BOLOGNA: AGGIORNAMENTO SULL’OPERAZIONE REPRESSIVA SCATTATA A SEGUITO DELLA CAMPAGNA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL 41BIS ED ERGASTOLO OSTATIVO

Diffondiamo:

L’8 ottobre 2025 si è tenuta l’udienza preliminare dell’operazione scattata a Bologna nel 2023 a carico di 19 persone per la mobilitazione in solidarietà ad Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo.
Ricordiamo che inizialmente venivano contestati associazione con finalità di terrorismo (art. 270bis) – poi caduto in sede di riesame – e altri fatti specifici: un attacco a dei ripetitori di telecomunicazioni, un tentato danneggiamento a dei camion della ditta MARR, un blocco stradale tramite danneggiamento di cassonetti, l’interruzione di una messa, l’occupazione di una gru in centro a Bologna e contestuale presidio sottostante con manifestazione non autorizzata.
Contestualmente alle indagini ci furono altrettante perquisizioni e prelievi coatti di DNA, con successive misure cautelari a carico di tre persone indagate – obbligo di firma per due persone, obbligo di dimora con rientro notturno e obbligo di firma per una persona.

L’udienza preliminare si è conclusa con l’assoluzione di 11 compagnx e il rinvio a giudizio a marzo per 6 compagnx per 3 reati specifici:
1) il danneggiamento a dei ripetitori di telecomunicazioni (art. 635 quinquies, comma 2)
2) il danneggiamento a una rete durante l’occupazione della gru (art. 635, comma 3),
3) l’interruzione della messa (turbatio sacrorum, art. 405).

Ribadiamo la nostra solidarietà ad Alfredo ancora rinchiuso in 41bis e a tuttx lx prigionierx!

Ribadiamo la nostra solidarietà allx compagnx indagatx di Bologna e a tuttx le persone che stanno affrontando o hanno affrontato la repressione a seguito della mobilitazione in solidarietà con Alfredo!

Ribadiamo la nostra solidarietà ad Andre, Bak e Gui agli arresti domiciliari per il corteo NoPonte!

Ribadiamo la nostra solidarietà a tutte quelle persone picchiate, mutilate, arrestate e che stanno affrontando la repressione a seguito delle piazza per una Palestina libera!

Sempre al fianco di chi lotta, la solidarietà non si spezza!
Finché di ogni galera non rimangano che macerie!
Tuttx liberx!

MA CHI HA DETTO CHE NON C’ERAVAMO?

Riceviamo e diffondiamo:

Di santi, fragilità e anarchia: una risposta breve al testo “Da pari a pari. Contro l’autoritarismo identitario” e ad alcuni altri contributi innecessari

“Así Sí Señora! Fuimos Muy Malas y Fuimos Todas! “

Fenoménicas Brujas e Insurreccionalistas (F.B.I)
Ciudad de México, martes 10 de marzo 2020.

Continuare a leggere sproloqui reazionari che pretendono di cancellare le nostre esperienze anarchiche utilizzando semplificazioni degne di qualche youtuber incel con cappellino da cowboy è intollerabile.
Se alcuni soggetti credono sia ora di prendere posizione perché “troppo hanno aspettato”, allora siamo costrettx a pensare che anche noi “abbiamo tardato troppo”.
E diremo qualcosa di cui stiamo iniziando a non essere fiere.
Abbiamo tardato perché in fondo volevamo credere (e non volevamo rinunciare a riconoscerci) nei rapporti di affinità, nelle esperienze comuni, in quella radicalità che ci ha fatto incontrare molte volte, nella solidarietà internazionalista, nelle pratiche condivise, nell’elaborazione teorica che, chi più e chi meno, ci accomuna(va).
Ma, come è risaputo, l’affinità si basa sul principio di libera associazione, pertanto quando ciò che ci accomuna viene irrimediabilmente meno, un pezzo dopo l’altro, l’affinità con “certi soggetti” cessa di esistere.

Il testo che segue è un contributo corale di compagne (senza C maiuscola, grazie, non abbiamo bisogno della vostra sacra approvazione) che vivono fuori e dentro il territorio italiano.
Non è una posizione universale di un settore specifico, che di fatto non esiste come unicità.
Speriamo non si gridi all’infiltrazione esterna. È penoso, come anarchici.
Non solo perché nega di fatto la tanto sbandierata capacità di essere internazionali e internazionalisti, ma perché ci ricorda tanto la modalità dello Stato o, ancora di più, la classica strategia stalinista: ricorrere al fantasma del nemico esterno per giustificare la creazione di più dispositivi di controllo e repressione.
E quindi sì, scriviamo da molti territori, ma vogliamo ricordare a questi soggetti che ci conosciamo, e non è un modo di dire. Abbiamo partecipato insieme in molte piazze, ci siamo scritti e scambiati traduzioni, abbiamo messo in atto azioni di solidarietà che si richiamavano da un territorio all’altro, abbiamo partecipato a dibattiti nella stessa stanza, a chiacchiere e presentazioni. Peccato.

E quindi eccoci qua con alcune puntualizzazioni.

Dominio e liberazione, niente di nuovo sotto il cielo

Quello che ci interessa meno è impantanarci nel segnalare di nuovo le responsabilità di singoli amichetti nel perpetuare la violenza patriarcale nei suoi molti modi possibili con tante sfumature e gradi.
Che noia, questi esercizi petulanti di filosofia e storia antica.
Alcuni di questi amichetti probabilmente sono stati anche i nostri in alcune occasioni (e per fortuna alcuni proprio no), o i nostri compagni, in senso affettivo e politico. Nessuno qui può dirsi salvo perché il problema è strutturale, come tutte le dominazioni contro cui tanto lottiamo. Quindi anche concentrarsi esclusivamente nel difendere un singolo (tra l’altro quasi rasentando il culto della personalità, che fa molto religione e molto poco anarchia) è fuorviante, perché distoglie dalla questione centrale.

Il sistema di dominazione è complesso e a più livelli e chi lotta per la libertà dovrebbe farlo in maniera altrettanto complessa e multipla, non solo concentrandosi su singoli aspetti o su specifiche forme. È ora che questa pulsione radicale per la liberazione totale sia meno di facciata, e investa con la sua capacità distruttiva non solo lo Stato e il Capitale, ma ogni forma di dominio. Patriarcale e coloniale inclusi.
Per fare questo sarebbe necessario abbracciare le proprie contraddizioni, essere critici con noi stessi così come lo siamo con gli altri, abbandonare questo purismo moralista che puzza di vecchio e costruisce chiese ideologiche invece di bruciarle.
E sopratutto non considerarsi immuni dall’essere noi stessi parte del problema.
Patriarcale e coloniale, dicevamo…
Poveri 5 piccoli indiani.
Il virtuosismo della comparazione con la situazione in atto in Palestina e la narrazione genocida dello stato sionista di israele farebbe quasi ridere se non fosse altamente problematico.
È sufficiente un’analisi grossolana per capire che equiparare una narrazione di violenza volutamente islamofoba e vittimizzante di una forza occupante su chi la resiste coraggiosamente fino alla morte con le denunce di compagnx verso dei coglioni aggressori proprio non regge.

Ci sembra che qualcuno abbia iniziato un processo di beatificazione.
E noi santi e beati non ne abbiamo.
Preferiamo ricordare chi lotta anche con i suoi errori, perché è questo che ci permette essere chi siamo.
Quello che ci dispiace notare, però, è che in questo affannarsi per difendere e santificare, si regalino al potere tanti spunti e dettagli di incontri, dibattiti, campagne di solidarietà, cose che nel nostro modus operandi non dovrebbero essere pubbliche né pubblicate. Ups.
E, ancora più grave, assistiamo attonite a un’autoinvestitura dell’autorità morale nel definire chi è dentro e chi è fuori dalla chiesa, riproducendo proprio quegli atteggiamenti che si criticano.
Per quanto ci si dilunghi in inutili astrazioni, a tratti così stirate che rasentano il ridicolo, l’elefante nella stanza continua ad essere la misoginia dei compagnx e il loro potere di definire chi è compagnx chi non lo è e quali lotte sono giuste e meritevoli.
Da una parte viene criticato il potere di definizione di chi subisce o ha subito violenza, ma dall’altra questo potere di definizione viene costantemente esercitato (difeso e tenuto stretto) nella scelta di chi è dentro e chi è fuori, di cos’è la pratica anarchica e cosa non lo è.

Quale internazionale?

Cosa si intende per “americanizzazione?”
(America é un continente un bel po’ grande, deduciamo che i professori si riferiscono agli Stati Uniti);)
Rimane un concetto vago che sembra uscito da un fumetto del vecchio PCI.
Un verdetto che raccoglie un po’ tutto e avvia il processo della nostra scomunica.
Saremo giudicate dall’inquisizione e condannate all’esilio da tutti i percorsi che da anni portiamo avanti, non come queer ma come anarchiche (perché, sorpresa! ci sono tantx di noi che non sono e non amano come il Papa comanda… se ne erano accorti lor signori?)
Verranno castigati i nostri comportamenti “infantili” o “depravati”?
Abbiamo la sensazione, vostro malgrado, che la direzione sarà piuttosto un’altra…
Rispondiamo (senza gioia) a questi sproloqui perché ci stanno a cuore le lotte e perché certi cappellini da cowboy trumpiani ci allarmano, non per chi li porta, ma per quello che stanno facendo delle nostre idee e della loro possibilità di propagarsi.
Ce lo saremmo volentieri risparmiate.
La “teoria del complotto esterno” è ciò che ci ha colpito di più.
Dove è finita l’essenza profondamente internazionalista del nostro essere anarchico, tanto nelle pratiche quanto nelle teorie e nei dibattiti?
Liquidare certi temi come “ingerenze esterne”, accusare chi riflette sull’oppressione di genere di “americanizzare le lotte” addirittura usando termini come “woke” (grazie bro Trump per aver illuminato i nostri Compagni) è una deriva nazionalista reazionaria a dir poco disgustosa. Da quando le nostre idee devono avere una certificazione nazionale?
Ma detto questo, ci chiediamo perché volontariamente si sorvoli sulle molte riflessioni “nostrane”, che non hanno avuto bisogno di input esterni per affilare teoria e pratica, per rispondere radicalmente all’esistente, per spezzare catene. Riflessioni emerse dai confronti tra moltx compagnx, all’interno e all’esterno delle nostre frontiere territoriali, nei dibattiti accesi, nelle esperienze personali, dal carcere fatto di sbarre a quello fatto di leggi, norme e regole sociali a cui abbiamo deciso da decenni di ribellarci.
Come è possibile che non si riconoscano dopo tutti questi anni, le esperienze radicali, in seno ai nostri spazi, teorici e pratici, che molte di noi hanno elaborato?
Forse semplicemente facilita il gioco etichettarle come “esterne”, perché risparmia il lavoro che ci aspetteremmo da ogni compagno, compagna, compagnx: quello del leggere, conoscere, discutere e praticare, tra noi, per noi, contro chi opprime e reprime.

Né liberali né reazionarie, un po’ di noiosa pedagogia

Ci saremmo volentieri risparmiate questo scomodo lavoro di pedagogia, ma a quanto pare è necessario.
Facciamo chiarezza: molte di noi mai si sono rivendicate all’interno degli orizzonti LGBT, e quando si usa per definirci ci sembra di parlare con i genitori che dicevano “spinello” negli anni 90. E no, non ne facciamo una questione di linguaggio.

Riflessioni sull’identitarismo, sulle sue derive liberali, su certi processi interni che finiscono per diventare giustizialisti, sul rischio del riformismo nelle lotte… ne facciamo da un bel po’, non stavamo aspettando lo spiegotto, e lo facciamo non perché abbiamo paura della scomunica ma perché siamo anarchiche e non c’è bisogno di aggiungere che pensieri sinistroidi e riformisti non ci appartengono affatto.
Ma non è forse un rischio di tutte le lotte specifiche?
Lotte tra l’altro in cui, non c’è bisogno di dirlo ma lo diremo, siamo più che attive; purtroppo troppo spesso al vostro fianco, per fortuna sempre meno.
Carcere, frontiere, inclusa la recente ondata di solidarietà con la Palestina, la lotta per la difesa della terra, l’azione contro la guerra e la tecnologia militare…, non hanno forse tutte questo rischio?
È nostro compito, con le nostre pratiche e idee, rompere le righe in questo senso.
Perché dovrebbe essere diverso in questa lotta specifica? O alcuni ritengono di essere gli unici a saperlo fare? Ad avere l’agilità per non scivolare nel fiume in piena del riformismo sociale?
Cosa spiega questa sfiducia verso le potenzialità della lotta specifica queer o transfemminista? Iniziamo a pensare che se non può valere la stessa regola…c’è qualcosa che puzza.

La generalizzazione ci disturba.
Uno perché è tendenziosa. Silenziare con argomenti facili riflessioni necessarie, depotenziandone in partenza il valore, addirittura scomodando le vacche sacre dell’anarchia, ci ricorda nuovamente la propaganda MAGA, anti-woke (che chi cazzo se ne frega del liberal woke poi…ma chi frequentano ‘sti Compagni?), fatta appunto di semplificazioni aberranti tese a uno scopo specifico: disumanizzare e delegittimare i nemici dei valori tradizionali e patrii per annientarli.
Due perché viene da chiederci: cosa temono veramente questi fragili signori (e signore anche)? Ci aspettavamo più sincerità dopo anni di lotte assieme. È solo provocazione? È solo difesa del neosanto Compagno?
Molti studies (scusate non potevamo resistere)sull’incremento delle spinte reazionarie e autoritarie hanno evidenziato il nesso tra l’aumento esponenziale di una mentalità sempre più conservatrice e la paura mal elaborata di certi settori della società di perdere tutto (sopratutto la loro posizione) ed essere dimenticati, con il conseguente asserragliamento nei vecchi confortevoli valori: dio, patria, famiglia.
Coloro che bruciarono al rogo, incarcerarono, urlarono all’untore, diffamarono e diffusero odio generalizzato all’interno delle proprie comunità appartenevano spesso a questi settori: terrorizzati nel 1400 dalla inusuale libertà della comunità gitana o negli anni 2000 dal flusso in aumento di manodopera economica migrante o attualmente nel profondo degli Stati Uniti, da “negri e froci” destabilizzatori della santa patria.

Infine: la forma che il potere e lo Stato spesso usano per giustificare purghe, repressione o pacificazione sociale è attraverso universalizzare i propri valori e omogenizzare il nemico dell’ordine costituito affermando così la propria sacralità.
Di nuovo un po’ di pedagogia: chi di noi ha riflettuto sulle questioni dell’autodifesa, dell’eteropatriarcato, della cultura dello stupro, della transfobia e delle mille forme che ha il dominio per piegarci (sorry, non c’è riuscito lo Stato, dubitiamo nella capacità dei Compagni di addomesticarci) lo ha fatto in molte forme diverse, con rifermenti diversi, strumenti diversi.
Chi scrive questo testo lo fa abbracciando una prospettiva anarchica, come punto di partenza e arrivo. Ma tutto il resto non si può collocare in un unico contenitore.
Alcune rivendicano l’insurrezionalismo come la forma più etica per non scendere a patti con l’esistente, altre credono nella capacità dirompente delle nostre idee, altre si dedicano a scrivere e pensare.
La diversità delle nostre strategie e tattiche è ciò che fa dell’anarchia quello che è.
Ci giudichiamo, allontaniamo, ritroviamo come fa tutta la galassia anarchica, da sempre.
In questo siamo simili.
E proprio anche in questo siamo simili nell’essere diverse, nel portare avanti riflessioni specifiche e multiple sul tema, ahimè, al centro di questi recenti misfatti.
Chi si definisce queer e chi no, chi non ha mai letto Butler e chi ne apprezza l’analisi, chi lotta in spazi misti, chi solo in quelli separati, chi parte dal transfemminismo, chi ha deciso che non ne vale la pena e chi invece, come noi che scriviamo, ancora cerca quell’ultima possibilità di faticosa pedagogia.
Chi non si definisce femminista e chi lo fa da anni.
Non sempre siamo d’accordo. Anzi, spesso non lo siamo, in pratiche e forme.
Perché questa volontà di rinchiuderci in un’ unica entità omogenea se non per facilitare l’attacco inquisitorio?
Rendere massa informe e omogenea il possibile nemico pubblico è, di nuovo, vecchia strategia del potere.

Ma forse come succede con gli attacchi del nemico, che ci fa ritrovare assieme dallo stesso lato della barricata, anche tale vomitevole ultimo capitolo otterrà lo stesso: fare banda tra noi anche se non siamo d’accordo in tutto.
Un “noi” che si fa ogni volta più ampio e che non si riferisce solo a donne e queer ma che, come abbiamo detto all’inizio, si associa liberamente per affinità e sopratutto si ritrova a condividere almeno il ribrezzo provocatoci dalla scuola etero-bianca-cis-vetero anarchica del funesto demiurgo e compagnia.

Non è una minaccia. Le minacce non sono nel nostro ordine di idee. Le cose si fanno o non si fanno, senza avvisare.
Chissà, è piuttosto una proposta.
E non scomodatevi con un altro noioso spiegotto di cosa siamo e cosa non siamo.
Ci vediamo spesso e (mal)volentieri.
E lì, ci troverete, puntuali come sempre.
Il mondo brucia e abbiamo altro a cui dedicare energia. Vi invitiamo a fare lo stesso e smettere di piagnucolare.

Un po’ di compagnx senza C


Qui il pdf del testo: Ma chi ha detto che non c’eravamo

ANARCHIA E’ LOTTA ALL’OPPRESSIONE ETERO PATRIARCALE. (POTETE ANDARE A VITTIMIZZARVI ALTROVE)

Riceviamo e diffondiamo:

Un nuovo testo si aggiunge! Ci sgomenta ma in effetti non ci stupisce, ed è del tutto coerente con lo stato dominante delle cose e col modus operandi del macho al potere: avere un privilegio, manipolare la realtà al fine di mantenerlo a qualunque costo, pur di non incrinare il sistema che lo sostiene.
Autorx ne sono altrx guardianx dell’anarchismo che sentono di doversi difendere e allertarci sul dominio degli “alfieri queer dell’identità di genere”, i nuovi “nemici della libertà”. Sembra un colpo di scena: questx autorx che si firmano “loggia Bakunin” sembrano voler riprendersi un palco. Chissà se si rendono conto che la loro sceneggiatura lx mostra come personaggi le cui maschere da libertari cadono.

L’atteggiamento tipicamente umiliante e beffardo si palesa deridendo queer rinominandolo qwerty, appropriandosi di un vissuto storico come quello della caccia alle streghe storpiandone il senso e i ruoli, straparlando di femminismo e umanesimo, risguazzando nella solfa dell’ideologia globalizzata di matrice accademica-liberista-punivista.
Si racconta che chi lotta contro l’oppressione quotidiana e sistemica dell’eteropatriarcato vuole sopprimere chi vive pratiche erotiche eterosessuate.
Si continua sistematicamente ad attribuire posizioni legaliste e integrazioniste dell’associazionismo lgbtq allx compagnx che, invece, da sempre identificano (anche) quello come nemico.
è chiaro come il sole! Pur di non lavorare sui propri privilegi e autoritarismi (ci sfugge a questo punto, cosa ci rende compagnx?), si sceglie consapevolmente di non ascoltare, distorcere e controattaccare le istanze dellx compagnx che devono difendersi da un’oppressione in più rispetto a chi è etero cis. Perché ci sono cose che a questx templarx della libertà anarchica danno fastidio: il fatto che circolino testi e pratiche, che si prendano momenti e spazi non misti, che si agisca il conflitto verso chi esprime transfobia, che non si tolleri più chi misgendera i nomi o chi vorrebbe – come un qualunque cattolico provita – che tutte le persone riconoscano un valore alla procreazione.
Si manipolano per l’ennesima volta i discorsi e si raggiungono vette fin’ora forse intoccate di vittimismo.
Cercano riconoscimento di alcunx e il conflitto con altrex, questx autorx.
Ma non abbiamo più tempo da perdere.
Qui e ora, con un altro genocidio in corso, lx autori si trastullano con le parole e parlano di “pulizia etica” per argomentare che le soggettività transfobiche ed etero cis sarebbero sempre più in pericolo di vita negli spazi anarchici.
Chi scrive e pensa tutto questo si qualifica da solo .
Glx autorx continuano a riprodurre l’oppressione, pari pari allo stato e ai fascisti. Ci rifletta anche chi crede che questa faccenda non lx riguardi. La pazienza è finita anche per chi dà a questi contenuti agibilità politica o chiama ancora “compagnx” chi li concepisce.
Mentre compagnx queer, che questx autorx definiscono pure borghesi, finiscono in carcere perché continuano a rischiare in strada corpi e vite per far finire la violenza di questo mondo, voi che fate?
Andate pure a vittimizzarvi altrove.

Ci accusate di omologarci e uniformarci ai canoni liberalpink della sinistra istituzionale, quando sappiamo che come sempre è al contrario: è lo stato che strumentalizza le rivendicazioni delle lotte radicali per rendere la dissidenza un prodotto civile, vendibile e controllabile (vedi antispecismo e vegan washing, green washing, anarchismo e trendy estetica col passamontagna da social).
E non vi fate problemi a mettere una grafica antiabortista e ad appropriarvi di un termine, caccia alle streghe, che è per noi simbolo della repressione e della violenza dell’uomo sulle altre soggettività diverse da lui. Che ipocrisia. Ci accusate di essere le nazifemministe che reprimono ed isolano come fa lo stato contro glx anarchicx, eppure le prigioni le ha inventate e le mantiene proprio quell’apparato etero patriarcale e familistico che voi state strenuamente difendendo. Eppure quando un compagnx mena un fascista o uno sbirro è unx grande, ma se mena un uomo che ha agito violenza è sbagliato. Siete voi gli ipocriti che, come lo stato e i suoi servi, se gli viene puntato il dito urlando “VIOLENZA” reagite attaccando e poi negando tutto. Infatti, nelle vostre colte e articolate frasi e parole, ne manca sempre una. Non la nominate mai, violenza.
Forse alcun di voi non l’hanno mai dovuta affrontare. Probabilmente l’avete esercitata, ma avete terrore a riconoscerlo e rifiuto di responsabilizzarvi, altrimenti questo vittimismo non si spiega. Forse non capite cosa si prova quando la violenza degli uomini e del sistema basato sul loro potere segna ogni giorno della nostra vita da quando abbiamo memoria a oggi. Violenza di tutti i tipi, in tutti i luoghi. Forse alcun di voi pensano che se con più o meno giri di parole veniamo accusatx di “essere insidie al senso ontologico della libertà e al suo perseguimento pratico”, questa violenza smisurata verrà dimenticata, nascosta? Il problema sarà ontologico, sarà in che modo possiamo ben giustificare il nostro essere, le nostre anime, in termini filosofici politici così da poterci affermare in mezzo ai compagni maschi? No, il problema rimane sui nostri corpi ogni volta che siamo accanto a esseri violenti.
Quanti giri di paroloni per camuffare che vi rode il culo.
Veniamo giudicate, umiliate, represse e rinchiuse perché quello che proviamo, sentiamo, desideriamo è diverso dal vostro vissuto. È una violenza che anche se non la nominate mai, ci viene ricordata a ogni vostra parola. Che incide come una catena arrugginita e a volte ci toglie il respiro, a volte ci fa urlare a squarciagola e vuole vendetta.
Strano, che questo tipo di dolore non venga empatizzato da chi dice di essere contro ogni gabbia e catena?
Non si hanno problemi a parlare di Violenza quando si tratta di violenza di stato, violenza sbirresca. Invece quando si collettivizzano atti violenti perpetrati da individui di genere maschile nei confronti di individualità altre, ci si deve sistematicamente imbattere in variopinte forme di deresponsabilizzazione, invalidazione, fino alla patologizzazione di posizioni non compiacenti.
Sappiate che queste nostre parole, queste nostre energie, non sono spese per voi che avete scritto quel testo di merda. (E neanche per tutti gli altri maschi che hanno scritto altri testi di merda tipo i tre moschettieri). Queste nostre parole sono sfogo e creatività e crescita in momenti di sorellanza bellissimi che ci arricchiscono, ci fortificano, ci fanno pensare alle nostre antenate streghe e ai veleni che preparavano quando un uomo potente doveva morire per non fare soffrire più un’amica o una comunità.
Non sentiamo il bisogno di spiegarci, di volervi fare capire e volerci fare rispettare da voi. Vogliamo che chi è vicinx a noi sia complice del nostro disgusto per questi infami sproloqui, che non senta il bisogno di difendersi dalle vostre cagate perché sono palesemente pregne di vittimismo machista, che condivida l’ironia di vedere come dei “compagni” si sono smascherati da soli e cosi poterne stare coscienziosamente lontanx.

Ontologicamentə,
alcunə cagnə infertili catanesə

BOLOGNA: ANCHE I DETENUTI LAVORATORI IN SCIOPERO


Diffondiamo:

Preso atto di quello che sta avvenendo a Gaza, noi dipendenti della F.I.D abbiamo deciso di scioperare il 3.10.25.
Per noi reclusi andare a lavorare è un momento di libertà dal contesto carcerario in cui viviamo. Nonostante ciò, rinunciamo a un giorno di libertà e al nostro stipendio. Questa decisione è stata presa per manifestare tutta la nostra indignazione per il genocidio in atto e per supportare le persone della Flotilla, arrestate con l’unica colpa di essere ambasciatori di umanità. Questo è il minimo che possiamo fare per poter ringraziare tutti quei cittadini che ogni giorno si battono per i diritti dei detenuti.

NOTIZIE DALL’UDIENZA SUL RIESAME PER ANDRE, BAK E GUI (COMPAGNX ARRESTATX PER I FATTI DI MESSINA): INFAMI NON SPEZZERETE LA SOLIDARIETA’

Diffondiamo:

Ieri mattina si è svolta l’udienza del riesame per mettere in discussione la scelta della detenzione carceraria come misure cautelari per Bak, Andre e Gui.
E’ durata circa una ventina di minuti, questo il tempo che basta – secondo loro – per discutere della sottrazione totale della libertà, senza processo, a tre ventiduenni incensuratx .
La difesa aveva già presentato istanza al giudice per richiedere pene alternative al carcere per scontare le cautelari. è stata contestata l’assurdità delle ragioni con cui viene giustificata la detenzione – connesse semplicemente all’ipotesi che, non avendo rispettato le prescrizioni per la piazza dell’1 marzo a Messina, lx imputatx sarebbero inclini al mancato rispetto delle istituzioni e dunque a rischio di violazione di eventuali misure alternative al carcere.

L’accusa ha presentato dettagliate relazioni dei vari presidi in solidarietà che si sono svolti nelle ultime settimane in diverse città e anche di fronte alle carceri, strumentalizzandoli allo scopo di dimostrare che il forte legame dellx compagnx accusati con “gruppi antagonisti” possa rappresentare un rischio di reiterazione di reati. Sulla scorta di questi infami tentativi di spostare sullx solidalx la colpa della prosecuzione del trattenimento, l’accusa ha dunque richiesto alla corte di confermare la detenzione carceraria come forma di misura cautelare.
La difesa ha contestato questo intento di ritorsione degli atti solidali, compiuti da soggetti altrui, contro lx compagnx sotto accusa.
La corte ora si riserva di decidere e ha due giorni lavorativi di tempo per informare le parti sulla decisione presa. Essendoci il weekend nel mezzo, la risposta potrebbe essere nota soltanto lunedì.

Lo schema dell’accusa è volto a privare della libertà lx compagnx in virtù della profilazione che gli inquirenti fanno di loro, descrivendone la presunta “pericolosità sociale” attribuita agli ideali cui aderiscono – molto più che alle azioni in sé di cui vengono accusatx. Credere in un mondo senza frontiere né cpr, senza grandi opere devastanti come il ponte sullo stretto, credere nella fine del capitalismo è considerato un atto criminale per chi ha tutto l’interesse che questo mondo d’oppressione rimanga esattamente com’è.

Pare evidente che, a questo punto, ad essere a processo non sono solo le accuse di “lesioni gravissime” ma le idee politiche e le affinità ad una rete di amicizie che lo stato infame vuole tentare di distruggere, sedare e arrestare.
La paura che i carcerieri provano per la solidarietà fra oppressi non ci è nuova, né lo sono i loro ridicoli e inutili tentativi di soffocarla. Sanno bene quanto sono pericolose per la tenuta delle loro gabbie la rabbia e l’amore solidali che incendiano i cuori di chi lotta. Per loro la solidarietà che si insinua fra le mura delle carceri e arriva allx recluse che vorrebbero isolare è un grosso problema, rendiamolo ancora più grosso! Considerano pericolosa la rete di affetti che supporta, sostiene e si fa complice contro le violenze che lo stato sta scagliando sullx nostrx tre compagnx rinchiusx in gabbia, rendiamola ancora più pericolosa!

Avevano già provato a spezzarla quando, la mattina dopo il caldo saluto portato ad Andre fuori dalle mura del carcere di Bari nella sua seconda notte in cella, hanno effettuato un trasferimento punitivo nel carcere di Potenza, pensando così di poterlx isolare… La notte seguente, anche fuori da quelle mura, una batteria di fuochi d’artificio ha illuminato il cielo, a dimostrare che per quanto lo stato ed i suoi sgherri, provino ad annientare la solidarietà, quella è imprevedibile e continuerà ad esplodere, scomposta e incontrollata, pronta a creare crepe nei loro muri infami.

Riprendiamo le parole di un compagno, per esprimere meglio un concetto che vorremmo fosse chiaro ad ogni difensore della legge e guardiano: “ Perché la solidarietà è l’unica arma che non potranno mai scipparci dalle viscere”, che quindi se vogliono darci a bere, e quindi giustificare, la detenzione per colpa della solidarietà, ecco, rimandiamo indietro questo boccale avvelenato.
Ai politicanti, come il ministro dell’interno, che si scaglia contro chi finalmente incendia le strade in solidarietà per Gaza, che gioisce dell’arresto di Andre, Gui e Bak, che criminalizza la lotta contro le grandi opere, che propone di far pagare allx organizzatricx delle mobilitazioni i danni della rabbia, e della violenza di cui non lasceremo il monopolio allo stato, rimandiamo indietro, e con più forza le infamanti accuse. Che pagasse lui i ponti che crollano, le autostrade fatiscenti, le vite delle persone intossicate per l’arsenico nelle falde acquifere a Messina.

E’ di ieri la notizia che la CEDU ha respinto il ricorso di Alfredo, detenuto nel carcere di Bancali, contro il regime carcerario del 41bis, carcere duro ed infame che condivide con altrx 749 detenutx. La corte dice che l’italia, ha fornito valide ragioni per mantenere il suo stato di detenzione sotto regime speciale, nonostante il suo stato di salute si sia aggravato, ma solo in seguito allo sciopero della fame. Mettendo così a tacere le forme di resistenza che da dentro si provano ad avere contro questo regime infamante, ma non ci stupisce, occorre infatti ricordare che Nadia Lioce resta al 41bis nonostante il suo cancro progredisce e lentamente la uccide.
Che Nadia ha partecipato ad ogni battitura per abolire il regime di carcere speciale ad Anna e Silvia, detenutx nello stesso carcere in regime di alta sicurezza.
Che tra compagnx la solidarietà non si spezza, in qualsiasi gabbia ci ficcheranno dentro, da aquella ureremo con rabbia, con amore verso la libertà, con odio verso lo stato ed oppressori.

Noi siamo con chi della rivolta ne fa la quotidianità, siamo con chi sta nelle piazze e nelle strade, nei lager di stato chiamati cpr, siamo con chi ha paura di essere deportato e rinchiuso solo per non avere un pezzo di carta in tasca. La libertà non si comanda e l’aula di un tribunale non ci toglierà il sogno e la speranza di vedere ogni singola gabbia in frantumi.

FUOCO ALLE GALERE
FUOCO AI TRIBUNALI

LETTERA DA PARTE DEL NOSTRO COMPAGNO BAK RECLUSX NEL CARCERE DI POGGIOREALE

Riceviamo e diffondiamo:

Ciao a tuttx compagnx, grazie per l’affetto e il supporto ricevuto.
Lo stato italiano ha tolto a me e a altrx due compagnx il privilegio della libertà di movimento.
Non voglio e non posso parlare del fatto di cui siamo accusatx ma condividere con voi un pensiero che ho bisogno di scrivere. prendo un paio di righe per dirvi che sto molto bene, i compagni di cella sono fantastici, la solidarietà fra oppressx è qualcosa di stupendo. E’ proprio vero che dove lo stato abbandona e opprime sono i rapporti tra animali umani a rimediare;
Il mio pensiero va a Guido e Andre, spero stiano bene quanto me. La vita mi ha portato già in passato, da minorenne ad essere privatx della libertà, quell’esperienza rende più sopportabile questa detenzione; so che per tantx compagnx la detenzione è una cosa che sembra lontana e che spaventa, questo è normale, ma con la repressione che aumenta dobbiamo essere pronti a questo.

Il mio pensiero da quando sono qui va a tutti i fratelli e sorelle rinchiusi e torturati nel lager di stato, i cpr non sono prigioni, ma strutture con sbarre create apposta per sottomettere, torturare e annientare gli animali umani che ci vengono rinchiusi.

La detenzione amministrativa nei cpr niente ha a che fare con le prigioni come quella in cui sono rinchiuso io. Anche ora che ho perso il privilegio che considero più grande, sono più privilegiatx di chi viene perseguitato in strada, nelle stazioni e nelle piazze e poi torturato nei lager solo per la sua provenienza.

Questo pensiero rende ancora più insignificante la sofferenza che si prova a stare qui e più sopportabile il tutto. Chi lotta nei CPR è il più grande rivoluzionario che ci sia, nelle carceri il privilegio di essere bianchx regolarx annichilisce ogni sentimento di rivolta, i diritti che si hanno nei penitenziari normali in confronto ai CPR sono oro.

Il mio pensiero va ad Abel, Moussa e tuttx i morti uccisi dai CPR
Il mio pensiero va ad ogni oppressx torturatx nei CPR
Il mio pensiero va anche ad Alfredo rinchiuso e torturato al 41 bis e ad ogni detenutx torturatx da questo regime carcerario torturatore.
Il mio pensiero va a tuttx lx compagnx in alta sicurezza e tuttx lx detenutx da questi regimi carcerari meno privilegiati di quello in cui sono rinchiusx
Il mio pensiero va ad ogni palestinesx e popolo oppresso

Libertà per Andre
Libertà per Guido
Libertà per tuttx

Fuoco ai CPR! Fuoco alle galere! Fuoco alle questure, caserme e commissariati!

Paura dell’indifferenza e dell’arresto

Forza e grazie compagnx
Viva l’anarchia!
Viva gli e le harraga, che allah sia con voi!

un grosso abbraccio
Poggioreale 14/09/2025

INIZIATIVA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL BLOCCO DELLA POSTA

Da diffondere il più possibile!

Per rompere l’isolamento a cui l’anarchico Alfredo Cospito* è sottoposto tramite il blocco praticamente totale della corrispondenza, rilanciamo qui la chiamata a mandargli cartoline e lettere… in questo periodo di spostamenti vacanzieri, ecc. potrebbe arrivare corrispondenza a lui diretta da molte amene località!
Questa ennesima chiamata a scrivere al nostro compagno è motivata anche dagli aggiornamenti che ci giungono da Bancali, visto che Alfredo valuta estremamente opportuno continuare e incrementare l’invio di corrispondenza a lui diretta: anche senza tracciabilità, anche solo cartoline con o senza mittente… se ne arrivassero in numero considerevole darebbero un bell’impegno a chi è preposto a bloccargli la posta.
Si è valutato poi che in questo momento la tracciabilità della corrispondenza a lui destinata non sia necessaria quanto lo è stata fino ad ora visto che Alfredo ha accumulato più di 30 trattenimenti di corrispondenza certificata su cui deve esprimersi il Magistrato di Sorveglianza, che però sta tardando a farlo (normale per quanto riguarda Bancali, a detta dell’avvocato che assiste numerosi reclusi in quell’istituto).
Infine, a margine della questione “corrispondenza”, il prossimo 14 settembre ci sarà un’udienza inerente al “giudizio di ottemperanza” nei confronti del carcere di Bancali: si tratta di un procedimento in cui il magistrato valuta se il carcere non è in grado di fare rispettare un’autorizzazione concessa ma che non viene realmente resa possibile. Si tratta dell’accesso di Alfredo alla biblioteca dell’istituto, che era stata autorizzata senza che però ne abbia potuto beneficiare. Se danno ragione ad Alfredo il giudice designerà altra figura differente dal personale penitenziario per fare sì che l’autorizzazione venga rispettata.

Facciamo anche nostra la proposta di “Iniziativa in solidarietà ad Alfredo contro il blocco della posta” formulata dai/dalle compas di S’Idea Libera di Sassari per dare ulteriore sviluppo  al tentativo di inceppare uno dei dispositivi di isolamento applicati nei confronti di Alfredo: un’occasione in più perché, superata questa “fase estiva” di invio di cartoline e lettere senza modalità coordinate, si provi a dare continuità sul lungo periodo all’impegno nel dimostrare ai suoi carcerieri che Alfredo non sarà mai solo!

INIZIATIVA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL BLOCCO DELLA POSTA.

In relazione alla situazione di censura, blocco e isolamento di Alfredo in 41 bis a Bancali, vorremmo condividere questa proposta di iniziativa.
Nel tempo sono state diverse le occasioni in cui, in forma individuale o organizzata, si è cercato di rompere l’isolamento tramite la corrispondenza. In questo momento, in cui ci sembra importante battere il ferro con costanza, abbiamo pensato a un’iniziativa che abbia come obiettivo quello di sostenere Alfredo tramite la corrispondenza e dargli un po’ di continuità per avere un certo impatto, o provare ad averlo.

La proposta è la seguente: ogni realtà, collettivo o individuale, che abbia voglia di aderire si prende l’impegno di inviare almeno 7 cartoline ad Alfredo in una determinata settimana. In questo modo, quante più adesioni ci saranno, tanto più riusciremo a garantire una “copertura” nel tempo con una certa continuità.

Proponiamo questa modalità organizzativa:

1. le realtà, individuali o collettive, possono mandare la propria disponibilità alla mail evaliber2@inventati.org entro l’1 settembre.
2. sulla base delle disponibilità butteremo giù un calendario, per cui a ogni realtà sarà data una settimana di riferimento in cui inviare le cartoline/lettere ad Alfredo.

L’indirizzo per scrivere ad Alfredo è:
Alfredo Cospito
C.C. “G.Bacchiddu”
Strada Provinciale 56, n°4
Località Bancali
07100 Sassari

Rompiamo l’isolamento!

Spazio Sociale S’Idea Libera (Sassari)
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

* Alfredo Cospito è un compagno anarchico in carcere dal 2012. Inizialmente arrestato e condannato per il ferimento dell’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare, sta ora scontando una condanna a 23 anni di reclusione emessa nell’ambito del processo “Scripta Manent” in cui sono stati imputati (e alcune e alcuni tra loro anche condannati) vari anarchici e anarchiche. Dopo la sua assegnazione al regime detentivo del 41bis nella primavera del 2022, Alfredo ha intrapreso uno sciopero della fame durato 6 mesi contro il 41bis e l’ergastolo ostativo che, grazie anche all’energica mobilitazione internazionale che ha accompagnato la sua iniziativa, ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica l’aberrazione di questo regime carcerario e della condanna a morire in carcere rappresentata dall’ergastolo ostativo.
Alfredo è tuttora rinchiuso nel 41bis di Bancali (Sassari), e il rinnovo o meno della sua assegnazione a tale regime avverrà la prossima primavera. La finalità del 41bis è chiara: annientare fisicamente e psicologicamente gli individui che ci finiscono. Nel caso di Alfredo è evidente una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità stabilite per tale regime detentivo: blocco della corrispondenza da/per l’esterno, impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41-bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano.

ps: Per chi fosse interessat*, sono state stampate delle cartoline contro il 41bis che si possono richiedere alla mail: cassantirepalpi@autistici.org

CPR DI PALAZZO SAN GERVASIO: NUOVE RIVOLTE E NUOVA REPRESSIONE

Riceviamo e diffondiamo:

Il 5 agosto 2025 un gruppo di solidali si è trovato sotto il Cpr di Palazzo San Gervasio (PZ) in solidarietà alle persone detenute nel lager e per ricordare, a un anno dalla sua morte, Oussama Darkoui, ucciso dalla violenza razzista dello stato e della sua macchina repressiva.

All’arrivo sotto il cpr, alcune persone detenute erano già  sui tetti dei moduli: una protesta era in corso per gridare contro le pietose condizioni in cui riversa il centro (la gestione negli scorsi mesi è stata affidata nuovamente ad Officine Sociali, per segnare un’interruzione e un nuovo inizio, l’ente gestore ha cambiato nuovamente la direzione, così come avvenuto anche lo scorso anno a seguito della morte.)

Nelle celle le temperature superano i 40 gradi, è estate e alle persone detenute, in nome del controllo, è stata negata la possibilità di stare all’aperto nella gabbia arancione in più di tre, ci sono persone che non escono dalla cella da giorni.

Le persone detenute hanno raccontato del caldo, del costo dell’acqua, dell’inaccessibilità a beni primari, dei pasti somministrati in ritardo. La rivolta, iniziata verso ora di pranzo, è durata parecchie ore, tra il fuoco, le rivendicazioni, le pietre e la solidarietà del presidio esterno.

La protesta del 5 è stato uno dei momenti più accessi di giorni di proteste, iniziati la settimana precedente e che ha visto l’alternarsi di varie fasi, fino alla reazione dopo il 5.
Le forze dell’ordine dentro hanno soffocato la rivolta, all’esterno hanno alimentato la solita narrazione di essere vittime invece che carnefici.

Al calare del sole, le persone detenute sono state fatte scendere dal tetto e sono iniziate le procedure di trasferimento e deportazione.
Oggi sappiamo che:
– due persone sono state arrestate in flagranza
– sette sono state arrestate in flagranza differita dopo l’analisi delle immagini delle videocamere e delle foto scattate dalla polizia. Questa procedura è stata applicata in base alle disposizioni del Decreto Sicurezza 2025 : dal 4 giugno 2025 è possibile estendere la flagranza differita per manifestazioni pubbliche. Questa è una delle prime volte in cui viene applicata: come sempre, i CPR si confermano laboratori della repressione statale.

Le minacce e la violenza fisica da parte delle forze dell’ordine hanno soffocato anche il presidio all’esterno, nonostante qualche tentativo di interferire con gli arresti e i trasferimenti delle persone in rivolta, e impedendo di conoscere i provvedimenti che sarebbero stati presi da lì a qualche ora.

Sappiamo che una sola persona è stata individuata come “promotore della rivolta” e ora, successivamente alla convalida del Gip della procura di Potenza, è stata applicata alla sua persona una misura cautelare: oggi si trova detenuto nel carcere di Potenza.
Le altre persone sono state portate nuovamente in Cpr: tra Palazzo, Bari e Brindisi, in attesa del processo sui fatti del 5 agosto che si aprirà a settembre.

Il 5 agosto è stata una giornata di rivolte e repressione.
Solidarietà alle persone detenute.
Contro ogni barriera, frontiera, carcere e cpr. Contro la repressione e i Lager di stato.