“Quadro di personalità allarmante”
“Inclinazione alla violenza”
“Sintomatico di una personalità incapace di controllare l’impulso criminale”
Queste sono le parole usate di recente dal Gip per descrivere i fatti di Torino.
Lo Stato risponde alle sollevazioni di malcontento prospettando anni di carcere e guai per qualche vetrina del lusso in frantumi confermando il suo cieco ruolo di tutore dell’ordine e garante dei privilegi: i poveri devono rimanere poveri, chi è ai margini deve rimanere ai margini a guardare le scintillanti vetrine.
Si parla di ‘punire’ le famiglie delle persone coinvolte con la sospensione del reddito di cittadinanza e non si esita a psichiatrizzare il comportamento individuale.
Rompere una vetrina diventa “Sintomatico di una personalità incapace di controllare l’impulso criminale”.
La psichiatrizzazione del comportamento considerato ‘oppositivo’ ha origini lontanissime, l’estensione capillare che oggi viene fatta del paradigma psichiatrico in ogni ambito della vita – vedi la medicalizzazione dell’infanzia nelle istituzioni scolastiche – viene ad assumere una valenza enorme che riporta al centro del discorso collettivo la contenzione, la medicalizzazione e la stigmatizzazione psichiatrica dei comportamenti, paradigmi e pratiche coercitive e spersonalizzanti che vanno a sostenere ‘profili criminosi’ e ‘quadri di personalità’ usati come arma per togliere di mezzo il dissenso.