabajaba en las casas, su papel era meramente “presencial”. Las fuerzas desplegadas eran escasas o nulas. Por ejemplo en Santa’Agata sul Santerno había vehículos y personal uniformado concentrados cerca del ayuntamiento. Estos medios estaban prácticamente parados y muy limpios, incluso al final del día. Para la retirada de las montañas de residuos que cubrían las calles, los habitantes debían acudir al Ayuntamiento y solicitarlo mediante un formulario. Los medios de los Bomberos también eran escasos y estaban dedicados a situaciones puntuales. Las asociaciones humanitarias no aparecieron, a excepción de algunos grupos (como los scouts o Greenpeace). Según algunos habitantes, en los peores momentos del aluvión los medios de rescate no estaban disponibles o eran incapaces de cubrir las necesidades de la mayoría de la población. Estos pueblos se han visto y siguen en un estado de total abandono. Reporto estas informaciones no para levantar una oleada de indignación hacia el Estado y “pedir” algún tipo de intervención. La finalidad de este texto, más allá de describir la situación que he observado, es tratar de comprender las finalidades inherentes al modelo de gestión adoptado en esta emergencia.

En Ravenna los Bomberos pasaban por las calles ordenando la evacuación por megafonía. Las personas, una vez fuera, se encontraban las calles cerradas por lo que se veían obligadas a regresar a sus casas. En Conselice las autoridades dieron la orden de evacuar el pueblo, pero buena parte de la población se negó. Así, la gente se ha quedado encerrada en casa durante 12 días sin agua, gas ni electricidad a causa de la inundación. Los únicos que han llevado comida y bienes de primera necesidad han sido campesinos que se han organizado con tractores, junto a algunos solidarios con botes neumáticos. Esto ocurría a pesar de que los bomberos ordenaban a los solidarios que abandonasen el lugar por riesgo biológico3.

La insuficiente movilización de fuerzas por parte del Estado ha creado un gran sentimiento de desconfianza y mucha rabia hacia la Protección Civil, las administraciones municipales y regionales, las fuerzas del orden, equipos de salvamento, periodistas y políticos que venían de visita. En Sant’Agata sul Santerno, el prefecto de Ravenna fue perseguido por los habitantes pala en mano. En Conselice (y en algunos otros pueblos que no recuerdo) los alcaldes iban escoltados por Carabinieri. En Lavezzola el jefe de una importante empresa agroalimentaria se enfrentó con la alcaldesa (del PD), la Protección Civil, el Consorcio ‘di bonifica’ y los Carabinieri. El Destra Reno estaba por desbordarse y la compuerta para evacuar el agua al canal de drenaje que desembocaba en el Reno –cuyo nivel del agua era mucho más bajo– no se abría a causa de la falta de mantenimiento. Las autoridades habían acudido al lugar pero se limitaban a tomar nota de la situación. Mientras tanto, el empresario se había organizado por sus propios medios para desviar el agua con el apoyo de los habitantes del pueblo. Pero la Alcaldesa no estaba de acuerdo con esta intervención porque no estaba autorizada. Ante la rabia de los habitantes (allí presentes) y la amenaza del jefe –que la ordenaba apartarse, de lo contrario se la habría llevado por delante–, la Alcaldesa no tuvo más remedio que irse, escoltada por los Carabinieri. Así se evitó la entrada de más agua.

Obviamente, este ejemplo no es para demostrar la filantropía de un patrón. Está claro que tenía unos beneficios que proteger. Seguramente era el único capaz de “salvar el pueblo” precisamente porque, en cuanto jefe, dispone de medios y de grandes cantidades de dinero. En este episodio he visto una contradicción del Estado que, bajo el ropaje de Alcaldesa, no ha podido –o no ha querido– tutelar esa parte de población, la burguesía, a la que normalmente representa.

Narración VS realidad

Antes de partir, me informé para ver que carreteras eran transitables. La percepción que tuve al leer varias advertencias era la de una situación similar al primer confinamiento. Carreteras cortadas, controles policiales, control de los movimientos de la población. Por la E45 también vi carteles que sugerían dejar libres las carreteras para que los medios pesados de Protección Civil, Bomberos y Ejército pudieran circular sin problemas. La narración que se estaba construyendo sobre un gran tráfico de vehículos pesados de las autoridades resultó ser falsa. Las carreteras, tanto las principales como las secundarias estaban libres. El tráfico era regular y había pocos vehículos pesados de las autoridades.

Se podía entrar en los pueblos inundados. Encontré controles policiales a la entrada de Sant’Agata sul Santerno que impedían el acceso a los no residentes. Pero los Carabinieri y la Policía Local tenían cierta dificultad para parar a las personas que, con determinación, argumentaban que debían circular libremente. Algún solidario se dejaba intimidar o creía a los Carabinieri que afirmaban que en el pueblo “todo estaba en orden y no se necesitaban voluntarios”, y se daba la vuelta. Pero la mayoría de las personas pasaban de todos modos. O a pié, o cambiando de camino, o inventándose alguna excusa. Dado el gran número de solidarios, a las fuerzas del orden les resultaba muy difícil controlar a todos, a pesar de que en algunos casos había dos filtros para entrar al pueblo.

Unas palabras respecto a la aplicación VolontariSOS… Según las autoridades, solo los registrados podían acceder a las zonas rojas y ayudar a la población. Esto por motivos de aseguración en caso de accidentes, de control y de organización. En esta app, el voluntariado tenía que dar sus datos personales y reservar un “turno”. En la práctica, la mayoría de personas que me he encontrado no se habían registrado. Algunas estaban en contra, y veían en esta app un intento de control y rastreo. Los que se habían registrado contaban que esta aplicación era un rotundo fracaso, ya que todos los “turnos” resultaban ocupados. A pesar de ello, estas personas se habían acercado al lugar igualmente, considerando que era más fácil ir casa por casa ofreciendo ayuda en lugar de depender de una plataforma digital.

Por tanto, se puede afirmar que la circulación de solidarios en estos pueblos estaba bastante fuera del control de las autoridades. Lo mismo se puede decir respecto a la gestión de algunos centros de clasificación de mercancías. En Conselice, por orden del Ayuntamiento, había un gran centro dedicado exclusivamente a la recepción de ayudas. Los bienes, una vez clasificados, tenían que llevarse a los puntos de distribución, a los que la población acudiría a por aquello que necesitase. En la práctica, las personas se acercaban directamente a este centro a por los bienes necesarios y partían con los coches llenos para ir repartiendo calle por calle a quien lo pidiera. Esto gracias al buen criterio de las personas que pasaban por el, que de mutuo acuerdo, decidieron que tenía más sentido distribuir directamente en lugar de acumular bienes en un almacén central y dejar con las manos vacías a las personas como había ordenado el Ayuntamiento.

En este sentido, hay que señalar que, llegados a cierto punto, el Prefecto de Ravenna hizo llamamientos públicos para que los voluntarios abandonasen las zonas inundadas porque molestaban en la operaciones de las autoridades.

A propósito de los Ángeles del fango

La combinación de personas acudidas a ayudar ha resultado ser una mezcla interesante. Conspiracionistas, anti vacunas, animalistas de todas las edades, no green pass… Personas que por un motivo u otro, hace tiempo que habían madurado una conciencia crítica y unas prácticas, no necesariamente bajo la bandera de algún grupo u organización. De hecho muchos han acudido individualmente, desconfiando de grandes organizaciones centralizadoras, metiendo en el coche todo lo que podía ser útil (limpiadoras de presión, comida para animales, ropa, mantas) y yendo por los pueblos ofreciendo la propia disponibilidad en lugar de acudir a las convocatorias gestionadas por las autoridades.

La retórica de los ángeles del fango propuesta por los medios era ridiculizada por la mayoría de la gente y escucharlo no generaba orgullo, mas bien ponía de los nervios. Muchos voluntarios eran personas afectadas por la inundación que, una vez arreglada su casa donde “el agua les había llegado al cuello”, fueron donde todavía hacía falta, interrumpiendo sus actividades cotidianas, incluido el trabajo. He respirado un clima de colaboración y amigabilidad, privo de prejuicios (por ejemplo ligados al género) y he encontrado a personas con una sensibilidad particular. Una tarde, estando con otras personas ayudando a una familia que estaba viviendo un gran sufrimiento psicológico a causa del aluvión. En un momento dado a alguien del Ayuntamiento se le ocurrió mandar una pareja de Policía Local. Corrí fuera para ver que querían, pero antes de mí, una mujer había salido y les estaba diciendo a los guardias que se fueran inmediatamente, porque la situación era tranquila y ellos sólo habrían causado problemas.

Durante la jornada se alternaban momentos de trabajo duro, momentos de discusión a 360º. Una exigencia común era precisamente la de hablar juntos: del Covid, de la guerra, de estas continuas emergencias que parecen no terminar nunca, de los responsables de todo esto.

Otro aspecto importante ha sido compartir el dolor y el sufrimiento. Puesta en común especialmente “demandada” por las personas afectadas por la inundación que, con frecuencia, te paraban por la calle para charlar, para llorar, para desahogarse. Detrás de estos arrebatos, la conciencia que el aluvión no ha sido simplemente una catástrofe natural imprevista. Sino una catástrofe provocada y no anunciada, o anunciada con gran retraso, con responsables concretos: Protección Civil, Consorcios ‘di bonifica’4, administraciones municipales y regionales.

Resumiendo, esta experiencia ha sido, a pesar del drama, en términos humanos un soplo de aire fresca. Puede que la humanidad todavía sea un riesgo a correr.

¿Qué protocolo?

Sería demasiado fácil afirmar que el Estado no estaba preparado para esta inundación, así como decir que no ha sido capaz de gestionar la situación por culpa de la falta de medios, de un exceso de burocracia o de la incompetencia. Sus acciones son el fruto de una suma de circunstancias y elecciones. Seguramente la población local y los solidarios han creado dificultades a las autoridades. El intento de controlar los movimientos (mediante app y controles policiales), de evacuar zonas enteras, de centralizar la distribución de bienes, de vacunar a la mayor parte de la población… por lo que he visto no ha tenido mucho éxito. Por otro lado, el estado de abandono de estos pueblos me ha dado que pensar. Obviamente se trata de una elección deseada y motivada. Sinceramente a día de hoy no encuentro respuestas definitivas. Se me ocurren hipótesis, pero considero necesario iniciar un debate sobre las formas mediante las que el Estado afronta este tipo de emergencias locales. Visto el próximo colapso al que la sociedad industrial nos está llevando, estas catástrofes serán cada vez más frecuentes. ¿Tal vez el Estado pretenda acostumbrar a la gente a la posible falta de agua, gas, electricidad y bienes de primera necesidad durante días? ¿o bien abandona por completo a la población de modo que esta reclame “más Estado”? ¿O hay intereses que desconocemos en desalojar estos territorios concretos afectados por el aluvión?

Creo que es urgente reflexionar de forma colectiva, sobre todo con quien ha vivido más de cerca el aluvión. Con la experiencia de la pandemia, me he acercado a estos territorios esperando encontrar un determinado dispositivo (militarización, control de desplazamientos, imposibilidad de acceder a las zonas rojas), en la práctica me he encontrado con algo totalmente distinto y eso, debo decirlo, me ha tomado por sorpresa. Entonces, puede que sea importante seguir hablando sobre los estados de emergencia que se nos imponen continuamente, con el objetivo de orientar nuestro actuar. Para transformar una pequeña grieta en el sistema en una vorágine.

Una anarquista

1Alluvione, la mia solidariettà è selettiva, Bezmotiivny, anno III, numero 10

2Con este término entiendo la fase en la que una vez desalojada el agua, toca encontrar material, retirar fango, tirar todo lo dañado y la posterior limpieza.

3NdT – Básicamente “riesgo de infección, intoxicación/envenenamiento, alergia”. Me parece interesante poner el foco en la segunda. ¿Qué pasaría si unas lluvias torrenciales inundan Huelva, con un vertedero de fosfoyesos a 500m. de la ciudad, que además de muy tóxico también es radioactivo?. Es sólo uno de los muchos ejemplos que se podrían citar dentro del legado tóxico de esta sociedad tecnoindustrial. Seguro que se te ocurre algún ejemplo por tu zona…

4NdT – Bonificare, en italiano la primera acepción es: “Rehabilitar tierras pantanosas para hacerlas productivas; drenar, escurrir”. Romaña es una región con importante producción agrícola y numerosos canales.
Las responsabilidades de las administraciones puede referirse, entre otras, a la superficie cementada (y por tanto impermeabilizada): 650ha en un año, en una zona donde el 80% es de riesgo hidrológico. O en el caso del Consorcio de Bonifica, los trabajos de cementar los fondos de los canales y eliminar la vegetación de los lados realizados hace pocos años.

PDF – CON EL AGUA AL CUELLO

Traducidos de: https://brughiere.noblogs.org/post/2023/05/20/sullalluvione-in-emilia-romagna/#ACQUA%20ALLA%20GOLA