Riceviamo e pubblichiamo un aggiornamento sulla situazione di Boris. Il testo è tradotto dal francese, l’originale si puà trovare qui.
Il 25 settembre 2023 la corte d’appello di Nancy ha giudicato il compagno anarchico Boris, per avere incendiato il ripetitore di quattro operatori di telecomunicazioni e quello degli sbirri e dei gendarmi, nell’aprile del 2020, sul monte Poupet (Jura, Francia).
Dopo questo attacco, che aveva mobilitato, in pieno lockdown, i tecnici del ministero dell’interno fino al profondo Jura per tentare di ristabilire il più in fretta possibile le comunicazioni, il DNA del compagno era stato rinvenuto in loco. Dopo mesi di intercettazioni e di indagini condotte dal nucleo anti-terrorismo (GAT) di Digione e dai membri del GIGN (Groupe d’Intervention de la Gendarmerie Nationale, il corpo d’élite dei gendarmi francesi), venuti apposta da Versailles, nell’ambito di un’indagine condotta dalla JIRS (Juridiction inter-régionale specialisée, tribunale per le indagini contro criminalità organizzata e crimini finanziari) di Nancy, Boris era stato arrestato a Besançon il 22 settembre 2020. Incarcerato con le misure preventive nella prigione di Nancy-Maxéville, è stato condannato in primo grado il 19 maggio 2021 a 4 anni di reclusione, di cui 2 con sospensione della pena e periodo di prova (obbligo di lavorare, di rimborsare le parti civili, divieto di portare armi). Giudicato senza avvocato e in un tribunale controllato dalla celere per impedirne l’accesso alle/ai compagnx solidali (con il pretesto delle restrizioni anti-covid), Boris ha fatto appello il giorno seguente. Nello stesso tempo, ha scritto una lettera pubblica da dietro le sbarre, in giugno, nella quale ha difeso le ragioni del doppio attacco.
Il 7 agosto 2021, mentre la data dell’appello era stata fissata per fine settembre, un incendio della cella dove era rinchiuso lo ha ferito in modo grave ( sopratutto rendendolo tetraplegico). In coma per diversi mesi con una prognosi che lo dava in pericolo di vita, con la stanza sorvegliata da due gendarmi fino alla sospensione della pena emessa dalla corte d’appello di Nancy il 20 settembre 2021. Il seguito è un lungo percorso medico che il compagno ha passato in diversi ospedali, in cui ha dovuto continuare a lottare contro il potere medico e contro altre istanze giudiziarie (sopratutto contro un tentativo di metterlo sotto tutela, cioè togliergli l’autonomia delle decisioni sulla propria vita, da parte della primaria del reparto di cure palliative di Besançon). Quanto alla corte d’appello di Nancy, se la fissazione di una data per l’udienza per l’incendio dei ripetitori era stata sospesa sine die da due anni, dato lo stato di salute di Boris, nel mese di luglio 2023 questa ha deciso di riconvocarla. Per farlo, ha utilizzato il vile pretesto che il compagno era riuscito a esprimersi in videoconferenza dall’ospedale, davanti a un’altra corte, nel marzo 2023, per comunicare con successo a una giudice che si opponeva a ogni forma di tutela (dello Stato come della famiglia)!
Ospitato in un luogo di vita adatto, Boris ha infine deciso di accettare l’udienza del 25 settembre 2023 davanti alla corte d’appello ( in videoconferenza), per mettere la parola fine a questa storia. Mentre qualche compagnx era presente nell’aula del tribunale di Nancy con la sua avvocata, altrx erano vicino a Boris nella sua stanza attrezzata, sopratutto per supportarlo con i disagi del wi-fi e della tracheostomia. Un aneddoto: Boris aveva avuto cura di fare sistemare la piccola telecamera in modo che apparisse dietro di lui e ben chiaro ai giudici il poster “dall’ombra delle città… … all’insurrezione” appeso sul muro.
Quanto all’udienza, ogni suo aspetto è stato odioso, com’è la normalità di qualunque tribunale e delle immondizie togate che si permettono di giudicare la vita delle persone e di mandarne in gran numero in quello strumento di tortura istituzionale che è la prigione. Con l’aggiunta, in questo caso, di tutto ciò che può contraddistinguere questi avvoltoi quando sono confrontati a degli individui che si discostano dalla norma. Anche se le condizioni fisiche del compagno gli erano ben note, per esempio, ciò non ha impedito al giudice Pascal Bridey di chiedere a più riprese al compagno di alzare la mano qualora avesse voluto prendere la parola. O ancora al procuratore Hadrien Baron di ironizzare nella sua requisitoria sul fatto che Boris fosse stato vittima di un incendio (accidentale secondo il rapporto degli esperti) della sua cella, quando lui stesso aveva bruciato dei ripetitori. Una sorta di punizione divina, in qualche modo, secondo questa mezza merda al servizio del più gelido dei mostri gelidi. Quanto all’avvocato della multinazionale Orange, venuto apposta dalla capitale, non ha resistito a fare l’appunto che se Boris era contro la tecnologia, quest’ultima poteva comunque essergli utile… visto che questa videoconferenza gli permetteva di essere giudicato senza spostarsi (sic).
Da parte sua, Boris esibiva un gran sorriso durante la lettura del fascicolo da parte del giudice, che includeva anche l’incendio del locale tecnico di un ripetitore dell’operatore SFR sul Mont Bregille (Besançon) avvenuto due settimane prima di quelli nel Jura, per il quale il compagno era stato scagionato. Sorrideva anche durante la lettura di questo estratto della sua dichiarazione in stato di fermo, dove alla domanda: “Cosa ha provato dopo aver commesso questo atto?”, aveva risposto “Ero contento di essere riuscito in questa prova, di avere oltrepassato i miei limiti e di avere assestato un colpo allo sviluppo di questa nuova tecnologia”, prima i concludere “ Ero solo e assumo la responsabilità di questo fatto”. Dopo questo riepilogo senza ambiguità, il giudice ha chiesto a Boris se avesse qualcosa da aggiungere, più di tre anni dopo i fatti. In occasione di questa rara presa di parola davanti al tribunale, il compagno ha dichiarato sobriamente: “Questo è certo, all’epoca ero determinato”, prima di decidere di tacere per lasciare il suo avvocato continuare al posto suo.
Alla fine di questa udienza di un’ora appena, l’avvocato di Boris si è dapprima interrogato ad alta voce circa “il senso della pena” data la pesante situazione medica del compagno, prima di precisare che anche se l’incendio della cella non fosse stato un incidente ma un atto di rivolta o di disperazione, questo non avrebbe diminuito la responsabilità dei carnefici che imprigionano. Poi ha terminato la sua requisitoria dicendo che se Boris oggi non può continuare a mettere le sue idee in pratica come lo ha fatto nell’aprile 2020, sicuramente non è perché ha modificato le sue convinzioni, al contrario! Inutile dire che il compagno era piuttosto felice di questa difesa esplicita, e che all’ultimo tentativo di umiliazione del giudice che gli ha chiesto con un paternalismo disgustoso “Ha capito bene ciò che dice il vostro avvocato?”, ha risposto senza indugio: “Sì, e sono d’accordo con lei!”
Dal canto loro, i due avvocati delle parti civili (Orange e l’agente giudiziario dello Stato per i due ripetitori degli sbirri e dei gendarmi) hanno freddamente reclamato i loro soldi per i danni causati, blaterando, come ci si aspettava, rispetto alla gravità di questi ultimi. Quanto al procuratore, ha ricordato come prima cosa che questo attacco non era un episodio isolato al tempo (con 175 attacchi per tutto l’anno 2020, cioè quasi uno ogni due giorni), e che lo Stato aveva allora temuto che la loro diffusione, “se fossero stati affiancati ad altri attacchi contro l’energia e l’acqua”, avrebbero potuto mettere “il paese in ginocchio nel giro di tre giorni”. Ha giustificato con questa presunzione di azioni coordinate i mezzi di indagine anti-terrorismo utilizzati contro il compagno, così come il pesante verdetto del primo grado (sebbene l’associazione a delinquere fosse caduta alla chiusura dell’istruttoria)… prima di chiedere, attualmente, “tenuto conto del danno gravissimo subito dal signor X (Boris) durante la sua detenzione”, una pena di 8 mesi di prigione “che coprisse il periodo passato in detenzione provvisoria” (secondo i suoi calcoli sbagliati).
La sentenza definitiva è stata emessa il 25 ottobre 2023, condannando senza sorprese Boris a una pena equivalente al periodo passato in detenzione preventiva, cioè un anno di prigione, più mille euro a Orange e all’agente giudiziario dello Stato per i loro avvocati, più 169 euro per aver fatto appello ed essere stato riconosciuto colpevole, più una conferma dei “risarcimenti” accordati alle parti civili in primo grado (circa 91000 euro a Orange e all’agente di Stato, dato che le altre compagnie avevano lasciato perdere). Come informazione, è stato espresso agli avvocati di queste ultime che quando mai i loro superiori osassero prendere dei soldi al compagno, questo gli farebbe certamente una nuova pubblicità che vogliono senz’altro evitarsi…
Attualmente, non resta in corso che una procedura giudiziaria, quella nelle mani di una giudice d’istruzione di Nancy riguardo l’incendio della cella. Ancora una volta, forza e coraggio a Boris, che ha d’altronde ricevuto a metà novembre la famosa carrozzina da competizione, per la quale ringrazia chi ha partecipato a finanziarla tramite la solidarietà, e che gli offre delle nuove possibilità di autonomia.
Anarchichx complici e solidali,
16 gennaio 2024