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Nel primo pomeriggio di sabato 17 Maggio – mentre la città di Torino si svegliava con un’area del CPR totalmente distrutta dal fuoco dei ribelli – Hamid veniva aggredito, umiliato, sottoposto a violenza e arrestato da un branco indistinto e numeroso di poliziotti in Barriera di Milano: il quartiere più militarizzato e mediatizzato di Torino.
Non si conoscono con certezza i momenti che hanno preceduto il suo fermo brutale, quello che si sa – senza ombra di dubbio e senza possibile edulcorazione da parte di Procura e giornalisti- è che Hamid è stato ammanettato mentre urlava disperato: inginocchiato e schiacciato a terra con violenza da vari poliziotti. Che è stato sbattuto dalla Polizia contro la volante dove volevano farlo entrare mentre lui si dimenava terrorizzato. E che gambe e testa sono state colpite, spinte e schiacciate contro le portiere da vari poliziotti in contemporanea mentre lui lottava, urlava e chiedeva aiuto a squarciagola. Chi ha provato ad aiutarlo e a inserirsi in quella dinamica di sopraffazione ha preso insulti, spintoni, colpi e minacce da parte dei poliziotti. E porta oggi in tasca una denuncia – appena stampata – di resistenza a pubblico ufficiale e, in certi casi, tentata procurata evasione.
Un intero angolo di quartiere ha visto, nessuna riscrittura mediatica o giudiziaria della narrazione potrà coprire la verità. Tutti sanno che la Polizia ha ucciso Hamid.
Poche decine di ore dopo il suo corpo senza vita viene trovato – con il collo stretto da lacci delle scarpe – nella decima sezione del Blocco B del carcere Lorusso e Cotugno di Torino. Nessuno in quartiere, né dei suoi amici, crede che si sia ucciso per scelta. E se anche fosse: Hamid è morto di un pestaggio della Polizia nel quartiere di Barriera di Milano a Torino e poi è anche morto, come tanti, di carcere. In entrambi i casi un omicidio di Stato.
Ma Hamid non è morto “solo” di questo. Era appena stato liberato dalla detenzione in due CPR: Brindisi e poi Gjader in Albania, la nuova struttura coloniale fuori dai confini nazionali.
Sappiamo quanto piaccia alla sinistra moderata sferrare colpi retorici indignati contro il nuovo lager in terra albanese e prevediamo come – per coprire il pestaggio, la violenza del carcere e la tortura in tutti i CPR – l’attenzione verrà indirizzata verso l’inumanità del CPR oltre confine. Tocca a noi ripetere piuttosto l’ovvio: seppur un pezzo della morte di Hamid possa essere attribuita a quel lager, lui non è morto unicamente di quello. E’ stato sottoposto alla tortura sia dei lager nostrani che di quelli di forma coloniale.
La morte di Hamid ci urla e indica molti dei responsabili del razzismo strutturale e quotidiano. Racconta le sorti di chi arriva in Italia senza documenti europei e scoperchia nitidamente l’evidenza del razzismo nella quotidianità nel capitalismo contemporaneo.
Hamid è stato ucciso dai CPR, dal carcere e dai pestaggi della Polizia in strada.
Hamid è stato ucciso dal razzismo nei suoi mille volti.