TRIESTE: MILITARI NEL TRASPORTO PUBBLICO

Riceviamo e diffondiamo la segnalazione di questo articolo online unita ad un breve commento:

Segnaliamo quest’altro piccolo ma significativo passo nella direzione di una sempre maggiore accettazione e normalizzazione della presenza militare  – le mimetiche, in questo caso – all’interno della “civile” quotidianità, con l’ormai quasi scontato pretesto di un “miglioramento della sicurezza” e del ruolo “al servizio della comunità”, in questo caso di chi viaggia.
Al di là della delirante ideologia securitaria a cui siamo purtroppo già ben abituati e del fatto che nel territorio in questione – l’ex confine orientale della NATO – la massiccia e diffusa installazione di caserme, basi e militari a partire dal secondo dopoguerra sia ormai da moltissimo tempo percepita e accettata come normale, quando non esaltata e benvenuta, questo ci pare con tutta evidenza un ulteriore piccolo tassello nella direzione di predisporre il necessario appoggio e favore della popolazione in preparazione a un possibile contesto di guerra, tramite una sempre maggiore integrazione, rafforzamento e legittimazione sociale del militare nel quotidiano.

https://www.triesteprima.it/cronaca/trasporto-fvg-gratis-militari-fvg.html

UN TESTO SUI SABOTAGGI AVVENUTI IN FRANCIA IN OCCASIONE DEI GIOCHI OLIMPICI

Di seguito un testo sui sabotaggi avvenuti in Francia in occasione dei Giochi Olimpici.

Nord-Sud-Est-Ovest

La sera dello scorso 25 luglio, a Parigi, l’eccitazione era alle stelle. (Quasi) tutti gli occhi erano puntati sulla Ville Lumière: l’indomani sarebbe stato il grande giorno, quello dell’apertura ufficiale della XXXIII edizione dei Giochi Olimpici. Gli organizzatori avevano pre-annunciato un’inaugurazione all’altezza della grandeur francese — una sfilata «audace, originale, unica» sulla Senna. Lo sgradevole ricordo della precedente edizione giapponese, rimandata di un anno causa morbo minore e tenutasi davanti agli spalti vuoti, doveva essere cancellato. Questa volta nulla e nessuno avrebbe potuto ostacolare lo sfarzoso ritorno dei Giochi  nella patria del loro creatore, il barone De Coubertin. Né un eco-sistema stremato da secoli di industrialismo, né un conflitto locale, possibile scintilla di una guerra mondiale nucleare, né un genocidio in atto.

«E se mai, per mala sorte, avvenisse in un modo o nell’altro qualche cosa di sgradevole, ebbene, c’è sempre il soma che vi permette una vacanza, lontano dai fatti reali. E c’è sempre il soma per calmare la vostra collera, per riconciliarvi coi vostri nemici, per rendervi pazienti e tolleranti»

Per garantire il regolare svolgimento della manifestazione sportiva, ovvero l’assunzione planetaria del soma sportivo, le autorità francesi avevano preso misure di sicurezza eccezionali: 45 mila agenti sparsi in tutta la città, 18 mila militari, 200 teste di cuoio (metà delle quali in ruolo di cecchini sui tetti della capitale francese), un centinaio di sommozzatori. E poi un dispiegamento di droni e barriere marittime atti ad impedire il transito illegale di piccole imbarcazioni attraverso La Manica, lo schieramento di unità di missili terra-aria per la sicurezza aerea, la chiusura dello spazio aereo sulla capitale sorvolato solo da elicotteri militari. E poi la collaborazione con i servizi segreti di 80 paesi, la presenza di agenti di polizia provenienti da decine di paesi, nonché 2 mila agenti di sicurezza privati. E poi il controllo delle acque reflue a caccia di virus, l’installazione di sonar acquatici, un sistema di videosorveglianza basato sugli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale. Questo tanto per dare idea dell’importanza dell’evento, tanto per far capire come fosse indispensabile che a partire da quel 26 luglio a Parigi non doveva, non deve e non dovrà accadere nulla.

«Adesso il mondo è stabile. La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non può ottenere. Sta bene; è al sicuro;… è condizionata in tal modo che praticamente non può fare a meno di condursi come si deve. E se per caso qualche cosa non va, c’è il soma…»

Eppure… merdre! — la mattina del 26 il clima era già rovinato. E non certo dal diluvio già previsto nella serata. No, il problema è un altro: se Parigi è il fulcro della Francia, la Francia non consiste nella sola capitale. Ogni centro, per definizione, ha la sua periferia. Recintare, presidiare, sorvegliare ogni metro quadro di un centro è ambizione a portata di tutte le arroganze. Ma non si può pretendere di poter fare altrettanto con una periferia che, in questo caso, si estende fino ai confini. Un territorio che, per comodità, si può suddividere in base ai quattro punti cardinali.
Ebbene, nella notte fra il 25 ed il 26 luglio, a poche ore dall’avvio dei moderni circenses, a Parigi stessa e nei quattro punti cardinali dell’esagono è accaduto qualcosa. Qualcosa di piccolo, ma dall’impatto enorme. Piccoli sabotaggi della linea ferroviaria dell’Alta Velocità — riusciti al centro, a nord, ovest ed est, fallito a sud — che hanno bloccato per lunghe ore la circolazione verso la capitale.
Incredibile, nevvero? Sono bastate poche bottiglie incendiarie, alcune lame taglienti ed una appassionata passeggiata notturna fra individui complici per spezzare l’incantesimo, anzi, la vera e propria stregoneria che rende accettabile l’aberrante condizione umana.

«Io non capisco nulla» rispose lei decisa, determinata a conservare intatta la sua incomprensione. «Nulla. E meno di tutto» continuò con un altro tono «perché non prendete il soma quando vi vengono queste vostre terribili idee. Le dimentichereste tutte. E invece di sentirvi infelice, sareste allegro. Tanto allegro!» ripeté…

Non ci capiscono nulla. Come è possibile che qualcuno abbia cercato di impedire a 800.000 potenziali spettatori di essere presenti e felici quel fine settimana, seduti negli stadi a sventolare bandierine della propria nazione, così vogliosi di cantarne l’inno? Come fa a venire in mente a qualcuno di rovinare le vacanze alle persone dabbene, agli onesti lavoratori che giorno dopo giorno fanno andare avanti questa infame società? Grandi e piccoli animatori dello Spettacolo non se ne capacitano. Perciò, dai protagonisti alle comparse, si sono indignati tutti.
Il ministro dei Trasporti francese, ad esempio, ha definito il sabotaggio delle linee ad alta velocità «un’azione criminale scandalosa», mentre per la sua collega ministro dello Sport si è trattato di un attacco diretto agli atleti e alla propria patria: «Questi Giochi sono per gli atleti che li sognano da anni e che lottano per il sacro Graal di salire sul podio e qualcuno li sta sabotando. Giocare contro i giochi è giocare contro la Francia, è giocare contro la tua squadra, è giocare contro il tuo Paese». Che sia configurabile l’accusa di alto tradimento lo sostiene anche il giovane leader del partito di estrema destra, il quale concorda inoltre con un’esperta in cantieri ferroviari che parla di «attentato contro la libertà di partire in vacanza». Concetto ribadito fra gli altri anche dallo stesso amministratore delegato della SNCF (le ferrovie francesi), secondo il quale «sono i francesi ad essere attaccati».
Ma da chi? Beh, a suo dire da… da… da una «banda d’illuminati, d’irresponsabili»! Una setta di pazzi, insomma. Mentre per il ministro degli Interni francesi, il taglio e l’incendio dei cavi di fibre ottiche che costeggiano i binari sono «un modo d’azione tradizionale dell’ultrasinistra». Ma c’è anche chi ha evocato l’ingerenza straniera, come ad esempio il ministro degli esteri israeliano la cui lingua batte sul dente dolente: a suo dire il sabotaggio «è stato programmato ed eseguito sotto l’influenza dell’asse del male dell’Iran e dell’islam radicale». Addirittura? Ma bisogna capire il delirio del pari israeliano di von Ribbentrop. Lui sa bene che lo scorso 26 luglio 2024 era il 294° giorno del genocidio dei palestinesi…

«Troppo orribile!» ripeteva; e tutte le consolazioni di Bernardo furono vane. «Troppo orribile! Quel sangue!». Fremeva. «Oh, se avessi il mio soma

Quando si parla di Olimpiadi, il coro è unanime: grande festa sportiva, amicizia e fratellanza tra i popoli, tregua olimpica, culto della dedizione e dello sforzo… Una conformità di pareri talmente radicata da rendere inimmaginabile che ci possa essere qualcuno che non solo rifiuta di pensare che l’importante è partecipare (alla competizione, alla ricerca di successo, alla misurazione del tempo, al culto della mera forza fisica, all’apologia del nazionalismo…), ma che ha l’ardire di interrompere questo zelante coro nella consapevolezza che l’importante è impedire di partecipare. Di partecipare alla riproduzione sociale.
Ed ecco che dalla notte del desiderio spuntano le ombre di chi non si presenta alle elezioni, di chi non frequenta salotti televisivi, di chi non lancia né dirige movimenti sociali o partiti politici, di chi non elargisce nessun sorriso compiacente. Perché disprezza qualsiasi pubblico, perché vuole mettere fine ad ogni rappresentazione. E per questo non esita a mettere in piedi nel piatto. Contro ogni ragionevolezza, contro ogni calcolo politico.

«Ma vi piace essere schiavi?» stava dicendo il Selvaggio quando essi entrarono nell’Ospedale. Era rosso in faccia, i suoi occhi mandavano lampi d’ardore e di indignazione. «Vi piace essere dei bambocci? Sì, dei bambocci che vagiscono, che sbavano» aggiunse, esasperato dalla loro bestiale idiozia al punto di lanciare degli insulti a coloro che era venuto a salvare. Le ingiurie rimbalzarono sulla spessa corazza della loro stupidità; essi lo guardarono con una vuota espressione di risentimento ebete e fosco negli occhi.
«Sì, bavosi!» gridò apertamente. Il dolore e il rimorso, la pietà e il dovere, tutto era dimenticato adesso, e, per così dire, assorbito in un odio intenso verso quei mostri meno che umani. «Non volete dunque esser liberi e uomini? Non comprendete neppure che cosa sia lo stato d’uomo e la libertà?» L’ira lo rendeva eloquente; le parole arrivavano facilmente, fluenti. «Non comprendete?» ripeté, ma non ricevette risposta alla domanda. «Ebbene, allora» riprese torvo «ve lo insegnerò io, vi costringerò a essere liberi, lo vogliate o no»

Alla destra, al di là di plateali ipocrisie, non interessa nulla della libertà; intende solo instaurare l’ordine. Ma la sinistra, soprattutto quella estrema, quando non è intenta ad asciugare lacrime e sudore esortando alla resilienza, si compiace di tanto in tanto di atteggiarsi a paladina della libertà. Basta che questa libertà sia coniugata rigorosamente al plurale, come opera strategica collettiva di conquista di maggiori diritti. Ebbene questa sinistra, tronfia di successo elettorale e assetata di composizione militante, come ha reagito ai sabotaggi avvenuti? Nei palazzi si va dall’indignazione socialista («Questa è destabilizzazione, è sabotaggio, è rimettere in discussione l’immagine della Francia») alla senilità indomita («Denunciamo questi atti dolosi e inviamo tutto il nostro sostegno ai ferrovieri mobilitati sul campo e che lavoreranno giorno e notte per garantire il ritorno alla normalità il prima possibile»). Nelle piazze, silenzi imbarazzati a parte, spiccano solo gli interessati e nauseabondi ammiccamenti di chi si precipita a precisare che il sabotaggio è «al servizio di un mondo migliore» (come insegnato da Mao ed imparato dagli odierni capibastone di movimento).

«Distribuzione di soma» gridò una voce forte. «In buon ordine, per favore. Spicciatevi laggiù»

Dopo gli atti di sabotaggio, il ministro dei Trasporti ha assicurato che sono stati messi in campo «mezzi considerevoli» per «rafforzare» la sorveglianza dei 28.000 km attraverso cui si dipana la rete ferroviaria francese: «un migliaio di agenti della manutenzione della SNCF», coadiuvati da «250 agenti della polizia ferroviaria», con l’appoggio di 50 droni e degli elicotteri della Gendarmeria, veglieranno «fino a nuovo ordine» sul ritorno alla normalità.
Ah, il ritorno alla normalità, ossessione di tutti i politicanti: che tutto torni a scorrere come prima, la sveglia al primo mattino e la fatica alla sera, lo sfruttamento sul lavoro e della vita, le chiacchiere idiote fra amici e colleghi, la devastazione di ecosistemi e di immaginari, le file ai semafori e alle casse dei supermercati, la repressione di proteste e desideri, l’intrattenimento televisivo e digitale, il massacro di popolazioni e di sogni, l’affitto da pagare e le bollette da saldare, la sorveglianza totale di spazi e di pensieri, la scelta del cinema o del locale dove andare, l’addomesticamento di ogni slancio e di ogni singolarità, le merci da vendere o da comprare, il rispetto e l’obbedienza per le istituzioni.
Ecco qual è la normalità da ripristinare. E chi osa sfidarla viene minacciato di possibili condanne fino a 20 anni di carcere!

«Improvvisamente dall’apparecchio di musica sintetica una voce prese a parlare. La Voce della Ragione, la Voce del Buon Senso. Il rullo d’impressioni sonore si dipanava per trasmettere il Discorso Sintetico numero Due contro le Sommosse (forza media). Sgorgando dal fondo di un cuore non esistente “Miei cari, miei cari!” disse la voce tanto pateticamente, con una nota di rimprovero così infinitamente tenera, che, dietro le loro maschere antigas, persino gli occhi dei poliziotti furono momentaneamente pieni di lacrime “cosa vuol dire questo? Per qual ragione non siete tutti insieme felici e buoni? Felici e buoni” ripeté la voce “in pace, in pace?” Tremò, si affievolì in un sospiro, disparve un attimo. “Oh, come desidero che siate felici!” riprese con calore di convinzione. “Come desidero che siate buoni! Vi prego, vi prego di essere buoni…”
In due minuti la voce e i vapori di soma avevano prodotto il loro effetto»

No, le chiacchiere stanno a zero. La normalità, già finita definitivamente con la pandemia di servitù volontaria, non risorgerà certo in mezzo ai bagni di sangue. Questa spietata civiltà di massacratori e di influencer non conoscerà nessuna pietà. Dopo aver puntato il coltello alla gola a chiunque ed aver iniziato con lo sgozzare i dannati della terra, i Signori e i loro tirapiedi pretendono pure di essere trattati con cortesia e buone maniere? La normalità, quella dell’autorità e del denaro, se la possono dimenticare per sempre.
Ed infatti, già nella notte fra il 28 ed il 29 luglio una nuova ondata di sabotaggi ha colpito la Francia. Questa volta ad essere tagliate sono state le autostrade digitali di fibra ottica in almeno dieci dipartimenti, a nord e a sud del paese, incrinando così una spina dorsale di internet: ovvero una rete backbone, in questo caso quella dell’operatore di infrastrutture SFR, utilizzata per connettere ad alta velocità di trasmissione molte reti all’interno di una più grande. Per questo motivo questi ultimi sabotaggi hanno avuto conseguenze anche su molti altri operatori delle telecomunicazioni.
Per la segretaria di Stato responsabile del Digitale si è trattato di «azioni vili e irresponsabili», mentre la Federazione Francese delle Telecomunicazioni «condanna fermamente questo caso di vandalismo che colpisce la vita dei francesi, nel momento in cui il mondo intero ha gli occhi puntati verso i Giochi Olimpici e Paraolimpici».

«Nel mondo nuovo l’uso del soma non era un vizio personale; era un’istituzione politica; era l’essenza stessa della Vita, della Libertà e del Perseguimento della Felicità, garantiti dalla Carta dei Diritti. Ma questo preziosissimo fra i privilegi inalienabili dei soggetti era al tempo stesso una delle armi più potenti dell’arsenale del dittatore. Il drogaggio sistematico degli individui per il bene dello Stato (e anche, naturalmente, per il piacere dei singoli) era una piattaforma fondamentale della politica dei Controllori del Mondo»

Se «gli schiavi felici sono i nemici più agguerriti della libertà», è fin troppo chiaro il motivo per cui questa loro felicità vada rovinata. Se le infrastrutture tecniche sparse su tutto il territorio sono i mezzi necessari per diffondere la voce del comando e l’algoritmo dell’obbedienza, è fin troppo esplicita l’urgenza della loro demolizione. Tutto ciò non ha nulla di politico, è vero, ma lasciamo che a battere le strade istituzionali siano i questuanti diritti costituzionali. Tutto ciò non abbisogna di alcun consenso popolare, è vero, basta un po’ di volontà ed il concorso delle stelle.
E non è ciò che resta di meraviglioso?

https://abirato.net/nord-sud-est-ovest/

GIOCHI OLIMPICI. LA PAROLA ALLA «DELEGAZIONE INATTESA»

Diffondiamo la traduzione della rivendicazione integrale (uscita sul blog «Reporterre») dei sabotaggi all’Alta Velocità in occasione dell’inaugurazione dei Giochi Olimpici a Parigi. Nel giorno dell’inaugurazione dell’evento, infatti, diversi attacchi coordinati hanno mandato completamente in tilt la circolazione dell’Alta Velocità (TGV), mentre tra domenica e lunedì scorso sono state registrate azioni di sabotaggio ai cavi della fibra ottica.

La chiamano festa? Noi ci vediamo una celebrazione del nazionalismo, una gigantesca messa in scena dell’assoggettamento delle popolazioni da parte degli Stati. Dietro un’atmosfera giocosa e conviviale, i Giochi Olimpici offrono un campo di sperimentazione per la gestione poliziesca delle folle e il controllo generalizzato dei nostri movimenti.

Come ogni grande evento sportivo, le Olimpiadi sono ogni volta anche l’occasione per venerare i valori che fondano il mondo del potere e del denaro, della competizione generalizzata, del rendimento a tutti i costi, del sacrificio per l’interesse e la gloria nazionale.

L’ingiunzione di identificarsi con una comunità immaginaria e di sostenere il proprio presunto campo di appartenenza non è meno nefasta dell’incentivo permanente a vedere la propria salvezza nella buona salute della propria economia nazionale e nel potere del proprio esercito nazionale.

Oggi c’è bisogno di dosi sempre maggiori di malafede e di negazione per non riuscire a vedere tutto l’orrore che la società dei consumi e la ricerca del cosiddetto “benessere occidentale” generano. La Francia vorrebbe fare di questa grande messa la vetrina delle sue eccellenze. Essa potrà cullare d’illusioni sul suo ruolo virtuoso solo chi ha deciso di mettersi i paraocchi, e che vi si adatta. Madiamo loro il nostro più profondo disprezzo. L’influenza della Francia passa attraverso la produzione di armi, il cui volume di vendite la colloca come il secondo esportatore al mondo. Lo Stato è orgoglioso del suo complesso militare industriale e del suo arsenale “made in France”. Diffondere i mezzi del terrore, della morte e della devastazione in tutto il mondo per garantire la prosperità? Cocoricooo!

Senza offesa per gli ingenui che ancora credono alle favole democratiche, lo Stato francese usa la sua panoplia repressiva anche per affrontare la propria popolazione. Per sedare le rivolte dopo l’omicidio di Nahel da parte della polizia nel giugno 2023 o di recente per cercare di fermare la rivolta anticoloniale a Kanaky. Finché esisterà, lo Stato non smetterà mai di usarla per combattere coloro che sfidano la sua autorità.

Le attività delle imprese francesi nel mondo rendono sempre più manifeste le devastazioni sociali e ambientali che il sistema capitalista produce. Quelle necessarie a riprodurre l’attuale organizzazione sociale, e quelle inerenti al progresso scientifico e tecnologico. Progresso che percepisce la catena di catastrofi passate, presenti e future solo come un’opportunità per un balzo in avanti.

Total continua a saccheggiare e a spogliare nuove terre in cerca di petrolio e di gas di scisto (Africa orientale, Argentina, ecc.). Sotto la copertura della sua nuova etichetta verde, l’industria nucleare e l’esportazione delle conoscenze francesi in questo settore ci garantiscono, a più o meno breve termine, un pianeta irradiato, quindi letteralmente inabitabile. Nient’altro che un’altra crisi da gestire per i promotori dell’atomo. Loro che non possono fare a meno della cooperazione con lo Stato russo attraverso il colosso Rosatom e del sostegno del suo esercito per reprimere la rivolta nel 2022 in Kazakistan, importante paese fornitori di uranio. Questo materiale che alimenta i cinquantotto reattori francesi.

E allora qual è il costo umano, sociale e ambientale che garantisce a qualche privilegiato di spostarsi velocemente e lontano in TGV? Infinitamente troppo alto. La ferrovia non è d’altronde un’infrastruttura banale. È sempre stato un mezzo per la colonizzazione di nuovi territori, un passo preliminare per la loro devastazione e un percorso ben tracciato per l’estensione del capitalismo e del controllo statale. Il cantiere della linea denominata Tren Maya in Messico, al quale collaborano Alstom e NGE, ne è un buon esempio.

E le batterie elettriche indispensabili alla pretesa “transizione energetica”? Parlatene, ad esempio, con i lavoratori della miniera di Bou-azeer e con gli abitanti delle oasi di questa regione marocchina che stanno subendo le conseguenze della corsa all’ora del XXI secolo. Renault vi estrae i minerali necessari a fornire una coscienza pulita agli ecologisti delle metropoli a scapito delle vite sacrificate. Parlatene con i “popoli delle foreste” dell’isola di Halmahera, nel nord-est dell’Indonesia, con gli Hongana Manyawa che disperano di veder distrutta la foresta in cui vivono sull’altare della “transizione ecologica”. Lo Stato francese, attraverso la società Ermet, partecipa alla devastazione delle terre finora risparmiate. Allo stesso modo, non molla la Nuova Caledonia per continuare a strapparle il prezioso nichel.

Ci fermeremo qui nell’impossibile inventario delle attività mortali e predatorie proprie di ogni Stato e di ogni economia capitalista. Del resto, ciò non aiuterebbe a rompere con una vita insipida e deprimente, con una vita di sfruttamento, e a fronteggiare la violenza di Stati e leader religiosi, capifamiglia e pattuglie di polizia, patrioti e milizie padronali, così come quella di azionisti, imprenditori, ingegneri, progettisti e architetti della devastazione in corso. Per gran fortuna, l’arroganza del potere continua a scontrarsi con la rabbia degli oppressi/e ribelli. Di sommosse in insurrezione, durante le manifestazioni offensive, attraverso le lotte quotidiane e le resistenze sotterranee.

Che dunque oggi risuonino, attraverso il sabotaggio delle linee TGV che collegano Parigi ai quattro angoli della Francia, il grido “donna, vita, libertà” dall’Iran, le lotte degli amazzonici, i “fotti la Francia” che provengono dall’Oceania, il desiderio di libertà che giunge dal Levante e dal Sudan, le battaglie che continuano dietro i muri delle prigioni e l’insubordinazione dei disertori del mondo intero.

A coloro che rimproverano a questi atti di rovinare il soggiorno dei turisti e di perturbare le partenze per le vacanze, rispondiamo che è ancora così poco. Così poco se paragonato a quell’evento al quale desideriamo partecipare e che auspichiamo con tutto il cuore: il crollo di un mondo basato sullo sfruttamento e sul dominio. Allora sì che avremo qualcosa da festeggiare.

Una delegazione inattesa

MESSINA: INIZIATIVE IN VISTA DEL CORTEO NO PONTE

Diffondiamo da Stretto LibertariA :

Ci vediamo giovedì 8 agosto alla passeggiata a mare dalle 18.30 per un pomeriggio di socialità no ponte! Musica, birrette, chiacchiere e preparazione di materiali in vista del corteo no ponte del 10 agosto.

«Mentre la Sicilia è in piena emergenza idrica e interi quartieri della città di Messina si ritrovano senza più acqua nelle case – è notizia recente che in questo contesto, come sempre avviene nei momenti emergenziali, la rete idrica di Messina e provincia è stata privatizzata – continuano spietati i piani di dominio e distruzione del vivente, che intendono sacrificare corpi, comunità e territori sull’altare del progresso.

Di certo non si considera la costruzione delle infrastrutture del capitale mai priva di compromessi e devastazione, ma i contorni si fanno ancora più cupi quando un mega progetto infrastrutturale, come quello del ponte sullo Stretto, finisce con il diventare il ‘pivot’ di ogni altro progetto, assorbendo in sè ogni piano pregresso e futuro circa quel determinato territorio. In poche parole, un ricatto bello e buono. Così che mentre si aspetta l’ufficiale iniziare di trivellazioni, espropri e furti vari, insomma della cantierizzazione totale, i detrattori del nostro presente e futuro hanno già portato qui tutte le loro macchine di morte, che si infiltrano nel nostro humus vitale come talpe.

Ci chiediamo allora quale progresso possa essere quello che ha trasformato la Sicilia in una terra di petrolichimici, basi e poligoni militari, raffinerie, galere ed emigrazione forzata. Un “progresso” che vende posti di lavoro in cambio di veleni e malattie, radiazioni elettromagnetiche e militari per le strade.

Uno scenario devastante, un territorio violato e violentato nel nome del profitto e dell’estrazione di risorse. Terre evidentemente da rendere inabitabili, da spopolare e mettere a servizio di loschi affari, come la costituzione di poligoni di tiro dove fare il ‘giochetto’ della guerra, stesso giochetto che garantisce morte e conquista altrove (e neanche troppo altrove); estrazione di energia rinnovabile, nuove strutture del capitale al servizio sempre della sola produzione e, dunque, della schiavitù umana; costituzione di hub logistici, stesso piano entro cui si inscrive la costruzione del ponte sullo Stretto; il proliferare dei luoghi di detenzione, della ‘localizzazione forzata’ delle persone, muri che sono argini per la gioia umana.

Col cuore in gola diciamo che a questa menzogna del progresso e dello sviluppo non ci crediamo; e che, all’ennesimo progetto coloniale, continueremo ad opporci con ogni mezzo necessario.»

SABATO 10 AGOSTO CORTEO NO PONTE, MESSINA, ORE 18:30 P.ZZA CAIROLI

Chi c’è c’è e chi non c’è dovrebbe esserci!

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO!

Ad un anno di distanza dalla mobilitazione che ha accompagnato lo
sciopero della fame, è importantissimo continuare a scrivere al compagno
Alfredo Cospito, tuttora in 41bis nel carcere di Bancali (Sassari).
Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e
contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico
delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento
sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte),
rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso
sistemi tracciabili quali le raccomandate (anche senza ricevuta di
ritorno). Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di
conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter
burocratico per lo sblocco della corrispondenza, dato che gli agenti non
sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesse volte
semplicemente scompare.
Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o
foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa
Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e
inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare
quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo
nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto attraverso
lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è:
Alfredo Cospito – C/O C.C. “G.Bacchiddu” – Strada Provinciale 56, n°4 –
Località Bancali – 07100 Sassari

mentre per inviare le vostre ricevute:
cassantirepalpi@autistici.org

PS: il compagno può acquistare libri attraverso la direzione del
carcere; si può dunque inviargli suggerimenti di lettura, accompagnando
il titolo e l’autore con i dati relativi alla casa editrice e, se
possibile, il codice ISBN.

Contro tutte le galere!
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

GALLICO (RC): CONCERTO NO PONTE!

Diffondiamo:

Ci vediamo sabato 17 Agosto per un’intensa serata in cui trasmigreremo attraverso l’arte i nostri sentimenti verso un’opera di cui non abbiamo certo bisogno.

Dalle 19:00 ci divertiremo con Jam Graffiti, DJ Set, Incursioni Teatrali ed un triplo live tuttigusti più uno: il rap militante di @cyborganafem, le bizzarre fantasie di piacere di @antonio_freno_ in Duo Sfrenato e l’EBM/Industrial dei @yournoisyneighbors che ci farà scatenare 🥵

🛺 𝐒𝐄𝐑𝐕𝐈𝐙𝐈𝐎 𝐍𝐀𝐕𝐄𝐓𝐓𝐀 𝐏𝐄𝐑 𝐂𝐇𝐈 𝐏𝐑𝐎𝐕𝐈𝐄𝐍𝐄 𝐃𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐈𝐂𝐈𝐋𝐈𝐀 per ribadire che la Fata Morgana preferisce ponti di persone (no, non vi stiamo suggerendo quello che state pensando!) a quelli di cemento e acciaio.

📌 CSOA CARTELLA | Via Quarnaro, I (RC)
Sab 17 Agosto | Open 19:00 – Concerti 21:30

TORINO: CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI SANZIONATA UNA SEDE DI CONFAGRICOLTURA

Di seguito condividiamo un volantino distribuito a Torino il 29 luglio, quando una sede di Confagricoltura è stata sanzionata.

IN SOLIDARIETÀ A CHI LOTTA ED È SFRUTTATO NELLE CAMPAGNE, CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI, PER SATHNAM, IL 29 LUGLIO UNA SEDE DI CONFAGRICOLTURA A TORINO È STATA SANZIONATA.

Il capitalismo neoliberale si nutre dello sfruttamento massiccio –seppur contingentato nel tempo dalle finestre delineate dalle necessità produttive – di un’ampia fetta della popolazione mondiale, identificata attraverso ben precise linee di oppressione grazie a trappole economiche e ricatti sociali. Tale manodopera a bassissimo costo viene di fatto riconvertita – quando superflua, ingombrante nelle zone della produzione agricola – a individuo produttivo nel business legalizzato delle prigioni di ogni tipo e delle deportazioni, funzionali – anch’esse – alla gestione dei lavoratori in termini di sfruttamento totale delle risorse.

Il ricatto del permesso di soggiorno, la clandestinizzazione forzata di una fetta sempre più ampia della popolazione migrante nonché la criminalizzazione di ogni forma di rivendicazione, dissenso o lotta sono alcuni degli strumenti di cui lo Stato si dota per tentare di far galleggiare la malconcia economia italiana, nonché europea. Anche le campagne piemontesi non sfuggono a queste lampanti dinamiche e non sono altro che uno dei tanti luoghi in cui il connubio tra datori di lavoro e organi amministrativi, prefettizi e questurini dettano i tempi della miseria a cui larga parte della popolazione migrante è costretta.
La retorica mediatica criminalizzante delle persone in viaggio senza documenti europei fornisce inoltre le basi ideologiche razziste che legittimano l’assoggettazione estrema, di alcune categorie, all’economia e alla società neo-liberale: nient’altro che la Colonia a queste latitudini.

C’è un materiale di base che struttura i dispositivi che premono sulle vite delle persone migranti: è importante palesarne le connessioni, mostrarle nude sul piatto dei consumatori avvolti nel privilegio di potersi non fare domande.
Sotto il cocente sole estivo, i braccianti che stanno raccogliendo mirtilli, pesche e mele nel distretto della frutta più grande della regione – il saluzzese- sono senza casa e spesso dormono fuori, sotto quotidiano controllo e intimidazioni delle forze dell’ordine. Ad Alba e nelle Langhe del Barolo, i braccianti vengono sgomberati, ricattati e picchiati nei campi. I prodotti d’eccellenza delle benestanti campagne piemontesi sono prodotti ovunque con lo sfruttamento di manodopera immigrata a basso costo, di persone che lavorano senza contratto o con contratti miseri, senza alloggio e trasporti garantiti dai contratti collettivi. E se comuni e regione spendono centinaia di migliaia di euro di fondi pubblici per qualche container per l’”accoglienza diffusa”, le associazioni datoriali, Confindustria e Coldiretti in primis, tacciono le proprie responsabilità. Quando a fine stagione di raccolta questa manodopera spremuta fino all’osso – sempre al limite di morire di lavoro,- diviene inutile, eccedente, traducibile in altre filiere del guadagno privato e statale, intervengono le forze dell’ordine e gli organi amministrativi che zelanti rastrellano strade, accampamenti, ghetti di fortuna, campi e con retate mirate trasferiscono i braccianti in un nuovo abisso: o nuovi ghetti e nuovi distretti agroindustriali da nord a sud o la questura, il CPR, la deportazione.
Questi dispositivi detentivi, espulsivi e torturatori fungono inoltre da perenne monito ai liberi affinché non alzino la testa, non si ribellino al gioco dei padroni o non solidarizzino con chi a queste, o altre latitudini, lotta, resiste e si ribella.

Solo la chiusura del CPR di Torino nel Marzo 2023 ha potuto, forse, regalare un briciolo di aria in più, garantendo un lasso di tempo con meno retate, con meno capienza detentiva amministrativa nel Nord Italia: con più libertà.

Ma i padroni per essere tali han bisogno di prigioni e deportazioni ed ecco che – in tempo per la fine della prossima stagione di raccolta nei campi del cuneese – riaprirà, a inizio Novembre, il CPR di Corso Brunelleschi.

Opporsi alla sua riapertura è possibile. Tracciare i nessi di senso tra lo sfruttamento nei luoghi di lavoro e il ricatto del permesso di soggiorno e della clandestinità, è un passo nella direzione di attaccare al cuore il razzismo sistemico.

La macchina dello sfruttamento, del razzismo, delle espulsioni e delle torture dentro i lager di Stato ha una lunga lista di responsabilità e complicità. I padroni dell’agricoltura, i lobbisti della filiera del cibo, le aziende, cooperative, società per azioni specializzate nel business della detenzione; le istituzioni che trattano le persone che migrano da una parte come corpi per alimentare le varie filiere del guadagno capitalista – dall’agricoltura, ai centri di detenzione e semi-detenzione, alle deportazioni-, dall’altra come un problema d’ordine pubblico, da marginalizzare nascondere e cacciare; i sindacati e le associazioni conniventi che traggono profitto dal mantenimento dello status quo.

Solidarietà a chi lotta nelle campagne, chi distrugge i CPR e chi sfugge alla violenza delle frontiere.

PDF: Le prigioni che servono ai padroni

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2024/07/31/le-prigioni-che-servono-ai-padroni/

SUI MOTI IN KENIA E SULLA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI A TORINO

Condividiamo due approfondimenti andati in onda su Harraga, trasmissione su Radio Blackout. Il primo riguarda i moti in Kenya, il secondo  si concentra sulla riapertura del CPR di Corso Brunelleschi a Torino.

Un racconto sui moti di piazza in atto in Kenya

Se il video delle fiamme che avvolgono la sede del Parlamento del Kenya a Nairobi è – di per certo – stato visto da moltx; meno sono stati i momenti in cui si è riusciti a contestualizzare quell’attacco al cuore del potere dentro una cornice di senso che racconti come ha potuto crescere una consapevolezza talmente chiara, in una larga fetta della popolazione kenyana, tale da non avere dubbi sui propri passi e sui termini delle priorità di lotta.

E’ difficile, a queste latitudini, comprendere i moti di piazza e i gesti materiali di chi, all’altezza dell’equatore attacchi il potere con letture dell’esistente alquanto differenti dalle categorie a cui siamo abituati a riferirci.

Nel tentativo di cogliere la potenza di questo momento abbiamo chiesto, a chi vive le piazze del Kenya, di raccontare ai microfoni di Harraga – trasmissione contro frontiere e CPR in onda su Radio Blackout – cosa sta succedendo.

Le fiamme che si alzano da quegli edifici e il coraggio di chi sfida i proiettili della polizia in Kenya parlano di un bisogno di distruggere sia i resti violenti della Colonia che fu, sia i presenti immanenti della neo-colonia di oggi. Non si possono leggere quei gesti e quella capacità di restare in strada dinanzi alla violenza spietata della controparte, senza parlare del lascito brutale, inoculato e lacerante del passato coloniale e – men che meno – della spietata predazione avida delle potenze neo-coloniali occidentali oggi.

Ancora una volta con le orecchie tese ad ascoltare le parole di chi – oppresso lungo la linea del colore e della classe – in un mondo asfissiante, attacca responsabili, simboli ed esecutori materiali della miseria che viene imposta a larga parte della popolazione mondiale – ai microfoni di Harraga tre vocali direttamente dal Kenya ci raccontano cosa sta succedendo.

Ascolta il podcast qui:

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2024/07/23/podcast-di-harraga-un-racconto-sui-moti-di-piazza-in-atto-in-kenya/


Sulla riapertura del CPR di corso Brunelleschi

È passato poco più di un anno da quando l’inverno torinese fu scaldato dal fuoco che portò alla chiusura del CPR di Corso Brunelleschi e ad oggi la riapertura di quel luogo di vessazioni e tortura è imminente.

Dal bando di gara relativo alla gestione e al funzionamento del centro di permanenza e rimpatrio di Torino, consultabile alla sezione amministrazione trasparente del sito della Prefettura sabauda, l’apertura sembra essere prevista per il 1° di Novembre 2024. L’importo stimato dell’appalto è di € 8.517.432,00 relativi a 24 +12 mesi, aggiudicabile, come sempre al ribasso, da quelle aziende che proporranno l’offerta tecnica più vantaggiosa. I lavori di ristrutturazione sono iniziati il 5 Febbraio 2024 e ad ora le aree ultimate o in fase di ultimazione sono 2, l’area rossa e l’area blu, per una capienza di 70 posti. Il bando prevede la possibilità di un ampliamento della capacità detentiva da 70 a 150 posti ossia per una totalità di 4 aree.

In questa puntata di Harraga, in onda su Radio Blackout, abbiamo provato a ripercorrere alcuni passaggi di quelle giornate di lotta del Febbraio 2023 che hanno scosso il capoluogo piemontese, dimezzando la capacità detentiva dei CPR del nord Italia.

Ascolta il podcast qui:

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2024/07/23/podcast-di-harraga-sulla-riapertura-del-cpr-di-corso-brunelleschi/