Il collettivo Artaud sui recenti fatti del reparto di psichiatria di Livorno

Liberiamo nelle Brughiere un comunicato del collettivo Artaud di Pisa

Comunicato del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa sui recenti fatti del reparto di psichiatria a Livorno

” Le nostre strade sono sconnesse,
I nostri figli ridotti in schiavitù ,
i nostri cuori senza amore.
Ho paura di restare. ”

Terra de Bandidos  di Elena Casetto

Dopo aver appreso dalla stampa della morte di un paziente ricoverato nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Livorno, il collettivo Antonin Artaud di Pisa, attivo da quindici anni nell’ascolto e nella vicinanza nei confronti di chi ha subito e vissuto lo stigma della malattia mentale, che troppo spesso si traduce in abusi anche durante il proprio percorso terapeutico, esprime cordoglio e vicinanza alla famiglia e agli affetti più cari. Il nostro augurio è quello che su questa vicenda, di cui alcuni aspetti non sono affatto chiari, si possa fare luce quanto prima.

Abbiamo deciso di aprire questo nostro intervento partendo da un componimento poetico, già premiato, di Elena Casetto. Il 13 agosto 2019, nel reparto psichiatrico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è divampato un incendio di cui non si conoscono ancora le cause. Elena, che aveva 19 anni, è morta bruciata viva nel letto al quale era stata legata: la contenzione non le ha permesso di fuggire. Ad oggi per quel terribile evento sono indagati solo i due addetti della ditta che aveva in appalto il servizio antincendio dell’ospedale. Un identico episodio era già accaduto nel Manicomio Giudiziario di Pozzuoli, quando Antonia Bernardini morì per le ustioni riportate dopo l’incendio che l’aveva avvolta nel letto di contenzione al quale anche lei era stata legata ininterrottamente per 43 giorni. Il collettivo Antonin Artaud ha anche seguito la vicenda umana e giudiziaria del Maestro più alto del mondo: il 4 agosto del 2009 Francesco Mastrogiovanni è morto per edema polmonare dopo 4 giorni di contenzione, legato per più di 87 ore consecutive nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania in provincia di Salerno. Era ricoverato in TSO, trattamento sanitario obbligatorio che si è scoperto poi essere stato effettuato in maniera illegale e senza il rispetto delle procedure previste dalla legge 180. Mastrogiovanni, sedato e legato con delle fascette ai polsi e alle caviglie, è rimasto senza mangiare, senza bere e senza che nessuno gli parlasse o si preoccupasse delle sue condizioni di salute per tutto il tempo del ricovero. Il medico del reparto ha negato perfino alla nipote il diritto di fargli visita in ospedale. La Sentenza della Corte di Cassazione sul caso Mastrogiovanni ha definito l’uso della contenzione meccanica un presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente.

Possiamo testimoniare che nei reparti psichiatrici ospedalieri o SPDC (Servizi Psichiatrici Diagnosi e Cura) continua a prevalere un atteggiamento custodialistico e un impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali come l’obbligo di cura, le porte chiuse e le grate alle finestre, il sequestro dei beni personali, la limitazione e il controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini, il ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica.
Dunque, oggi nei reparti psichiatrici si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio).
La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica. Solo in 15 reparti viene praticata la terapia no restraint, la contenzione è stata abolita e le porte sono aperte.

Ricerche condotte in Europa hanno fatto emergere l’esistenza di un gran numero di reparti psichiatrici ospedalieri aperti, in contraddizione con quanto rilevato nel nostro Paese dove circa l’80% degli SPDC prevede porte d’ingresso chiuse a chiave e il ricorso quotidiano alla contenzione. Già nella metà dell’Ottocento lo psichiatra inglese Conolly sosteneva la necessità e la possibilità di una no restraint psychiatry, una psichiatria che non ricorre a mezzi di contenzione. Ancora oggi invece, contenzione meccanica e farmacologica sono praticate diffusamente nei reparti psichiatrici e nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti. Denunciamo inoltre come l’impossibilità di fare visita alle persone ricoverate in ospedale a causa dell’emergenza sanitaria in corso abbia reso complicato poter verificare le condizioni di chi si trova in stato di degenza. Difficoltà che riguarda non solo i familiari e gli amici ma anche gli operatori e le strutture sanitarie stesse. Questo avviene quando proprio, anche a causa di tale situazione emergenziale, il ricorso al ricovero in reparto psichiatrico si è fatto più frequente. Ma in nessun caso la carenza di personale e di strutture può giustificare il ricorso a pratiche coercitive. Obbligare una persona al ricovero, limitarne la libertà personale per sottoporla a pratiche violente e dannose, costituisce, oltre che un intollerabile abuso, un’amara beffa: la logica dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive” a cui sovente si fa appello nei reparti, deve essere respinta poiché fondata sul pregiudizio, purtroppo ancora assai diffuso e duro a morire, di una potenziale pericolosità della persona sofferente psicologicamente.
Nell’aprile del 2016 la Regione Toscana ha approvato una mozione in merito al divieto della pratica della contenzione negli SPDC regionali, che impegnava la Giunta Regionale “a provvedere a emanare disposizioni puntuali alle aziende sanitarie per il divieto di pratiche di contenzione meccanica” e “a promuovere buone pratiche attivando la commissione per il monitoraggio e l’eliminazione della contenzione meccanica, farmacologica, ambientale e delle cattive pratiche assistenziali”. Visto il protrarsi ancor oggi in Toscana delle pratiche di contenzione meccanica, non ci sembra che tale mozione sia stata applicata, e tuttavia ci si appella ai protocolli che ancora la prevedono ignorando quanto già conquistato in ambito di riconoscimento della dignità delle persone ricoverate.

Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia ovvio sottoporre le persone diagnosticate come malate mentali a mezzi coercitivi, che ciò sia nell’ordine delle cose, che corrisponda al loro stesso interesse. Forse chi condivide questa opinione non considera adeguatamente, sia in termini esistenziali che giuridici, il valore imprescindibile della libertà della persona. Valore tanto più rilevante quanto più attinente a libertà minime, elementari e naturali, come la libertà di movimento. Sappiamo, per le molte esperienze ormai fatte, che è possibile evitare la contenzione; occorre allora chiedersi perché la contenzione sia tuttora lecita, e soprattutto occorre superarla.

L’applicazione del TSO non autorizza in alcun modo il ricorso a pratiche di coercizione. C’è sempre un’alternativa, è possibile fare a meno della contenzione meccanica senza sostituirla con quella farmacologica o ambientale. Ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali e penitenziarie italiane. Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale coercitivo: TSO, obbligo di cura, elettroshock, contenzione. Il superamento e l’abolizione della contenzione e delle pratiche lesive della libertà personale è possibile.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.orgartaudpisa.noblogs.org/


Link:

**Psichiatria Livorno, la denuncia dell’ex direttore: “Pazienti legati ai letti, ormai è una procedura standard da quando c’è il Covid ” La lettera di Mario Serrano, ex responsabile dei servizi di Salute mentale di Livorno: “Malgrado la legge 180, sono tornate le contenzioni. E un paziente sarebbe addirittura morto dopo una settimana con le fascette”
https://www.livornotoday.it/attualita/morto-paziente-legato-psichiatria-livorno-denuncia.html

**Legati al letto in psichiatria, la replica di Asl: “Procedure corrette anche con il paziente deceduto. In un anno solo 14 contenzioni”
https://www.livornotoday.it/cronaca/morto-paziente-legato-ospedale-livorno-replica.html

**Livorno: “Paziente legato al letto muore dopo 7 giorni in psichiatria”. La denuncia di Mario Serrano, ex responsabile dei servizi di salute mentale, ora in pensione. La Asl: “La contenzione c’è stata, ma non continuativa”. Romano (Pd): “Il ministro ordini un’ispezione”
https://firenze.repubblica.it/cronaca/2021/04/16/news/livorno_psichiatria_paziente_legato_al_letto_muore_dopo_7_giorni_in_psichiatria_-296688342/

Lacrimogeni ad altezza uomo: ferita in modo grave un’attivista No Tav

“Giovanna attualmente si trova all’ospedale Molinette con due emorragie celebrali e plurime fratture al volto. Ha inoltre subito pressioni da un’operatrice nonostante lo stato fortemente provato per le lesioni subite e l’estrema situazione di fragilità, colpevolizzandola per il fatto di essere stata ferita nell’ambito di una iniziativa del movimento no tav violando quel patto di sicurezza e protezione che si dovrebbero trovare in una condizione normale nel momento in cui si varcano le porte dell’ospedale. E’ notizia di questa mattina, inoltre, che la polizia è andata alle Molinette entrando nella stanza di Giovanna cercando di interrogarla contrariamente a quanto definiscono le norme anti-covid che vietano l’entrata di esterni, compresi i parenti, in ospedale.”

Il ferimento è avvenuto a seguito del lungo corteo che il 17 aprile ha attraversato e aggirato i numerosi blocchi allestiti dalle forze di polizia che militarizzano il territorio, tra i paesi della Valle da San Didero a San Giorio, conclusosi con un saluto ai presidianti che ormai da giorni resistono sul tetto del presidio all’interno delle recinzioni.

Le mobilitazioni si oppongono alla costruzione di un nuovo autoporto, cantiere collaterale del progetto, ormai monco, della Torino- Lyone.

Le forze dell’ordine in assetto da guerra hanno regito con spropositati mezzi e particolare violenza: è durante un fitto lancio di lacrimogeni ad altezza uomo che Giovanna è stata colpita in pieno volto.

Link conferenza stampa movimento No Tav :https://www.notav.info/post/18-04-conferenza-stampa-lacrimogeni-ad-altezza-uomo-ferita-grave-unattivista-no-tav/
Pagina fb: https://www.facebook.com/notav.info

Bologna: 25 aprile con Sante

Domenica 25 aprile 2021, a partire dalle h. 15.00 ricorderemo Sante in P.zza San Rocco.

Sobillatore, sovversivo, nappista, brigatista, irrecuperabile, irriducibile: sono state tante le etichette attribuite dai giudici a Sante Notarnicola. Per Bologna e per il Pratello, invece, Sante è sempre stato il compagno, l’oste, il poeta e lo scrittore combattente, punto di riferimento per chiunque volesse conservare memoria del passato e ricevere sostegno alle lotte di oggi. Soprattutto al Pratello la sua presenza è viva nelle decine di progetti sociali, solidali, culturali che ha promosso e realizzato con il coinvolgimento delle nuove generazioni di compagni e compagne, senza mai smettere di occuparsi di carcere e di repressione dei movimenti di lotta.

La data del 25 aprile gli era particolarmente cara, come gli era cara
la memoria della Resistenza e di quei partigiani che avevano
contribuito in maniera fondamentale alla sua formazione politica.

Per questo il prossimo 25 aprile lo vogliamo ancora accanto a noi,
attraverso i ricordi e i racconti di chi lo ha conosciuto, nel luogo
di Bologna che più lo ha visto presente.

Le compagne e i compagni di Bologna


Bologna: presidio sotto il carcere della Dozza


Presidio sotto il carcere della Dozza (Bologna)
Domenica 18 aprile ore 17:00

A un anno dall’inizio della pandemia, secondini e personale carcerario sono i principali vettori – se non gli unici – del contagio dentro le carceri.
Eppure la risposta dello Stato rimane l’adozione di misure sempre più restrittive  e puntive verso i/le dtenuti/e, come la riduzione delle ore d’aria, degli spazi di socialità, dei colloqui in presenza; nonchè i massacri perpetrati dai secondini, la dispersione e l’isolamento di chi un anno fa si è rivoltato e ora si trova sotto processo.

Continuare a lottare, o ricominciare a farlo, è l’unico modo che abbiamo per non farci strappare tutto ciò che è stato ottenuto da chi ha lottato prima di noi dentro e fuori le galere.

Cominciammo con la possibilità di avere il fornelletto; cosa che ci costò sangue, 3 morti, e anni e anni di carcere: qualunque cosa, anche banale, di cui oggi qualunque prigioniero può usufruire – persino il tagliaunghie, o un chilo di pasta, o un dolce – è costata tanto di quel carcere, botte e morti a tutta la generazione precedente di detenuti, quella che non aveva niente e che ha conquistato tutto”

Liberi dal silenzio, Sante Notarnicola

Francia: su intelligenza artificiale, sorveglianza e trasporto pubblico

Da: https://www.usine-digitale.fr/article/cibest-va-equiper-la-ligne-cdg-express-en-videosurveillance.N1078609

Cibest doterà la linea CDG Express del proprio sistema di videosorveglianza

L’azienda Cibest, con sede a Besançon (Doubs), è stata selezionata per equipaggiare la futura linea CDG Express con le sue soluzioni di videosorveglianza e conteggio passeggeri. Per fare ciò, si affida in particolare all’intelligenza artificiale.

Un milione di euro è il valore del contratto vinto da Cibest da Hello Paris, il consorzio che gestirà la linea ferroviaria tra l’aeroporto Charles De Gaulle e la Gare de l’Est di Parigi, il CDG Express. Mentre Alstom fornirà i treni, Cibest, che commercializza protezione video, conteggio passeggeri, informazioni sui passeggeri e soluzioni digitali per la retrovisione per gli operatori del trasporto pubblico, è stato selezionato per equipaggiare 13 treni e le loro 52 auto.

Identificare movimenti e attacchi improvvisi

“Forniremo una funzione intelligente complementare con intelligenza artificiale e algoritmi che riguarderanno il rilevamento di oggetti abbandonati”, specifica Fabrice Bernard, direttore tecnico di Cibest. Un algoritmo integrato nelle telecamere di videosorveglianza VCA intelligenti soddisferà questa missione, mentre un modulo aggiuntivo di intelligenza artificiale avrà un computer specifico per eseguire il rilevamento comportamentale.

“Identificherà movimenti improvvisi, cadute o persino aggressioni per dare l’allarme”. Prima in 4G poi in 5G a seconda dell’evoluzione della tecnologia, il treno avrà una connessione in tempo reale tra il treno e gli operatori nel PC di monitoraggio. “A seconda degli allarmi, potranno togliere ogni dubbio coinvolgendo personale di bordo o in banchina , aggiunge Fabrice Bernard.

Le apparecchiature Cibest registreranno continuamente le immagini. “A seconda della disponibilità del collegamento wireless, possiamo consultarli su richiesta. Stiamo lavorando con un partner per il software di terra, Axone, che fornisce un sistema VMS con una funzione per rimandare le telecamere a una parete d’mmagine”.

Nessuna stereoscopia per ridurre i costi

Mentre Cibest utilizza la stereoscopia 3D per i sistemi di misurazione che installa presso i suoi numerosi clienti nel settore del trasporto urbano in Francia e all’estero, la soluzione scelta da CDG Express sarà diversa.
“Per non avere alcun costo aggiuntivo integrando un altro sensore sopra le porte, Hello Paris ha preferito che le telecamere garantissero il conteggio anche se l’affidabilità è inferiore”.

Quando la stereoscopia esegue un conteggio dei passeggeri con una precisione del 98%, l’intelligenza artificiale installata dovrà rilevare persone e movimenti per raggiungere un’affidabilità stimata tra il 70 e l’80%. “Il fatto di avere una sola telecamera per la protezione e il conteggio dei video, anche se il suo posizionamento è meno adatto, resta un’innovazione”. Nel 2021, Cibest e i suoi 55 dipendenti lavoreranno per formalizzare il fabbisogno complessivo al fine di consegnare l’attrezzatura entro l’inizio dell’operatività della linea prevista per il 2024 – 2025.

Nel frattempo, l’azienda prevede di internalizzare la produzione dei suoi computer di bordo, cervello del suo sistema di misurazione e protezione video. Per fare questo verranno investiti 600.000 euro in un nuovo edificio mentre verranno assunti 4 dipendenti. Cibest genera 10 milioni di euro di fatturato, di cui il 25% internazionale.

Bolzano: carabinieri con cani antidroga allo Skatepark

Da: https://oltreilponte.noblogs.org

Nel pomeriggio di venerdì 16 aprile, sui prati del Talvera di Bolzano è stata messa in scena dall’Arma dei carabinieri un’operazione antidroga con l’impiego delle unità cinofile. Militi con cani antidroga al seguito sono arrivati in forze allo skatepark, particolarmente affollato da ragazzi e ragazze che si stavano godendo la giornata di sole, effettuando perquisizioni a ragazzini spesso minorenni, in cerca di qualche grammo di fumo.

Colpo di mano poliziesco in Francia: parlamento vuoto approva la Loi Sécurité Globale

È dell’altroieri la notizia dell’approvazione, da parte del parlamento francese, della liberticida «Loi Sécurité Globale», con 75 voti a favore e 33 contro, su un totale in teoria di 577 deputati. Il commento del sito Nantes Révoltée

L’altroieri, giovedì 15 aprile, il Parlamento ha approvato in via definitiva la cosiddetta legge sulla “sicurezza globale”. Una legge autoritaria, che va a consolidare il regime di polizia in Francia. È in un Parlamento vuoto che è stata imposta la legge più liberticida dalla seconda guerra mondiale: 75 voti sono andati a favore, 33 contro. Su un totale, in teoria, di 577 deputati. Poco più del 10% dei parlamentari hanno quindi approvato questa legge. Gli stessi parlamentari eletti da una piccola parte della popolazione, sullo sfondo di un voto parziale e di un ricatto elettorale. Il regime autoritario si è imposto silenziosamente senza traccia di alcuna legittimità.

In concreto, questo significa la generalizzazione dei droni in tutti gli interventi delle forze dell’ordine, l’obbligo di sfocare le immagini dei volti degli agenti di polizia e il rischio di essere sottoposti a violenze, di venire arrestati e condannati per chiunque filmerà gli agenti, mentre le immagini delle manifestazioni potranno essere riprese dalle telecamere pedonali e trasmesse in diretta … Questa è la porta aperta all’impiego massiccio del rilevamento di immagini in tempo reale con l’utilizzo di software automatizzati, tra cui il riconoscimento facciale. Ma anche l’autorizzazione al porto d’armi per la polizia fuori servizio, anche nei luoghi pubblici, e più in generale i pieni poteri alle forze dell’ordine che hanno carta bianca già da anni.

Lo scorso inverno più di 500.000 persone hanno manifestato contro il progetto di legge in diverse occasioni. Cortei di massa e decisi, nonostante la terribile repressione. Centinaia di arresti e feriti.

Lo stesso Difensore dei diritti, ma anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, relatori speciali dell’Onu, sono allarmati dalla legge sulla “sicurezza globale”. Una legge che tutti riconoscono come di estrema destra e che mostra bene il cambiamento della natura del regime politico in Francia. Eppure: niente. Un potere inarrestabile che si muove come un rullo compressore e schiaccia qualsiasi cosa sul suo cammino. E che, ancora peggio, continua a comprare droni, veicoli blindati e granate nel mezzo di una crisi sanitaria, con incredibile arroganza. Non siamo riusciti a spaventare il governo.

Allora come fermare questo circuito di autodistruzione? Eravamo milioni a mobilitarci contro la riforma delle pensioni alla fine del 2019. Centinaia di migliaia l’anno dopo per difendere le libertà. Il più delle volte troppo bravi e disciplinati o storditi dalla paura, come fulminati, mentre il cielo si oscurava. Conosciamo tutti le ricette per la sconfitta. Docili processioni. Si chiede calma. Incontri nei corridoi dorati del potere. “Dissociazioni” pubbliche e “condanne” al minimo gesto di rabbia da parte delle organizzazioni di sinistra. A Nantes come a Parigi, queste organizzazioni hanno persino smesso di invocare manifestazioni per paura della “violenza” dei manifestanti! Perdere senza nemmeno combattere. Per quale problema? Quale risultato? Seguire le regole del gioco del nemico è la certezza di essere sconfitti.

Una “dittatura” che si nasconde sempre meno dai suoi disastri su tutti i livelli, una sorveglianza di massa e un regime di emergenza per la sanità destinato a durare: abbiamo ancora il tempo di cercare di essere “responsabili” e “comprensivi” agli occhi dei media che, in ogni caso, lavorano contro le nostre lotte? Abbiamo ancora il lusso di essere “ragionevoli” con LBD+ rivolti ai nostri corpi? C’è solo una rivolta che ha scosso seriamente il potere negli ultimi 10 anni: quella dei Gilet Gialli. E non stava seguendo nessuna delle regole del gioco, nessuno dei piani, e stava direttamente, materialmente, prendendo di mira gli ingranaggi del potere e dei suoi rappresentanti. Macron e i suoi complici lo hanno ripetuto sufficientemente: sono in guerra. Capiscono solo la forza e reagiscono solo quando temono per la propria integrità e per quella dei loro amici.

+LBD è una sigla che sta per «lanceur de balles de défense», un’arma molto utilizzata, soprattutto negli ultimi anni, dalle forze dell’ordine per reprimere le manifestazioni nelle piazze francesi. È considerataun’arma “non letale” ma di fatto ha provocato tantissimi feriti negli ultimi anni e, come denunciano alcune ricerche oltre che molti collettivi, la presunta non letalità dell’arma andrebbe seriamente messa in discussione.

Pubblicato sul sito Nantes Révoltée

Torino: sulla richiesta di sorveglianza speciale a Boba

AMORE E RABBIA SENZA RIMPIANTI

Da: https://roundrobin.info/2021/04/sulla-richiesta-di-sorveglianza-speciale-a-boba/

Giovedì 1° aprile  è stata notificata da parte della questura e della procura di Torino una nuova richiesta di sorveglianza speciale.

Negli ultimi anni questa misura preventiva di fascista memoria è stata applicata più volte a chi per anni si è speso nelle lotte. A tutte queste persone con l’applicazione della misura è stato o è tutt’ora impedito di condurre liberamente la loro esistenza, in una cornice di divieti che impongono la cancellazione delle proprie relazioni, amicizie, e affetti, ma anche l’autorinchiudersi in un limbo in cui la propria vita viene snaturata, privata della possibilità di confronto con altre individualità e di instaurazione di nuove relazioni, il tutto motivato dalla cosiddetta “pericolosità sociale”.

E si, perché in questo caso specifico, il fulcro della richiesta di sorveglianza è l’essere un militante di lunga durata, un noto esponente del movimento anarchico torinese, che sotto le molteplici spoglie ora di occupante di El Paso, ora di redattore di radio blackout (“voce ufficiale degli ambienti anarchici cittadini”) o di antagonista non ha mai smesso di contribuire alle lotte, nonostante i diversi periodi di di detenzione.
La refrattarietà a piegare la testa, è prova di pericolosità sociale.
Non è sufficiente scontare le proprie condanne, ma è anche necessario abiurare la propria identità, la propria appartenenza, e dimostrare di avere assorbito un’altra ideologia, che ci vuole silenti, laboriosi, onesti e rassegnati.

E se poi hai pure scritto un romanzo in cui il protagonista è “riconosciuto” come tuo alter ego, ecco che i pensieri del personaggio ti vengono in qualche modo ascritti, limitandosi a riportare nelle carte quanto scelto dall’editore per la quarta di copertina, per dimostrare il pensiero nichilista , violento ed irriducibile dell’autore del romanzo stesso, e la sua conseguente pericolosità oggettiva.
Il libro in questione è Io non sono come voi, di Marco Boba, Eris edizioni, e quanto segue è quanto riportato  nelle carte:

“Io odio. Dentro di me c’è solo voglia di distruggere, le mia sono pulsioni nichiliste. Per la società, per il sistema, sono un violento, ma ti assicuro che per indole sono una persona tranquilla, la mia violenza è un centesimo rispetto alla violenza quotidiana che subisco, che subisci tu o gli altri miliardi di persone su questo pianeta”

La gravità nel considerare l’essere stato per anni un redattore di una radio libera e l’avere scritto un romanzo come  prova dello status di “deviante” socialmente pericoloso è la dimostrazione mai celata che in questo paese esiste il reato d’opinione. La libertà è concessa solo se si resta obbedienti e proni, chiunque sviluppi un pensiero critico viene sanzionato, secondo gli inquirenti l’appartenenza all’ideologia anarchica è motivo per essere messi al bando, malgrado la “loro” Costituzione affermi esattamente il contrario.

La futura libertà di Marco verrà discussa alle 9,30 del 21 aprile in aula 7 del tribunale di Torino. Sarà un’occasione per stargli a fianco con amore e rabbia
Solidali con chi lotta e resiste

Libertà per tutti e tutte

Opuscolo: Riappropriati della tua mente

Raccolta di scritti su disagio psichico e critica alla civilizzazione

All’interno dei movimenti che cercano di contrastare questo sistema pare quasi un tabù parlare del malessere o del disagio mentale come di qualcosa che ci riguarda o ci può riguardare da vicino, e conseguentemente di possibili modi di gestirlo che si differenzino da quelli offerti dalla medicina moderna. Un necessario pezzo di critica all’istituzione psichiatrica che non sia soltanto un attacco all’istituzione in sé e ai suoi precetti ma che esplori anche possibili percorsi differenti rispetto a come affrontare i propri demoni interiori e prendersi cura del proprio caos emotivo in autonomia o con il supporto delle persone amiche che si hanno attorno. I testi qui presentati vogliono essere un punto di partenza per iniziare ad affrontare questa discussione così necessaria.

Link: https://anarcoqueer.wordpress.com/2021/04/13/riappropriati-della-tua-mente/

Psichiatria e pandemia: stigmi, contagi e sindemie

Un articolo di Chiara Gazzola uscito sul numero di aprile 2021 di “Sicilia libertaria”

STIGMI, CONTAGI E SINDEMIE

“Salute mentale”, abuso concettuale in uno slalom di tesi utile a definirne la carenza: le condizioni esistenziali che si discostano da un ipotetico equilibrio psicofisico di adattamento alle difficoltà. Si evita così di scalfirne le cause, poiché significherebbe puntare il dito alle iniquità sociali. E così non si guarda il dito, né si considera cosa stia segnalando, ma lo si penalizza registrandolo come “indicatore” (sintomo) di patologia.

I diversi approcci alla disciplina psichiatrica sembrano concordi nel definire la salute come il risultato fra stile di vita, condizioni socio-ambientali e capacità individuale di risposta a eventi esterni. Eppure non esiste protocollo sanitario che prenda in considerazione questa complessità di fattori. Se si rompe un tubo dell’acqua in una casa costruita su un terreno franoso, chi trae vantaggio nell’aggiustare il tubo? La salute, intesa come un insieme di risposte organiche, sensoriali e sociali, è quindi argomento di riflessioni filosofiche o antropologiche ma, se la politica le sovrasta, qualsiasi squilibrio rimane appannaggio esclusivo dell’industria farmacologica che non ha interesse a rimuovere i divari sociali causa di tanti malesseri. Nel frattempo la psichiatria si concentra sulla denominazione dei disturbi. Fatta la diagnosi, esclusivamente attraverso un’osservazione clinica soggettiva e non comprovata da test oggettivi, si passa alla cura. E quale occasione più ghiotta della pandemia per “scoprire” nuove sindromi?

Le prime pubblicazioni in era covid individuavano risposte patologiche come varianti del DSPT (disturbo da stress post traumatico). Lo scorso agosto la rivista scientifica Brain, behavior and Immunity informava che l’infiammazione da covid-19 è un fattore di rischio per la depressione. L’ampia gamma di molecole antidepressive e ansiolitiche è una voce prevalente del fatturato farmacologico: come avrebbe potuto l’invadenza del virus non andare a braccetto con una delle “malattie” più diffuse al mondo? Uno studio dell’Ospedale San Raffaele di Milano condotto su 402 pazienti guariti dal covid afferma che il 56% manifesta disturbi psichici multipli: DSPT 28%, depressione 31%, ansia 42%, insonnia 40%, sintomi ossessivo-compulsivi 20%; le sindromi depressive compaiono più facilmente nelle donne e si ipotizza che la maggiore vulnerabilità sia dovuta al “diverso funzionamento del sistema immunitario nelle sue componenti innate e adattive”. Il XII Congresso nazionale SINPF (società italiana di neuropsicofarmacologia), stando ai report recenti di vari quotidiani, rileva che l’aumento dei disagi psichici in era di pandemia stia attivando una vera e propria sindemia, un mix di pericolo clinico e sociale dovuto alla paura del contagio, allo stress da confinamento e alla crisi economica. Un contagio nel contagio? La probabilità di sviluppare sintomi depressivi nei soggetti colpiti dal virus, o da lutti in famiglia, aumenterebbe di 5 volte e così si legittima la previsione di 800mila nuove pazienti, con un’aspettativa di incidenza fino al 32%! L’incremento di vendite di psicofarmaci interesserebbe donne e adolescenti, in quanto categorie maggiormente colpite da perdita di lavoro e di socialità.

Per l’OMS (organizzazione mondiale di sanità) “la tutela della salute mentale è una priorità correlata alla pandemia in atto”, mostrandosi preoccupata per i nuovi disturbi “erroneamente inclusi nei DSPT”. Nasce quindi l’esigenza di nuove nomenclature per meglio definire uno “stress individuale/comunitario e non convenzionale, sospeso, subacuto, perdurante e perturbante che può evolvere in persistente”. Viene spiegato che le definizioni di “perturbante e non convenzionale” descrivono una sofferenza che va a dissestare il futuro: la percezione di furto del futuro come nuova condizione clinica! Uno stress che attraversa varie fasi: la prima, incredulità e sottovalutazione difensiva; la seconda, l’incredulità si trasforma in angoscia all’evidenza di malati e morti; la terza, perdite affettive e insicurezza economica, riducendo la plasticità adattiva e l’istinto di sopravvivenza, innescano la paura del fallimento. Ma l’OMS individua anche un nuovo agente patogeno: la infodemia. Trattasi dell’eccesso di informazioni e del rimbombo di commenti da cui siamo invasi. Altro contagio nel contagio: le notizie a contenuto angosciante e contraddittorio produrrebbero lesioni bisognose di cure da somministrare a chi ne soffre, non certamente a chi alimenta questo giornalismo! Uno studio condotto dall’Università di Oxford, e pubblicato da The lancet psychiatry, afferma che a 90 giorni dal contagio da covid nel 20% dei casi insorgono disturbi al sistema nervoso centrale e che i soggetti in cura psichiatrica sono più esposti (65% dei casi) a contrarre il virus. Se ne deduce: “queste evidenze stanno convincendo sempre di più i ricercatori che esiste una stretta correlazione fra le malattie psichiche e il virus”.

L’IEUD (istituto europeo per il trattamento delle dipendenze) ha registrato, nel primo semestre 2020, un aumento del 4% del consumo di benzodiazepine. L’AIFA (agenzia italiana del farmaco) riporta che nel 2020 la vendita di ansiolitici si è incrementata del 12%, dati definiti “allarmanti” in quanto non corrispondono alle diagnosi stilate: gli psicofarmaci vengono definiti “pericolosi se presi senza prescrizione medica”. Si individuano le cause dei nuovi malesseri nel telelavoro, nella didattica a distanza, nelle restrizioni agli spostamenti, nella paura del contagio, nella precarietà economica, nel rischio di essere considerati “untori”.

Ecco innescata una spirale velenosa affinché la psichiatria possa continuare a mettere le sue toppe mediche a problematiche sociali e ad accaparrarsi la facoltà di diagnosi/cura/controllo, di produrre stigmi (questi sì, reali e persistenti!), di annullare le dignità individuali e di farsi paladina di una salute mentale tanto millantata, quanto svilita: uscire dal labirinto le sarebbe controproducente!

Di Chiara Gazzola