CAGLIARI: SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI DEL CARCERE DI UTA

Riceviamo e diffondiamo:

PER PAOLO, PER JOAN E PER TUTTX I/LE DETENUTX. FUOCO ALLE GALERE!

TORTURATI FINO ALLA MORTE

Ti costringono, per 22 ore al giorno, a stare chiuso con altre tre persone che non hai mai visto prima (talora provocatori messi con te dall’amministrazione per renderti la vita ancora più complicata) in una stanza di 10 mq; non hai l’acqua calda per lavarti e ti viene impedita la cura dell’igiene personale; il cibo è poco e fa schifo, se vuoi comprarlo lo devi pagare due o tre volte il prezzo di mercato; l’acqua non è potabile ma se vuoi bere senza ammalarti devi comprarla; se fa freddo non puoi riscaldarti e, se fa caldo, non esiste modo per rinfrescarsi, la tua cella raggiunge anche i 43ºC; soprattutto alle ragazze non è permesso uscire dalla cella in canottiera e/o pantaloncini; se stai male, se non ti aiutano i tuoi compagni di cella, nessuno ti soccorre; se finisci in ospedale i parenti ti possono visitare solo se ogni giorno passano prima dall’amministrazione per chiedere l’autorizzazione; gli unici farmaci che vengono somministrati sono il paracetamolo per qualsiasi patologia e il rivotril per rimbecillirti; se hai disturbi psichiatrici vengono ignorati anche se sei pericoloso per te stesso e per gli altri; se sei italiano e ti lamenti le botte sono date con crudeltà, se sei straniero e ti lamenti potresti sparire nel nulla senza che nessuno sappia più niente di te; ogni tanto entrano nella tua cella con la scusa di una perquisizione e casualmente le cose che ti sono più care, libri, lettere e fotografie, cadono nel secchio pieno d’acqua in cui lavi la roba; i tuoi parenti vengono sottoposti a continue pressioni, devono fare ore di fila in qualunque condizione meteo e subire diverse vessazioni nella speranza di poterti incontrare in una sala in cui sono presenti tante altre persone nelle medesime condizioni, i pacchi che ti mandano vengono frequentemente respinti, il cibo che ti mandano adulterato e spesso ti portano al colloquio in ritardo cosicché l’ora a cui avresti diritto si riduce a 10 minuti; non puoi avere un minimo di privacy con un* compagn*. Quelli che sono veramente suicidi dopo una vita di inferno di questo tipo non possono essere considerati tali.

ACCADE A UTA

Secondo dati ufficiali, nel periodo tra il primo gennaio 2025 ed oggi, il carcere di Uta è al primo posto in Italia per il numero di suicidi e per proteste mediante sciopero della fame e/o della sete, al quinto posto per i tentativi di suicidio, al nono per gli atti di autolesionismo. Responsabile di tutto questo sono lo Stato italiano e i politici di ogni colore; il direttore Marco Porcu, la responsabile sanitaria Marina Rocca, i garanti Irene Testa e Gianni Loy, gli sbirri e i sindacati che li proteggono; gli indifferenti, quelli che si girano dall’altra parte pensando che la dignità di un uomo possa essere calpestata, umiliata e annullata da qualcuno a cui viene delegata ogni autorità per difendere l’ingiustizia di un sistema di assassini.

CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE, TUTT* LIBER*

Anarchic* contro carcere e repressione

TORINO: MANGANELLATE, CARICHE E FERITI ALL’USCITA DELLA TAZ “MUTAZIONI”

TORINO: MANGANELLATE E CARICHE ALL’USCITA DELLA TAZ “MUTAZIONI”

Nella giornata di ieri è andato in scena l’ennesimo delirio di violenza poliziesca nei pressi di La Cassa (Torino), quando al termine della TAZ “Mutazioni” la polizia ha dapprima chiuso le persone dentro il capannone, con il ricatto di consegnare il sound e gli organizzatori per poter uscire illese; in un secondo momento ha caricato a sangue freddo alcune persone a piedi, che stavano portando uno striscione cercando di aprire la strada per far passare i mezzi.

Alcuni furgoni e macchine sono poi riusciti a passare, ma sono stati ripetutamente manganellati dai celerini, che hanno bucato le ruote e rotto finestrini e parabrezza, ferendo persone all’interno dei mezzi e fuori. I media di regime parlano di oltre 300 identificati. Lo stesso copione si era ripetuto neanche un mese fa al termine di un’altra Taz nei pressi di Moncalieri: anche in quel caso la polizia aveva tentato di bloccare l’uscita, manganellando persone, macchine, furgoni, cercando di impossessarsi del sound.

Ad ogni sgombero una nuova occupazione
10, 100, 1000 TAZ!


«Rivendichiamo la nostra illegalità perché scegliamo di autogestire le nostre vite, le nostre relazioni e il nostro spazio/tempo. Non chiediamo un posto nel vostro sistema marcio, né tanto meno vogliamo essere accettati […]

Non crediamo che la creazione di ZONE TEMPORANEAMENTE AUTONOME sia un “diritto” da “liberi cittadini” bensì un’azione concreta che ogni individuo può intraprendere per gettare le basi di un’esistenza autogestita. Coscienti del fatto che non basta un pomeriggio per diffondere autogestione, ma un percorso di lotta quotidiana, lunghissimo, forse infinito e pieno di ostacoli da superare. Coscienti del fatto che questi ostacoli da solx non possiamo superarli, è per questo che, ancora una volta, ci aggreghiamo liberamente.

“Siamo fuorilegge perché la legge ci ha espropriato dei nostri corpi obbligando i nostri gesti e le nostre vite a battere il tempo del dovere e dell’alienazione.
Siamo fuorilegge perché non sguazziamo nei soprusi e diamo alla vita un altro valore che non è quello di merce, perché pensiamo che non tutto abbia un prezzo.
Siamo fuorilegge perché non amiamo le gabbie.
Una TAZ nasce da tutto questo e mentre ballate e vi divertite pensate ad una cosa: state commettendo un reato.”»

(Da un volantino anonimo)

FORLÌ: PRESIDIO AL CARCERE LA ROCCA

Diffondiamo:

Domenica 13 aprile ore 16.30

La legge è la legge dei padroni, la guerra è la guerra dei padroni!

Contro la repressione del dissenso, contro la militarizzazione delle nostre vite, contro il modello-Israele di società militarizzata che si sta diffondendo anche nelle città italiane (zone rosse, varchi, controlli), con la resistenza palestinese nel cuore!

Ci ritroviamo in via F.Corridoni, per rompere uno dei meccanismi chiave del carcere, l’isolamento di chi è ingabbiatx. Il governo Meloni, come quelli che l’hanno preceduto, considera le persone in galera degli scarti umani da eliminare, addirittura il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro “gode nel vederli soffocare”.

Il DDL1660 che il governo vuole approvare è studiato, oltre che per reprimere sul nascere ogni ribellione sociale e dare più potere alle forze di polizia, anche per infierire sulle persone recluse (galere, centri per minori, CPR, REMS) affinché anche il più elementare segno di resistenza sia duramente punito: perfino la protesta pacifica, perfino lo sciopero della fame!

PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI E AI RIVOLTOSI DEL CPR DI GRADISCA D’ISONZO

Domenica 13 aprile – Ore 18 – Di fronte al Cpr di Gradisca d’Isonzo

Torniamo sotto le mura del CPR di Gradisca dove le rivolte, le fughe e i fuochi di chi vi è imprigionato continuano ogni giorno a minarne pezzo per pezzo l’esistenza e ad ostacolare la presunta inesorabilità del meccanismo deportativo. Nonostante le deportazioni, i trasferimenti in carcere, i manganelli e i lacrimogeni.

Torniamo per rompere l’isolamento intrinseco a questi campi, apici fisici del razzismo di Stato che segrega, reprime, reclude ed espelle, affinchè violenze e torture non rimangano nel silenzio.

Continuiamo a portare la nostra solidarietà a chi si ribella

Contro tutte le galere

Tutti liberi, tutte libere

Assemblea No CPR FVG

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2025/04/06/presidio-in-solidarieta-ai-prigionieri-e-ai-rivoltosi-del-cpr-di-gradisca-disonzo-13-aprile/

SPAGNA: LIBERTÀ PER ABEL, OSTAGGIO DELLO STATO DA 10 MESI

Diffondiamo

Il nostro compagno Abel da 10 mesi è tenuto in ostaggio dallo Stato, imprigionato con una condanna a 3 anni e 9 mesi per aver aggredito un nazi nel 2018, durante una manifestazione antifa contro JUSAPOL, un “sindacato” poliziesco di estrema destra.

E’ recluso per essere anarchico, dato che gli hanno applicato un aggravante di “delitto d’odio”, facendo riferimento alla sua militanza politica.

Solidarietà con Abel!
Viva l’azione diretta antifascista!
Libertà per lx prigionierx!

Più info qui: https://brughiere.noblogs.org/post/2024/11/29/spagna-a-6-mesi-di-reclusione-del-compagno-anarchico-abel/

CPR DI MACOMER, UN LAGER MIGLIORE

Diffondiamo:

Venerdì 21 marzo, ancora una volta, c’è stata la visita istituzionale al CPR di Macomer. Non è la prima volta che delle così dette “cariche pubbliche” entrano lì dentro per osservare le condizioni dei detenuti (che loro chiamano “ospiti”).
Nei mesi scorsi diversi sopralluoghi sono stati fatti dalla deputata di Avs Francesca Ghirra. Anche lei sostiene che i CPR sono luoghi disumani che non dovrebbero esistere, ma poi nella pratica cosa fa? Un esposto alla Procura di Nuoro, per spingere la magistratura a verificare la corretta attuazione dell’appalto da parte dell’ente gestore. Una segnalazione inutile e diretta ad una magistratura funzionale al sistema. Inoltre, la deputata, ha fatto delle interrogazioni parlamentari assolutamente risibili, giusto per poter dire prima delle elezioni di aver fatto qualcosa.

Di stesse vedute sono l’assessore regionale alla sanità della Sardegna, Armando Bertolazzi, e la senatrice Sabrina Licheri, che due settimane fa hanno visitato il centro: apprezzano i “notevoli miglioramenti nella gestione degli ospiti, però segnalano delle criticità ancora da superare”.
L’assessore suggerisce di attivare un reparto di medicina specialistica e l’acquisizione di un defibrillatore.
Queste dichiarazioni faranno contenta la nuova direttrice, Elizabeth Rijo, responsabile di Officine Sociali in Sardegna. Nel suo sito di propaganda (https://elizabethrijo.org/), fatto al tempo in cui si candidò alle ultime regionali sarde, si legge: “Sostengo quelle persone che animano i comitati per la difesa della sanità, le lotte contro l’occupazione militare, le lotte per la valorizzazione del lavoro agricolo, le lotte per la difesa dei posti di lavoro ed i diritti, le proteste per i tagli dei servizi, le battaglie per le scuole e le università accessibili e tante altre lotte giuste e necessarie che riempiono la nostra quotidianità.” Nella trasmissione RAI “Presa Diretta” del 6/04/25, in cui le omissioni erano più delle rivelazioni appaiono sia la Ghirra che la Rijo. Per la Ghirra, incapace di intervenire di fronte a un tentativo di suicidio di un prigioniero che avviene durante la sua visita non sprechiamo parole, per la Rijo il cui progetto è organizzare corsi di ballo per i prigionieri, in perfetto stile nazista, osserviamo che se una persona come lei gestisce il cpr di Macomer possiamo essere sicuri (sic!) che qualcuno penserà a migliorare le condizioni degli ospiti tenendo conto delle LORO lotte quotidiane.

Le associazioni del terzo settore sedicenti antirazziste dovranno rispondere politicamente dei rapporti che eventualmente sceglieranno di intrattenere con questa kapó patetica. Che dire, infine di Rita Porcu, l’infermiera che stragiura che a Macomer gli psicofarmaci non vengono mescolati nel cibo ma vengono somministrati su richiesta dei detenuti che si sa magari li useranno per sopperire alla crisi di astinenza da corsi di ballo.
Noi sappiamo che i detenuti, reclusi perché privi di documenti, non hanno visto alcun miglioramento. Hanno 3 telefoni per più di 50 persone, non posseggono le schede adatte per chiamare in Africa, quindi sentire le famiglie (quelle che hanno, qualcuno le ha mandate da fuori). Non hanno acqua calda. C’è la storia di un ragazzo, che dopo aver scontato un anno e mezzo in carcere, è stato portato al CPR, con l’inganno che, se si fosse comportato bene, sarebbe uscito dopo pochi giorni. Poi il giudice dice di non essere riuscita a leggere dei documenti del suo avvocato; quindi, gli ha spostato l’udienza di tre mesi. Un altro recluso che ha avuto l’ennesimo rinvio dell’udienza, per protesta, ha tentato di uccidersi tagliandosi sul collo. Un ragazzo è riuscito a farsi fare una spesa alimentare, questa poi è sparita. È andato a reclamarla dagli operatori e uno di questi l’ha picchiato. Li perquisiscono. Dormono tanto, sono sempre stanchi (sarà effetto del cibo migliore?). Dicono: “ci stanno uccidendo lentamente”.
Alla faccia dei miglioramenti, alla faccia delle belle parole dei soliti politicanti di turno.

Condividiamo delle foto che uno dei detenuti vorrebbe divulgare. Questi tagli sul collo non sono di una vittima, ma di una persona che si sta ribellando alla sua reclusione. Pur di non stare lì dentro, alcuni, sono pronti a morire.
Quello che vuole fare Officine è cercare di cambiare volto indossano nuove maschere, quelle che piacciono alla sinistra istituzionale e al suo carrozzone associazionista.
I politici in visita al centro, volenti (sempre) o nolenti (mai), fanno il loro gioco. Così la destra può vantare l’efficacia dei CPR e la sinistra è sempre più tollerante, visti i miglioramenti delle condizioni degli “ospiti”, e si limita a lamentare l’inefficacia della politica dei rimpatri a fronte delle somme spese. Il risultato è che questo business, fatto sulla pelle dei reclusi, è sempre alimentato, e che questi lager non chiudono, ma vogliono apparire “lager migliori” (ricordate il lager di Terezin con le orchestrine di prigionieri organizzate dai nazisti in occasione delle visite della Croce Rossa?).

Ce l’hanno insegnato le stesse persone recluse come si migliorano i cpr: bruciandoli, e successo a Torino e speriamo che la pratica si diffonda, solo loro possono guadagnare la propria libertà.
Noi continuiamo a rafforzare il ponte di solidarietà che abbiamo costruito con loro, tornando lì davanti. L’abbiamo fatto domenica 30 marzo, nonostante il questore di Nuoro, Alfonso Polverino, cerca di intimorirci con avvisi orali, fogli di via e relative denunce per la violazione di questi.
Questa volta il livello dello scontro si è alzato, la risposta delle guardie è stata più forte e noi abbiamo comunicato con i detenuti per poco tempo, tentano di allontanarci per sempre con altre denunce, altri fogli di via.
Mantenere il contatto con i prigionieri sta diventando sempre più difficile, ma noi crediamo che si debba essere solidali con chi lotta per la propria libertà, è una nostra scelta ideologica, politica, etica.
Per questo ci vedremo di nuovo fuori da quel lager, solidali con chi è dentro, sino a quando non saranno tutti liberi.

Anarchic* contro carcere e repressione.

TRAPANI: RABI È STATO AMMAZZATO DAL CPR A MILO

Diffondiamo da Sicilia No Border:

Durante il saluto della scorsa settimana, sono state registrate le voci dei prigionieri, che hanno risposto con calore e rabbia alla presenza dellx solidalx. Parlano della situazione dentro come di “guerra” e raccontano di star portando avanti lo sciopero della fame, della sete e dei medicinali da oltre una settimana. Come si sente dalle voci, qualcuno grida l’assenza di cibo e telefono, da qualcun altro si sente chiaramente urlare la frase terribile e angosciante: “sono morte due persone qui”.

Parole che ci avevano lasciato sgomentx ed esitanti. L’avevamo già visto che chi governa là dentro, seppur si faccia refertare l’inverosimile quando riguarda i loro corpi, se si tratta di quelli dei reclusi cerca di non chiamare le ambulanze o lo fa sempre troppo tardi. Eppure ci siamo ritrovatx col bisogno di cercare altri riscontri prima di diffondere una verità di quel tipo: se invece non sono morte? Compagni in pessime condizioni, massacrati dagli sbirri e dalla violenza atroce di questo lager, i reclusi ne vedono molti partire. Se non sempre li vedono poi tornare in CPR non vuole dire che sono necessariamente morti.

Riconosciamo che questo nostro smarrimento è un prodotto della pervasività della repressione che si esercita in quel luogo. Ma, senza nasconderci, nei fatti non siamo riuscitx ad affidarci totalmente a chi da lì dentro ci affidava la sua verità e abbiamo partecipato anche noi all’isolamento di chi è detenuto. Realizzazione lacerante in queste ore. Ancora una volta a conferma del fatto che abbiamo tanto da imparare.

Da dentro hanno provato a farlo sapere, e purtroppo non è bastato.

E adesso è solo la sconfinata determinazione di chi vive sull’altra sponda di questo mare, e che ora si trova a farsi carico dell’ennesima perdita, che sta rendendo possibile dire che Rabi, un giovane ragazzo tunisino, è morto il 16 marzo al Cpr di Trapani Milo. Rabi è stato ammazzato e la notizia della sua morte insabbiata per 20 giorni da forze dell’ordine, ente gestore e medici. Solo quando il suo corpo è arrivato in Tunisia, la famiglia ha dato notizia della sua morte. A quanto racconta un esponente dell’opposizione tunisina in Italia, fino all’ultimo momento prima del rimpatrio della salma non è stato comunicato l’aereo sul quale avrebbe viaggiato, l’orario di partenza e quello di arrivo. Un’ulteriore violenza di stato sul corpo di Rabi, nei confronti della sua famiglia e delle sue amicizie.

Mentre diffondiamo questa notizia, non abbiamo idea di cosa possa essere successo alla seconda persona. Sappiamo però che ancora in queste notti le rivolte e le proteste dei detenuti sono continue, vengono represse dalla celere e dagli idranti. Sappiamo che stanno deportando in fretta e furia i testimoni via nave in Tunisia, con le navi della GNV dal porto di Palermo (di proprietà di MSC, che continua a rifornire Israele di armi per il suo genocidio). Sappiamo che una dozzina di persone è stata trasferita al Cpr di Brindisi per essere probabilmente trasferita in Albania questa settimana.

Sappiamo che i cosiddetti atti di autolesionismo o i tentativi di farsi fuori sono coraggiosi gesti di liberazione ed evasione da questa insostenibile tortura. E che di vittime lo stato ne ha fatte tantissime, tra cui Ousmane Sylla morto l’anno scorso al Cpr di Roma poco dopo essere stato trasferito proprio da Milo, che i prigionieri avevano reso inagibile con il coraggio delle loro rivolte. Non ce le dimentichiamo queste morti perche’ ci bruciano dentro. Trapani, per altro, è dove sono iniziati in Italia gli omicidi di stato tramite detenzione amministrativa: nel 1999 sei giovani tunisini sono stati bloccati dentro la cella e bruciati così vivi nell’allora CPT.

E mentre il potere sforna l’ennesima legge sicurezza con l’obiettivo di seppellire in carcere chi, detenutx, osa ancora difendersi e di farci desistere dal manifestare solidarieta’, di farci rinunciare ad esprimere tutta la nostra rabbia, noi non possiamo che ribadire tutto il nostro odio verso questo mondo che ci vuole zittx, obbedientx, in riga e riprometterci di continuare a manifestarlo verso ogni sbirro, ogni frontiera, ogni galera. Davanti alle carceri, davanti ai cpr, nelle strade.

VENDETTA PER RABI

FUOCO AI CPR

SOLIDALX CON CHI LOTTA CONTRO QUESTO MONDO DI MERDA

BOLOGNA: STRAPPATI E IMBRATTATI I MANIFESTI DELLA LUVV

Riceviamo e diffondiamo

Nelle scorse settimane sono comparsi a Bologna dei manifesti di LUVV (Lega Uomini Vittime di Violenza), che riprendono la grafica dei manifesti inerenti alla violenza di genere che hanno tappazzato nei mesi scorsi tutta la città – manifesti che tra l’altro riproponevano vittimizzazione secondaria e davano spazio a stereotipi di genere, binarismo, disparità di potere e linguaggio violento.

Questi nuovi manifesti si appropiano delle parole del movimento transfemminista, denunciano presunte “violenze” agite contro gli uomini da parte delle donne, in particolare partner. Tra queste si parla dell’affido dellə figliə che, come il sistema patriarcale pretende, vengono affidatə alla cura delle madri. Questa “violenza”, però, non è altro che la conseguenza del modello di famiglia nucleare e patriarcale, strutturato su un rigido binarismo di genere con conseguenti ruoli ben prestabiliti.

Se da sempre le istituzioni, l’educazione e il sistema economico costruiscono un modello che vede la donna unicamente come madre, che deve concedere tutta la sua vita alla crescita e alla cura dellə figliə, che deve rinunciare alla sua persona per la famiglia, il padre invece, è colui che si occupa unicamente di procurare risorse economiche. Se da sempre è la madre a occuparsi della casa e dellə figlie, nel momento del divorzio i ruoli vengono stabilizzati, affidando la cura fisica, emotiva e psicologica alla madre e il mantenimento economico al padre. Sarebbero quindi le donne, ancora oggi troppo spesso costrette al lavoro riproduttivo, invisibilizzato e non pagato, ad agire violenza sugli uomini? In un paese come l’Italia, in cui oltre l’80% delle donne uccise trovano la morte in famiglia, quale sarebbe la violenza sistemica ai danni degli uomini da parte delle donne?

Come sempre si cerca di rappresentare la violenza strutturale su soggettività femminilizzate come una realtà di natura simmetrica: mentre donne, persone trans* e froc3 vengono ammazzate, stuprate, marginalizzate e cancellate ogni giorno, questi uomini costruiscono una narrazione di vittime sopra la violenza che loro stessi agiscono.

Come sempre quando viene chiesto loro di riconoscere il proprio privilegio, si nascondono dietro il tanto citato “non tutti gli uomini” con il solo scopo di smarcarsi da possibili accuse, di silenziare le violenze reali, di sentirsi meno in colpa per le violenze che agiscono al posto di prendersi realmente la propria fetta di responsabilità!

Le istituzioni legittimano una campagna distruttiva e di disinformazione, dando visibilità a narrazioni che possono fomentare solo odio e legittimare, ancora una volta, discorsi misogini e omolesbobitransfobici. Se la città ci vuole zitt3 e succubi, se la città ci impone la lettura di frasi violente, noi queste scritte le strappiamo, le bruciamo, le imbrattiamo. Prendiamo tutt3 parola con ogni mezzo possibile: strappiamoli, bruciamoli, imbrattiamoli tutt3 insieme, fino all’ultimo manifesto, fino all’ultima scritta. Riprendiamoci ogni muro, ogni manifesto, ogni discorso. Portiamo avanti la nostra rabbia senza aspettare che ci venga chiesto o che sia un’altra morte a smuovere le coscienze. Non c’è spazio per compromessi.

Siamo stanch3 di essere ammazzat3, siamo stanch3 della vittimizzazione secondaria a cui siamo destinat3 dopo essere mort3, siamo stanch3 delle coscienze che si ripuliscono partecipando a cortei e fiaccolate solo per dire “io ero lì, io non potrei mai farlo”. Ma noi sappiamo bene che sono i bravi ragazzi i primi a ucciderci.

Sappiamo bene che a ucciderci è la transfobia e la transmisoginia sistemica e diffusa, è l’odio riversato sul web, è l’indifferenza dei movimenti femministi che non pensano mai lontanamente di scendere in piazza quando muore una persona trans, razzializzata e/o sex worker.

Siamo arrabbiat3, siamo stanch3, siamo furios3.

Riprendiamoci tutto.

PARMA: STREET PARADE 24 MAGGIO 2025

Riceviamo e diffondiamo

Si muore in guerra, a lavoro e in alternanza.
Si muore nel Mediterraneo e nelle rotte migratorie, si muore di freddo per le strade, si muore in galera, si muore per le alluvioni e per gli incendi, si muore di patriarcato e polizia.
Si muore, poco a poco, tutti i giorni, scambiando il nostro tempo e le nostre vite per merce e denaro.
Siamo sempre più irregimentatx in un sistema votato al profitto e alla morte.
Disertare questa realtà diventa una necessità. Confluiamo allora per le strade e abbandoniamo i nostri ruoli mortiferi.
Una street non crea solamente un momento di svago, ma di lotta, in cui tentare di creare spazi di socialità liberi da sfruttamento e mercificazione.
Vogliamo raccogliere sotto le casse tuttx coloro che desiderano disertare questo sistema a favore di un cambiamento radicale anticapitalista, ecologista e transfemminista.
Anche quest’anno, un insieme eterogeneo di realtà e individualità cittadine si interseca e fonde per creare un momento catartico di riflessione e diserzione. Unisciti a noi nella sovversione con il tuo contributo artistico, qualunque esso sia.

La vita quotidiana è una guerra, disertiamola insieme.

Riteniamo fondamentale la partecipazione almeno a una delle riunioni di organizzazione.

NO LOCALI
NO CLUB
STAY FREE

Per info: deportati@insiberia.net

BARI: SALUTO AL CPR

Riceviamo e diffondiamo

Da fonti indirette sappiamo che Giovedì 27 c’è stata una rivolta nel Cpr di Bari in seguito a un tentativo di fuga. Il ragazzo che ha provato a fuggire, dopo essere stato preso è stato brutalmente picchiato e rimandato in cella. Una volta tornato i suoi compagni, vedendo le chiare violenze subite, hanno iniziato una piccola rivolta, salendo anche sui tetti e lanciando frutta alle guardie, il tutto sedato dalle forze dell’ordine.

Anche per questo:
Domenica 30 in poch3 compagn3 ci siamo ritrovate sotto le mura del Cpr per portare solidarietà ai detenuti e mostrare che le loro lotte non rimangono isolate come le istituzioni vorrebbero. Ci siamo ritrovate di pomeriggio, con solo fischietti e la nostra voce, urlando cori e cercando di fare più rumore possibile, a posteriori sappiamo che ci hanno sentito ma sul momento non abbiamo ricevuto risposta. Il tutto è durato una ventina di minuti, senza risposta da dentro e senza l’intervento delle guardie.
Non contente del risultato e col dubbio che non ci avessero sentitɜ, altr3 compagn3 sono tornate Martedì 1 Aprile con qualche strumento in più che ci rendesse più rumorosɜ. Ad oggi abbiamo la certezza che ci hanno sentitɜ e adesso loro sanno che quei saluti, quelle urla e quel calore erano per loro e chissà se dalla prossima volta grideremo insieme contro quelle mura infami!

L’ultima visita al Cpr prima di domenica è stata il giorno del presidio
autorizzato fuori dal Cpr di Bari il 22 Febbraio. Abbiamo scelto di comunicare alla questura il presidio e, nonostante sapessimo che la Digos di Bari non permette più di avvicinarsi tanto alle mura, abbiamo comunque comunicato l’intento di avvicinarci il più possibile, specificando il luogo esatto che avrebbe dovuto essere sotto le celle. La Digos non ha rigettato la comunicazione né inviato prescrizioni, rimandando la contrattazione del punto al momento di arrivo in piazza.

La decisione di comunicare il presidio è stata mossa principalmente da 3
ragioni:
– Rendere la giornata inclusiva e accessibile a chiunque volesse portare
solidarietà ai detenuti.
– Poter stare più tempo sotto le mura e poter portare strumentazione
provando a comunicare e non solo a farsi sentire.
– Avevamo pubblicizzato in larga scala la giornata, probabilmente la Digos
e la celere sarebbero state lì ugualmente.
Arrivate in piazza 15 minuti prima del concentramento, la Digos non presenta le prescrizioni ma ci dice che avrebbero dovuto mettere in sicurezza l’area, poiché c’era troppa spazzatura in giro e che l’Amiu (servizio raccolta spazzatura) non era venuta a svuotare i bidoni.Tutte
menzogne perché di spazzatura non ce n’era neanche l’ombra.

Questo dura almeno 1 ora e più, tempo in cui la Digos mostra le prescrizioni rimanendo vaga sulla posizione, rimandando sempre a quando avranno finito di pulire, ma rassicurandoci che una soluzione l’avremmo trovata. Ovviamente una volta “pulito”, le guardie si sono schierate, mentre si schierava la celere la Digos continuava a fingere, continuava a prenderci in giro. Questa è la polizia, queste sono le istituzioni, nonostante i tentativi di isolare il presidio, quel giorno c’è stata una risposta da dentro dopo ore di cori, musica e interventi in inglese, francese e arabo. Per questo abbiamo deciso di continuare a portare solidarietà ai fratelli rinchiusi, ma senza comunicare né chiedere il permesso a nessuno.

Speriamo di aver rovinato il sonno all’allievi finanzieri, ma ancora di più speriamo che una notte non troppo lontana sarà il fuoco del Cpr a svegliarli, e magari le urla di qualche collega.
Morte alla Digos, morte a tutte le forze dell’ordine. Fuoco ai Cpr.

Anarchic* contro le frontiere