BOLOGNA: CARCERI INVISIBILI. EFFETTI DESTABILIZZANTI E NORMALIZZAZIONE DELL’USO DEGLI PSICOFARMACI SULLA POPOLAZIONE DETENUTA


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Venerdì 10 maggio – ore 15.00 – Casa di quartiere Saffi: CARCERI INVISIBILI.

Il XX Rapporto dell’Associazione Antigone riporta che nel 2023 “il 20% delle persone detenute (oltre 15 mila) fa uso di stabilizzanti dell’umore, antipsicotici e antidepressivi”. Si tratta di numeri allarmanti (ancor di più se scorporati nella loro dimensione di genere) che, oltre a non trovare corrispettivo nella popolazione esterna alla dimensione carceraria, se analizzati attraverso le lenti della criminologia critica e dell’antipsichiatria, disvelano una ridefinizione degli spazi detentivi da “carcere pacificato” a “carcere psichiatrizzato”: questa evoluzione, lungi dal porre fine all’inflizione di sofferenza, ne ridisegna i contorni lungo linee più incerte e labili, disvelando la natura patologica e intimamente violenta della realtà carceraria, dove “la sofferenza non è un accidente derivante da un funzionamento non ottimale della macchina penitenziaria, ma è il risultato previsto e intenzionale della violenza della incarcerazione”.

Con il contributo di Luca Sterchele (assegnista di ricerca in Sociologia all’Università degli Studi di Padova, etnografo dei saperi medici e psichiatrici nel campo penitenziario e autore dell’opera “Carcere invisibile. Etnografia dei saperi medici e psichiatrici nell’arcipelago carcerario”) ci riproponiamo di discutere insieme della sempre più stretta e funzionale connessione tra saperi giudiziario e medico: attraverso la psichiatrizzazione di soggettività già etichettate come devianti, l’uso/abuso di psicofarmaci in contesti detentivi si propone come nuovo metodo di controllo e sedazione di corpi disturbanti.

Di fronte alla persistente inadeguatezza dell’istituzione penitenziaria e la sua inefficacia rispetto alle funzioni giustificative che la stessa dichiara di assolvere, è necessario disvelare le dinamiche e gli effetti disabilizzanti che l’istituzione riproduce sulla popolazione detenuta, sotterrati dalle retoriche funzionali che, nel rappresentare il malessere psichico come un elemento “di importazione” frutto dei processi di deistituzionalizzazione manicomiale, disconosce la natura endogena della sofferenza psichica.