Riceviamo e diffondiamo:
IERI COME OGGI
La sentenza di primo grado per il corteo dell’11 febbraio 2023 a Milano al fianco di Alfredo Cospito, all’epoca da quattro mesi in sciopero della fame contro il regime 41bis e l’ergastolo ostativo, ha condannato 10 compagni e compagne a un cumulo complessivo di quasi quarant’anni.
A tutti e tutte loro va la nostra solidarietà e complicità.
Dieci condanne di questa entità sono l’ennesima, sinistra, conferma della progressiva e veloce torsione autoritaria e carceraria dei governi a regime democratico in un contesto di sempre più palese spinta alla guerra dispiegata a scala globale e del conseguente ingabbiamento repressivo che la classe dominante e i suoi apparati repressivi vorrebbero sempre più totale. Una società-carcere a cielo aperto che, se vede nella “mordacchia medievale” del 41bis il suo apice, è resa sempre più tale dai continui salti in avanti repressivi del cosiddetto diritto penale del nemico, passando per uno sfruttamento di terre e popolazioni sempre più brutale, una sorveglianza di massa e una militarizzazione dei territori sempre più capillari, un indottrinamento e disciplinamento sempre più pervasivi.
La lotta con e al fianco di Alfredo, per liberare il suo respiro – e quello degli oltre 700 detenuti e detenute al 41bis – dalla tomba del carcere duro e il nostro da questa affumicante cappa pacificata, è stata una boccata d’ossigeno, un piccolo ma necessario slancio oltre le gabbie – fisiche ma soprattutto mentali – imposte dal nemico che aveva segregato un compagno anarchico a un regime di tortura per farne un monito per tutti e tutte coloro che dentro e fuori le mura delle galere ostacolano – con metodi e pratiche al di là e al di fuori degli schemi dati dalle uniche rappresentazioni mediatico-spettacolari consentite – il tranquillo svolgimento dei piani di riassetto del capitale in incessante ricerca di risorse e manodopera vitali alla sua rigenerazione, con dietro e davanti a sé un abisso di morte e devastazione.
Fare il possibile, fare il necessario, in quei mesi voleva anche dire battersi contro i dispositivi di sbarramento dello stato e della sua polizia e provare a rispedire indietro un poca della violenza che quotidianamente viene somministrata dai suoi servi con e senza divisa, a Milano, a Torino, a Roma, a Trieste e ovunque ci fossero le forze per farlo.
Quel pomeriggio c’eravamo e ci saremo ancora, anche solo per interrompere per qualche ora lo svolgersi di una normalità che si vorrebbe già scritta, l’inesorabilità della vendetta di stato. Anche solo per ribadire che – come dimostrano la resistenza palestinese, i renitenti e i disertori di tutte le guerre, i prigionieri in lotta nei Cpr e nelle carceri, gli insorti in ogni luogo – c’è chi continua e continuerà a ribellarsi e lottare scegliendo di non sottomettersi alla società e al mondo che ci si profila all’orizzonte.
Con Alfredo Cospito
Con tutti i compagni e le compagne prigionieri e in ogni forma privati della libertà
Fuoco a tutte le galere
Compagni e compagne a nordest